SEGUE DETTAGLI PNRR PRIMA MISSIONE: DIGITALIZZAZIONE

Seconda parte | Continuo nell’analisi del PNRR passando alla digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo. Si tratta degli interventi previsti per intervenire sul sistema produttivo che, ricordiamolo, sta rantolando da almeno 30 anni; da 30 anni la produttività è a zero se non negativa, il capitale privato stenta a reinvestire nell’apparato produttivo mentre in tutti gli altri paesi l’aumento degli investimenti permette un miglioramento tecnologico che fa migliorare la produttività e quindi la competitività sui mercati. Non si tratta di riprendere il cammino percorso ma di iniziare un nuovo cammino che si chiama economia della conoscenza, fase del capitalismo che succede al fordismo lasciando ai paesi terzi le produzioni ad alto contenuto di mano d’opera e specializzandosi in produzioni di prodotti ad alto contenuto di capitale umano, innovazione tecnologica, ricerca di nuovi processi e/o prodotti; in sintesi un modello economico decisamente schumpeteriano. Se ricordiamo i punti di debolezza (weack points) del nostro paese, questa missione dovrebbe rispondere a correggere i seguenti punti: ● debole dinamica degli investimenti ● ridotta dimensione media delle imprese ● insufficiente competitività del sistema Paese ● incompleta transizione verso un’economia basata sulla conoscenza Come facilmente intuibile, è questo il capitolo più importante del NGEU e del PNRR, esso dovrebbe tendere a modificare radicalmente il nostro paese ancor troppo fordista: non investiamo in ricerca (vedasi missione n. 4) né pubblica né privata, gli investimenti privati sono dirottati sul fronte finanziario abbandonando quello produttivo, la presenza di troppe micro imprese non permette il salto tecnologico, non abbiamo ancora assimilato i fondamenti dell’economia della conoscenza per la quale è fondamentale il trasferimento delle tecnologie dagli enti di ricerca in sinergia con università e imprese, dove assume una posizione preponderante il ruolo dello stato. Vediamo allora cosa prevede il PNRR alla missione 1 alla componente 2 Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo: 2-1 Transizione 4.0 per ……………………………………………18.98 mld 2-2 Politiche industriali di filiera e internazionalizzazione…………2.00 2-3 Digitalizzazione PMI e fondo di garanzia………………………0.80 2-4 Banda larga, 5G e monitoraggio satellitare……………………..4.20 2-5 Innovazione e tecnologia dei microprocessori………………….0.75 Per un totale di…………………………………………………..26.73 La voce predominante è la transizione 4.0 che reitera, allargando ed agevolando l’adesione, i provvedimenti 4.0 del ministro Calenda. Si tratta di agevolazioni fiscali sotto forma di crediti di imposta per chi investa in nuovi macchinari ad alto contenuto tecnologico o in strumenti immateriali atti a far fare un cambio di passo al nostro assetto produttivo. L’esperienza passata degli incentivi 4.0 ha dato risultati scarsamente diffusi, vi sono ricorse poche imprese, quelle che al nord contribuiscono al saldo positivo della nostra bilancia commerciale. Ma vorrei commentare questa voce (che tra l’altro è stata tagliata rispetto alla prima edizione) segnalando i seguenti punti precisi. a – Gli incentivi fiscali, che consistono nel poter ammortizzare gli investimenti per un valore pari al 250% del costo, sono erogati alle imprese che scelgono di fare gli investimenti materiali o immateriali elencati dalla norma di legge. La scelta è quindi lasciata completamente al privato senza nessun intervento di indirizzo da parte dello stato. Si lascia cioè al privato ed al mercato di scegliere senza un minimo di programmazione. b – Altro sarebbe stato se lo Stato con una visione, con un progetto (per esempio creare l’hub del gas naturale per tutta l’Europa) avesse detto: questo è l’obiettivo che mi pongo con i seguenti traguardi, se tu privato vuoi associarti nel perseguire questo obiettivo, ebbene io ti fornisco questo supporto finanziario. c – Inoltre, avrai la possibilità di essere destinatario di una traslazione tecnologica dalla filiera enti di ricerca-università-imprese, nel percorso creativo di una economia della conoscenza. d – Tutti questi miliardi (cui se ne aggiungono altri 4 da PON e da legge di bilancio) sono pagati dai contribuenti e dalle next generations. Ora mi chiedo perché se la comunità dei contribuenti destina una così gran massa di soldi nelle imprese non ha gli stessi diritti del privato che sottoscrive quote sociali o azioni? Perché i fondi devono essere erogati sotto forma di “regalo” e non come partecipazione azionaria o sociale della comunità? Ritorna la mia raccomandazione di mettere fine ai “regali” al capitale e di dare ad ogni contributo la forma di “partecipazione” con tutti i diritti di cui tale forma di investimento ha diritto. Cominceremmo così ad attuare l’art. 46 della Costituzione. Vale la pena, a questo proposito, riportare alcune parti del capitolo “Utilizzo di strumenti finanziari a leva” che fa parte della presentazione del PNRR. “Il PNRR può prevedere, in alcuni ambiti (…), l’utilizzo di strumenti finanziari che consentano di attivare un positivo effetto leva sui fondi di NGEU per facilitare l’ingresso di capitali privati (equity o debito), di altri fondi pubblici o anche di una combinazione di entrambi (blending) a supporto delle iniziative di investimento. In questa prospettiva, l’intervento pubblico può assumere la forma di una garanzia su finanziamenti privati di una copertura della prima perdita oppure di un investimento azionario, con l’obiettivo della realizzazione di specifici progetti. (…) Tali fondi possono assumere la forma sia di fondi azionari (equity) che di fondi di credito, anche con natura rotativa. Il ricorso a strumenti finanziari rispetto alle tradizionali sovvenzioni a fondo perduto comporta una maggior efficacia ed efficienza dell’intervento pubblico. (…) Gli investimenti pubblici, rispetto alle misure di incentivazione degli investimenti privati, generano un effetto moltiplicativo sulla produzione e l’occupazione assai più favorevole, superiore a due negli scenari migliori”. E allora, consapevoli che l’aumento degli investimenti tecnologici avranno effetti significativi sulla occupazione, solo con l’investitore collettivo si potrà entrare nel controllo dei mezzi di produzione, nella determinazione del reinvestimento dei profitti e, con i dividendi, finanziare un reddito di cittadinanza universale strumento indispensabile nella prospettiva a lungo termine. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ENTRANDO NEI DETTAGLI DEL PNRR

  di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   Prima missione: digitalizzazione Premessa   Il punto di partenza per affrontare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (d’ora in poi PNRR) consiste, io credo, nel ricercare le cose che non funzionano in modo da avere un riferimento saldo in base al quale giudicare i vari provvedimenti. Nel documento allegato al Sole 24 ore si trova un elenco di cause, che di massima condivido, a monte della nostra debolezza economica: ● debole dinamica degli investimenti ● dinamica demografica declinante e il basso tasso di natalità ● ridotta dimensione media delle imprese ● insufficiente competitività del sistema Paese ● peso dell’elevato debito pubblico ● incompleta transizione verso un’economia basata sulla conoscenza Terrò quindi presente questo elenco di cause nel verificare l’efficienza delle proposte del  PNRR.  Come noto il PNRR alloca i sussidi e i prestiti cui l’Italia ha diritto su 6 missioni principali: Miliardi € 1- Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura………………..46.18 2 – Rivoluzione verde e transizione ecologica…………………………….68.90 3 – Infrastrutture per una mobilità sostenibile…………………………….31.98 4 – Istruzione e ricerca…………………………………………………….28.50 5 – Inclusione e coesione………………………………………………….27.63 6 – Salute…………………………………………………………………..19.72 Totale………………………………………………………………….222.91 Esaminerò le sei missioni individuando i punti che a mio parere sono di maggior interesse. Cominciamo con la missione “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” che stanzia 46.18 miliardi di € su tre componenti: 1- Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA……………….……….11.45 mld 2 – Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo……..26.73 3 – Turismo e cultura 4.0……………………………………………………..…8.00 Per un totale di…………………………….……………………………………46.18 A sua volta la digitalizzazione, innovazione e competitività PA si articola in tre interventi: 1.1 Digitalizzazione della PA per………………..… 7.95 mld di € 1.2 Modernizzazione della PA per ……………….…1.50 mld di € 1.3 Innovazione organizzativa della giustizia per….. 2.00 md di € Commento positivamente il progetto di digitalizzazione di una PA tecnologicamente arretrata, progetto che risponde positivamente alle cause di arretratezza della nostra situazione Paese. Il progetto tende alla creazione di un cloud nazionale che permetta la effettiva interoperabilità delle banche dati delle PA in parallelo ed in sinergia con il progetto europeo GAIA-X. Gaia-X, l’infrastruttura cloud made in Ue, è stata ufficialmente presentata dal governo tedesco in occasione del Summit Digitale 2019: si propone così una soluzione a livello comunitario al problema della conservazione e utilizzo di una grande mole di dati. Un problema finora risolto “parcheggiando” il patrimonio informativo di enti governativi, aziende, professionisti e singoli cittadini nelle casseforti virtuali delle imprese americane e cinesi. Al momento, nel progetto Gaia-X, sono coinvolte oltre 100 aziende europee e vari istituti di ricerca di 17 paesi  Nell’intervento di cui al punto 1.1 Digitalizzazione della PA, si prevedono tecnologie e piattaforme digitali a servizio dei cittadini e delle imprese dove predomina l’app “IO” quella che servirà come app per offrire un punto di accesso comodo e sicuro verso tutti i servizi della Pubblica Amministrazione, ma che tutti noi ben conosciamo come l’app per il CASH BACK, per cui sono stanziati 4,765 miliardi di €. Questa app è finalizzata a combattere l’evasione fiscale inducendo i consumatori a pagare le loro spese con carta di credito o altri strumenti tracciabili, contrastando le vendite in nero fatte con i pagamenti in contanti. Ora l’app è utilizzata soprattutto da chi già utilizza carte di credito o bancomat come mezzo di pagamento non contribuendo così a combattere significativamente le vendite in nero e l’evasione fiscale. Inoltre, la maggior parte delle spese fatte utilizzando mezzi tracciabili sono relative a supermercati o negozi già obbligati alla comunicazione giornaliera telematica dei corrispettivi. La trasmissione dei dati che può essere effettuata direttamente tramite il servizio telematico Entratel o Internet oppure avvalendosi di un intermediario abilitato a Entratel. Ora è noto che la maggior evasione fiscale avviene nelle transazioni con lavoratori autonomi che offrono per i loro servizi l’alternativa: “il servizio costa 100 oppure 122 se vuoi la fattura”, inoltre quasi sempre tali lavoratori non hanno il pos (proprio perché preferiscono il pagamento in contanti). Quindi rispetto a tale area di evasione il “CASH BACK” è scarsamente efficace per la duplice ragione che il fornitore non possiede un pos e per la non convenienza economica di puntare ad uno sconto del dieci per cento (con massimale di 15 €) ottenibile su una fattura incrementata del 22% rispetto alla vendita in nero. Modi per combattere l’evasione fiscale sono altri, basta andarsi a riprendere un documento di Vincenzo Visco di qualche anno fa per farsene un’idea. Ricordo che la fatturazione elettronica, che funziona egregiamente, viene da quel pacchetto di proposte. Inoltre, va tenuto conto che questa app che costa allo Stato (meglio ai contribuenti) 4,765 miliardi di € vale per un periodo che va dal 6 dicembre 2020 al 31/12/2021. Dopo il 2021 si continuerà a erogare il 10% della spesa (con massimale 300€ nell’anno) o cesserà l’agevolazione? E cessando l’agevolazione si incentiva un ritorno al nero? E il recupero dall’evasione farà recuperare i fondi spesi? E soprattutto, a quale obiettivo, missione o causa di inefficienza da combattere vogliamo ascrivere questo provvedimento. Già la BCE ci ha rimproverati perché non abbiamo rispettato le norme comunitarie. Lo scontro inusuale ha preso le mosse da una missiva inviata al ministro Roberto Gualtieri su carta intestata della Banca centrale europea nella quale l’Eurotower lamenta di non essere stato informato preventivamente per una norma che avrebbe a suo dire impatto sulla circolazione di denaro. La lettera è firmata dall’ex membro del board Yves Mersch, il giorno prima di lasciare la banca, e ammette che l’introduzione del progetto potrebbe avere finalità positive per la lotta all’evasione, ma definisce il progetto “sproporzionato” per gli effetti che invece avrebbe sulla circolazione del contante. Ritengo inoltre che il provvedimentopotrebbe aver obiezioni anche da parte dei gestori del NGEU. Concordo allora con chi propone un emendamento per dirottare questi 4,7 miliardi a finanziare i ristori fiscali per famiglie e imprese danneggiate dal Covid. Vorrei, ora, soffermarmi sul punto 1.3 Innovazione organizzativa della Giustizia, per il quale vengono stanziati 2,00 miliardi di €. La relazione di accompagno dedica ben sei pagine a questo provvedimento finalizzato …

100° ANNIVERSARIO DI LIVORNO PRIMA E DOPO

  di Felice Besostri – Socialismo XXI Lombardia |     Lettera ai Compagni di Democrazia Socialista I compagni napoletani, che ogni settimana fanno uscire questo giornalino dell’associazione Filippo Caria, ritornato al PSI d’una volta dal PSDI, così hanno commentato il 100° di Livorno: “A Livorno, cento anni fa oggi, si consumava, nelle condizioni date, lo strappo in assoluto più divisivo nella storia del movimento operaio e socialista italiano ovvero la separazione tra socialisti e comunisti. In tutti questi anni si sono poi determinati, in diverse fasi e momenti, riavvicinamenti temporanei e allontanamenti altrettanto transitori tuttavia mai, gli uni e gli altri, fatta eccezione solo per alcune schiere o fanatizzate o ultra-identitarie, hanno dimenticato ed essenzialmente superato il “lutto” di una separazione che, comunque la si pensi, indebolì ed ancora indebolisce la sinistra di questo Paese. Le ragioni e/o i torti del 1921 nel fluire del tempo si sono sedimentate in una valutazione politica e storica che è oramai complessivamente accettata ed assodata. L’anniversario di oggi può e deve essere semmai l’occasione opportuna, senza dimenticare nulla di quegli eventi e delle esperienze correlate, per definire tutti insieme, socialisti e comunisti, dialetticamente le ragioni nell’oggi di una ricomposizione della sinistra nell’ottica di un’azione e di una lotta comune, condivisa in un momento, quello attuale, in cui in Italia si avverte forte la necessità di una sinistra, vera e praticata che sia all’altezza delle sfide del presente e che dia risposte ai bisogni e alle aspirazioni delle masse lavoratrici e popolari italiane. Saremo tutti noi all’altezza? “. Mi sembra che abbiano colto il nodo politico più di altri esponenti di rilievo delle irrilevanti formazioni della sinistra sopravvissute o intellettuali, di più, per es., di Pier Giorgio Ardemi, sul Manifesto del 23 gennaio 2021, il cui titolo “Non si tratta di memorialismo. Sinistra dove sei?”, invece, mi lasciava ben sperare. Con Livorno la storia della sinistra, per l’autore, coincide, nel bene (Gramsci e Togliatti) e nel male (Bordiga e Bombacci, quest’ultimo non nominato), con quella del PC(d’-I) e delle sue reincarnazioni, fatte o mancate, come quella socialdemocratica. Ci si dimentica, che in Italia, caso unico in Europa occidentale, il partito non fu isolato all’opposizione, terreno di coltura del settarismo, ma ha potuto essere forza di governo comunale, provinciale e, grazie all’iniziativa politica socialista (attuazione della Costituzione come condizione essenziale per il primo centro-sinistra, con rigoroso trattino), dopo le elezioni del 7 giugno 1970, regionale (senza il PSI il PCI non avrebbe potuto governare nemmeno nelle regioni rosse, che, invece è riuscito a perdere, come PD l’Umbria e senza le Sardine avrebbe potuto perdere l’Emilia Romagna, la Regione che nelle elezioni 2014 ha battuto il record di astensione/disaffezione elettorale con il 36,27% di voti validi). Questo è avvenuto sul piano politico, per non parlare di CGIL con la sua composizione plurale anche dopo la formazione di CISL e UIL e con personaggi come Giuseppe Di Vittorio, Luciano Lama e Bruno Trentin senza i quali la storia comunista italiana sarebbe stata diversa, ma anche loro se la CGIL fosse stata come la CGT. Solo gli immemori possono dimenticare la Federazione delle Cooperative e l’ARCI, anche dopo il drastico ridimensionamento delle Case del Popolo e dei Circoli operai e il salto delle Cooperative verso l’imprenditorialità capitalista-finanziaria. Dalla svolta di Salerno alla caduta del muro di Berlino, sembra non esistito il Fronte Popolare, la Rivoluzione ungherese, la Primavera di Praga, non sono più esistiti i socialisti da Pietro Nenni a Riccardo Lombardi, da Vittorio Foa a Norberto Bobbio, da Lelio Basso a Raniero Panzeri, da Francesco De Martino a Giacomo Brodolini e ne ho dimenticati tanti, per es. Fernando Santi e Antonio Giolitti. Peccato che con loro si rimuovono anche lo Statuto dei Lavoratori, la Scuola Media Unificata, il Servizio Sanitario Nazionale e la Nazionalizzazione dell’energia elettrica, per fare alcuni esempi concreti di democrazia progressiva più incisivi di prospettive generali quali il Compromesso Storico berlingueriano o la craxiana Grande Riforma. La costruzione intorno alle componenti storiche del movimento italiano ed europeo, arricchite dal femminismo, dall’ambientalismo, dal federalismo e dalla difesa intransigente dell’inviolabilità dei diritti umani individuali e collettivi è la componente centrale del dialogo ideale Gramsci- Matteotti per la costruzione concreta nell’azione del soggetto, che non c’era nel 1891 prima della fondazione del Partito dei Lavoratori e  che ora è scomparso, che, per usare le parole di Ardemi “si ponga l’obiettivo di guidare i bisogni di una società più giusta raccogliendo attorno a sé quegli strati che nella situazione attuale, sono ancora sfruttati e dal cui sfruttamento il capitalismo trae vantaggio perpetuo” Allegato: SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. 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IL “GIGANTE BUONO” E IL SUO CENTENARIO

a cura della Fondazione Giuseppe Di Vagno – Presidente Gianvito Mastroleo | Alla vigilia del Centenario dell’assassino di Giuseppe Di Vagno (1889-1921) la Fondazione che porta il suo nome, d’intesa con il Comitato promotore (1), ha predisposto un articolato programma volto a rievocare assieme alla sua figura il tragico “blocco storico” 1919-1922, tutt’ora meritevole di attenzione, all’interno del quale quel delitto maturò e si consumò. L’intento è di rievocare, al riparo da ogni pur legittima suggestione della retorica, uno dei periodi più bui della storia nazionale e contribuire ad evitare che in qualche modo possa ripresentarsi. Ed infatti, primo destinatario di questa attività è il vasto mondo della scuola, docenti e discenti. Ai primi si è rivolto il corso di formazione “Giuseppe Di Vagno e la Puglia nel contesto del primo fascismo” che si è svolto a cavallo dell’inverno-primavera 2019-20, mentre ai singoli Istituti e agli allievi pensiamo di poterci dedicare nel primo semestre del 2021, con l’aiuto dei Dirigenti Scolastici e dei singoli Docenti e il patrocinio della Soprintendenza scolastica regionale. L’idea sarebbe di realizzare un vero e proprio percorso di incontri, relazioni, testimonianze e seminari incentrati soprattutto sulle idee e il libero confronto tra diverse generazioni e diversi saperi, mettendo in relazione studiosi e ricercatori con la partecipazione attiva di studenti per un’analisi sulla contemporaneità della Storia e della Memoria, attraverso la stretta connessione con i linguaggi del nostro tempo. Veri e propri laboratori didattici grazie ai quali sarebbe possibile per esempio produrre un docufilm e un’offerta per il portale web per raccogliere testimonianze dei protagonisti, fonti iconografiche, audiovisive e archivistiche: un’occasione di scambio intergenerazionale, aperto alla fruizione delle scuole. Le giovani generazioni sarebbero chiamate a dialogare attraverso la partecipazione attiva al progetto e la conoscenza dei documenti storici conservati nell’Archivio della Fondazione Di Vagno, anche per mezzo di interviste videoregistrate. (1) Il Comitato per il Centenario, regolarmente deliberato dalle rispettive amministrazioni, è composto da Presidente Regione Puglia, Sindaco Città Metropolitana di Bari, Sindaco di Conversano, Presidente Fondazione Di Vagno. La FONDAZIONE “GIUSEPPE DI VAGNO (1889-1921)” affonda le sue radici nel sentimento popolare diffuso legato alla Memoria di Giuseppe Di Vagno, della sinistra e dei socialisti della Terra di Bari e della Puglia. Allegato: SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

RINO FORMICA: “MACALUSO UN GIGANTE. QUANDO CADE UN GIGANTE NON C’E’ SPAZIO PER PIANGERE”

di Federica Fantozzi – huffingtonpost | Il saluto dell’ex ministro socialista, amico di una vita del dirigente comunista Dal versante socialista Rino Formica ha attraversato in lungo e in largo la Prima Repubblica, condividendo con il comunista Emanuele Macaluso – di appena tre anni più grande – una lunga e intensa amicizia. Oggi l’ex ministro delle Finanze di Giovanni Spadolini e Giulio Andreotti è profondamente addolorato per la perdita di uno dei padri della sinistra italiana, ma soprattutto dell’amico di una vita. Ad Huffpost affida il suo saluto: “Emanuele Macaluso è stato un gigante della politica del Secondo Risorgimento dell’Italia repubblicana. Quando cade un gigante non c’è spazio per pianti e preghiere. C’è solo il tempo per un giuramento di fedeltà all’impegno offerto con generosità e intelligenza alla grande causa delle ragioni del socialismo”. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

UN PIANO PANDEMICO ECONOMICO

  di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   Recentemente abbiamo appreso dei ritardi nell’elaborare un piano pandemico sanitario e delle conseguenze che questo ritardo può aver causato nell’affrontare la pandemia. Credo che questo piano pandemico non copra anche il come affrontare le conseguenze economiche che una pandemia può apportare. Infatti il primo a farsi vivo, dimostrando che un piano pandemico economico non esiste, è stato Draghi che già a marzo scorso riconosceva la necessità di indebitarsi per cercare di salvare le nostre imprese e quindi anche le nostre famiglie. Il nostro governo procede con “decreti ristori” che cercano di venir incontro ai guasti che la pandemia crea in determinati settori. Interviene disordinatamente, per esempio, cancellando la rata Irap a tutte le imprese, indipendentemente dal fatto che queste abbiano o meno subito un danno dalla pandemia, esentando anche quelle che al contrario hanno avuto benefici economici sostanziosi. Non tutti i settori sono danneggiati in egual misura dai provvedimenti che l’autorità deve emettere per contrastare l’attività del virus, in particolare, in questo caso, i settori più danneggiati dal virus sono i bar, ristoranti e soprattutto il turismo. Il governo si rende conto che i divieti che deve necessariamente emettere danneggiano le attività che comportano assembramento di cittadini, e viene incontro a queste categorie con i “ristori”. La parola è usata specificatamente per distinguerla dalla parola “rimborsi” categoria che presupporrebbe un danno causato da sanare; è appropriato non usare la parola rimborso perché lo stato non è responsabile di nessun danno e intende, invece, dare un aiuto ai danneggiati dal virus. Recentemente una categoria associativa di operatori della ristorazione contesta i “ristori” e pretende non solo “i mancati incassi ma anche il rimborso delle spese sostenute”, una indegna speculazione. Penso che la crisi pandemica non sia un evento molto raro, è quindi ragionevole che questo fenomeno si ripresenti negli anni a venire, rendendo quindi auspicabile la redazione di un piano pandemico economico. Penso anche che il piano pandemico economico, lavori sul fronte della prevenzione per fuggire dall’azione successiva in stato emergenziale. Molti si sono lamentati che esistono settori protetti e/o garantiti. E allora di lì parto per le mie considerazioni. I pensionati non subiscono, per ora, ripercussioni sui loro introiti; ma ciò è grazie al fatto che durante la loro vita lavorativa, grazie alla prevenzione di istituzioni e sindacati, si son fatte delle leggi per le quali si sono accantonati i fondi presso l’Inps perché questi fossero erogati al momento della bisogna. Se poi il legislatore abbia inopinatamente (ed elettoralisticamente) preferito il sistema a ripartizione piuttosto che quello ad accumulazione, è un fatto che scontiamo con il rischio che i fondi non siano sufficienti (unitamente al fatto che abbiamo perso la possibilità di avere un investitore sistematico). Penso anche alla cassa integrazione che lodevolmente accantona fondi per intervenire al momento della bisogna, e che come strumento è risultato efficace tanto da doverlo estendere, oggi, a quelle categorie per cui l’istituto non era stato previsto. Ma allora le aziende perché non hanno pensato, magari indirizzati dalla confindustria, a strumenti simili, e si trovano ora in gravi difficoltà. E ancora, perché non hanno pensato a stipulare polizze di “business interruption”, polizze assicurative che sovvengono nel momento in cui l’attività, per qualsiasi ragione debba essere interrotta?  Ha fatto notizia che l’organizzatore del torneo tennistico di Wimbledon (All England Lawn Tennis Club) riceverà un indennizzo assicurativo di oltre 100 milioni di euro in ragione della cancellazione del torneo dovuta all’emergenza Covid-19 grazie a una polizza stipulata a copertura del rischio di interruzione dell’attività in conseguenza pandemie virali Insomma, senza volermi addentrare in molti particolari, sembrerebbe auspicabile la creazione, meglio se a livello europeo, di un meccanismo UN REDDITO DI CITTADINANZA UNIVERSALE, atto a ottenere tre scopi: a) prevenire e mutualizzare il danno, b) intervenire prontamente in caso di bisogno con regole chiare, c) non scaricare, come stiamo facendo ora, l’onere sulle generazioni future. La necessità di un reddito di cittadinanza universale si fa d’altra parte sempre più impellente se si pensa alle conseguenze sull’occupazione causate dalla robotizzazione delle attività produttive e di servizio, ma questo è un altro discorso che va affrontato a parte.     SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IL PAESE DEI BALOCCHI

  di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   I bonus nella finanziaria Da circolare di Moneta Capital ►Agricoltura e ristorazione Esenzione Irpef redditi dominicali e agrari dei coltivatori diretti Iva ridotta per i cibi d’asporto Esenzione imposta di registro per i terreni agricoli Tax credit attrezzature e corsi professionali per i cuochi Credito d’imposta “strade del vino” ►Ambiente Revisione ecotassa Proroga bonus rottamazione Bonus autoveicoli Euro 6 Bonus acquisto veicoli merci meno inquinanti Tax credit bici cargo Tax credit distributori acqua potabile ►Casa Bonus idrico Proroga ecobonus, bonus facciate, bonus mobili Proroga superbonus Proroga bonus verde Contributo per la riduzione del canone di locazione per immobili residenziali Cedolare secca per locazioni brevi ►Famiglia Contributo acquisto veicoli elettrici per ISEE  fino a 30.000€ Aumento tetto spese veterinarie Aumento ISEE studenti fuori sede Proroga bonus bebè Bonus per madri sole con figli disabili Bonus occhiali Contributo alloggio studenti fuori sede Voucher abbonamenti giornali on line Bonus acquisto e smaltimento vecchie tv ►Fisco Stabilizzazione ulteriore detrazione di lavoro dipendente Rinvio versamenti fiscali società sportive Riduzione tassazione dividendi enti non commerciali Riduzione IMU e TARI pensionati esteri Estensione agevolazioni per il rientro dei cervelli Credito imposta per investimenti nei PIR Esenzione imposta locale sul consumo a Campione d’Italia ►Imprese e professionisti Incentivo occupazione giovanile Incentivo assunzione donne Esonero dal pagamento dei contributi previdenziali per autonomi e professionisti Misure di sostegno del lavoro giornalistico Esonero contributivo nel settore sportivo dilettantistico Sostegno al settore turistico Fondi per l’impresa femminile Fondi per le imprese creative Fondo per le PMI nel settore aeronautico e della green economy Decontribuzione Sud Taglio imposte per investimenti nelle ZES Credito d’imposta maggiorato per ricerca e sviluppo nel Mezzogiorno Proroga misure di sostegno alla liquidità delle imprese Proroga credito imposta per spese di consulenza per la quotazione delle PMI Proroga delle misure a favore delle assicurazioni sui crediti commerciali Incentivi fiscali alle aggregazioni aziendali Proroga misure di sostegno alle micro, piccole medie imprese Rafforzamento patrimoniale delle medie imprese Interventi a favore della successione e la trasmissione delle imprese Credito d’imposta per la formazione di competenze Esenzione prima rata IMU 2021  per il settore turistico Proroga credito d’imposta sui canoni di locazione Proroga dei crediti d’imposta per l’editoria Proroga e potenziamento dei crediti d’imposta industria 4.0 ►Pensioni Proroga APE sociale Per finire, ricchi premi e cotillons (cash back e lotteria scontrini)   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

COME I SOCIALISTI, I RADICALI E LEONARDO SCIASCIA SALVARONO LA VITA DEL MAGISTRATO D’URSO

  di Ezio Iacono – Socialismo XXI Sicilia |   Terminate queste “anomale” festività e preso atto che lo sciagurato virus continua a circolare, così come a mietere vittime con l’anelito che il vaccino possa essere efficace, cominciando a registrarne gli effetti in maniera patente, il pensiero, nel corso di queste giornate, è andato al caso D’Urso ed a quello che accadde 40 anni orsono, nel corso delle festività natalizie del 1980. Ricapitoliamo brevemente i fatti: il 15 dicembre le Brigate rosse rapirono Giovanni D’Urso, catanese di nascita e formazione ,magistrato dal 1959, Consigliere generale presso la Cassazione dal 1977, oltre che  Direttore dell’ufficio III dei Servizi di prevenzione e pena, presso l’allora Ministero di Grazia e Giustizia.  Cominciò così un caso che ha inevitabilmente segnato la storia politica italiana; come nell’ affaire Moro, coloro i quali si adoperarono per salvare la vita del magistrato, a cominciare dal P. S. I. oltre che dal Partito Radicale e forze della nuova sinistra, così come di personalità dello spessore culturale quale Leonardo Sciascia – del quale è necessario ricordare in questi giorni il centenario della nascita– si confrontarono con il famigerato ” partito della fermezza”, balzato agli onori della cronica proprio nel corso dei terribili 55 giorni del sequestro Moro. Forse che, attendendo l’infausto epilogo, come due anni prima era già avvenuto con il sequestro del Presidente democristiano, con il cadavere del leader ritrovato in via Caetani tra la sede della D. C. e del P. C. I., anche con il sequestro D’Urso, che, anche grazie all’impegno amorevole della famiglia, così come di organi di informazione, a cominciare da ” Il Messaggero” e giornalisti coraggiosi che si opposero al black out dell’informazione, venne liberato il 15 gennaio, il ” partito della fermezza” voleva servirsi del suo cadavere per indurre una svolta estremamente securitaria?  I 34 giorni del sequestro D’Urso, quindi, sono da ricordare come l’emblema di uno scontro di civiltà e di culture, e conseguentemente come un serrato confronto politico, destinato a durare nel tempo. Quale sarebbe stata la motivazione , secondo i contorti ragionamenti, oltre che il cieco odio, delle B. R. a indurle a compiere il sequestro? Come scriveranno nel primo forsennato comunicato, teso a rivendicare il sequestro, il Dott. D’Urso era apostrofato sprezzatamente come “l’aguzzino e boia dei proletari prigionieri” e veniva altresì dichiarato che “ il prigioniero è in un carcere del popolo e verrà sottoposto con un processo al giudizio del proletariato“.  I terroristi volevano imporre, tra le altre cose, la chiusura del supercarcere dell’ Asinara, ritenuto “arma di ricatto e di tortura” per i brigatisti ivi reclusi.  Mentre l’allora Ministro degli Interni Rognoni dichiarò che il Governo Forlani non avrebbe lasciato nulla di intentato, nel corso del dibattito parlamentare i Radicali chiesero la chiusura dell’Asinara, così come occorreva “leggere” i documenti delle B. R., andando oltre l’ossessione paranoica della chiusura del supercarcere, con la possibilità di individuare ulteriori possibili soggetti attenzionati dai brigatisti, guidati da Moretti. Il 20 dicembre, allorché venne diramato il terzo comunicato, sarà ritrovato, come già avvenuto con nel corso dei cinquantacinque giorni del sequestro Moro, una falsa comunicazione. E fu proprio in quel contesto che Marco Pannella ebbe la necessità di chiarire la posizione politica, allorché significò che da non violenti, i Radicali erano per un NO alla trattativa con chi usa la violenza, bensì preferiva “dialogo con i Compagni assassini“, come da intervista rilasciata al periodico ” Lotta Continua.” Frattanto il P. S. I. per il tramite del Compagno Segretario Craxi, proprio nel giorno di Natale si schierò facendo diffondere un comunicato della direzione del partito, nel quale venne affermato che la chiusura dell’Asinara sarebbe coincisa con un “adempimento giustificato e da più parti richiesto“, così da ottenere la chiusura dell’Asinara, stante che era un luogo ove erano tangibili condizioni inumane e degradanti, sia per i detenuti che per i detenenti. In realtà la chiusura era stata già programmata, anche per le ragioni appena sopra esposte, ma l’attuazione era stata rinviata a tempo indeterminato. A seguito di tale chiusura, sconfitto il fronte della fermezza, guidato da comunisti, repubblicani e missini, sembrava che la vicenda potesse ritenersi conclusa ed attendere l’imminente liberazione dell’ostaggio.  Ma, all’improvviso si aprì, a seguito di una rivolta carceraria e conseguente tragedia, la seconda fase della vicenda. Il 28 dicembre, domenica, nel carcere di Trani, terminata l’ora d’aria, il brigatista Seghetti aggredì il capo delle guardie e decise di sequestrarlo. Una settantina di detenuti si mobilitò procedendo alla cattura di altre guardie e decise di asserragliarsi nella sezione speciale del carcere. Il giorno successivo entrarono in azione i gruppi d’intervento speciale dei carabinieri, così da riuscire a domare la rivolta con il responso di ventisette feriti tra i rivoltosi e, per fortuna, nessun morto. Anche se lo spargimento di sangue non verrà evitato, poiché le B. R. uccisero il Generale Galvaligi, “reo” di aver implementato l’operazione di Trani. Il 29 dicembre, lo stesso giorno del blitz dei carabinieri, i brigatisti alzano ulteriormente la posta con un ultimatum. I nostri comunicati, affermarono, “devono essere pubblicati immediatamente e integralmente“. E ancora: “Se quanto sopra verrà disatteso, agiremo di conseguenza“. Il 4 gennaio furono ancora più espliciti. Da un lato annunciarono la condanna a morte del magistrato; dall’altro affermarono che “l’opportunità di eseguirla o di sospenderla deve essere valutata politicamente“. E che “per decidere se eseguire o sospendere l’esecuzione di D’Urso i comunicati dovranno essere trasmessi dai vostri strumenti televisivi, letti sui maggiori quotidiani italiani“. Pubblicare o no? Salvare D’Urso o lasciare che l’uccidessero? A questo punto della vicenda, quindi, la parola passò inevitabilmente ai giornali, poiché assumessero loro, non il governo, il ruolo di interlocutori dei brigatisti. “Il Tempo” ed il “ Corriere della Sera”, diretti rispettivamente da Gianni Letta e da Franco Di Bella, non solo annunciarono il silenzio stampa su tutte le notizie riferibili al terrorismo, ma chiesero anche  agli altri giornali di fare altrettanto. ”Il Messaggero” decise di  opporsi nettamente, così da continuare a dare tutte le informazioni sul terrorismo. Ma neanche gli altri giornali raccolsero …

SANDRO PERTINI: QUANDO UN PRESIDENTE SI METTE AL SERVIZIO DEL POPOLO ITALIANO

di Christian Vannozzi | Colui che diventerà il Presidente Pertini nasce a Stella, in provincia di Savona il 25 settembre 1896 e conobbe fin da piccolo le difficoltà che possono incontrare le famiglie numerose a cui viene a mancare prematuramente il padre. Alberto Pertini morì infatti giovane e la madre Maria Muzio dovette occuparsi di ben 5 figli, Sandro, Gigi, Giuseppe, Eugenio e Marion. La sorte volle che almeno, anche se il vuoto a livello umano rimarrà incolmabile, papà Pertini lasciò alla famiglia terreni agricoli e cascine ereditate, in modo che a livello economico la famiglia continuò a navigare in acque tranquille. Assieme al fratello Eugenio Sandro poté quindi frequentare il il ginnasio nel collegio dei salesiani di Varazze, dove imparò ad amare i poveri. Fu in ambiente cattolico che decise di lottare per difendere le classi più deboli, come gli operai e i contadini dei quali prese le parti fin da giovanissimo. Quando scoppiò la Grande Guerra fece la sua parte nel Reggio Esercito combattendo con coraggio, e al suo ritorno, con l’avvento della dittatura fascista, nel periodo più buio passato dall’Italia, combatté per la libertà della sua nazione subendone la condanna, il carcere e l’esilio. La sua adesione al partito risale al 1918, secondo le fonti del Centro Sandro Pertini (http://www.centropertini.org/biografia.htm), proprio nel periodo che vide l’inizio dello squadrismo fascista che porterà all’occupazione di Roma (con il beneplacito del Re) e all’inizio della dittatura. Il giovane Pertini subì più volte violenze da parte degli squadristi che non riuscirono mai a piegare il suo amore verso la democrazia, la libertà e la difesa dei più deboli. Con la caduta del regime divenne un ponto di riferimento per il Partito Socialista e per i partigiani che combattevano contro i nazisti che nel frattempo avevano occupato l’Italia. Il suo carisma era talmente grande che più volte risultò essere un esponente scomodo nella Sinistra Italiana, sia all’interno del PSI che verso gli alleati di quest’ultimo, ovvero i comunisti, verso i quali c’era senza dubbio stima reciproca per ciò che si era fatto per liberare l’Italia, ma anche ostilità verso le vie da seguire per raggiungere la democrazia, quelle vie libertarie a cui il futuro Presidente non rinunciò mai. I primi passi nel PSI portarono il giovane Sandro nella corrente riformista di Filippo Turati e Giacomo Matteotti. Nel 1921 è eletto consigliere comunale nel Comune di Stella, mentre nel 1921 è eletto delegato al Congresso socialista di Livorno, quello che porterà alla nascita del Partito Comunista d’Italia che dividerà per sempre le forze socialiste del nostro Paese in due. La svolta tragica per la situazione tragica del nostro Paese arriva nel 1922, anno tristemente ricordato per la “Marcia su Roma”. Per il Re la protesta mussoliniana divenne l’occasione per ridurre al silenzio i partiti di massa e i movimenti sindacali che stavano creando problemi alla monarchia, agli industriali e ai liberali. Benito Mussolini non era però uno stiletto da usare per il loro tornaconto e in poco tempo, dopo essere stato nominato Primo ministro direttamente dal Re, impose la sua spietata dittatura che devastò per 21 anni l’Italia, trascinandola in una spaventosa guerra. All’inizio furono molti gli italiani che appoggiarono Mussolini e che ben vedevano la sua marcia con le camicie nere che invadevano Roma sotto gli occhi del Sovrano e delle Forze dell’Ordine che simpatizzavano per il leader squadrista. Per gli italiani rappresentava il ritorno all’ordine e alla pace sociale dopo anni furiosi seguiti dopo la Prima Guerra Mondiale. Sandro Pertini, dopo la Grande Guerra, conseguì la laurea in Giurisprudenza a Genova nel 1923 e l’anno successivo, a Firenze, prese la laurea in Scienze Politiche. Estimatore dei socialisti riformisti Turati e Matteoti, seguì il discorso di quest’ultimo alla Camera dove attaccò apertamente Mussolini e le sue squadre di picchiatori. Purtroppo il leader socialista Matteotti pagò con la vita quell’attacco diretto ai fascisti, e Pertini iniziò a mobilitare le forze democratiche per porre fine al periodo fascista vedendo numerosi italiani che dopo l’omicidio gettarono via i distintivi fascisti. Come spesso però accade nel nostro Paese le forze non fasciste si mostrarono immobili, divise e incapaci a fronteggiare il pericolo. Il 3 giugno 1925, incurante del pericolo, il giovane Pertini pubblica l’opuscolo “Sotto il barbaro dominio fascista” per il quale viene condannato a 8 mesi di carcere. Nel 1926 subisce una nuova condanna per attività antifascista che gli costa 5 anni di confino. Per sottrarsi alla polizia si rifugiò a Milano presso Carlo Rosselli, dopo essere stato ferito dagli squadristi. Con il ritiro dei deputati contrari al regime all’Aventino, Mussolini iniziò la fascistizzazione dello Stato dichiarando decaduti i deputati e istituendo la polizia politica Ovra, che mise subito nel suo mirino l’attivismo di Sandro Pertini, che nonostante il pericolo continuò la sua azione democratica contro il Regime. Nonostante il fiato sul collo della polizia fascista Sandro Pertini, assieme a Turati, Parri e Carlo Rosselli riuscirono da Savona a fuggire in Corsica, dove poterono contare sul sostegno dei socialisti francesi che li aiutarono a raggiungere Parigi passando per Nizza. Nella capitale francese si poterono riunire con i vari Nenni, Modigliani, Treves e tanti altri finiti nel mirino dell’Ovra. Per mantenersi in Francia il giovane Pertini lavorò come “laveur des taxi” ed in seguito come muratore. Nel 1929 torna clandestinamente in Italia dove viene arrestato e condannato a 11 anni di reclusione. Storica la frase urlata dal futuro presidente italiano al momento dell’arresto, “VIVA IL SOCIALISMO ABBASSO IL FASCISMO”. Nel carcere di Ventotene, per l’umidità e lo scarso vitto inizia ad ammalarsi, tanto da riuscire a ottenere un trasferimento al carcere di Turi, dove conobbe Gramsci. Con il leader comunista all’inizio non fu facile, i rapporti erano infatti tesi dopo essere stati accusati di essere dei fiancheggiatori fascisti, ma ben presto le due grandi personalità, una socialista e l’altra comunista iniziarono a nutrire un profondo rispetto l’un l’altro, anche per il comune nemico rappresentato dal fascismo. Sandro Pertini fu trasferito nel carcere di Pianosa nel 1932, proprio per allontanarlo da Gramsci con il quale aveva …

GLI STUDENTI PIEMONTESI BOCCIANO LA DAD: UN DANNO PER L’EDUCAZIONE ITALIANA

di Christian Vannozzi | Ben 3300 studenti piemontesi delle scuole superiori, intervistati tramite dei questionari diffusi da Last – Laboratorio studentesco – sui social network e attraverso i loro rappresentanti nei vari istituti, bocciano la famigerata Dad, la didattica a distanza che da marzo scorso invade le scuole italiane e che fortunatamente nell’anno scolastico 2020-2021 non ha coinvolto le scuole inferiori delle varie Regioni. Per il 79,5% degli intervistati la preparazione che riesce a dare la Dad è nettamente inferiore rispetto a quella in presenza non garantendo lo stesso grado di istruzione che hanno avuto coloro che hanno potuto frequentare la scuola normalmente. Inoltre, come ben si sa, gli orari della didattica a distanza sono ridotti, e queste non riesce a raggiungere in ugual misura l’intero territorio nazionale e inoltre non tutte le famiglie possono godere di connessioni a banda larga stabile e di vari device con i quali seguire le lezioni e fare e caricare i compiti sulle varie piattaforme. La dispersione scolastica è quindi maggiore e questo è intollerabile in un Paese, come l’Italia, che sancisce l’obbligo scolastico fino a 16 anni, quindi fino al secondo anno delle scuole superiori. “Non ci aspettavamo risposte diverse, purtroppo è una conferma di quello che diciamo da tempo e che viviamo sulla nostra pelle. Alla luce anche di questi risultati non possiamo più accettare questa situazione e chiederemo un nuovo incontro alla Regione Piemonte”. Queste le parole riportate da Bianca Chiesa, una dei referenti del movimento che da settimane si batte per il ritorno degli studenti in aula, specificando che quello che può dare la scuola in presenza non potrà mai essere dato dalla didattica a distanza, che oltre ad avere grandissimi difetti educativi e pedagogici, per non parlare dei problemi legali dovuti all’obbligo di frequenza fino ai 16 anni che non viene garantito, permangono i problemi sociologici, cosa che spesso viene trascurata ma che è essenziale per gli adolescenti. Si perdono infatti gli anni più floridi della gioventù dei nostri ragazzi, anni d’oro in cui si impara a fare amicizia e a provare i primi sentimenti amorosi. La Dad non è infatti né scuola né società. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it