UN PIANO PANDEMICO ECONOMICO

 

di Renato Costanzo Gatti Socialismo XXI Lazio |

 

Recentemente abbiamo appreso dei ritardi nell’elaborare un piano pandemico sanitario e delle conseguenze che questo ritardo può aver causato nell’affrontare la pandemia.

Credo che questo piano pandemico non copra anche il come affrontare le conseguenze economiche che una pandemia può apportare. Infatti il primo a farsi vivo, dimostrando che un piano pandemico economico non esiste, è stato Draghi che già a marzo scorso riconosceva la necessità di indebitarsi per cercare di salvare le nostre imprese e quindi anche le nostre famiglie. Il nostro governo procede con “decreti ristori” che cercano di venir incontro ai guasti che la pandemia crea in determinati settori. Interviene disordinatamente, per esempio, cancellando la rata Irap a tutte le imprese, indipendentemente dal fatto che queste abbiano o meno subito un danno dalla pandemia, esentando anche quelle che al contrario hanno avuto benefici economici sostanziosi.

Non tutti i settori sono danneggiati in egual misura dai provvedimenti che l’autorità deve emettere per contrastare l’attività del virus, in particolare, in questo caso, i settori più danneggiati dal virus sono i bar, ristoranti e soprattutto il turismo. Il governo si rende conto che i divieti che deve necessariamente emettere danneggiano le attività che comportano assembramento di cittadini, e viene incontro a queste categorie con i “ristori”. La parola è usata specificatamente per distinguerla dalla parola “rimborsi” categoria che presupporrebbe un danno causato da sanare; è appropriato non usare la parola rimborso perché lo stato non è responsabile di nessun danno e intende, invece, dare un aiuto ai danneggiati dal virus. Recentemente una categoria associativa di operatori della ristorazione contesta i “ristori” e pretende non solo “i mancati incassi ma anche il rimborso delle spese sostenute”, una indegna speculazione.

Penso che la crisi pandemica non sia un evento molto raro, è quindi ragionevole che questo fenomeno si ripresenti negli anni a venire, rendendo quindi auspicabile la redazione di un piano pandemico economico.

Penso anche che il piano pandemico economico, lavori sul fronte della prevenzione per fuggire dall’azione successiva in stato emergenziale. Molti si sono lamentati che esistono settori protetti e/o garantiti. E allora di lì parto per le mie considerazioni. I pensionati non subiscono, per ora, ripercussioni sui loro introiti; ma ciò è grazie al fatto che durante la loro vita lavorativa, grazie alla prevenzione di istituzioni e sindacati, si son fatte delle leggi per le quali si sono accantonati i fondi presso l’Inps perché questi fossero erogati al momento della bisogna. Se poi il legislatore abbia inopinatamente (ed elettoralisticamente) preferito il sistema a ripartizione piuttosto che quello ad accumulazione, è un fatto che scontiamo con il rischio che i fondi non siano sufficienti (unitamente al fatto che abbiamo perso la possibilità di avere un investitore sistematico).

Penso anche alla cassa integrazione che lodevolmente accantona fondi per intervenire al momento della bisogna, e che come strumento è risultato efficace tanto da doverlo estendere, oggi, a quelle categorie per cui l’istituto non era stato previsto.

Ma allora le aziende perché non hanno pensato, magari indirizzati dalla confindustria, a strumenti simili, e si trovano ora in gravi difficoltà. E ancora, perché non hanno pensato a stipulare polizze di “business interruption”, polizze assicurative che sovvengono nel momento in cui l’attività, per qualsiasi ragione debba essere interrotta?  Ha fatto notizia che l’organizzatore del torneo tennistico di Wimbledon (All England Lawn Tennis Club) riceverà un indennizzo assicurativo di oltre 100 milioni di euro in ragione della cancellazione del torneo dovuta all’emergenza Covid-19 grazie a una polizza stipulata a copertura del rischio di interruzione dell’attività in conseguenza pandemie virali

Insomma, senza volermi addentrare in molti particolari, sembrerebbe auspicabile la creazione, meglio se a livello europeo, di un meccanismo UN REDDITO DI CITTADINANZA UNIVERSALE, atto a ottenere tre scopi:

a) prevenire e mutualizzare il danno,

b) intervenire prontamente in caso di bisogno con regole chiare,

c) non scaricare, come stiamo facendo ora, l’onere sulle generazioni future.

La necessità di un reddito di cittadinanza universale si fa d’altra parte sempre più impellente se si pensa alle conseguenze sull’occupazione causate dalla robotizzazione delle attività produttive e di servizio, ma questo è un altro discorso che va affrontato a parte.