Riviste Socialiste

L’ASINO

L’Asino fu una rivista di satira politica che nacque a Roma il 27 novembre 1892, l’anno del primo ministero Giolitti e della costituzione del Partito Socialista Italiano.
La rivista fu ideata da Guido Podrecca, uno studente universitario carducciano, positivista e socialista, e da Gabriele Galantara, ex studente di matematica, disegnatore e pupazzettista geniale, anch’egli socialista. I due assunsero gli pseudonimi di “Goliardo” (Podrecca) e di “Rata Langa” (Galantara), e con questi soprannomi firmarono le uscite del settimanale.

Il nome e la scelta socialista
Gabriele Galantara, locandina de L’Asino del 1892

Nella scelta del titolo per il loro settimanale politico-satirico i due giovani si rifecero al motto di Francesco Domenico Guerrazzi “come il popolo è l’asino: utile, paziente e… bastonato”.[1][2][3]

Nella prima fase della rivista, che va dal 1892 al 1901 venne portato avanti un programma di difesa e rivendicazione degli sfruttati e delle posizioni socialiste più aperte, (che costerà a Galantara l’arresto): le vignette[4] del giornale si scagliavano contro Giolitti, contro gli scandali politici di quegli anni, la corruzione, le brutalità poliziesche. Il giornale arrivò a conquistarsi un grosso numero di lettori, e una tiratura molto elevata.

L’anticlericalismo
Gabriele Galantara, “La scuola clericale”, cartolina di propaganda della rivista satirica L’Asino del 1906.

A cominciare dal 1901 le cose cambiarono.
Gabriele Galantara, “Il povero Cristo moderno”, copertina de L’Asino del 15 aprile 1906.

I cattolici si stavano organizzando per preparare il loro ingresso nella vita politica del paese.
Gabriele Galantara, “Quando la gente è incontentabile”, vignetta per L’Asino del 4 febbraio 1906.

I redattori dell’Asino intrapresero così la strada della controffensiva contro il clero e il Vaticano. Nelle vignette venivano descritte la corruzione della Chiesa, l’atteggiamento aggressivo e superstizioso dei preti; il loro successo fra la popolazione portò ad un aumento ulteriore della tiratura.

Tuttavia, a causa delle campagne anticlericali, la rivista venne frequentemente sequestrata per “oltraggio al pudore”.

La posizione interventista nella Grande Guerra
Gabriele Galantara, “Domani a conti fatti – Pantalone: Valeva proprio la pena?”, vignetta per L’Asino sulla guerra di Libia, 1911.

Nel 1911 la guerra italo-turca fu la causa di un grave dissidio con Podrecca, che nel 1909 era stato eletto deputato nelle liste del PSI e si era schierato a favore dell’impresa coloniale, mentre Galantara espresse posizioni anticolonialiste. Il giornale riuscì a dare spazio a entrambe le posizioni, ma senza dubbio le grandi vignette a colori contro la guerra risultavano più efficaci degli articoli di Podrecca, che nel 1912 venne espulso dal Partito Socialista Italiano, assieme al fondatore dell’Avanti! Leonida Bissolati e ad Ivanoe Bonomi.
Gabriele Galantara, “Il grido di … domani: Abbasso la guerra!”, copertina de L’Asino del 9 agosto 1914, basata sul concetto: “questa è l’ultima guerra”. Nonostante l’intento della vignetta fosse pro-intervento, essa è divenuta nel tempo un’immagine pacifista ed antimilitarista.

I contrasti tra i due furono in parte superati quando, alla vigilia della prima guerra mondiale, entrambi si ritrovarono d’accordo sulla linea interventista espressa da Bissolati.

Il cambiamento di rotta di Galantara trovava una spiegazione nella simpatia che egli nutriva per la Francia democratica e nell’avversione nei confronti degli Imperi centrali, e in particolare dell’Austria, considerati i baluardi della reazione e del clericalismo. E perciò, pur avendo rotto con il Partito socialista, Galantara continuò a rivendicare la propria coerenza con i principî socialisti.
Gabriele Galantara, copertina antiaustriaca de L’Asino del 6 giugno 1915.

Diede il suo apporto alla causa interventista e alla propaganda di guerra con le caricature, divenute famose, di “Guglielmone” e di “Cecco Beppe” e predicando l’ostilità verso la “barbarie teutonica”. Le sue vignette vennero ripubblicate su altri giornali dei paesi dell’Intesa e furono esposte nel luglio 1916 alle “Leicester Galleries” di Londra, mentre altre vignette apparvero sul periodico parigino «L’Europe antiprussienne» e sul giornale di trincea «Signor sì».

Per le posizioni assunte nei confronti dell’intervento e – poi – degli eventi rivoluzionari russi del 1917 (Lenin e i bolscevichi venivano rappresentati come agenti tedeschi), «L’Asino» si alienò ulteriormente le simpatie delle masse socialiste e perse consenso tra i suoi lettori.

La rottura tra Galantara e Podrecca e la persecuzione fascista
Gabriele Galantara, “Un incontro”, da L’Asino del 20 agosto 1923.

Nel numero del 25-31 gennaio 1921, L’Asino ritornò alle stampe sotto la direzione del solo Galantara (nel frattempo 1918 – 1920, Podrecca era diventato fascista), con l’editoriale “Ritorno”, nel quale Galantara fece un consuntivo e un’autocritica del suo operato precedente.
Gabriele Galantara, “LUI”, caricatura di Mussolini, “L’Asino”, 1924.

L’Asino, a questo punto, aderì alla corrente massimalista del Partito Socialista e si schierò con la stampa di opposizione al regime.

Diventò così un “Asino” antifascista, chiaramente contrario alla dittatura di Mussolini: il periodico sarà costretto a sospendere le pubblicazioni nella primavera del 1925, dopo una lunga serie di minacce, persecuzioni e di interventi delle squadracce fasciste in redazione.

Galantara verrà nuovamente incarcerato, in un clima di repressione molto più duro rispetto a quello della fine dell’Ottocento. Dopo la sua scarcerazione collaborò in forma anonima ad altre riviste di satira politica, come il Becco giallo e Marc’Aurelio.

Fonte: Wikipedia


LOTTA DI CLASSE

Numero unico delle associazioni operaie democratiche socialiste di Milano per le elezioni amministrative.

N. unico (18 giu. 1892). Milano, [s.n.], 1892 (Milano, tip. Bortolotti dei fratelli Rivara), 46 cm. Gerente resp.: Angelo Bottagisi.

“[…] Critica sociale, nel suo numero del 16 giugno 1892 ne annunciò l’uscita per il giorno 18 dello stesso mese, e della cui avvenuta pubblicazione diede poi notizia nel numero del 1° luglio […] all’infuori del duplice annuncio della Critica sociale, nessun’altra testimonianza poté rinvenire dell’effettiva esistenza di questo numero unico. Di esso non trovasi traccia neppure nelle bibliografie della stampa operaia. […] esso presenta i candidati socialisti e annuncia per le ore 20,30 del 18 giugno una riunione elettorale alla sede del Consolato Operaio in via Crocifisso 15, ove i tredici candidati presenti avrebbero potuto rispondere a qualunque domanda di schiarimenti e di informazioni come pure a qualunque critica fosse stata loro mossa. Tuttavia l’importanza del foglio va al di là della semplice contingenza amministrativa. Esso è infatti chiaramente il preannuncio di quello che sarà di lì a poche settimane il foglio di battaglia preparato dal gruppo socialista milanese nella lotta contro gli altri gruppi (operaistico, anarchico) per la leadership del movimento operaio, e che, dopo il successo riportato al Congresso, diventerà l’organo ufficiale del partito fondato a Genova. Questa continuità risulta non soltanto da dati estrinseci, e cioè il titolo (che il settimanale riprenderà sopprimendo peraltro l’articolo “La”) e la persona del gerente Angelo Bottagisi, ma altresì dal contenuto del numero unico […].

Il foglio milanese invece imposta una battaglia dichiaratamente politica: nell’appello ai lavoratori e agli amici dei lavoratori, con cui si apre il giornale, dopo aver detto “è il programma che vi presentiamo, non i candidati”, e dopo aver invitato alla riunione elettorale del 18 giugno, si dà semplicemente la lista dei candidati e si aggiungono queste parole: “Votate compatti questa lista: non cancellatevi alcun nome: affermate solennemente il principio della LOTTA DI CLASSE”. E tutto il contenuto del foglio è poi dedicato agli aspetti ideologici e politici della lotta di classe e della partecipazione elettorale socialista, ben sapendo i redattori che il solo fatto di scendere in lotta per una battaglia elettorale, per la conquista legale di una parte di potere, sia pure semplicemente in sede amministrativa, implicava una scelta ideologico-politica che aveva in quel periodo un particolare significato: sarà intorno a questo problema che si qualificheranno a Genova i fondatori del partito in polemica con gli anarchici […]”

(L. Basso, Alle origini del Partito socialista italiano. Il numero unico «La lotta di classe» (18 giugno 1892), «Rivista storica del socialismo», mag.-ago. 1960, n. 10, pp. 471-477).

Fonte: Fondazione Lelio Basso


CRITICA SOCIALE

Critica Sociale è un periodico politico italiano di ispirazione socialista.
“Critica Sociale” venne ufficialmente fondata a Milano il 15 gennaio 1891 da Filippo Turati. Tra il 1891 ed il 1898, la rivista fu testimone della presenza politica e dell’autonomia del socialismo italiano e nelle sue pagine diventò l’interprete del periodo dell’intransigenza del partito che si stava fondando.

Nacque in questo periodo la polemica contro gli anarchici e gli operaisti e nello stesso tempo iniziò l’opera di promozione dell’autonomia nei confronti della Sinistra borghese, repubblicana e radicale.

Il 1º gennaio 1893 “Critica Sociale”, che aveva pienamente accettato il programma del Partito dei Lavoratori Italiani approvato nell’agosto del 1892 al Congresso di Genova, cambiò il sottotitolo della testata Rivista di studi sociali, politici e letterari in Rivista quindicinale del socialismo scientifico ed iniziò ad affrontare tutti i gravi problemi pubblici degli anni Novanta (scandali bancari, repressione dei fasci siciliani, guerra di Abissinia, moti popolari per il pane) con articoli di forte denuncia.

In occasione dei Moti di Milano, il 1º maggio 1898 la rivista venne sequestrata e quindi interrotta a causa della condanna del suo direttore. Terminò così la prima fase della rivista, quella senza dubbio più animata e ricca di prospettive. Le uscite ripresero dopo più di un anno, il 1º luglio 1899.

Dal 1901 al 1921

La nuova fase per la “Critica sociale” si aprì nel 1901, in corrispondenza del periodo giolittiano. In questa fase la rivista diventò l’espressione della tendenza riformista all’interno del partito socialista[1]. Vi trovarono ospitalità autori come Luigi Einaudi, Friedrich Engels, Gabriele Rosa, Corso Bovio, Giovanni Montemartini, Claudio Treves, Leonida Bissolati, Carlo Rosselli, Alessandro Levi, Giacomo Matteotti e molti altri artefici del pensiero socialista e dell’azione riformista[2] che diede unità sociale alla nuova unità politica della govane nazione italiana.

Tra il 1902 ed il 1913 la rivista affrontò i problemi della scuola, discutendo il ruolo degli insegnanti, la loro organizzazione, l’edilizia scolastica, l’igiene e la refezione scolastica e non mancò di contestare il bilancio del ministero della guerra che – sottolineò – doveva essere ridotto a vantaggio dei bisogni della scuola.

Critica Sociale adottò, nel discutere di letteratura, una metodologia critica positivista e marxista e, convinta dell’efficacia del libro, dell’istruzione e delle biblioteche, offrì ai lettori, indifferentemente, i versi sociologici di Pietro Gori accanto alle poesie di Ada Negri e alle pagine di narrativa di Italo Svevo.

Anche se non sempre attenta a cogliere i fenomeni ideologici-letterari dell’epoca, “Critica Sociale” cercò di informare i suoi lettori sulle nuove tendenze, dando giudizi e valutazioni filtrate attraverso la mentalità socialista.

Le tendenze superomistiche nietzschiane e dannunziane vennero poco o nulla accettate da “Critica Sociale”, convinta che gli intellettuali dovessero aprirsi e promuovere nuove forme di cultura moderna, ma intonate alla realtà e alle esigenze della vita sociale.

Quando l’intervento dell’Italia nella Prima guerra mondiale venne deciso nel maggio 1915 “Critica sociale” non smise il suo neutralismo né le proprie ragioni riformiste e allo scoppio della rivoluzione bolscevica nell’ottobre del 1917, pur non negando la legittimità del metodo rivoluzionario dei bolscevichi, contestò la possibilità della sua applicazione in Italia.

Il conflitto tra le due principali tendenze socialiste si accentuò e diventò insanabile. Al Congresso di Livorno nel gennaio del 1921, la corrente maggiormente filo-rivoluzionaria, di cui Amadeo Bordiga era il rappresentante più autorevole, uscì dal partito e fondò il Partito Comunista d’Italia del quale egli diventò il primo segretario.

Dal 1922 alla soppressione

Dopo la marcia su Roma (28 ottobre 1922) e la presa del potere dei fascisti, “Critica Sociale” venne sottoposta a censure e sequestri e con lealtà, ma priva di strategie, difese con coraggio l’ordine democratico travolto dal regime.

Gli ultimi articoli militanti uscirono all’indomani dell’assassinio di Giacomo Matteotti (10 giugno 1924).

Al termine dell’anno 1925 “Critica Sociale” si rifugiò sul terreno culturale-ideologico, ma viene comunque soppressa con la legge fascista che vietava la stampa d’opposizione.

L’ultimo fascicolo, il n. 18-19, riporta la data 16 settembre – 15 ottobre 1926.

Un mese dopo i partiti d’opposizione furono sciolti.

Il secondo dopoguerra

“Critica Sociale” riprese le pubblicazioni nel 1945 con l’autorizzazione del comando alleato in Italia firmato l’11 agosto. La dirigevano Antonio Greppi, il futuro primo sindaco di Milano dopo la Liberazione, e Ugo Guido Mondolfo, che la “ereditò” direttamente da Filippo Turati a Parigi (dove uscì un unico numero per impedire che alcuni esponenti vicini al PCI si impossessassero della testata). In questo periodo vi collaborava Giuseppe Pera, dietro lo pseudonimo di Arturo Andrei.

Non era una rivista di partito, anche se al primo congresso del PSI dopo la Liberazione (aprile del 1946 a Firenze) “Critica Sociale” presentò una mozione contro la fusione tra comunisti e socialisti. Appoggiando Giuseppe Saragat con un apporto del 14 per cento circa di voti congressuali, diede un contributo che permise a Saragat di vincere il congresso e di proporre un più blando “patto di unità d’azione” tra PSI e PCI. Il patto durerà solo un anno: nel 1947 a Palazzo Barberini, Saragat romperà contestando il Fronte popolare che si stava organizzando per le elezioni politiche del 1948.

Da allora la rivista fece sempre riferimento a Giuseppe Faravelli e, poi, a Beonio Brocchieri della sinistra del PSDI di Saragat, scontando un certo isolamento politico che porterà alla crisi della casa editrice durante gli anni ’70.

Fu Bettino Craxi, appena eletto segretario del PSI nel 1976, a voler raccogliere le azioni della casa editrice di “Critica Sociale” per impedirne la scomparsa. Da allora la rivista sostenne sempre la linea cosiddetta “autonomista” del nuovo leader socialista, impegnandosi in modo particolare sul terreno della solidarietà ai gruppi del dissenso anti-sovietico nei paesi dell’Est europeo, pubblicando in cirillico e in inglese il periodico LISZY di Jiri Pelikan, attivo organizzatore di collegamenti tra dissidenti dopo la Primavera di Praga, periodico redatto e stampato a Milano presso la “Critica Sociale” negli anni ’70.

La direzione di Ugoberto Alfassio Grimaldi (1974-81) dette alla rivista un notevole rilancio, caratterizzandola anche con una maggiore apertura verso argomenti culturali. Una nuova interruzione delle pubblicazioni si registrò nel biennio 1992-’94, in seguito allo scioglimento del PSI.

Dopo lo scioglimento del PSI

“Critica Sociale” riprese le pubblicazioni in modo difficoltoso e saltuario negli anni ’90.

Dal 2000 le pubblicazioni tornarono ad essere regolarmente mensili e dal 2005 la rivista ha adottato come nuovo sottotitolo quello di “Colloqui italo-britannici” per sottolineare il sostegno all’esperienza del New Labour di Tony Blair e le antiche e comuni radici nel socialismo fabiano di fine Ottocento, un socialismo non marxista di stampo liberale.

Nel 2011, in occasione dell’anniversario dei 120 anni dalla sua fondazione (15 gennaio 1891 – 15 gennaio 2011), “Critica Sociale” ottenne il riconoscimento dell’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica da parte di Giorgio Napolitano. L’anniversario fu celebrato nel segno della comune radice con il 150 anniversario dell’Unità d’Italia. Sotto questo aspetto, “Critica Sociale” è stata riconosciuta come una fonte preziosa di documentazione del processo di costruzione della nuova società nazionale post-unitaria. In particolare la rivista, con la sua attenzione al movimento socialista e al PSI, ha patrocinato l’ingresso del movimento dei lavoratori nel nuovo Stato unitario.

Fonte: Wikipedia


IL QUARTO STATO

Quarto stato, fu la rivista di politica fondata e diretta da Pietro Nenni e Carlo Rosselli; edita a Milano tra gravi difficoltà a causa delle misure repressive del governo fascista, uscì dal 27 marzo al 30 ottobre 1926. La rivista si proponeva di fornire un apporto nuovo alla lotta al fascismo e alla soluzione della crisi del socialismo italiano. Tra i collaboratori, Lelio Basso, Rodolfo Moranti, Giuseppe Saragat.

La rivista sopravvive sino all’approvazione delle leggi “per la difesa dello Stato” che portano alla soppressione della stampa antifascista (l’ultimo numero è del 30 ottobre 1926).
Alla rivista collabora anche Nello Rosselli che si firma “Uno del terzo Stato”.


MONDOPERAIO

Presenza costante fra le riviste politico-culturali del secondo dopoguerra, nata come “rassegna politica settimanale”, Mondo Operaio si propone di intervenire prevalentemente sui problemi di politica estera che Nenni considerava “la politica per eccellenza”.

Diventato organo del Partito Socialista Italiano e quindicinale nel 1953, per adottare nello stesso anno una periodicità mensile, Mondo Operaio si arricchisce di nuovi temi che troveranno una loro prima collocazione nel Congresso di Torino del 1955 dove viene elaborata la politica del dialogo con i cattolici.
Francesco De Martino

Nel primo numero del 1956 Francesco De Martino assume la condirezione (rimanendo Pietro Nenni direttore fino al 1958) e, con l’editoriale Prospettive della politica socialista, fissa i nuovi compiti della rivista.
Raniero Panzieri

Fino al 1959 il periodico affronta in modo organico i temi dello stalinismo, dei rapporti tra socialismo e democrazia, del controllo operaio con l’aiuto dell’allora nuovo giovane condirettore Raniero Panzieri. Si arricchiscono anche i temi di interesse culturale e vengono pubblicati a puntate testi di Balzac, di Brecht, di Blasco Ibáñez per poi approdare, tra il marzo e il dicembre 1958, ad un supplemento scientifico-letterario redatto da Carlo Muscetta e Carlo Castagnoli.

Nelle pagine letterarie escono così articoli di scrittori critici emergenti come Giorgio Bassani, Franco Fortini, Giuseppe Petronio, Pier Paolo Pasolini, Alberto Asor Rosa e altri.

Quando nel 1959 Panzieri abbandona Mondo Operaio e il Partito Socialista, la rivista assume sempre di più la fisionomia di testata partitica, fino alla rifondazione, nel 1973, da parte del nuovo direttore Federico Coen.

La rivista ospita dibattiti che innovano radicalmente la cultura politica italiana: nel 1975 Norberto Bobbio critica la dottrina marxista dello Stato; nel 1976 Massimo Luigi Salvadori critica la dottrina gramsciana dell’egemonia; nel 1977 Giuliano Amato apre la discussione sulla necessità di riforme istituzionali.

A Mondoperaio collaborano assiduamente anche Francesco Forte, Giorgio Ruffolo, Gino Giugni, Luciano Cafagna, Stefano Rodotà, Giuseppe Bedeschi, Luciano Pellicani, Ruggero Guarini, Ernesto Galli della Loggia e Giampiero Mughini; la redazione vede, accanto a Coen, Mario Baccianini, Luciano Vasconi, Francesco Gozzano.

Nel 1985 a Coen subentra Luciano Pellicani.

Nel 1994 la rivista sospende le sue pubblicazioni, a causa dello scioglimento del PSI.
Claudio Martelli

Dal 1998, diretta dall’ex ministro Claudio Martelli, viene pubblicata dallo SDI fino al 2000, con una nuova veste editoriale, formato libro e un’identità politicamente schierata, ma laica e liberale, con sguardi all’Europa.

Tra le firme: Emanuele Macaluso, Predrag Matvejević, Francis Fukuyama, Arnaldo Colasanti, Attilio Scarpellini, Giuliano Cazzola, Adriano Sofri, Stefano Folli, Paolo Franchi, Ferdinando Imposimato, Anna Germoni, Federico Bugno, Piero Melograni, Luigi Fenizi.
Luigi Covatta

Dopo Martelli, subentra alla direzione nuovamente Pellicani fino al 2008; nel 2009 è la volta di Luigi Covatta, con una nuova serie rinnovata nei contenuti e nella grafica, con un comitato di redazione nel quale fanno parte molti di coloro che negli anni Settanta crearono un grande dibattito intorno a Mondoperaio: tra questi si ricordano Gennaro Acquaviva, Salvo Andò, Alberto Benzoni, Daniela Brancati, Simona Colarizi, Biagio De Giovanni, Antonio Ghirelli, Walter Pedullà, Giuseppe Tamburrano; la segretaria di redazione è Giulia Giuliani, mentre il direttore editoriale è Roberto Biscardini.

Attualmente Mondoperaio è la rivista ufficiale del Partito Socialista Italiano, ricostituito nel 2007 dall’unione tra lo SDI e altri movimenti politici d’ispirazione laica e liberalsocialista.

Fonte: Wikipedia