DRAGHI PRESENTA IL RAPPORTO SULLA COMPETITIVITA’

Presentando il suo rapporto sulla competitività, che uscirà a metà settembre, Draghi ha anticipato i punti salienti del suo rapporto; riportiamo di seguito i punti più stimolanti. Draghi inizia ricordando che l’Europa, invece di fare sistema, ha guardato più che altro a ricercare concorrenza all’interno tra i paesi membri. “Abbiamo perseguito una strategia deliberata volta a ridurre i costi salariali gli uni rispetto agli altri e, combinando ciò con una politica fiscale prociclica, l’effetto netto è stato solo quello di indebolire la nostra domanda interna e minare il nostro modello sociale.” Questo misurarsi all’interno del mercato comune ci ha fatto perdere l’attenzione su come il mondo stava cambiando:  “Ma ora il mondo sta cambiando rapidamente e ci ha colto di sorpresa.” Il mondo, tradendo lo spirito del WTO sta perseguendo strade protezioniste, riferendosi oltre alla Cina, credo, all’Inflation Reduction Act di Biden: “ Ancora più importante, altre regioni non rispettano più le regole e stanno elaborando attivamente politiche per migliorare la loro posizione competitiva. Nella migliore delle ipotesi, queste politiche sono progettate per reindirizzare gli investimenti verso le loro economie a scapito delle nostre; e, nel peggiore dei casi, sono progettati per renderci permanentemente dipendenti da loro. (…) Gli Stati Uniti, da parte loro, stanno utilizzando una politica industriale su larga scala per attrarre capacità manifatturiere nazionali di alto valore all’interno dei propri confini – compresa quella delle aziende europee – mentre utilizzano il protezionismo per escludere i concorrenti e dispiegano il proprio potere geopolitico per riorientare e proteggere catene di approvvigionamento.” E prosegue rilevando che:” Ci manca una strategia su come tenere il passo in una corsa sempre più spietata per la leadership nelle nuove tecnologie. Oggi investiamo meno in tecnologie digitali e avanzate rispetto a Stati Uniti e Cina(…). Manca una strategia su come proteggere le nostre industrie tradizionali da un terreno di gioco globale ineguale causato da asimmetrie nelle normative, nei sussidi e nelle politiche commerciali.” Come risultato nei paesi concorrenti le “industrie non solo devono far fronte a costi energetici più bassi, ma devono anche far fronte a un minore onere normativo e, in alcuni casi, ricevono massicci sussidi che minacciano direttamente la capacità delle aziende europee di competere.(…) La nostra risposta è stata limitata perché la nostra organizzazione, il processo decisionale e i finanziamenti sono progettati per “il mondo di ieri”: pre-Covid, pre-Ucraina, pre-conflagrazione in Medio Oriente, prima del ritorno della rivalità tra grandi potenze.” Ecco che allora occorre pensare a “ realizzare la trasformazione dell’intera economia europea. Dobbiamo poter contare su sistemi energetici decarbonizzati e indipendenti; un sistema di difesa integrato e adeguato basato sull’UE; manifattura nazionale nei settori più innovativi e in rapida crescita; e una posizione di leadership nel deep-tech e nel digitale” Draghi indica allora “tre filoni comuni per gli interventi politici. Il primo filo conduttore è consentire la scalabilità. I nostri principali concorrenti stanno approfittando del fatto di essere economie di dimensioni continentali per generare scala, aumentare gli investimenti e conquistare quote di mercato per i settori in cui conta di più. In Europa abbiamo lo stesso vantaggio in termini di dimensioni naturali, ma la frammentazione ci frena.(—) . Potremmo affrontare questo ostacolo, tra le altre cose, rivedendo l’attuale regolamentazione prudenziale sui prestiti bancari e istituendo un nuovo regime normativo comune per le start-up nel settore tecnologico.  Il secondo filone riguarda la fornitura di beni pubblici. Laddove ci sono investimenti da cui tutti beneficiamo, ma che nessun paese può portare a termine da solo, abbiamo validi motivi per agire insieme (…). Le reti energetiche, e in particolare le interconnessioni, ne sono un esempio. Si tratta di un chiaro bene pubblico, poiché un mercato energetico integrato ridurrebbe i costi energetici per le nostre aziende e ci renderebbe più resilienti di fronte alle crisi future. (…). Ma le interconnessioni richiedono decisioni sulla pianificazione, sul finanziamento, sull’approvvigionamento di materiali e sulla governance che sono difficili da coordinare – e quindi non saremo in grado di costruire una vera Unione dell’energia se non raggiungiamo un approccio comune. Un altro esempio è la nostra infrastruttura di supercalcolo. L’UE dispone di una rete pubblica di computer ad alte prestazioni (HPC) di livello mondiale, ma le ricadute sul settore privato sono attualmente molto, molto limitate. Questa rete potrebbe essere utilizzata dal settore privato – ad esempio startup di intelligenza artificiale e PMI – e in cambio, i benefici finanziari ricevuti potrebbero essere reinvestiti per aggiornare gli HPC e sostenere l’espansione del cloud nell’UE.(…). L’UE dispone di risparmi privati molto elevati, ma sono per lo più incanalati nei depositi bancari e non finiscono per finanziare la crescita come potrebbero in un mercato dei capitali più ampio. Questo è il motivo per cui il progresso dell’Unione dei mercati dei capitali (UMC) è una parte indispensabile della strategia complessiva per la competitività. Il terzo filo conduttore è garantire la fornitura di risorse e input essenziali.(…). Attualmente stiamo in gran parte lasciando questo spazio agli attori privati, mentre altri governi guidano direttamente o coordinano fortemente l’intera catena.(…). Ad esempio, potremmo prevedere una piattaforma europea dedicata ai minerali critici, principalmente per gli appalti congiunti, la sicurezza dell’approvvigionamento diversificato, la messa in comune, il finanziamento e lo stoccaggio. Un altro input cruciale che dobbiamo garantire – e questo è particolarmente importante per voi, parti sociali – è la nostra offerta di lavoratori qualificati. Nell’UE, tre quarti delle aziende segnalano difficoltà nel reclutare dipendenti con le giuste competenze.(…) Uno degli attori più importanti in questo senso sarete voi, le parti sociali. Siete sempre stati fondamentali in tempi di cambiamento e l’Europa farà affidamento su di voi per contribuire ad adattare il nostro mercato del lavoro all’era digitale e dare maggiore potere ai nostri lavoratori. Questi tre filoni ci impongono di riflettere (…). Ripristinare la nostra competitività non è qualcosa che possiamo raggiungere da soli, o solo battendoci a vicenda. Ci impone di agire come Unione europea in un modo mai fatto prima. I nostri rivali ci stanno precedendo perché possono agire come un unico paese con un’unica strategia e allineare dietro di essa …

L’INVASORE INVASO

Lucio Caracciolo dalle pagine della Repubblica ci parla della ferita al cuore della Russia e ci aiuta a orientarci nella complessa situazione della guerra russo/ucraina. Riporto alcune frasi scritte dal direttore di Limes e aggiungo mie considerazioni personali che amerei condividere con chi mi legge. Il primo punto è la situazione di Putin “per cogliere l’effetto dell’incursione ucraina in Russia c’è un solo indicatore vero: la faccia di Putin. (…) molte delle teste sedute intorno al suo tavolo salteranno. L’alternativa oggi assai improbabile è che salti la sua”. Putin quindi eclissato dalla sua operazione speciale che sta colpendo a fondo il clima politico russo da quando il paese invasore è diventato, a sua volta, un paese invaso. Cede la logica paese invasore/paese invaso, ma crolla con essa il mito di Putin. Con la consapevolezza che chi gli succedesse potrebbe essere peggio di lui. Il secondo punto riguarda Zelensky la cui poltrona potrebbe saltare “se l’avanzata volgesse in rotta con il sacrificio delle migliori tra le truppe ancora a disposizione per non crollare nel Donbass”. Ora è giusto e corretto che Zelensky voglia (o debba) difendere il suo paese invaso, senza dimenticare ciò che è successo nel 2014 né quello che è successo con l’invasione pacifica della NATO nei primi anni 2000 con Clinton. La difesa scelta da Zelensky è stata quella di affidarsi, utilizzandoli, ai paesi occidentali chiedendo loro armi più armi più armi. La scelta di affidarsi alla solidarietà dei paesi occidentali è stata finalizzata alla “vittoria” senza definire ciò che questa vittoria significasse. Facile temere che escalation dopo escalation il livello dello scontro si avvicinasse, giorno dopo giorno, alla terza world war, prospettando che ad un certo livello lo scontro (specie se la Russia si trovasse, come si trova, in difficoltà) portasse all’uso dell’arsenale atomico. La miopia strumentale di Zelensky associata al tentennante comportamento degli USA (i famosi 60 miliardi bloccati per mesi) ed alla nullità della posizione europea sta rischiando di rendere sempre più vicina uno scontro catastrofico. Il terzo punto. “Ed è su questo che conviene orientarsi. Vale specialmente per noi italiani e per gli altri europei finora (auto)esclusi da qualsiasi ruolo politico, ridotti a fornitori di armi su cui non abbiamo controllo” dobbiamo pensare al dopo, alla ricostruzione del paese distrutto, al suo ingresso nell’Europa “ottenuto in deroga alle regole di ingaggio opposte da Bruxelles agli aspiranti consoci. (…) I costi dell’ammissione di Kiev sono insostenibili per l’UE nella configurazione geopolitica-finanziaria vigente. Il tasso di solidarietà con le vittime dell’Orso è e sarà in calo fisiologico.” Un’idea di come comportarci dopo il conflitto, di quale posizione cui puntare per non subire le decisioni altrui sembra il minimo che possiamo aspettarci dai nostri politici nazionali ed europei. Come quarto punto la NATO. “Kiev pretende una garanzia di sicurezza da Washington e alleati. L’esperienza di questi anni con americani, britannici e altri nordici che a parole spingevano gli ingenui leaders ucraini verso la Nato mentre nei fatti precostituivano l’impossibilità di ammettervela scoprendo all’uopo l’informalità delle istituzioni e la precarietà della locale democrazia, non promette bene”. Gli USA sono orientati al fronte pacifico e tendono ad orientalizzare la NATO lasciando agli europei il cavarsela in questa situazione. Infine, la possibile soluzione. “Il compromesso territoriale è fattibile. Al netto delle aree russe oggi penetrate dall’incursione ucraina, l’attuale linea del fronte lascia infatti alla Russia spazi abitati quasi interamente da russi, filorussi o opportunisti. All’Ucraina una geografia umana meno disomogenea di prima. (…) Ciò di cui i dirigenti ucraini sono da tempo coscienti e di cui trattano con gli interlocutori amici e/o rilevanti, ma evitano di esporre in pubblico. (…) Il punto critico è lo status dell’Ucraina ridotta forse di un quinto del territorio e di metà degli abitanti che aveva nel 1991 (da 51 milioni a 25)”. Se la soluzione è questa, realisticamente perseguibile non rimane che trovare che prende l’iniziativa diplomatica uscendo da quella sterile posizione tra occupante ed occupato (oggi forse meglio vedere come occupante/a sua volta occupato) ed agire nella cogente finalità di disinnescare il processo delle escalations. Ma l’Europa, e non solo lei, è rassegnata e inoperante dando “per scontato che dopo le elezioni americane si tratterà sul serio, forse sopravvalutando l’impegno e la capacità di Trump o di Harris”. Ancora una volta una Europa egemonizzata e marginalizzata.       SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

RAPPORTO SULLA COMPETITIVITA’ DI MARIO DRAGHI

Ritengo fondamentale che noi tutti approfondiamo lo stato dell’Europa a fronte dei nostri concorrenti, USA e Cina in primis. Quelle potenze fanno programmazione a livello statale o, come gli USA con l’IRA di Biden, reintroducono i dazi doganali. L’Europa vive una irenica libera concorrenza quando servono industrie europee capaci di competere e di stare sul mercato, altrimenti siamo destinati all’emarginazione. Studiamo allora l’allegato rapporto di Draghi. Buongiorno a tutti. In un certo senso questa è la prima volta che ho l’opportunità di iniziare a condividere con voi come si stanno delineando la struttura e la filosofia di quello che sarà il mio rapporto. Per molto tempo la competitività è stata una questione controversa per l’Europa. Nel 1994, il futuro economista premio Nobel Paul Krugman definì l’attenzione alla competitività una “pericolosa ossessione”. La sua tesi era che la crescita a lungo termine deriva dall’aumento della produttività, che avvantaggia tutti, piuttosto che dal tentativo di migliorare la propria posizione relativa rispetto agli altri e acquisire la loro quota di crescita. L’approccio adottato nei confronti della competitività in Europa dopo la crisi del debito sovrano sembrava dimostrare la sua tesi. Abbiamo perseguito una strategia deliberata volta a ridurre i costi salariali gli uni rispetto agli altri e, combinando ciò con una politica fiscale prociclica, l’effetto netto è stato solo quello di indebolire la nostra domanda interna e minare il nostro modello sociale. Ma la questione fondamentale non è che la competitività sia un concetto errato. Il fatto è che l’Europa ha avuto un focus sbagliato. Ci siamo rivolti verso l’interno, vedendo i nostri concorrenti tra di noi, anche in settori come la difesa e l’energia in cui abbiamo profondi interessi comuni. Allo stesso tempo, non abbiamo guardato abbastanza verso l’esterno: con una bilancia commerciale positiva, dopo tutto, non abbiamo prestato sufficiente attenzione alla nostra competitività all’estero come una seria questione politica. In un ambiente internazionale favorevole, abbiamo confidato nella parità di condizioni globale e nell’ordine internazionale basato su regole, aspettandoci che altri facessero lo stesso. Ma ora il mondo sta cambiando rapidamente e ci ha colto di sorpresa. Ancora più importante, altre regioni non rispettano più le regole e stanno elaborando attivamente politiche per migliorare la loro posizione competitiva. Nella migliore delle ipotesi, queste politiche sono progettate per reindirizzare gli investimenti verso le loro economie a scapito delle nostre; e, nel peggiore dei casi, sono progettati per renderci permanentemente dipendenti da loro. La Cina, ad esempio, mira a catturare e internalizzare tutte le parti della catena di approvvigionamento di tecnologie verdi e avanzate e sta garantendo l’accesso alle risorse necessarie. Questa rapida espansione dell’offerta sta portando a un significativo eccesso di capacità in molteplici settori e minacciando di indebolire le nostre industrie. Gli Stati Uniti, da parte loro, stanno utilizzando una politica industriale su larga scala per attrarre capacità manifatturiere nazionali di alto valore all’interno dei propri confini – compresa quella delle aziende europee – mentre utilizzano il protezionismo per escludere i concorrenti e dispiegano il proprio potere geopolitico per riorientare e proteggere catene di approvvigionamento. Non abbiamo mai avuto un “accordo industriale” equivalente a livello UE, anche se la Commissione ha fatto tutto ciò che era in suo potere per colmare questa lacuna. Pertanto, nonostante una serie di iniziative positive in corso, manca ancora una strategia generale su come rispondere in molteplici aree. Ci manca una strategia su come tenere il passo in una corsa sempre più spietata per la leadership nelle nuove tecnologie. Oggi investiamo meno in tecnologie digitali e avanzate rispetto a Stati Uniti e Cina, anche per la difesa, e abbiamo solo quattro attori tecnologici europei globali tra i primi 50 a livello mondiale. Manca una strategia su come proteggere le nostre industrie tradizionali da un terreno di gioco globale ineguale causato da asimmetrie nelle normative, nei sussidi e nelle politiche commerciali. Un esempio calzante è rappresentato dalle industrie ad alta intensità energetica. In altre regioni, queste industrie non solo devono far fronte a costi energetici più bassi, ma devono anche far fronte a un minore onere normativo e, in alcuni casi, ricevono massicci sussidi che minacciano direttamente la capacità delle aziende europee di competere. Senza azioni politiche strategicamente progettate e coordinate, è logico che alcune delle nostre industrie ridurranno la capacità produttiva o si trasferiranno al di fuori dell’UE. E ci manca una strategia per garantire di avere le risorse e gli input di cui abbiamo bisogno per realizzare le nostre ambizioni senza aumentare le nostre dipendenze. Abbiamo giustamente un’agenda climatica ambiziosa in Europa e obiettivi ambiziosi per i veicoli elettrici. Ma in un mondo in cui i nostri rivali controllano molte delle risorse di cui abbiamo bisogno, tale agenda deve essere combinata con un piano per proteggere la nostra catena di approvvigionamento, dai minerali critici alle batterie fino alle infrastrutture di ricarica. La nostra risposta è stata limitata perché la nostra organizzazione, il processo decisionale e i finanziamenti sono progettati per “il mondo di ieri”: pre-Covid, pre-Ucraina, pre-conflagrazione in Medio Oriente, prima del ritorno della rivalità tra grandi potenze. Ma abbiamo bisogno di un’UE adatta al mondo di oggi e di domani. E quindi quello che propongo nella relazione che il Presidente della Commissione mi ha chiesto di preparare è un cambiamento radicale, perché è ciò di cui abbiamo bisogno. In definitiva, dovremo realizzare la trasformazione dell’intera economia europea. Dobbiamo poter contare su sistemi energetici decarbonizzati e indipendenti; un sistema di difesa integrato e adeguato basato sull’UE; manifattura nazionale nei settori più innovativi e in rapida crescita; e una posizione di leadership nel deep-tech e nel digitale. Ma poiché i nostri concorrenti si muovono velocemente, dobbiamo anche valutare le priorità. Sono necessarie azioni immediate nei settori con la maggiore esposizione alle sfide verdi, digitali e di sicurezza. Nella mia relazione ci concentriamo su dieci di questi macrosettori dell’economia europea. Ogni settore richiede riforme e strumenti specifici. Tuttavia, nella nostra analisi emergono tre filoni comuni per gli interventi politici. Il primo filo conduttore è consentire la scalabilità. I nostri principali concorrenti stanno approfittando del fatto di essere …

TRE PUNTI CHE VORREI CONDIVIDERE

In questa fase estiva, nella quiete delle montagne o sulle spiagge affollate, ci sono tre punti di politica che mi colpiscono particolarmente e che vorrei condividere con  chi mi legge. I tre punti sono Fisco, PIL e Cina. 1 – FISCO Il fisco italiano non è mai stato così confuso ed ingiusto; il principio costituzionale della progressività (che non è un principio bolscevico ma nettamente marginalistico) viene sfacciatamente calpestato in una politica che, stante le enormi difficoltà della prossima legge di bilancio, cerca di recuperare gettito da tutte le parti. Pare che il governo rispolveri l’imposta sui superprofitti bancari vergognosamente fallita nel precedente tentativo. L’ingiustizia del varato concordato preventivo biennale si palesa in questo semplice esempio: se concordo con il fisco un imponibile con 10.000€ in più dell’ultima dichiarazione, su quell’eccedenza oltre a non subire controlli per due anni, pagherà solo il 10% ma se tale incremento si calcolasse sul reddito da lavoro o da pensione l’imposta sarebbe esattamente quattro volte tanto. La revisione delle rendite catastali è stata definitivamente affossata e i regimi a flat tax dominano la situazione fiscale italiana caratterizzata da una evasione mostruosa. Sorprende nei programmi del Pd e/o dei partiti del campo largo l’assenza assoluta di una lotta seria contro un fisco ingiusto. Che parlare di tasse faccia perdere voti? 2 – PIL Il PIL nel secondo trimestre 2024 è aumentato dello 0.2% rispetto al PIL del primo trimestre con una proiezione annua vicina all’1% previsto dal DEF. L’incremento è decisamente inferiore a quello registrato in Spagna e in Francia mentre la Germania continua con la stagnazione. Ma l’esame delle componenti economiche fa riscontrare un incremento nel turismo (si prospetta, e si vede, una annata notevole) ma si riscontra un decremento nell’industria, nell’agricoltura e nella pesca. Il decremento della produzione industriale preoccupa molto stante la nostra posizione di subfornitori della Germania, risentendo quindi della crisi di quel paese. Siamo in un periodo storico caratterizzato da profonde innovazioni schumpeteriane (penso all’intelligenza artificiale, ai computer quantistici, alle energie rinnovabili), innovazioni che sgominano nel mercato chi non sta al passo delle nuove tecnologie che mutano in modo profondo il modo di produzione. Rischiamo l’emarginazione del nostro paese ma, quel che è peggio, rischiamo anche la marginalizzazione dell’Europa. Solo Draghi sembra accorgersene mentre l’Europa pensa solo a riarmarsi, subendo il ricatto della politica USA. 3 – CINA Se c’è un paese che strutturalmente fonda il suo progresso su un mondo pacifico a cui vendere i suoi prodotti, i prodotti della fabbrica del mondo. La Cina non conosce attività bellica da oltre 50 anni; si impegna nella ricerca di trattative diplomatiche per pacificare le guerre in Ucraina e a Gaza; penso ai dodici punti emessi pochi mesi dopo l’invasione dell’Ucraina ed in particolare all’affermazione dell’integrità territoriale dei paesi; penso alla riunione con tutte le componenti politiche operanti nel medio oriente e interessate a Gaza e alla Cisgiordania. La Cina è il maggior competitore al mondo degli USA; è vero  che non sia un paese democratico ma quanto sta succedendo negli USA in questo periodo storico mette molto in dubbio la positività della democrazia, voglio dire che se l’autoritarismo cinese non è certamente condivisibile non lo è certamente l’attuale fase della democrazia USA mentre se guardiamo ai risultati il modello cinese pare essere più efficace del modello USA. Tutto ciò per dire che sono molto preoccupato dai preparativi che gli USA stanno costruendo per creare un casus belli prendendo come punto critico Taiwan. Gli USA pare vogliano scaricare sull’Europa la questione russa, sfiancando l’Europa inducendola a investire in armi e non in tecnologia (vedi punto precedente) e concentrarsi sul Pacifico unendo le forze con Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda in uno scontro con la pacifica Cina. In questa fase dell’imperialismo USA dobbiamo essere determinati nel rifiuto dell’orientalizzazione della NATO. Il futuro dell’Europa sta nello sviluppo tecnologico dell’Europa, non certo nel vassallaggio dell’Europa alle mire espansionistiche degli USA. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

UN PROTOCOLLO D’INTESA ESERCITO E FRIULI VENEZIA GIULIA

COMUNICATO STAMPA Mentre studenti e anziani continuano a pagare e pure salato, su proposta dell’Assessorato regionale alle infrastrutture e al territorio che fa capo alla signora Cristina Amirante, viene stanziata una cifra di poco inferiore al milione di euro affinché i militari in divisa possano circolare gratuitamente usufruendo dei mezzi pubblici. Il senso del provvedimento non chiarisce a sufficienza quale sia lo scopo, che l’Assessora collega al miglioramento della sicurezza dei viaggiatori determinata dalla presenza di personale in divisa delle Forze Armate, dal momento che il tema “sicurezza” è di competenza delle Forze dell’Ordine e non dell’Esercito. Non esplicita inoltre quali siano state le considerazioni per determinare lo stanziamento di una simile somma che, stante le numerose urgenze regionali, si sarebbe potuta destinare diversamente e più proficuamente per l’aumento e il miglioramento del servizio del trasporto pubblico, orientandolo inoltre a condizioni di gratuità per gli studenti, gli anziani e i soggetti fragili. Le tasse dei cittadini devono essere utilizzate per il soddisfacimento di bisogni reali e non usate per provvedimenti che sanno tanto di retorica e inutile propaganda politica. Socialismo XXI FVG, Circolo “Costante Masutti” di Pordenone SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IL PROGRAMMA DI URSULA VON DER LEYEN

Non mi interessa tanto la figura fallimentare della nostra presidente del consiglio nella sessione europea di rinnovo del Consiglio e degli organismi dell’Europa per il prossimo quinquennio. Ciò che mi interessa di più è il futuro che l’Europa si sta disegnando nella Zeitenwende determinata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, e dalla probabile vittoria di Donald Trump nelle prossime elezioni statunitensi del prossimo novembre. Vedo di sintetizzare al massimo i punti salienti del prossimo orizzonte politico: ● gli Stati Uniti ritengono finito l’innaturale periodo di tutela dell’Europa, tutela di cui si sono fatti carico e che deve invece essere assunta dai paesi dell’Europa; probabilmente la Germania è il paese che deve prendersi le maggiori responsabilità nel costruire un apparato militare in grado di permettere agli Stati Uniti di rimpatriare 35.000 unità oggi presenti sul suolo europeo. Gli USA garantiscono la copertura atomica, e quindi, grazie alla loro generosità, ci lasciano tutte le istallazioni nucleari che riguardano anche il nostro paese. ● in questo contesto l’Europa deve investire cifre considerevoli nella difesa, devono sollecitarsi ad adempiere l’impegno di portare le spese per la difesa al 2% del PIL, ed auspicabilmente portare quel parametro al 3%. La nostra presidente del consiglio ha affermato il rispetto di quell’impegno anche se non ha precisato i tempi entro i quali l’impegno sarà rispettato. Nel programma di insediamento di Ursula fon der Leyen si legge che tra il 2019 e il 2021 l’Ue ha aumentato la spesa militare del 20%, la Russia del 300% e la Cina del 600%. Numeri impressionanti per cui non è un caso che la presidente eletta abbia annunciato la nascita di un commissario alla Difesa incarico reclamato dalla Francia per il suo rappresentante Thierry Breton. La presidente eletta ha anche citato la necessità di un nuovo Recovery Fund che dia impulsi alla competitività europea e agli investimenti. Quindi viene riproposto il protagonismo dell’Europa sul fronte degli investimenti, ma grava il grande dubbio che i 500 miliardi che il rapporto sulla competitività predisposto da Draghi e che sarà presentato in autunno voleva investire annualmente per rendere l’Europa competitiva con l’egemonia statunitense e cinese, verranno dirottati sugli investimenti militari indispensabili per la sicurezza europea di fronte all’aggressività della Russia e della Cina. Il programma della presidente eletta va quindi visto come un vero Zeitenwende dando ai programmi europei una colorazione militare preparando l’Europa allo scontro. Delinea un atteggiamento dell’Europa verso la militarizzazione, l’escalation della tensione, lo scontro e il ricorso a metodi di confronto nella politica estera. ● Il vero obiettivo strategico militare statunitense non è in Europa o in Medio Oriente, dove la questione di Gaza è un fastidiosissimo incidente fomentato da quell’irresponsabile di Nethanyau, ma è sul fronte Pacifico, è il rapporto con il gigante cinese che sta assumendo sempre più importanza nella politica estera degli USA. La Cina che da cinquant’anni non ha uno scontro militare, che opera con una efficacissima conquista di aree di influenza operando con commerci, investimenti, rivoluzioni monetarie, è accusata di continue minacce e di gravissime operazioni aggressive. In questo contesto gli USA stanno cercando l’orientalizzazione della NATO invitando al recente congresso di Washington anche paesi come Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda, che nulla hanno a che fare con il patto atlantico. Al contrario tendono a coinvolgere i paesi atlantici nella politica di attacco al colosso cinese. In questo scenario di una guerra mondiale, per ora a livello di strategie preparatorie, ne consegue che l’Europa viene incaricata di farsi carico della sicurezza del suo territorio minacciato dalla aggressività della Russia e auspicabilmente di tendere ad un raffreddamento della situazione medio orientale. In questa prospettiva viene rilanciato un Recovery Fund che va finalizzato agli investimenti militari e di difesa abbandonando la priorità degli investimenti auspicati da Draghi per l’innovazione tecnologica e produttiva che ci avrebbe potuto vedere competitivi con USA e Cina, riducendoci quindi a una colonia degli USA. Liberati gli USA dai compiti di garante della sicurezza europea, presente comunque nei siti atomici, gli stessi si potranno concentrare sul fronte Pacifico con una grande coalizione anti cinese cui non è escluso che anche l’Europa possa essere coinvolta con l’orientalizzazione della NATO. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CORDENONS SOCIALISTA

Per le elezioni provinciali, nel mandamento di Pordenone il Psi elegge 5 dei dieci consiglieri provinciali complessivi. Uno è Antonio De Anna, eletto pure in Consiglio Comunale a Cordenons, dove il Psi ottiene la maggioranza, sostituendo l’amministrazione di Sebastiano Brascuglia che governa dal 1913.I popolari (che eleggono pure in Consiglio Provinciale il loro unico rappresentante del mandamento, Angelo Del Zotto) non si presentano autonomamente in Comune, ma fanno parte della lista di minoranza con i liberali.Ma l’agibilità politica della nuova Giunta socialista eletta in novembre e guidata da Alicardo Pajer, viene subito ristretta dalle autorità militari locali, che impediscono l’esposizione della bandiera rossa. Nei primi tempi una parte dell’opposizione collabora con l’amministrazione socialista.Provvedimenti della nuova amministrazione:● nel dicembre 1920 il Consiglio approva un aumento del 20% delle retribuzioni dei dipendenti comunali in pianta organica e la concessione della seconda indennità di caroviveri, nella considerazione che gli attuali stipendi di questi impiegati sono troppo modesti e non rispondenti agli odierni bisogni della vita;● nel dicembre 1920 si decide inoltre di affidare all’ing. Pasqualini (consigliere di opposizione) la progettazione, insieme ad una commissione di consiglieri, dei canaletti di irrigazione del canale principale che dal Biccon giunge alla frazione di Villasgraffa;● nel dicembre 1920, si decide la ristrutturazione della casa ex Foenis donata dalla Filatura Makò, per costruirvi dieci aule, da destinare otto a scuola elementare delle borgate di Sclavons e Romans e due ad asilo infantile. Iniziativa che per qualche mese sarà poi sospesa, per il tentativo della Filatura di imporre al comune una destinazione come Casa di Riposo, cui il Comune ha già provveduto in altro modo (destinandovi lo stabile ereditato da Luigi Martin);● sempre nel dicembre 1920 si decide di mettere all’asta la caserma comunale, per pagare i debiti contratti con i lavori per i disoccupati; nel novembre 1922, non essendo riusciti a vendere per una cifra accettabile, si decide un anno dopo di concederne in affitto la parte abitabile a varie famiglie del paese che ne hanno fatta richiesta, con precedenza per i maestri;● nel gennaio 1921 il finanziamento alla Lega dei Comuni Socialisti, per «istituire a Udine un ufficio di consulenza e di sorveglianza per tutti i comuni socialisti della Provincia» (presidente Guido Rosso; segretario per poco tempo Mauro Scoccimarro).Polemica dell’opposizione liberale e popolare, che accusano in modo razzista i socialisti di essere popolani ignoranti e privi del reddito per fare politica;● nel gennaio 1921 si vota un inasprimento progressivo di imposte per finanziare il bilancio comunale, cercando «di non gravare eccessivamente la sovraimposta sui terreni e fabbricati». Vengono invece aumentate, in forma progressiva e nella misura massima prevista, la tassa di famiglia (esentando i redditi operai) e quelle sulle vetture, i domestici, per gli esercizi e le rivendite, perché troppo basse, essendo state approvate addirittura il 17 maggio 1903. Ed infatti, le tassazioni sulle vetture aumentano fino a quattro volte, quelle per i domestici passano da 5 a 10 lire per ogni uomo e da 3 a 5 per ogni donna.Viene aumentata inoltre la tassa sugli animali: ma, per non gravare sull’agricoltura, questa viene portata al massimo solo per cavalli, muli ed asini;●nel febbraio 1921 si aumenta la tassa per i posti riservati nel cimitero lungo i muri di cinta (quindi i posti riservati alle famiglie più ricche) a lire 70 l’uno, superando le precedenti delibere del 1898 e 1899; più tardi sono approvate sovraimposte su alcool e carni;● nell’aprile 1921 si approva il nuovo Regolamento organico del personale comunale, che tiene conto delle innovazioni legislative, come l’assicurazione obbligatoria contro l’invalidità e vecchiaia introdotta per legge nel 1919;● nell’ottobre 1921 si accorda all’unanimità un contributo di 150 lire al Segretariato di Emigrazione di Pordenone, tenuto conto del lavoro utile svolto nel campo del collocamento e dell’assistenza agli emigranti, che sono ben un terzo degli abitanti del comune e che si servono della sua opera. Come nel caso di altre amministrazioni socialiste, anche a Cordenons si sostiene il segretariato di don Lozer, evidentemente riconosciuto – nonostante le feroci polemiche – uno strumento utile alla classe operaia migrante;● nel maggio 1922 il contributo di 200 lire a favore dell’Associazione Nazionale “Le Terre Sacre” con sede presso il municipio di Trieste, con lo «scopo altamente civile e patriottico della cura e sorveglianza dei cimiteri permanenti, ossari, monumenti e ricordi di ogni specie riguardanti i caduti in guerra».L’amministrazione viene ostacolata dalla burocrazia governativa, che tende ad frenare le iniziative urgenti prese per fronteggiare la disoccupazione, ed a bocciare le tassazioni che gravano sui maggiorenti del paese. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. 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L’IMPRESSIONE SU MILWAUKEE

Le immagini televisive e i contenuti di programma della convention del Partito Repubblicano statunitense di Milwaukee danno immagine e contenuti della politica molto lontani da quella che mi piacerebbe vedere. Gridolini, coriandoli, fischi di approvazione e altre manifestazioni rumorose sono l’accompagnamento ad una promessa politica che si esibisce con muscoli e frasi ad effetto. Le previsioni danno il candidato Trump come favorito per l’elezione. Dovrebbe esprimere una visione del mondo, in particolare perché la guida degli Stati Uniti lo richiede per sé e per il mondo stesso. Una visione la possiede ed è una visione che contiene aspettative, promesse, minacce e non un’idea di cooperazione internazionale e di sviluppo. E’ impossibile comprendere quale sia la linea di pensiero per un ordine mondiale che è saltato nel vecchio assetto e andrebbe aiutato a trovarne un altro con metodi negoziali e linguaggi funzionali. Ero ospite del Partito Democratico alla sua convention del 1984 in Florida. Ricordo un altro livello di dibattito; ricordo una progettualità; ricordo l’innovazione anche rappresentandola con una candidatura femminile alla Vice Presidenza, la prima nella storia di quel paese. Walter Mondale e Geraldine Ferraro erano la coppia scelta per la candidatura. C’era Ronald Reagan in carica alla Casa Bianca e il tentativo di batterlo non riuscì. Tuttavia ricordo bene che i contenuti di programma democratico non inseguivano l’avversario esasperandoli. Mi preoccupa quel che sta avvenendo oltre atlantico, ma anche quel che non avviene ancora nell’Unione Europea che rischia molto, a breve, con Trump Presidente, qualora lo sia. L’Unione Europea è ancora in un lunghissimo rodaggio o oltre ciò che dà ed è non sa dare né essere? SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

COSTANTE MASUTTI

Nacque a Prata di Pordenone il 5 maggio 1890 da Giuseppe e Maria Polesel, in una famiglia di operai edili (aveva sei fratelli e due sorelle). Dopo aver frequentato i primi due anni delle scuole elementari, fu avviato al lavoro a soli nove anni di età, presso la fornace di Rivarotta di Pasiano. A quindici anni emigrò a San Gallo in Svizzera dove, subito dopo l’apprendistato, riuscì a farsi assumere nel 1906, come precoce operaio professionale. La sua adesione al socialismo avvenne negli anni successivi, quando poté pagare la quota al sindacato di mestiere dei gessatori e pittori. Prima della guerra si trasferì a Pordenone, sposando Teresa Gaudenzio. Dal matrimonio nacquero quattro figli: Angelo (a Pordenone nel 1915), Nella (nel 1918, durante la profuganza dopo Caporetto), Gisella (a Pordenone nel 1921, poco dopo la fuga del padre) ed Otello (a Parigi nel 1924). Nel dopoguerra M. diventò il segretario della Lega degli edili di Pordenone, aderente alla Federazione impiegati operai edili (FIOE): era la più forte organizzazione della Camera del lavoro del Friuli. Fu protagonista di numerose agitazioni degli edili disoccupati, della creazione di cooperative di lavoro e della realizzazione di lavori arbitrari, gli “scioperi a rovescio”. Professavano idee socialiste anche i fratelli Giovanni (nato nel 1887), Antonio (1888), Olivo (1896) e Vittorio (1902). Tutti furono operai migranti: Giovanni a Torino come operaio Fiat e facchino d’albergo (portando con sé la madre), Olivo pure a Torino in una fonderia Fiat, mentre Vittorio emigrò in Belgio nel 1923 ed Antonio in Argentina nel 1922; la sorella Angela (1894) era invece suora presso un convento di Gorizia. Nell’ottobre 1920 M. fu eletto al consiglio comunale nelle file della maggioranza socialista. Aderente alla scissione comunista, M. partecipò alle “barricate di Torre” del maggio 1921. L’8 giugno successivo, nel corso di una imboscata tesagli dai fascisti a Prata, M. uccise il capo degli squadristi, Arturo Salvato, e fu quindi costretto a darsi alla clandestinità. M. fu dapprima incaricato dalla FIOE di dirigere il sindacato in Sudtirolo e Trentino; una volta scoperto, espatriò insieme con Pietro Sartor. Dopo un periodo passato in Svizzera ed in Belgio, nel 1922 si trasferì in Francia con la famiglia, alternando l’attività di impresario edile, svolta sotto falso nome, a quella di organizzatore della categoria per il Parti communiste français (PCF). Scoperto e costretto nuovamente all’espatrio dieci anni dopo, si trasferì nuovamente con la famiglia in Unione Sovietica, dove fu impegnato come lavoratore specializzato in importanti lavori edili, ricevendo anche pubblici riconoscimenti come “stakhanovista”. Qui il cognome dei Masutti divenne “Garatti”. Nel 1933 la figlia Nella conobbe e sposò un giovane comunista torinese, Emilio Guarnaschelli, ucciso in seguito alle repressioni staliniane (grazie all’impegno di Nella Masutti, il carteggio di Guarnaschelli diventò più tardi la prima testimonianza di ampio respiro sulle vittime italiane delle repressioni staliniane). M. iniziò a quel punto un difficile percorso per non cadere anch’egli vittima delle “grandi purghe”, riuscendo infine a ritornare in Francia nel 1937. Qui diventò un riferimento per la dissidenza trozkista, ritornando a tessere i contatti con gli antichi compagni socialisti in esilio. Nell’immediato secondo dopoguerra, M. ritornò a Pordenone, guidando la riorganizzazione del Partito socialista italiano fino al 1949. Nel 1948 fu anche candidato al Senato per il Fronte popolare nel collegio di Pordenone. Nel 1949 ritornò a Parigi, dove divenne segretario della sezione e successivamente della federazione del PSI, dedicandosi al lavoro di assistenza agli emigranti italiani. Morì a Parigi il 12 ottobre 1960. Fonte: www.dizionariobiograficodeifriulani.it SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA NATO E L’EUROPA

Alcune cose di questa riunione a Washington della NATO mi lasciano decisamente perplesso, anzi mi preoccupano per le prospettive che questo patto atlantico sta mettendo a fondamento non della difesa e della pace, ma a una politica di imperialismo, tanto più preoccupante perché guidata da un paese come gli USA in evidente perdita di egemonia dove tra l’altro, come dice Federico Rampini, a novembre si potrebbero scontrare per le elezioni presidenziali da una parte un deficiente e dall’altra un delinquente. Primo punto riarmo su tutti i fronti, innalzamento delle spese militari dal 2 al 3% del PIL. L’incapacità dell’Europa di porsi come soggetto economicamente e politicamente rilevante, ne determina la crescente perdita di credibilità e la crescente sottomissione a livello di colonia. In economia il famoso protocollo Draghi incentrato sulla necessità di investire come Europa 500 miliardi l’anno per difendere la nostra posizione economica dall’espansionismo USA e Cina, è il grido di allarme che l’inetta Europa sarà incapace di ascoltare, mentre, Giorgia Meloni in testa, promettiamo di aumentare lo stanziamento di bilancio per le armi. Il povero Giorgetti cerca di far intravvedere la nostra capacità di fare un bilancio che sani deficit e riduca il debito, ma la presidente del consiglio ai miliardi necessari per prorogare il cuneo fiscale, attenersi alle norme europee su deficit e debito, non fa altro che aggiungere miliardi per fornire armi all’Ucraina. A parte il fatto che la nostra Costituzione indica la strada della trattativa alla logica ripudiata della guerra, queste scelte aggravano il costo che ogni giorno, dalla spesa al mercato, dal mutuo di casa, dall’inflazione insoluta stiamo pagando per questa politica verso l’Ucraina tesa ad una vittoria impossibile che riscontra ogni giorno di più una escalation senza fine. Risultato, un deterioramento della economia europea a favore dell’espansionismo USA che trova il suo vangelo nell’Inflation Reduction Act altrimenti detto l’IRA di Biden. Secondo punto. La NATO prevede all’art. 5 che se un paese NATO è assalito da un paese terzo (ad esempio guarda caso la Russia) tutti i paesi NATO devono correre in aiuto all’alleato assalito. Ma se la NATO permette ad un paese membro (ad esempio la Polonia) di colpire un paese terzo e questo paese terzo reagisce all’attacco, perché gli altri paesi NATO dovrebbero correre a difendere l’assalitore? Ma ieri si è deciso di piazzare entro il 2026 (quindi una cosa programmata a medio termine) missili a lunga gittata in Germania come deterrenza nei confronti della Russia. Povera Germania, ancora ammutolita dal fatto che l’alleato gli ha distrutto due gasdotti (il nord stream one e il nord stream due) che permettevano grazie al gas russo di non pagare dazi all’Ucraina e di sostenere le sue ambizioni mercantilistiche. Mancando quel gas la Germania entra in recessione e trascina su questo versante anche il paese (il nostro) che tanto esporta a supporto della produzione tedesca. Questo militarizzazione culminante nella nomina della Kallas a responsabile esteri europea, questo insistere per l’ingresso dell’Ucraina (ben lontana dall’avere un minimo di requisiti necessari all’ingresso) nella NATO, queste esercitazioni della NATO in terreno ucraino già prima del 2022 sono sintomi della ricerca di una nuova guerra fredda che pur aveva conosciuto rapporti migliori. Bisogna riconoscere che l’azione di Berlusconi aveva creato a Pratica di Mare un clima che poteva portare ad un rafforzamento sensibile dell’Europa. L’azione di Clinton che ha sollecitato e convinto molti paesi ex sovietici a entrare nella NATO è sfociata in una avanzata dei confini della NATO a est (fino a lambire la Russia) disconoscendo tutte le riassicurazioni date. Sono sintomi di colonizzazione del nostro territorio. Terzo punto. Ma il vero nemico degli USA è la CINA, la Russia ormai è un catorcio di paese. Il vero obiettivo degli USA sta nel Pacifico, è là che si prospetta il vero confronto tra due entità che tra l’altro hanno già creato aree monetariamente divise e conflittuali: dedollarizzazione e BRICS. Ebbene non c’è da chiedersi perché a questa riunione NATO a Washington sono stati invitati il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia e la Nuova Zelanda? Cos’è questa orientalizzazione della NATO? Che c’entriamo noi con le mire imperialiste degli USA? Perché questo continuo provocare Pechino su Taiwan? Perché la visita di Nancy Pelosi a Taiwan? E noi ci vogliamo far coinvolgere in questa operazione? A quanto pare abbiamo inviato in quei mari la nostra portaerei Cavour. E’ un caso o un atto di atlantismo esagerato? SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it