LEGGERE LA BIBBIA AI BAMBINI, NON SONO D’ACCORDO

Ho letto che il Ministro Valditara ha annunciato novità per i programmi didattici dell’anno scolastico 2026/2027. Tra esse è l’introduzione della lettura della BIBBIA nella scuola primaria frequentata dai bambini dai 6 agli 11 anni. Il Ministro ritiene che la lettura abbia un valore educativo e faccia emergere i legami tra la BIBBIA e la cultura laica. Poiché i testi della BIBBIA sono più di uno non so a quale il Ministro si riferisca. Riporto qui sotto alcune parti, solo alcune parti della BIBBIA che non so come possano essere responsabilmente lette ai bambini e a chiunque. Prego chiunque di segnalarmi per cortesia i legami con la cultura laica perché ho difficoltà a trovarli. SULLA DONNA Genesi E’ il primo libro dellaTORAH del TANAKH ebraico e della BIBBIA cristiana. E’ il Primo Libro di MOSÈ. Scritto in ebraico é diviso in cinquanta capitoli. La sua redazione definitiva fatta da ignoti sarebbe avvenuta nel VI-V secolo a.C. in GIUDEA, sulla base di precedenti tradizioni orali e scritte. Nei primi undici capitoli è descritta la cosiddetta “preistoria biblica” (la creazione, il peccato originale, il diluvio universale) e nei rimanenti capitoli la storia dei  patriarchi  ABRAMO, ISACCO, GIACOBBE-ISRAELE e di GIUSEPPE le cui vite si collocano attorno al 1800-1700 a.C. “Alla donna disse: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà». All’uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: “Non ne devi mangiare”, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: tu sei polvere e polvere tornerai!» III Levitico Il LEVITICO è il Terzo Libro di MOSÈ. E’ il terzo libro della TORAH ebraica e della BIBBIA cristiana. È composto da 27 capitoli, scritti in ebraico, contenenti quasi esclusivamente leggi religiose e sociali, ad uso dei sacerdoti e dei leviti, che MOSÈ diede agli Ebrei durante il soggiorno nel deserto del SINAI (circa 1200 a.C.). “Quando una fanciulla vergine è fidanzata e un uomo, trovandola in città, pecca con lei, condurrete tutti e due alla porta di quella città e li lapiderete così che muoiano: la fanciulla, perché essendo in città non ha gridato, e l’uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo.” “Trovo che amara più della morte è la donna, la quale è tutta lacci: una rete il suo cuore, catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio la sfugge ma il peccatore ne resta preso.” “Quando una donna abbia flusso di sangue, cioè il flusso nel suo corpo, la sua immondezza durerà sette giorni; chiunque la toccherà sarà immondo fino alla sera. Ogni giaciglio sul quale si sarà messa a dormire durante la sua immondezza sarà immondo; ogni mobile sul quale si sarà seduta sarà immondo. Chiunque toccherà il suo giaciglio, dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell’acqua e sarà immondo fino alla sera. Chi toccherà qualunque mobile sul quale essa si sarà seduta, dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell’acqua e sarà immondo fino alla sera. Se l’uomo si trova sul giaciglio o sul mobile mentre essa vi siede, per tale contatto sarà immondo fino alla sera. Non ti accosterai a donna per scoprire la sua nudità durante l’immondezza mestruale. Se uno ha un rapporto con una donna durante la sua immondezza mestruale e ne scopre la nudità, quel tale ha scoperto la sorgente di lei ed essa ha scoperto la sorgente del proprio sangue; perciò tutti e due saranno eliminati dal loro popolo.”  «Ogni donna che prega o profetizza a testa scoperta, reca un affronto al suo capo [il maschio], infatti sarebbe come se essa fosse rasata. Pertanto se una donna non vuole mettersi il velo, si tagli addirittura i capelli! Ma, se per una donna è vergognoso tagliarsi i capelli o essere rasata, si copra col velo. L’uomo invece, non deve velarsi il capo, essendo egli immagine e riflesso di Dio; mentre la donna è riflesso dell’uomo.» “Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni; sarà immonda come nel tempo delle sue regole. L’ottavo giorno si circonciderà il bambino. Poi essa resterà ancora trentatré giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario, finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione. Ma, se partorisce una femmina sarà immonda due settimane come al tempo delle sue regole; resterà sessantasei giorni a purificarsi del suo sangue.”  “Se la figlia di un sacerdote si disonora prostituendosi, disonora suo padre; sarà arsa con il fuoco. Il sacerdote, quello che è il sommo tra i suoi fratelli, sul capo del quale è stato sparso l’olio dell’unzione e ha ricevuto l’investitura, indossando le vesti sacre, non dovrà scarmigliarsi i capelli né stracciarsi le vesti.”  Deuteronomio IIl Deuteronomio è ilQuinto Libro di MOSÈ. E’ il quinto libro dellaTORAH  ebraica e della BIBBIA cristiana. È scritto in ebraico e la sua redazione definitiva fatta da ignoti sarebbe avvenuta nel VI-V secolo a.C. in GIUDEA, sulla base di precedenti tradizioni orali e scritte. È composto da 34 capitoli descriventi la storia degli Ebrei durante il loro soggiorno nel deserto del SINAI (circa 1200 a.C.) e contiene varie leggi religiose e sociali. “La donna non si metterà un indumento da uomo né l’uomo indosserà una veste da donna; perché chiunque fa tali cose è in abominio al Signore tuo Dio.” XXII, 5  “Quando i fratelli abiteranno insieme e uno di loro morirà senza lasciare figli, la moglie del defunto non si mariterà fuori, con un forestiero; il suo cognato verrà da lei e se la prenderà in moglie, compiendo così verso di lei il dovere del cognato.” XXV, 5 “Se alcuni verranno a contesa fra di loro e la moglie dell’uno si avvicinerà per liberare il marito dalle mani di chi lo percuote e stenderà la mano per afferrare costui nelle parti vergognose, tu le taglierai la mano e l’occhio tuo non dovrà …

SOCIALISMO E COMUNISMO

Mi avventuro in questo argomento con un approccio semplice e quasi schematico, atto, tuttavia, a chiarire in modo argomentato la differenza tra le due opzioni politiche. Il mio approccio è fondamentalmente economico, dimentica quindi differenze o convergenze di altra natura e di questo il lettore è preavvertito. Il socialismo, come lo vediamo oggi, agisce fondamentalmente a livello di attuazione dello “stato sociale”, un complesso di richieste civili ed economiche (salario minimo, lotta al lavoro precario, diritti civili, cittadinanza, partecipazione, sanità, istruzione, etc.) che, accettando il “modo di produzione” in essere, operano per una miglior redistribuzione tra le classi sociali e per una vita libera e sociale solidale. La definizione di “welfare state” o “stato sociale” ha come definizione secondo la dizione formulata da I. Gough, «l’uso del potere dello Stato volto a favorire l’adattamento della forza lavoro ai continui cambiamenti del mercato e a mantenere la popolazione non lavorativa in una società capitalistica». Non dimentichiamo che al fine di creare un clima pacifico tra le classi sociali i primi provvedimenti di “stato sociale” risalgono a von Bismarck che introdusse (1883-89) la prima forma di assicurazione sociale per i lavoratori dell’industria. Lo “stato sociale” ha fatto enormi passi avanti nel ventesimo secolo in particolare nel mondo occidentale dove si sono realizzate, pensiamo agli stati scandinavi, forme di vita sociale che annullano il dramma della povertà. Oggi, tuttavia, i limiti di questa scelta politico-economica denunciano una crisi profonda della politica redistributiva, crisi che nasce dalla rivoluzione tecnologica della produzione e dalla finanziarizzazione dell’economia, dal peggioramento dei tassi di sviluppo. Senza approfondire oltre le cause di questo stallo della politica redistributiva, è a tutti evidente lo stato di difficoltà di questo modello. Il comunismo, o quello che io chiamo con questo nome, pone alla base del suo operato la gestione scientifica dell’economia. Ritengo che il modello romantico della rivoluzione russa esaltata da Eisenstein, sia una negazione del pensiero marxiano, Gramsci definì quella rivoluzione come “La Rivoluzione contro il Capitale” (Avanti del 24 novembre 1917 e Grido del Popolo del 5 gennaio 1918). Fu una scorciatoia per saltare la fase borghese percorsa dai bolscevichi che “stanno elaborando le forme socialiste su cui la rivoluzione dovrà finalmente adagiarsi per continuare a svilupparsi armonicamente, senza troppi urti, partendo dalle grandi conquiste già realizzate”. Quella rivoluzione romantica, il suo collasso hanno ritardato di due secoli l’avvento del comunismo. Il punto fondamentale del mio comunismo consiste nella gestione del surplus generato dal processo economico;  oggi quella gestione è basata su un fattore esterno alla razionalità, l’elemento determinante per decidere sul come reinvestire il surplus generato è il PROFITTO. Si investe laddove maggiore è il profitto atteso, si spostano capitali e risorse dai settori meno promettenti a quelli più attraenti in termini di utile, indifferenti all’investimento produttivo piuttosto che quello finanziario. Questo sistema guidato dal profitto, comporta un arricchimento della società nel suo complesso; prima i possessori di capitale e poi per “sgocciolamento” i ceti e le classi subalterne. Certo è che quando sopravvengono periodi di crisi, il cosiddetto sgocciolamento conosce interruzioni che causano una crescente diseguaglianze tra le classi, un peggioramento dell’indice Gini. Osserviamo quello che in questi anni è successo alla più nota impresa italiana, la Fiat. E’ stata l’impresa che ha dominato per decenni la vita economica del paese, determinando le scelte della spesa pubblica, trasformando il paese sia nelle sue infrastrutture (si pensi alla rete autostradale) che nella migrazione verso il nord di masse di lavoratori meridionali. Nella gestione del surplus generato dalla produzione quell’impresa è stata un attore determinante ed un fruitore importante. Oggi la Fiat non esiste più, è comparsa in Stellantis, ha licenziato migliaia di addetti, ha fatto di Torino la città più cassaintegrata d’Italia, ha scelto di produrre in paesi europei dove il costo della mano d’opera è più conveniente e gli eredi degli Agnelli pensano di spostare i loro investimenti in settori più redditizi. La logica del profitto porta a queste soluzioni. E ancora lo stato italiano con gli incentivi 4.0 e 5.0 regala soldi alle imprese affinchè siano esse a scegliere dove investire rifiutando un ruolo di decisore razionale, prostituendosi alle scelte profittevoli del capitalismo, lasciando al capitale il ruolo principale nell’allocazione del surplus. In proposito c’è da chiedersi come mai la Francia sia socia di Stellantis, così come è socia di Renault, destinate a fondersi, magari con Volkswagen. Si risponderà che lo stato francese è socio perché avrà avuto azioni societarie in cambio di capitali conferiti alle imprese. C’è allora da chiedersi perché, avendo lo stato italiano dato immensi contributi alla Fiat, non possegga in cambio neppure una azione, e si trovi oggi esclusa dalla creazione della mega industria automobilistica che potrebbe nascere in un prossimo futuro. L’alternativa a questo modello di gestione del surplus generato è quello di affidare le scelte alla scienza che, individuate democraticamente le finalità e gli obiettivi da raggiungere, programma gli investimenti sociali in cui la profittabilità è un elemento ma non l’unico elemento decisivo. La definizione degli obiettivi è un fatto politico, il perseguimento degli stessi è un fatto scientifico in cui la programmazione è l’opzione scientifica dominante. Con tale proposta si sposta il governo politico dalla gestione sovrastrutturale, gestione dei diritti, alla gestione strutturale, allocazione del surplus con criteri scientifici e non estranei alla ragione, come il profitto. La questione diviene enormemente più seria con l’avanzata in tempi rapidissimi della tecnologia e l’avvento dell’Intelligenza Artificiale (I.A.). Facciamo un piccolo esercizio di proiezione intellettuale: tra qualche decennio tutto ciò che è prodotto ora sarà prodotto bene e forse meglio dalla I.A., non sarà più necessario lavoro comandato per produrre ciò che oggi produciamo, liberati dal “guadagnarsi il pane col sudore della fronte”, potremo vivere con gli stessi beni oggi prodotti dall’uomo con quelli prodotti dall’I.A. Certo ci sono due scenari alternativi: 1 – Nel primo scenario il capitale privato possessore dell’I.A. e di tutta la robotica investirà il surplus generato in modo da soddisfare in primis i bisogni e gli obiettivi suoi, destinando solo una parte residuale del prodotto, quel tanto che, come diceva Bismark, distolga …

BREVE RIFLESSIONE

La morte di Craxi che in questi giorni viene ricordata pone alcuni interrogativi.Il primo, con la morte di Craxi muore la prima Repubblica. La prima Repubblica era la Repubblica dei grandi partiti di massa o comunque dei partiti. Oggi ci sono solo comitati elettorali. Secondo, all’epoca della prima Repubblica votava il 90% degli aventi diritto al voto. Oggi solo un elettore su due va a votare.Terzo, il livello della attuale classe politica non è paragonabile a quello dei politici della prima Repubblica piu’ capaci, piu’ competenti, piu’ preparatiLa politica nel ricordare Craxi dovrebbe porsi questi interrogativi o queste riflessioni e dare una risposta risolutiva a cominciare da una nuova legge elettorale in senso proporzionale con la doppia preferenza per garantire la rappresentativita’ e dalla introduzione della sfiducia costruttiva per garantire la governabilita’. Il resto sono chiacchiere ed ipotesi pasticciate di riforme istituzionali che allontanano i cittadini dalla vita democratica ed istituzionale del Paese. Gia’ la democrazia! Craxi e i suoi omologhi dell’epoca non hanno mai messo in discussione i principi di democrazia o compromesso la democrazia in Italia.Sono stati commessi degli errori. Tutti hanno commesso degli errori da destra a sinistra. Ma quella classe dirigente non ha mai sacrificato la democrazia per il potere. Quella classe dirigente ha ricostruito questo Paese portandolo in pochi anni ad essere fra le potenze piu’ industrializzate dell’ occidente e del mondo.Qualcuno ha dimenticato tutto questo. Non è nostalgia, si badi. Sono dati di fatto. E’ la realtà.Ricordare Craxi è ricordare tutto questo.Alla politica il compito di tornare a fare politica nell’ interesse degli italiani. Ora che la nostra democrazia è in pericolo. E non è affatto retorica. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

COME SI DISTRUGGE L’ECONOMIA DI UN PAESE

Il “sacco” della economia italiana Come spesso accade le disgrazie di una nazione hanno sempre dei responsabili esterni, ma anche dei “collaboratori” interni.Fu così anche per il regno delle due Sicilie quando il generale borbonico Landi nel 1960 favorì le navi inglesi che proteggevano lo sbarco di galeotti di mezza Europa per distruggere il Regno ed appropriarsi del suo oro. La storia, ovviamente in modo molto più raffinato e complesso, purtroppo si ripete. Di solito si fa riferimento al caso Britannia (2 giugno 1992) dove la Regina Elisabetta II d’Inghilterra fa gli onori di casa alla finanza internazionale e a Mario Draghi accompagnato dai rappresentati di ENI, IRI, ecc. in quella occasione pare che Draghi abbia sostenuto che l’incontro era la dimostrazione che si stava passando dalle parole ai fatti. La storia della distruzione della nostra economia ha un luogo di sperimentazione altrove, in particolare in Gran Bretagna dove la Thatcher era convinta che le privatizzazioni avrebbero reso il paese più efficiente, che l’industria sarebbe cresciuta, che i servizi sarebbero stati migliori, dopo 13 anni la realtà fu un’altra: i sevizi peggiorarono, i finanzieri si arricchirono e l’economia della Gran Bretagna risultò indietro rispetto alle grandi economie europee. Tornando all’Italia nel maggio del 1991 il PIL italiano è al quarto posto nella classifica mondiale dopo la Francia. La finanza internazionale era interessata a fare affari in Europa, ma i Governi europei in Francia con Mitterand e Germania con Elmut Kol erano ben saldi, l’Italia invece aveva evidenti difficoltà politiche e imprese a partecipazione statale, banche di interesse pubblico, molto appetibili. Inoltre il 17 febbraio 1992 a Milano inizia l’operazione mani pulite che promette interessanti sviluppi che porteranno alla distruzione dei partiti che avevano, in precedenza mostrato (caso SME) l’ostilità alla vendita del patrimonio pubblico. Comincia una campagna, già sperimentata in precedenza in Gran Bretagna, per sostenere che il sistema pubblico dello Stato è superato, obsoleto, inefficiente, non è dinamico e competitivo.Poi la carta vincente screditare il debito pubblico e la sua sostenibilità, Quindi per salvare il Paese occorre vendere il patrimonio pubblico. Ovviamente non basta la campagna di stampa per convincere i più riottosi alla vendita dei beni pubblici, occorre qualcosa che allarmi Governi e opinione pubblica. Ecco che con grande tempismo arriva l’Agenzia MOODY’S che il 14 agosto 1992 giudica l’affidabilità dell’Italia con una declassazione da AA1 ad AA3. Un colpo mortale per la finanza pubblica che con la decisione del 1981 assunta da Andreatta (il divorzio dalla Banca d’Italia) il Governo è costretto a finanziarsi sul mercato libero dei capitali che ovviamente con queste premesse diventa molto più oneroso. Soros aveva già sperimentato un analogo attacco speculativo, con successo a danno della Gran Bretagna, forte di quella esperienza replica la speculazione contro l’Italia politicamente indebolita e finanziariamente screditata. L’operazione costerà per sostenere la lira, senza successo ben 48 miliardi di dollari. La conclusione fu la svalutazione della lira del 30%. Un passo indietro per capire di chi è la MOODY’S, il proprietario è Warren Buffet e una decina di fondi speculativi, Buffet è amico di G.Bush, di Herry Kissinger insieme a quest’ultimo siedono nel consiglio di amministrazione della American Exspress, solo per citare qualche legame ed interessi di Buffet. Infine è il quarto uomo più ricco del mondo con 140 miliardi di dollari. Ogni commento è superfluo. A questo punto il Governo Amato chiederà la consulenza per la vendita a lira svalutata, che sarà un grande affare per la finanza , alla Goldman & Sachs, alla Merrill Linch e alla Salomon Brothers . Ovviamente la Goldman & Sachs aprirà a Milano, che tempismo, nel 1992 un ufficio operativo. Così dal prestigioso risultato del 1991 con l’Italia quarta potenza economica del mondo si apre la strada del declino. Nel 1993 ci sarà un Governo tecnico presieduto da Ciampi e con Prodi inizierà la svendita del patrimonio pubblico industriale e finanziario dell’Italia. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CHIARIAMOCI BENE

Oggi mi sono dedicato, coi poveri mezzi di cui dispongo (davvero misera cosa rispetto all’impresa, a ricordare Craxi Benedetto, per tutti noto il nomignolo Bettino.Ho vissuto tutta la parabola di Bettino, come attivo militante de la PSI, da quando lui era il giovane vice di Nenni, il capo della corrente “autonomista” del Psi. Cioè nessuno. Era ridotto a contare poco, allora, nel Psi lo steso Nenni, un misero dieci per cento, scarso, del Psi che a sua volta prendeva, Segretario De Martino, uno scarso 10 per cento del voto politico. Un Psi che era uscito logoratissimo dalle ultime fasi de centrosinistra, sotto le concordi bordate di PCI (socialisti ladri) era il loro (slogan abituale) e destra fascio democristiana, meno vistosa ma mirata gia’ allora a minare le riforme sociali del primo centrosinistra (statalizzazione energia; statuto dei lavoratori; servizio sanitario nazionale, pian regolatori urbanistici, case popolari ecc. ecc). Segretario nazionale era il prof De Martino, eletto dai notabili del partito. Valido studioso del marxismo, ma una nullità politica. L’Avanti quotidiano nazionale del partito era in condizioni penose: quasi illeggibile dai tanti errori grammaticali e di sintassi presentava. Uno specchio fedele di come era ridotto il partito. Il PCI aveva stravinto il braccio di ferro col Psi governativo e l’aveva ridotto al lumicino: la politica di compromesso storico, che voleva rendere irrilevante il Psi e sostituirlo al governo, covava e dopo poco si sarebbe manifestata appieno. Militavo allora (e cosi sarà fino alla fine) con quel gruppo di scalmanati libertari dei giovani della corrente di Lombardi. Insieme ai discepoli del venerato maestro: Signorile, Demmichelis, Cicchitto, Ruffolo. Loro erano le prime linee, intorno a trentacinque anni, io dietro tra i più giovani, legatissimo a Ruffolo e ai milanesi. Quel 40%, alleato agli autonomisti nenniani, e a un pezzetto di vecchi notabili, portò quella nullità di Craxi alla segreteria del partito, mandando in pensione De Martino. Questo per dire che mai sono stato con Craxi come suo appassionato o meno discepolo. Ma suo alleato si, perché, non vedevo altro modo per ridare vita a un partito esausto, moribondo. E non rinnego quella scelta che fece bene al Psi e all’Italia che aveva enorme bisogno di difendere e riprendere le riforme socialiste per il Wellfare del primo centrosinistra. Craxi fu abile a svincolarsi prestissimo dal condizionamento politico stretto di Lombardi e dei suoi. Ma questa è altra storia che forse in giorno vi racconterò. Non oggi. Oggi, che commemorò Craxi , pur non essendone discepolo o seguace, ma solo estimatore politico per il bene che ha fatto, vorrei farvi il semplice elenco dei traditori di Craxi. Ingrati e traditori. Oggi molti loro lo piangono, ma sono coccodrilli ed è giusto che i giovani lo sappiano . 1) Berlinguer e i membri della direzione politica del PCI di allora (tranne 2): scelsero il complotto giudiziario. 2) I parlamentari PCI e DC: non si alzarono a dire “anche noi” 3) I membri del Psi passati in forza Italia di Berlusconi. Nell’ordine, andrebbero nei ghiacci dei gironi piu’ bassi dell’ inferno dantesco. Traditori degli amici, molti di loro. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

TRA FLAT TAX E FISCO FOGNA

C’era una volta un fisco ispirato a criteri di progressività, oggi, nel programma di governo, c’è l’obiettivo della flat tax, ovvero di una imposizione proporzionale e non più progressiva. Quindi le riforme fiscali attuate in questi anni hanno visto l’attuazione di provvedimenti che attuano questo passaggio da un fisco progressivo (come vorrebbe la Costituzione) ad un fisco discriminante, un fisco che applica aliquote fisse a diversi tipi di reddito: Tutte aliquote ben inferiori a quelle applicate a lavoratori, pensionati e pochi altri soggetti a IRPEF per i quali la nuova legge di stabilità riduce gli scaglioni da quattro a tre, ovvero: Questa semplificazione, che sembra un avvicinamento all’aliquota unica, conosce però una complicazione per quanto riguarda le deduzioni dall’imponibile e le detrazioni di imposta, ovvero le nuove norme intervengono nel calcolo delle imposte prevedendo correzioni all’imponibile o detrazioni all’imposta determinando una aliquota effettiva ben diversa dalle tre aliquote formali sopra elencate. Ad esempio, la detrazione dall’imposta lorda peri redditi fino a 15.000 € è di 1.955 €; ai dipendenti con reddito complessivo non superiore a 20.000 € è riconosciuta una somma determinata applicando al reddito la percentuale corrispondente del 7.1% se il reddito non è superiore a 8.500 €, del 5,3% se il reddito è superiore a 8.500 € ma non a 15.000€, del 4,8% se il reddito è superiore a 15.000 €. Viene inoltre prevista, per i dipendenti con un reddito complessivo superiore a 20.000 €, una detrazione pari a 1.000 € se l’ammontare del reddito è superiore a 20.000 € ma non a 32.000 €. L’importo per chi ha un reddito superiore a 20.000 € ma non a 40.000 €, spetta una detrazione pari al prodotto tra 1.000 € e l’importo corrispondente al rapporto tra 40.000 €, diminuito del reddito complessivo, e 8.000 €. Non dimentichiamo poi il bonus Renzi compresa l’assurda clausola per cui fino a 8.173 € esso non si applica, mentre a 8.175 € scatta integralmente. Insomma, questo insieme di norme discriminanti tra lavoratori dipendenti ed altri soggetti IRPEF comporta una selva di aliquote effettive simili ad un vespaio di aliquote marginali sconcertanti. Riprendo da un articolo di Vincenzo Visco la seguente, parziale, conclusione:  Gli scaglioni effettivi risultano essere: 0 – 15.000 euro 23%; 15.001 – 28.000 euro 32.15%; 28.001 – 32.000 euro 40.41%; 32.001 – 40.000 euro 56.18%; 40.001 – 50.000 euro 43.68%; oltre 50.000 euro 43%. Una situazione incredibilmente complessa e iniqua che peggiora una situazione fiscale già disastrosa per i fenomeni di fiscal drag e di colossale evasione.       SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SOLO IL PREZZO POLITICO PUO’ SALVARE GLI UTENTI

Parte Seconda “Il costo dell’acqua potabile (ed irrigua) al cittadino utente finale non puo’ prescindere dalla sua sostenibilira’ sociale. Cosa che invece sfugge, talora in modo clamoroso, agli Enti di gestione del servizio idrico integrato e dei Commissariato. Non e’ giusto. Non e’ democratico. Non e’ socialista. Peraltro Arera ha ben presente questo problema, che invece viene paradossalmente ignorato dalle aziende sul territorio. Le quali sono piu’ interessate a alzare le tariffe per creare ai privati imprenditori l’ “affare acqua pitabile” che a tutelare i piu’ che legittimi interessi dei loro cittadini contribuenti pubblici. I quali hanno anche promosso e vinto un referendum sull’acqua bene pubblico , in senso totalmente contrario alla creazione di questo “affare” . Questo va PRETESO DAI PARTITI, TUTTI I PARTITI SENZA DISTINZIONE. IL PROBLEMA E’ SOCIALE, va risolto dalla politica non dagli avvocati. (Il resto sono pallativi che non salvano il futuro). Ho già detto, e ripeto. Troppo tardi, troppo lenti. L’azione di reclamo e’ senz’altro giusta , ma non e’ in grado di risolvere il problema , perche’ non va ad aggredire il PROBLEMA PRINCIPALE che non e’ la retroattivita’ ma LA TARIFFA SBAGLIATA, TROPPO ELEVATA Chi ha fatto i conti li ha CLAMOROSAMENTE SBAGLIATI, PERCHE’ A MONTE HA SBAGLIATO SUL PIANO DI BACINO E LA RIPARTIZIONE SU ESSO DEI COSTI. La tariffa unica, che non tiene conto dei pregressi storici areali, è una minchiata. I Costi considerati peraltro non sono SOLO ED ESCLUSIVAMENTE COSTI EFFETTIVAMENTE DIMOSTRABILI. I quali vanno comunque già IN PARTENZA DIMEZZATI, PERCHE’ NON SI PUO’ FAR PAGARE LA PERDITA DI ACQUA DAI TUBI DI ADDUZIONE . La inefficienza tecnica strutturale, pari alle perdite di acque durante il percorso, va espunta dai costi addebitabilii ai cittadini, che devono essere gravati, dai soli CONSUMI EFFETTIVI LORO ADDEBITABILI. E’ QUESTO L’UNICO PRINCIPIO COSTITUZIONALE che se applicato alla tariffa, puo’ salvare i consumatori e al contempo ALLONTANARE GLI SPECULATORI PRIVATI DALL’AFFARE ACQUA che appunto è in perdita strutturale e va coperto pertanto da un prezzo politico . Link: Arera.it Link: Rivistadellaregolazionedeimercati.it SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

DESTRA INCOERENTE E CONCORDIA SOCIALISTA

Parte Prima E’ un grosso problema per la democrazia: arrivati al governo i governanti tradiscono i loro stessi elettori e realizzano il contrario di quanto hanno promesso in campagna elettorale. Ne consegue che, per mantenere il consenso, devono ideologizzare il loro governo e giustificare la loro permanenza alla guida della nazione azzardo l’odio e la contrapposizione ideologica . Non possono infatti rivendicare coerenza e costanza di intenti: devono per forza puntare sulla divisione egoistica fra classi sociali. L’opposto della “CONCORDIA” che non è “compromesso.” Compromesso è un termine che, in politica, è stato inventato dal Partito Comunista Italiano, per dare ai propri iscritti, militanti, simpatizzanti ed elettori la giustificazione per allearsi con la DC di allora. La DC era un partito di ispirazione Cristiana, multiclassista, di prassi solidaristica fra i benestanti borghesi e il popolo minuto meno abbienti, gli agricoltori in particolare. Di fatto i comunisti rinunciavano a una parte del loro “bagaglio jdeologico” leninista, quella parte che prevedeva l’abbattimento violento del governo borghese: non poco. Era la rinuncia alle loro medesime origini: “fare in Italia come in Russia” come predicava o da quando scissionarono, a Livorno, nel 1921, dal PARTITO SOCIALISTA ITALIANO. Il “compromeso” era una rinuncia al leninismo, ma non al comunismo preleninista, quello di Marx ed Engels: ed era una rinuncia DEFINITIVA ED IRREVERSIBILE: questo lo rendeva “storico”, dunque permanente, strategico e non tattico. Tanto da staccarsi dalla URSS e ipotizzare, come Berlinguer ipotizzo, una “via italiana al socialismo” in politica interna, e un legame fra partiti comunisti post leninisti a livello europeo ” l’”eurocomunismo” . Da parte sua la DC rinuncia a all’annichilimento del Partito Comunista Italiano , alla totale e netta contrapposizione ideologica radicale ai comunisti, per affrontare insieme a loro un confronto pratico, sperimentando nel governo nazionale riforme su terreni comuni di solidarismo fra le classi sociali. Questo fu il “compromesso storico” nobile, pensato da Berlinguer a livello nazionale. Vi fu una parte della DC che vi credette e lo accetto’ , una parte piu’ diffidente o addirittura contraria che lo avverso’. Gli USA non vi credettero mai, o se anche vi credettero, lo ritenere insufficiente a portare i comunisti al governo di un paese Nato strategico, come allora era l’Italia. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA PACE IN UCRAINA NEL 2025

Un vero auspicio per il nuovo anno è quello che in Ucraina nel 2025 si raggiunga la pace. Certo è un auspicio di cui il maggior operatore è papa Francesco ma che, ed il papa è il primo a saperlo, l’auspicio non può che realizzarsi con azioni politiche convergenti. Penso allora che anche il nostro paese, meglio se con l’accordo a livello europeo, ma anche da solo, portasse avanti il dettato dell’art.11 della Costituzione che “ripudia la guerra (…) come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Ebbene su questo filone penso che il nostro paese possa dare una mano potente nel costruire le premesse di pace in quel paese. E’ evidente che la guerra in Ucraina non nasce nel febbraio 2022 ma che il tutto vada datato al febbraio 1990; riporto da Limes 2/2022 un brano dell’editoriale: La parabola che porta all’invasione russa dell’Ucraina comincia il 9 febbraio 1990, quando il segretario di stato James Baker chiede a Mikhail Gorbacev: “Preferisce vedere una Germania unita fuori dalla NATO, indipendente e senza Forze armate americane, oppure una Germania unita vincolata alla NATO con la garanzia che la giurisdizione della NATO non si sposterà di un pollice verso est?” (…) Un pollice sono 2 centimetri e 54 millimetri. Trent’anni dopo, l’Alleanza Atlantica è avanzata di circa cinquecento kilometri dall’Elba al Bug, quasi duemila se consideriamo l’intero fronte dal Baltico al Nero. In sintesi è comprensibile la preoccupazione, se non il timore, da parte della Russia di essere accerchiata. E’ ovvio che la preoccupazione della Russia sia quella che altri paesi, oltre a Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria nel 1997, Lituania, Estonia, Lettonia, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria e Romania nel 2002 si aggiungano in quello che non può che essere considerato un accerchiamento. Ebbene si possono tranquillizzare le sindromi da accerchiamento ossessionanti l’impero russo, operando in modo conforme alle regole della NATO. L’articolo 1 della NATO impegna le parti a rispettare lo statuto delle Nazioni Unite e a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale che pregiudichi la pace e la sicurezza, mentre l’articolo 7 dice che il trattato non pregiudica e non dovrà essere considerato in alcun modo lesivo dei diritti e degli obblighi derivanti dallo statuto alle parti che sono membri delle Nazioni Unite o della responsabilità primaria  del Consiglio di Sicurezza per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali. Allora sulla base di questi principi dell’alleanza di cui facciamo parte, la domanda che mi pongo è la seguente: “invitare ed operare in modo che l’Ucraina entri nella NATO è un atto che aiuta e favorisce la creazione di una atmosfera che punti al mantenimento della pace e della sicurezza internazionali? O un atto che innalza il livello della diffidenza e dello scontro? Più volte la Russia si è dichiarata favorevole all’ingresso dell’Ucraina nella UE, più volte si è dichiarata contraria all’ingresso dell’Ucraina nella NATO.” Ecco che allora un contributo che l’Italia (meglio se l’Europa) potrebbe dare sarebbe di dichiarare, fin d’ora, che voterebbe contro la richiesta, da parte dell’Ucraina, di entrare nella NATO, accesso che è legato, a termini di statuto, all’unanimità dei paesi già aderenti. Da soli, con un voto razionale e coerente con la nostra Costituzione e con lo statuto NATO, toglieremmo ogni disputa sull’ingresso dell’Ucraina nella NATO, tema che è alla base di ogni inizio di trattativa di cessazione del conflitto. Il nostro paese, meglio se con l’Europa, in armonia con gli articoli 1 e 7 dello statuto della NATO, esercitando un suo diritto previsto dallo stesso statuto, toglierebbe dalle discussioni un nodo che appare di difficile diversa attuazione, ne è segnale, per esempio, la richiesta di impegno all’Ucraina di non chiedere l’adesione alla NATO per i prossimi 20 anni.          Putin ha fatto enormi errori, tra i maggiori quello di invadere un paese terzo, ma anche di aver spostato dalla neutralità allo schieramento due paesi come Svezia e Finlandia. In un sol colpo, ha aggiunto più di mille kilometri il fronte diretto con la NATO; ha invaso un paese sull’illusione di essere accolto da un popolo festante che invece ha dimostrato, almeno agli inizi, di volersi difendere nella propria indipendenza. Tuttavia la dura legge militare gli sta dando ragione, rendendo ridicoli gli occidentali (dai provocatori inglesi alle ireniche Ursule) che indicavano come obbiettivo la VITTORIA dei buoni contro i cattivi. Eppure a Pratica di Mare, Berlusconi aveva impostato (consapevole o meno) una strategia volta a fare dell’Europa una protagonista della storia, ipotizzando l’Europa estesa dall’Atlantico agli Urali. Immaginate un continente europeo che apre alla Russia, evitandole un asservimento e una subordinazione alla Cina, e che si emancipa da una subordinazione coloniale dagli USA ponendosi come esempio come polo che rigetta la logica militare (dimostratasi fallimentare) degli ex “gendarmi del mondo”. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LE POLITICHE ECONOMICHE DELLA DESTRA

1 – Il primo governo Mussolini Traggo da BENITO di Giordano Bruno Guerri (pag. 88 e seguenti): “Ottenne la fiducia con 306 voti favorevoli contro 116 contrari, socialisti e comunisti. Votarono a favore De Gasperi, Giolitti, Gronchi, Orlando e Salandra. Con una legge apposita, si assicurò potere totale in materia economica per un anno. Dopo la guerra l’Italia aveva seri problemi finanziari e il programma fascista puntava alla riduzione dell’intervento statale, come avevano sempre voluto i liberali: oggi si parlerebbe di privatizzazione. Luigi Einaudi, altro futuro presidente della Repubblica e importante economista, lodò il programma con parole solenni.(…) Grazie al parere degli esperti, nei primi anni il governo eliminò il disavanzo statale con una politica rigidissima di contenimento delle spese, aumentò la produttività e il reddito nazionale. In compenso il valore dei salari scese. Quello dei salari è un tema dibattuto riguardo alla storia del regime fascista, perché – la statistica lo dimostra – diminuirono costantemente negli anni, quindi i lavoratori furono penalizzati, ma poterono godere di benefici – per esempio sulle bollette, sulle spese sanitarie – e la riduzione del salario venne compensata. D’altra parte, col doppio intento di consolidarsi al potere e risanare l’economia, Mussolini non esitò a favorire sfacciatamente gli imprenditori con una serie di leggi, mentre ebbe la mano pesante con alcune categorie di lavoratori: furono licenziati ben trentaseimila ferrovieri, eppure si riuscì – si diceva con orgoglio, i nostalgici lo dicono ancora – a far arrivare i treni in orario”. Scrive su Fondazione Luigi Einaudi: “La fine dell’estate del 1922, dunque, la ferma volontà dimostrata dai fascisti di attuare quei principi cari ad Einaudi fece cadere le sue ultime reticenze. Ribadiva che «il programma del fascismo (era) nettamente quello della tradizione liberale classica», auspicandosi una sua pronta attuazione, come annunciato dai fascisti. Dopo la presa di potere da parte di Mussolini, sulla quale Einaudi non intervenne, i propositi del nuovo governo, precisati ora dal neo-ministro delle Finanze De Stefani, andavano nel senso auspicato. Si prevedeva in effetti la restituzione all’esercizio privato di tutte le funzioni economiche assunte dallo stato «per ragioni di urgenza durante la guerra, o di ubbidienza all’imperativo demagogico del dopoguerra». In particolare, ma non solo, si prevedeva l’affidamento dei telefoni a compagnie private; lo sfrondamento dalle ferrovie di tutti i servizi accessori in attesa di vedere se e in quale misura potessero essere anch’esse trasferite, quanto alla gestione, ai privati; la riduzione al minimo dei servizi marittimi sovvenzionati. Forte dell’esperienza dei governi precedenti, ribadì la sua speranza che alle parole seguissero i fatti: «ora che i principi liberali sono tornati al potere, giova sperare che la promessa dell’on. Mussolini di infondere in essi un nuovo spirito di realizzazione sia mantenuta». Seguirono innumerevoli articoli, spesso tecnici, nei quali Einaudi dette il suo assenso alla politica economica e finanziaria del fascismo, in particolare per quanto riguardava la sua ricerca costante del pareggio di bilancio, attraverso una nuova politica tributaria, la riorganizzazione dell’amministrazione pubblica, la lotta a tutte le forme di protezionismo. (…). Per quanto riguarda la politica fiscale, spesso le riforme precedenti erano state sinonimo di aumento delle tasse perché lo «spirito demagogico» dei governi spingeva ad arrotondare a livello superiore le aliquote, al fine di finanziare una politica di sussidi e di protezione. Invece, secondo Einaudi, le tasse dovevano essere distribuite in modo da assicurare allo stato il minimo indispensabile, ma senza gravare troppo né sul risparmio, né sul capitale. Ed in questo senso agiva il governo. Einaudi commentava con entusiasmo le misure previste dal nuovo governo e confessava che «l’impressione (era) di gente volonterosa di fare il bene, che non ha vergogna di dire che per far rendere le imposte bisogna lasciar vivere in primo luogo i produttori e i risparmiatori. (…) La politica del fascismo, insomma, tendeva ad applicare il «principio produttivistico», caro ad Einaudi, secondo il quale le imposte devono essere distribuite in modo da ridurre al minimo la pressione sui produttori al fine di accrescere al massimo il flusso di reddito da distribuire. E le sue attese furono in gran parte soddisfate con la riforma tributaria del dicembre 1923, che, se pur non perfetta, andava sicuramente nella direzione giusta: «sono dodici anni oramai che scrivo in difesa del nome e della cosa; ed oggi ho la soddisfazione di vedere concretati in una legge il nome e la cosa». 2 – I fondamenti della politica economica della sinistra Si può sintetizzare nella ricerca dell’aumento del denominatore (il PIL) piuttosto che nella ricerca di diminuire il numeratore (il debito). Combattere l’inflazione o l’eccesso di deficit ovvero l’altissimo debito sono obiettivi condivisibili, ciò che differenzia destra e sinistra è il come, con che politiche si perseguono quegli obiettivi. Non v’è dubbio che se oggi noi abbiamo un debito di circa 3.000 miliardi di €, ciò è dovuto alla cattiva amministrazione dei governi della prima e della seconda repubblica; ma il debito non dipende soltanto dagli eccessi di elargizioni che uno stato assistenzialista eroga, né da una spudorata ricerca di voti come succede ogni anno con l’approvazione di quella che fino a ieri si chiamava “la finanziaria”. Lo squilibrio nasce anche dalla mancata realizzazione dei programmi di investimento che lo stato programma con quello che si chiama il debito buono. Questo è un concetto keynesiano che tende a permettere allo stato di fare debito laddove esistano delle situazioni di non completo utilizzo dei fattori della produzione; in questi casi quegli investimenti fatti a debito, con una giusta programmazione, permettono in tempi ragionevoli di produrre nuovo reddito in grado di ripagare il debito originario. Ma se la programmazione è poco accurata ed i programmi, come spesso capita, costano molto più del programmato o rendono meno di quanto ci si aspettasse, ecco che il debito da buono diventa cattivo e si accumula. Ma il debito nasce anche dalla catastrofica scelta iniziale di istituire un sistema previdenziale a ripartizione anziché ad accumulazione. Questo pericolo si presenta, a mio parere, concretamente con il PNRR, nel senso che l’assoluta capacità programmatica del governo, investe i fondi, che …