LA COSTRUZIONE DEL PARTITO SOCIALISTA NEL FRIULI OCCIDENTALE DALLA FINE DICIANNOVESIMO SECOLO ALLA DITTATURA FASCISTA

di Gigi Bettoli | La costruzione del Partito Socialista nel Friuli Occidentale dalla fine del diciannovesimo secolo alla dittatura fascista. La pianura. La pedemontana fra Livenza e Cellina. Scarica la tesi di laurea (poi edita con gli indispensabili indici dei nomi e dei luoghi dall’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione con il titolo “Una terra amara”) che realizza – mutilata per ragioni spazio-temporali della parte relativa a gran parte delle Prealpi Carniche, tutt’ora incompleta – il primo studio “complessivo”  sulla fase della storia del movimento operaio del Friuli occidentale, compresa tra la la costituzione delle prime organizzazioni socialiste e l’avvento del fascismo. La storia dell’area più sviluppata del Friuli, vista attraverso la vita amministrativa locale ed i dibattiti politici del socialismo friulano: Parte prima: dalla crisi di fine secolo alla Grande Guerra: LIBRO1 Parte seconda: nel vortice della guerra mondiale: LIBRO2 Pubblicato su: www.storiastoriepn.it SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

L’ECCIDIO DI MARZAGAGLIA (1° LUGLIO 1920)

Nella Foto la Masseria di Cesare Soria, a Marzagaglia di Ermando Ottani | Nel suo Uomini e caporali Alessandro Leogrande (2008), giovane scrittore pugliese collaboratore de “Il Corriere del Mezzogiorno”, individua un chiaro legame storico e un’attinenza politico-sociale tra lo sfruttamento dei braccianti pugliesi ai tempi dell’eccidio di Marzagaglia1 (1° luglio 1920) e le condizioni disumane dei “nuovi schiavi”, provenienti dall’Africa o dall’Europa dell’Est, che devono ancora oggi subire l’arrogante arbitrio dei “nuovi caporali” (sempre più spesso, della loro stessa nazionalità). Nel 2010 si è celebrato il 90° anniversario della strage di Marzagaglia ed è significativo che questa ricorrenza sia caduta in un periodo segnato da una crisi economico-sociale globale, di rilevante portata soprattutto per l’Occidente. D’altra parte, se dobbiamo riconoscere una certa correlazione nelle pratiche dello sfruttamento tra passato e presente, dobbiamo anche distinguere la natura, le cause strutturali e gli effetti politico-sociali della profonda crisi, che attanagliò tutta l’Europa nel primo dopoguerra, da quelli della crisi odierna. Questi due scenari di crisi, che pure hanno storicamente qualche importante elemento in comune, divergono sostanzialmente ad un’analisi più attenta delle cause e, soprattutto, delle ripercussioni a livello economico-sociale. La crisi che investì l’Europa intera nel corso del cosiddetto “biennio rosso” fu, certamente, più virulenta e rovinosa di quella odierna e costituì un passaggio epocale che travolse sia le potenze uscite sconfitte dalla Grande guerra sia quelle che invece riuscirono a prevalere militarmente. Miseria, fame, disoccupazione e inflazione rappresentarono, soprattutto in Italia, i presupposti sociali di una crisi politica dello Stato e di legittimazione della vecchia classe dirigente liberale, già responsabile della disastrosa partecipazione al conflitto e delle sue nefaste conseguenze, incapace dopo di mantenere le “promesse della trincea”. Proprio nel biennio 1919-1920, la parola d’ordine della “terra ai contadini”, unitamente all’entrata in vigore del Decreto Visocchi-Falcioni2, declina in un ambiguo e pericoloso impasse applicativo. I dati della crisi diventano, poi, ancora più gravi per il Mezzogiorno che vive in condizioni di arretratezza economica e sociale più marcate rispetto a quelle del resto del Paese. In tale contesto, a parte il tributo di sangue3 che i braccianti e i contadini poveri pugliesi dovranno purtroppo versare direttamente “per Trento e Trieste”, tutti gli indicatori sociali della crisi post-bellica manifestano in Puglia impressionanti impennate, che fotografano la desolante realtà di miseria e disperazione delle masse popolari nelle campagne e nei centri rurali della regione. Ad esempio, a Gioia del Colle, il comune nel cui agro si trova la contrada di Marzagaglia, il tasso di mortalità infantile nel 1920 è di 149 bambini deceduti (di età compresa fra 1 giorno e 12 mesi) su mille nati vivi. Per rendersi conto della drammatica portata di questo dato, basta raffrontarlo a quello odierno di molti paesi africani, dove si è registrato il maggior numero di decessi di bambini al mondo. Ebbene, il tasso di mortalità infantile di Gioia del Colle nel 1920 supera di gran lunga quello che è stato registrato, a partire dal 20094, in molti paesi del continente africano, fra cui il Sudan, la Liberia, la Somalia, il Mali e il Ruanda. In effetti, la prima guerra mondiale come “guerra totale e di massa” aveva coinvolto ed inquadrato militarmente i contadini pugliesi, spingendoli per certi versi a sviluppare e a radicalizzare la loro maturazione politica in un impegno sempre più militante nelle organizzazioni socialiste e in quelle sindacali (in particolare, in quelle di base, come le leghe proletarie ex-combattenti e le leghe dei contadini). In questo quadro, alla nuova coscienza di classe e civile si aggiungono due elementi amplificanti di matrice e segno opposti, ma convergenti: da un lato, le speranze di concreto miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, suscitate nelle masse contadine pugliesi dalla promessa governativa di distribuire la terra ai contadini poveri ex-combattenti dopo la vittoria finale e, dall’altro, l’impulso esaltante che il successo della Rivoluzione d’ottobre nella Russia zarista ancora esercitava sulle classi subalterne nell’Europa Occidentale. A ciò si aggiunga anche il fatto che la piccola-media borghesia, che aveva fornito le risorse umane per costituire e sostenere i ranghi degli ufficiali e dei sottoufficiali nella Grande guerra, non è più disponibile “a tollerare lo strapotere economico dei ricchi proprietari e a subire passivamente le conseguenze della crisi economica del dopoguerra, caratterizzata da inflazione, aumento del costo dei generi di prima necessità e disoccupazione”. Anche nella realtà pugliese “tutte queste tensioni si riversarono nella vita politica, provocando la crisi della classe dirigente liberale e dello Stato in cui essa si era identificata” (Antonacci 1999, 52). D’altro canto, in Puglia più che altrove, è ormai evidente il divario tra sistema di potere, da una parte, e processi di cambiamento, nuova stratificazione e livello della conflittualità nella società civile, dall’altra. La classe dirigente pugliese, politicamente corrotta e irrigidita dal sistema delle clientele e dal ricorso alla violenza dei “mazzieri”, si rivela ad un certo momento incapace, sia nell’ordinaria amministrazione, sia in termini progettuali, di attrarre il consenso degli strati politicamente più attivi e dinamici della società e, allo stesso tempo, di riconoscere la fondatezza e la praticabilità di alcune rivendicazioni popolari. Conseguentemente, la nuova e radicale domanda di partecipazione diretta alla gestione del potere da parte delle masse popolari pugliesi troverà, soprattutto, espressione nelle nuove organizzazioni di base, da un lato, e nel partito socialista e nelle organizzazioni di classe, dall’altro. L’adesione di migliaia di braccianti, di piccoli coltivatori e coloni, di artigiani e falegnami, di muratori e spaccapietre, di mugnai e pastai, di elettricisti e ferrovieri, ecc. registra un notevole sviluppo, tra il 1919 e il 1920, sia per quanto riguarda le rispettive leghe, le camere del lavoro, le cooperative di consumo e l’Associazione nazionale dei combattenti5 (Anc), sia per quanto riguarda le organizzazioni del Psi o ad esso affiliate6. A fronte dei processi di diffusione e di rafforzamento del movimento proletario, il fondamento della struttura socio-economica dominante in terra di Bari rimane sempre e comunque il latifondo e la grande proprietà terriera, che vuole resistere a qualunque costo alla spinta delle lotte popolari e contadine. Nonostante la stragrande maggioranza …

LETTERA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

L’Art.74 Cost. rappresenta una funzione di controllo prima di promulgare la legge posta a garanzia del sistema democratico e costituzionale che la Legge Sulla Autonomia Differenziata compromette. Una legge che dissolve l’impianto democratico del nostro Paese e che cancella i valori della solidarietà e della coesione sociale. Una legge che manda in frantumi la tenuta di una intera comunità nazionale. Una legge dannosa che spinge il regionalismo verso modelli secessionisti. Una legge che non garantisce quei diritti civili e sociali (sanità, scuola, trasporti) che devono essere assicurati su tutto il territorio nazionale. Una legge che non definisce i Livelli essenziali delle Prestazioni. Una legge oggetto di scambio politico con l’altra riforma del premierato ancora in discussione. Una legge contro la quale la CEI e la Commissione Europea hanno espresso dubbi, perplessità, rilievi critici. Una legge contro la quale molti cittadini si sono mobilitati in questi mesi. La preghiamo di esercitare la Sua prerogativa costituzionale per salvaguardare l’assetto democratico ed istituzionale del nostro Paese minacciato dalla Legge Sulle Autonomie incoerente e non conforme ai principi fondamentali della nostra Carta dei Valori. SEGRETARIATO GENERALE DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA Il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica ha ricevuto, attraverso il sito web, un messaggio all’interno del quale è indicato l’indirizzo di posta elettronica utilizzato per questa risposta. <noreply@quirinale.it> SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LE CONTRADDIZIONI DI GIORGIA MELONI

Quando la propaganda dilaga si punta più sulla credulità di chi sta ad ascoltare che non sull’onestà intellettuale del politico di turno. Vorrei segnalare due casi di propaganda fatta dalla nostra Presidente del Consiglio che contengono contraddizioni evidenti. Primo caso Quando l’opposizione denuncia il crollo degli investimenti per la sanità denunciando la caduta della percentuale del PIL di questo servizio, la premier risponde facendo appello non al parametro ovunque utilizzato in tali casi ovvero la %uale sul PIL, ma alla cifra assoluta di miliardi stanziati “mai così tanti nella vita della Repubblica”. Quando invece la premier esamina i dati elettorali delle recenti consultazioni europee ella non parametra i voti assoluti ricevuti nelle elezioni europee rispetto a quelli ricevuti nelle politiche del 2022 (dove Fratelli d’Italia ha perso centinaia di migliaia di voti), ma compara le % di voto ricevuto nei due casi in esame. Il calo dei voti del partito della Presidente è stato inferiore al calo degli elettori andati alle urne per cui in percentuale si verifica un avanzamento. Da notare che il Pd ha aumentato i voti nonostante il calo degli elettori avanzando in percentuale molto più di quanto sia avanzato Fratelli d’Italia; ricordiamo poi che Avs ha avuto un vero enorme salto in avanti sia come voti che, conseguentemente, come percentuale. Secondo caso Commentando i risultati economici del suo governo, la Meloni tra gli altri indici indica l’aumento della occupazione e la conseguente diminuzione della disoccupazione e l’aumento del PIL superiore a quello registrato in Francia ed in Germania. Su un diverso fronte la meloni indica nel superbonus la causa dell’enorme deficit e la conseguente difficoltà che si incontrerà nella prossima legge finanziaria. La contraddizione dell’esposizione della premier sta nel fatto che i miglioramenti di occupazione e PIL registrati son i figli legittimi del superbonus. Ovvero è estremamente scorretto prendersi i meriti (PIL e occupazione) di un provvedimento e scaricare ad altri i danni dello stesso provvedimento, specie poi quando il ministro del MEF era sempre lo stesso, Giorgetti. Gli effetti occupazionali Lo studio effettuato dal CENSIS viene rilevato che l’impatto occupazionale del 110 per l’intero periodo agosto 2020-ottobre 2022 sia stato pari a 900 mila unità di lavoro, tra dirette e indirette. Viene poi segnalato il dato particolarmente rilevante, circa l’impatto del solo periodo compreso tra gennaio e ottobre 2022, in cui si stima che i lavori di efficientamento energetico degli edifici abbiano attivato 411 mila occupati diretti (nel settore edile, dei servizi tecnici e dell’indotto) e altre 225 mila unità indirette. Nel 2021 il valore aggiunto delle costruzioni è aumentato del 21,3% rispetto all’anno precedente. Nel Mezzogiorno la crescita è stata pari al 25,9% e nel Nord-Ovest al 22,8%. Più contenuta al Centro (16,3%) e nel Nord-Est (18,5%). Censis sottolinea che gli interventi nel campo edilizio presentano effetti positivi sull’occupazione, in particolare per le piccole e medie imprese. Gli effetti sul PIL Lo studio dell’Istituto S.Paolo “Lo scenario per le imprese italiane, le straniere e le sfide di domani” rileva che il superbonus ha fatto riscontrare un balzo nelle costruzioni pari ad un 47% rispetto all’incremento del 29% nei macchinari, mezzi di trasporto e ICT e del 20% negli immateriali. Secondo il Rapporto Censis il superbonus ha contribuito alla crescita del PIL per circa 73 miliardi di €, mentre secondo Nomisma l’effetto sarebbe di 195,2 miliardi di € considerando un maggior effetto dovuto al moltiplicatore keynesiano. Come riporta il Sole 24 ore,  La grande locomotiva del Superbonus ha macinato commesse contribuendo ai 170 miliardi circa di investimenti cumulati nel 2023. E insomma nel triennio 2021-2023 facendo da terza gamba alla crescita del Pil (+12,3%). Fine del superbonus Che i dati di spesa del superbonus siano strettamente connessi con quelli del PIL e dell’occupazione lo dimostra il fatto che con i provvedimenti emessi dal governo per far cessare i salassi del superbonus si genera necessariamente un crollo del PIL e dell’occupazione, lo testimonia il fatto che le associazioni e i sindacati sentiti in commissione Finanze della Camera lancino l’allarme sui bonus edilizi: sono a rischio 47mila imprese e 153mila posti di lavoro. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PREMIERATO: ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA LIBERALE, LE RAGIONI DELLA OPPOSIZIONE

Adesso che l’attuale maggioranza sta procedendo alla distruzione dei principi ispiratori della Costituzione vigente, si cerca di accusare l’opposizione di conservatorismo e di non essere capace di assumersi la responsabilità di rendere più stabili i governi. Come è noto le menzogne hanno più fortuna dei ragionamenti e delle osservazioni critiche. Mi permetto di osservare che se la questione fosse davvero la ricerca di una maggiore stabilità dei Governi, sarebbe bastato approvare una riforma che dove è stata attuata ha ottenuto il risultato in questione. Si tratta della sfiducia costruttiva che avrebbe evitato di sconvolgere il dettato costituzionale dando stabilità ai governi in carica. L’attuale maggioranza, con il pretesto della stabilità, invece ha varato un provvedimento che ha un obiettivo diverso, ovvero la umiliazione della funzione parlamentare, la cancellazione degli equilibri di potere a partire da quello della presidenza della Repubblica. In una parola l’obiettivo è la realizzazione di un regime autoritario dove tutto il potere si concentra sul capo del governo, Opporsi a questo disegno non significa essere conservatori incapaci di adottare misure più rispondenti alle esigenze della azione di governo, ma significa difendere la la democrazia liberale che ha il suo centro decisionale nel Parlamento che rappresenta, nel disegno della democrazia liberale, già purtroppo violentata da leggi elettorali liberticide e spesso anticostituzionali, la volontà popolare. Per questo motivo sia il Presidente della Repubblica che il presidente del Consiglio e il Governo, sono, nell’attuale ordinamento costituzionale, eletti dal Parlamento. Con il premierato, restano i simulacri di un modello democratico, ma in realtà si avvia la democratura, ovvero un regime che conserva le regole formali della democrazia, ma ispirato a un autoritarismo sostanziale. QUESTA E’ LA RAGIONE DELLA NOSTRA FERMA OPPOSIZIONE: LA DIFESA DELLA DEMOCRAZIA E IL RIFIUTO DI OGNI TENTATIVO DI AUTORITARISMO. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ELEZIONI EUROPEE E G7

In questo movimentatissimo 2024, gli orizzonti politici sono terribilmente minacciati non solo dalle due guerre in corso, ma anche dai risultati delle elezioni europee, in particolare in Francia ed in Germania, dalle prossime elezioni nel Regno Unito, in Francia e negli USA; dallo sgretolamento della globalizzazione che comporta dall’Inflation Reduction Act di Biden, dai dazi sulle auto elettriche cinesi tra poco in vigore in Europa; dalla recessione tedesca che indebolisce tutta l’Europa ma soprattutto il nostro Paese; dalle conseguenze monetarie dello sgretolamento della globalizzazione con la nascita e crescita dei BRICS. Per restare a casa nostra, la debolezza dell’apparato imprenditoriale nazionale, caratterizzato da troppe piccole imprese, familistiche e grette, che puntano sulla competitività basata sul basso costo della mano d’opera, crea la preoccupazione di una lenta ma incontrollabile marginalizzazione del nostro paese che non può che contare sulla sua capacità produttiva. Le recenti elezioni, in campo economico, da una parte, quella della presidente del Consiglio, hanno vantato successi di vari indici: il PIL, l’occupazione, l’andamento delle borse, lo spread, etc. sottacendo che da una parte non si può vantarsi della crescita del PIL e dell’occupazione e dall’altra additare la colpa dello sforamento del deficit al superbonus. Se rivediamo i dati, depurandoli dell’effetto superbonus, constateremo che PIL e occupazione sarebbero ben più bassi di quanto registrato e il deficit sarebbe sopportabilissimo; quindi, superficialmente o propagandisticamente il governo ignora la connessione di questi fatti. Per quanto riguarda l’opposizione, ed il Pd in particolare, si è giustamente evidenziato il tema della sanità, dei diritti civili e del salario minimo. Posso anche convenire su questi obiettivi (anche se sono molto scettico sul salario minimo) ma non posso che constatare che tutte le richieste sono di tipo “redistributivo”, parola che Elly Schlein ha ripetuto più volte nel suo comizio a piazza del Popolo a Roma. Poi voglio mostrare il seguente prospetto recentemente apparso su Facebook: ed allora mi sento sempre più rafforzato nella mia convinzione che il problema italiano (ma anche europeo, anzi soprattutto europeo) sta nella nostra capacità produttiva prima che in quella redistributiva. Siamo in un periodo in cui sta velocemente cambiando quello che Marx chiamava “modo di produzione” sia per i notevoli risultati dell’innovazione tecnologica che per quelli dovuti alla situazione climatica ma anche per le conseguenze dello sviluppo della iniziale globalizzazione e del suo sgretolamento nella fase attuale. Il mutamento del modo di produzione comporta il mutamento del rapporto tra le classi, degli equilibri internazionali che si stanno polarizzando, delle convinzioni politiche dei popoli che intravvedono un’incertezza nel futuro che non hanno mai preoccupato. L’intelligenza artificiale (I.A.), che sarà uno degli argomenti del G7, è la novità tecnologica che nel futuro inciderà, e sta già incidendo, nel modo più profondo sul nostro futuro produttivo. E non sto parlando dell’I.A. generativa, che produce testi, immagini, video; penso all’I.A. applicata ai processi produttivi che rivoluzioneranno in modo enorme i fattori della produzione, in primis il mondo del lavoro non solo sul fatto quantitativo dell’occupazione ma anche e soprattutto sul contenuto professionale richiesto alla moderna mano d’opera. Ricordo che oggi si investono sull’I.A. 130 miliardi di $ di cui 100 sono investiti da USA e Cina e 30 dal resto del mondo; facile trarre le conseguenze di come si prospetta il futuro se noi e l’Europa non si attrezzano ad affrontare questo tema. Il nostro Draghi mi pare che sia l’unico ad averlo affrontato nel suo rapporto sulla concorrenza, rapporto in cui richiede di investire 500 miliardi l’anno in innovazione, ricerca, creatività, tecnologia per poter sperare di non diventare una colonia economica di USA o Cina. Il modo in cui percorrere questa strada, se si vorrà percorrerla, sarà il nucleo della politica europea di questo decennio (se basta) e non potrà basarsi sulle “mani invisibili” della libera concorrenza (obsoleto idolo violentato dalle multinazionali) ma dovrà basarsi su una programmazione dove lo Stato, la razionalità realizzata, si pone come soggetto determinante. L’alternativa che ci si pone è di una disarmante semplicità: la causa prima che determina le scelte di investimento va razionalmente individuata tra due poli alternativi: la scelta fondata sulla razionalità ovvero lasciata al profitto. L’alternativa che si presenta con pesante materialità alle nostre coscienze, ci riporta, con urgente richiesta di una risposta, alla scelta fondamentale tra l’illuminismo della rivoluzione francese (trionfo della dea ragione) ed il romanticismo della logica del capitale. E i Paesi maggiori basano le loro economie su una programmazione che guarda a lungo termine o con le multinazionali negli USA (ma lo Stato ha un ruolo primario nelle scelte strategiche spesso operate dal Pentagono) o con il Partito Comunista in Cina. Con il Next Generation UE l’Europa ha per la prima volta assunto una posizione programmata per contrastare il Covid, tale posizione programmata va ripetuto, consolidata e resa permanente come penso suggerisca il documento Draghi; purtroppo l’Europa attuale sa solo dire di sì alle richieste monetarie e di riarmo fatte da Zelensky (come il G7 in corso sta dimostrando).    SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

UN INSULTO ALLA MEMORIA DI MATTEOTTI

COMUNICATO STAMPA Mentre ricordiamo in questi giorni Giacomo Matteotti barbaramente ucciso il 10 giugno 1924 , questo Governo omaggia con un francobollo il militante fascista Italo Foschi, amico di Amerigo Dumini, con il quale si congratulava, considerandolo un eroe, per l’assassinio di Matteotti, ucciso dagli squadristi fascisti. L’emissione del francobollo è un insulto alla memoria di Giacomo Matteotti. Come è da ritenersi un fatto grave l’emissione del francobollo commemorativo di Giacomo Matteotti che non ricorda affatto il centenario della brutale morte avvenuta per mano fascista. Socialismo XXI chiede che venga bloccata la distribuzione del francobollo dedicato a Italo Foschi per porre fine a questa vergognosa provocazione e nel contempo di emettere un nuovo francobollo commemorativo della figura di Giacomo Matteotti ricordandone il “martirio”, per la libertà e la democrazia nel nostro Paese. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PER UNA RIFONDAZIONE SOCIALISTA

di *Giovanni Princigalli | Sono rimasto molto dispiaciuto per il risultato del PSI alle recenti elezioni europee. Però mi chiedo: perché allearsi con Renzi e i radicali? Cosa c’entra Renzi con la tradizione del socialismo italiano e quello internazionale? Renzi aveva portato il PD su posizioni centriste e liberiste. Guadagna milioni per fare il consulente per dittatori e multinazionali e afferma che in Arabia Saudita c’è un nuovo Rinascimento. Ci si allea con lui per non allearsi con il PD? Il PD non è il mio partito, ma Elly Schlein è forse la sola leader socialdemocratica che c’è in Italia. Ha spostato il PD più a sinistra (anche se non quanto vorrei). L’altra possibilità era un’alleanza con SI e VERDI. Non so però se questi fossero stati d’accordo. È certo che Fratoianni con SI ha una forte visibilità personale.  In un grande partito di sinistra sarebbe il numero due se non il numero tre. Ma con questo non voglio dire che egli non desideri sciogliere il suo partito in uno più grande per motivi d’interesse personale. Perché è anche vero, che non c’è in vista un forte, allettante e affasciante progetto di partito unitario, per cui vale la pena sacrificare e mescolare la propria particolarità e spazio. Ma vedo che il piccolissimo PSI di oggi pur di rivendicare la specificità del suo nome glorioso, si chiude in una riserva indiana rifiutando l’annosa questione della fusione o convergenza con gli ex PCI. Posso anche capirlo, perché il PCI ha sempre avuto ambizioni egemoniche e attitudini paternaliste, arroganti e di superiorità verso il PSI. Ma il PCI e Craxi non ci sono più. Poi, quando leggo che il PSI di oggi con orgoglio si richiama a Filippo Turati e Carlo Rosselli, mi viene un po’ da ridere (scusate), perché Turati era si riformista ma marxista (amico di Engels) e Rosselli era si un riformista non marxista, ma il suo pensiero, oggi, sarebbe più a sinistra di S.I. Anche i socialisti che andarono con Forza Italia dicevano d’ispirarsi a Turati e Rosselli.  Francamente… un po’ di onestà intellettuale e amore per la storia per favore. Chiaramente le colpe per l’assenza di un grande partito socialista (che oggi dovrebbe chiamarsi anche ecologista) sono da attribuire anche ai PDS-DS che si sciolsero nel PD.  Così facendo avvilirono gli sforzi e disillusero le speranze di De Martino, Ruffolo, Spini e Rodotà. Quindi certo è colpa (grossa) anche degli ex comunisti che non hanno avuto l’intelligenza, la sensibilità e il coraggio di usare il termine “socialista”, dimostrando un certo pregiudizio verso questa storia. Ma anche i socialisti di oggi non riescono a togliersi dalla testa il loro anti-comunismo sviscerato (o meglio, peggio ancora, l’anti PCI di Berlinguer). Il PD ha fatto male a non richiamarsi alla tradizione socialista. Il PSI però commette un errore più grande, perché si ritiene l’unico depositario della tradizione socialista; il socialismo italiano puro ed esclusivo, ma nei fatti è più a destra non solo di Lula, ma anche dell’americana Alexandria Ocasio Cortez. Se gli ex comunisti, trasformandosi genericamente in democratici, hanno dimostrato quasi di vergognarsi delle loro origini e della tradizione marxista, i socialisti hanno una difficoltà simile, quella di non assumere in modo cosciente e profondo il significato della parola socialismo.  Ci consola, parzialmente, sapere che è questo il problema anche del glorioso SPD tedesco. Esso non solo (il che è comprensibile e normale) è lontano dalla socialdemocrazia marxista se per riformista di Bernstein o Lassalle, ma lo è anche con il partito non marxista che fu di Willy Brandt. Il PSI che si allea con Renzi, non ha alcuna piattaforma anti-capitalista, no certo nel senso dogmatico o bolscevico. Penso piuttosto alla critica al capitalismo, se per pur con obbiettivi, contesti e valutazioni diverse di Salvador Allende, Olof Palme, Bernie Sanders. Mi spiace dirlo, ma ancora una volta il PSI di oggi, ma non da oggi, ma da decenni, ha rotto i ponti con le idee dei padri fondatori, anche se afferma che non sia così, ma in verità è così. Se ci si allea con Renzi, e prima ancora si governa con Berlusconi, i fascisti e i leghisti (guardate Cicchitto, che non so perché è il direttore di Civiltà socialista), se si stila un manifesto di valori come quello che è leggibile sul sito del PSI, non puoi avere in testa e nel cuore Turati, Rosselli, De Martino, Lombardi.  A me sembra che sia piuttosto un partito di tipo blairiano. Il PSI di oggi è nostalgico (lo sono pure io), ma verso cosa? Verso il PSI di Craxi, ovvero quello che Formica (che pur è da sempre moderato ed anti-comunista) aveva definito una corte di nani e ballerine? Pensiamo anche all’amarezza di Lombardi che disse: «Non c’è più ragione per militare in questo partito». Pensiamo a De Martino, che parlò di mutazione genetica. Allora che nostalgia è? Quella per il 15% di consensi raggiunto da Craxi? Sono convinto che costui vada riscoperto e riletto, ma fu anche quel leader “socialista” che si precipita in Parlamento per portarlo a rivotare un provvedimento a difesa dei privilegi e degli interessi (particolari e capitalistici) di uno uomo solo, ossia di Berlusconi. Sono d’accordo sul fatto che Mani Pulite nascondeva tanta arroganza, ostilità, pregiudizio e anti-politica. Ci furono eccessi, errori ed abusi, oltre che egocentrismo, divismo, protagonismo di alcuni magistrati, il delirio di essere il giustiziere del popolo, come fu in gran parte l’attitudine di Antonio Di Pietro. Eppure, non eravamo nella URSS di Stalin o nell’Italia di Mussolini, in cui il dittatore dettava, ordinava, al magistrato quale dissidente pericoloso di turno punire e quali le pene da sentenziare.  La corruzione c’era, lo disse 10 anni prima Lombardi:  «Ci sono più socialisti in prigione oggi che ai tempi del fascismo».  Ho consultato dei documenti del PSI barese degli anni 50 e 60. Sono riportate le entrate che erano fatte di sottoscrizioni, lotterie, tornei di calcio balilla, feste dell’Avanti, porzioni generose tratte dagli stipendi di deputati e senatori. I funzionari erano pagati quanto un …

GLOBALIZZAZIONE

Scrive Aldo Potenza in un suo recente intervento: “La globalizzazione che ha permesso alle imprese di indebolire la classe operaia con la minaccia, più volte attuata, del trasferimento all’estero delle attività produttive”. Questa affermazione, che trova riscontro nel reale, specialmente nel nostro paese, pecca, a mio modo di vedere, nell’individuare il punto critico, l’errore, il motivo principe del fenomeno. Aldo indica nel “colpevole” la globalizzazione, io, invece, sposterei il mio bersaglio sulla immaturità e scarsa capacità imprenditoriale (penso naturalmente all’imprenditore schumpeteriano) del nostro capitalismo. La globalizzazione conosce varie fasi; da quella arcaica, tradottasi in un colonialismo imperialistico, a quella del periodo dei due blocchi mondiali USA e URSS, per sfociare poi ad una gestione unica egemonizzata, dalla fine della guerra fredda, dagli USA; al declino di questa egemonia e quindi alla fase attuale in cui gli equilibri internazionali sono in decisa ridefinizione. Da un punto di vista economico la globalizzazione comporta un incremento degli scambi economici allargando la partecipazione di questi scambi a tutti i paesi, in particolare a quelli in via di sviluppo e a quelli sotto sviluppati; ricordo i risultati politici della gestione di questa fase dal GATT all’OMC culminati con l’ingresso della Cina nel WTO. Un vecchio detto di Bastiat recita che dove circolano le merci non circolano i soldati, e se guardiamo nel mondo dal dopoguerra a oggi, il mondo (purtroppo non tutto) ha conosciuto un periodo di tre generazioni dove i cittadini non hanno conosciuto la guerra ed i suoi terrori. Certo in questa redistribuzione a livello mondiale della produzione è indubbio che le differenze di tenori di vita, meglio la differenza dei salari comporta quanto scrive Aldo, ma è indubbio che la perdita di competitività del nostro paese dipende dalla scelta fatta dalle nostre imprese a non ricercare nell’aumento di produttività l’arma per vincere la concorrenza, ma a ricercare invece di puntare sui bassi salari, scelta inconcepibile visto il livello salariale dei paesi nuovi apparsi sul mercato mondiale e considerato il fatto che, dopo l’adesione all’euro, abbiamo perso lo strumento della svalutazione della lira. Aggiungo che oltre alla perdita di posti di lavoro dovuti alle delocalizzazioni, osserviamo in Italia il fatto preoccupante per cui i fondi che investiamo nell’istruzione con soldi provenienti dalle nostri imposte, producono intelligenze e competenze che regaliamo ai paesi verso i quali, attratti dagli alti salari, fuggono i nostri laureati. E’ dovuto intervenire il ministro Calenda per cercare di spostare le scelte produttive verso una maggior produttività REGALANDO detassazioni e/o bonus a fondo perduto a chi investisse in innovazione tecnologica: in poche parole si regalano i soldi dei contribuenti (lavoratori e pensionati) a chi non è capace di fare il suo mestiere invogliandolo con i bonus a fare ciò che ci si aspetterebbe che un imprenditore facesse. Quei soldi sono stati regalati con una modalità virtuosa nel senso che non sono regali a pioggia senza un corrispettivo comportamento auspicato, ma solo a fronte di effettiva aumentata capacità produttiva tecnologica, ma quei soldi, essendo dei contribuenti, potevano a mio parere essere dati, come succede nella norma, come PARTECIPAZIONI di un fondo che entrasse nella gestione dell’impresa agevolata. La scelta di competere con i bassi salari pone il nostro sistema produttivo in seria difficoltà in un periodo in cui le innovazioni tecnologiche si impongono come il fattore decisivo nel presente e nel prossimo futuro. Penso ai computer quantistici e soprattutto all’intelligenza artificiale (I.A) che stanno rivoluzionando il modo di produzione, con la conseguente rivoluzione sui rapporti tra le classi sociali. La miopia della nostra classe imprenditoriale si traduce in una critica alla tanto decantata iniziativa privata. Il cui massimo esempio è rappresentato dalla Fiat, per anni campione indiscusso, vezzeggiato e foraggiato (si pensi alla rete autostradale) che è scomparsa dal nostro paese lasciando un deserto sterile. Parlavo di intelligenza artificiale, ebbene attualmente gli investimenti in I.A. sono di 130 miliardi di dollari, ebbene 100 miliardi sono investiti in USA e Cina e solo i restanti 30 sono investiti dal resto del mondo. Ciò ci deve far capire qual è la strada da imboccare. E con ciò intendo una iniziativa europea che costruisca il CERN dell’I.A.; su questa strada mi pare ci inviti Draghi che nel suo rapporto sulla competitività europea indica come necessario un investimento di 500 miliardi di € all’anno per prospettare un futuro europeo in presenza dei concorrenti USA e Cina. Certo che la globalizzazione cui guardiamo e che purtroppo si sta polarizzando (vedi la nascita dei BRICS) non guarda né alla globalizzazione delle multinazionali statunitensi né a quella del modello cinese; deve tendere cioè ad un modello più solidale, comprensivo, ibridizzante. Ma questo è un discorso troppo enorme da essere neppur abbozzato in questa sede.      SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

QUELLO DI MATTEOTTI CHE FINE HA FATTO?

(Photo by Stefano Montesi – Corbis/Corbis via Getty Images) COMUNICATO STAMPA Poste Italiane ha emesso un francobollo dedicato a Italo Foschi che tra l’altro si era congratulato con gli assassini di Giacomo Matteotti. La Segreteria provinciale dell’Anpi di Ferrara propone di condividere il seguente Comunicato Stampa grazie! «Poste Italiane ha emesso un francobollo dedicato a Italo Foschi, militante fascista, organizzatore dello squadrismo a Roma, fedele a Mussolini fino alla Repubblica di Salò, quando l’Italia subiva gli eccidi delle brigate nere e delle SS nazisti, noto anche per essersi congratulato con Amerigo Dumini, scrivendogli che era un eroe per l’assassinio di Giacomo Matteotti, uomo libero coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee. Mentre pertanto in questi giorni ricordiamo l’assassinio di Giacomo Matteotti ad opera delle squadre fasciste, Il governo del nostro Paese omaggia negli stessi giorni, con un francobollo, chi ha condiviso quel brutale assassinio. Condanniamo questo grave vergognosa provocazione. Questo francobollo è un’offesa alla memoria di Matteotti, e di tutti gli antifascisti che hanno dato la vita per la libertà e la democrazia per il nostro Paese, chiediamo pertanto che venga bloccata subito la distribuzione». SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it