PUGLIA, ORA SCONTO IN BOLLETTA

di Onofrio Introna – già Presidente del Consiglio regione Puglia | Condivido la visione di Tonio Tondo sul ruolo strategico assunto dall’Italia nella sfida per gli approvvigionamenti di materie prime energetiche dal Caspio. I tempi sono cambiati: gli interessi nazionali non si difendono più schierando le navi da guerra al largo degli Stati che si vogliono indurre a buon partito. Dalla politica vittoriana delle “cannoniere” si è passati alla politica dei “gasdotti”, nei quali corre metano, ma anche complessi scambi economici e commerciali. L’esempio, tanto vicino a noi, è quello della Trans adriatic pipeline, la nota (e per qualcuno “famigerata”) Tap. La ragione di Stato prevale sulle vocazioni paesaggistiche e turistiche: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ribadito non poche volte la centralità strategica dell’accordo con l’Azerbaijan, per l’approdo in Puglia del “tubo”, che dai giacimenti azeri alimenterà parte dell’Europa. Quel gasdotto s’ha da fare, avrebbe detto Alessandro Manzoni (1785-1873). Ed è stato praticamente fatto, sbarcando in una delle nostre coste più belle, a San Foca di Melendugno. La Tap ormai è finita, sta per entrare in funzione, dobbiamo farcene una ragione: la Puglia non ha vinto la sua battaglia, che nasceva dalla preoccupazione di ferire un territorio eccezionalmente attrattivo sotto l’aspetto turistico. Devo riconoscerlo, mio malgrado e a malincuore, essendo stato com’è noto tra i primi a contestare l’approdo nella spiaggia gioiello. Cosa fatta capo ha: ecco perché mi sembra sensato, a questo punto mettere in campo – distaccandomi parzialmente dal pensiero di Tonio Tondo – la questione altrettanto strategica delle compensazioni. Se lo fanno i sindaci dei Comuni della valle petrolifera lucana esclusi dal “bonus gas”, mi sembra giusto rivendicare agevolazioni per i cittadini pugliesi. Il danno arrecato al territorio con l’estrazione di petrolio in Basilicata viene compensato: perché quindi trascurare i pugliesi, che sopportano un peso gravoso, collaborando come “azionisti di maggioranza senza dividendi” alla produzione energetica nazionale? L’elettricità generata bruciando fossili a Cerano e Taranto risponde solo in minima parte al fabbisogno regionale, il resto soddisfa le altre regioni. E che dire della risorsa fornita dagli impianti “puliti”, non inquinanti ma inguardabili, disseminati in tutta la Puglia? I campi di pannelli fotovoltaici e i piloni delle turbine eoliche non sottraggono forse terreno all’agricoltura? E al fossile e al rinnovabile, si aggiungono ora altri due metanodotti, Tap da Melendugno e Poseidon da Otranto. Senza trascurare l’indifferibile decarbonizzazione dell’Ilva, i sacrifici dei pugliesi e gli impatti ambientali considerevoli legittimerebbero la richiesta di uno sconto adeguato dei costi dell’energia, a cominciare dalle imprese. Sarebbe un aiuto concreto e intelligente, perché aziende che pagano meno l’energia elettrica per alimentare gli stabilimenti sono più competitive, evidentemente. E perchè non prevedere un bonus nella bolletta di gas ed energia elettrica degli utenti privati? Per primi, dovrebbero avanzare richieste in tal senso i Comuni pugliesi, coordinati dall’Anci. E sono certo che il Consiglio regionale, prima della conclusione della legislatura, vorrà adottare a sua volta, auspicabilmente all’unanimità, una proposta che concretizzi questa legittima aspirazione dei pugliesi. Uno sconto in bolletta sarebbe un beneficio “democratico”, perchè generalizzato, oltre che un risparmio per le famiglie. Se poi non lo si volesse riconoscere a tutti, si potrebbe limitarlo alle fasce di reddito più basse, a chi è in affanno, alle prese con la disoccupazione. Un segno di attenzione e di rispetto per i cittadini di una regione che, in silenzio, produce energia per tanti ma paga il conto da sola. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PROCESSATI PERCHE’ AFFIGGEVANO I MANIFESTI DI PIETRO NENNI

di Tullio Piacentini | Per molti giovani di oggi, includendo in questa categoria anche tanti 40enni/50enni, è difficile comprendere quanto sia stato difficile per le generazioni precedenti ottenere quel senso di libertà che conosciamo ora in Italia. Nel mio tour romano di incontri mi sto piacevolmente confrontando con molte persone che negli anni passati hanno dedicato la loro vita alla politica degli ideali e non solo dell’amministrazione della res pubblica, nella speranza di rimuovere in loro quel senso di guida della società per la quale hanno combattuto e che poi, visti gli andazzi di corruzione dilagante, hanno abbandonato… abbandonando, in qualche caso, anche il suolo dell’amata Patria per la quale (chi è riuscito a sopravvivere alla seconda guerra mondiale) hanno rischiato la loro vita. Grazie all’invito fattomi da uno squisitissimo signore di Subiaco (Roma), ho così avuto il piacere di incontrare un socialista ex Presidente della Giunta della Regione Lazio, che mi ha fornito un’ampia e concreta radiografia del panorama politico locale attuale mettendo in evidenza il paradosso tra chi un tempo lottava per gli ideali e chi ora, invece, fa politica manageriale. Sapevo che mi avrebbe raccontato qualcosa su mio padre Tullio, sapevo e so tuttora che ho su di me e sulla mia educazione una figura paterna molto forte e molto viva anche nel ricordo di chi lo ha conosciuto. Nonostante mi capiti spesso di sentire lusinghe ed apprezzamenti su quest’uomo, mio padre, mai però avrei immaginato di sentire il racconto di un processo giudiziario penale per l’affissione di manifesti con la raffigurazione di Pietro Nenni. Tuo padre era troppo avanti per queste zone (Subiaco e dintorni), è stato troppo innovativo – mi ha raccontato questo compagno – però qui (terra di destra e del Generale Graziani) ha portato il Partito Socialista! Era un uomo di azione. In quel periodo (1965-1968) fare politica e non essere della Democrazia Cristiana significava essere sovversivi, soprattutto se eri socialista o comunista. Lui voleva far capire alla gente di qui cosa era il PSI e chi era Nenni. Una notte, all’incrocio di Marano (con Via Tiburtina nel tratto tra Tivoli e Subiaco), ci venne a beccare il Maresciallo dei Carabinieri Marras che era stato mandato da qualcuno che ci teneva sott’occhio e ci portò in caserma segnalandoci come “socialisti sovversivi”. Sovversivi socialisti! Facemmo il processo alla Pretura di Subiaco. Io non so se in Italia ci siano stati mai processi penali per l’affissione di manifesti politici durante le elezioni, però se non siamo stati gli unici siamo stati sicuramente uno dei casi rarissimi soprattutto perché dovemmo difenderci dall’accusa di “sovversivi”. Del processo se ne occupò tuo padre – ha continuato a raccontarmi ed emozionato per la birichinata fatta in gioventù – e anziché nominare un avvocato del Partito chiamò l’avvocato De Lupis, un socialdemocratico. Non ho mai capito perché questa scelta. In queste cose tuo padre ci sapeva fare. Venimmo prosciolti – con un’espressione di compiacimento sul volto di Carlo – perché l’avvocato dimostrò al Pretore che non era possibile attaccare dei manifesti senza avere la colla per affiggerli. Il Maresciallo se la legò al dito questa cosa. Comunque, poi e per molti anni, Subiaco è stata socialista. Di mio padre conosco tante cose che puntualmente segno in un memoriale che ancora sto scrivendo dal 2005, anno della sua morte, senza mai riuscire ad arrivare ad un punto finale perché ogni volta che incontro qualcuno che lo ha conosciuto scopro sempre cose nuove che mi rendono orgoglioso di aver avuto la fortuna di essere stato suo figlio. Ma mai avrei immaginato che la sua vita fosse piena anche di azioni semplici e comunque fondamentali per portare avanti le battaglie per la democrazia e per la libertà dell’uomo. Con questo spirito di riscoperta delle ideologie, e non solo per orgoglio familiare, sto affrontando una modesta campagna di comunicazione che abbia il fine di far rimuovere le persone ed i loro animi… intorpiditi dal “progresso”, dalle televisioni e dalla dominazione economico-sociale che sta annientando il senso di società civile, di democrazia e di libertà! SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

E NOI FAREMO COME GLI U.S.A.

  di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   Bernie Sanders sta sdoganando il “socialismo” negli Stati Uniti d’America, specie tra i giovani ed in particolare quelli di colore. L’altro giorno, rispondendo ad un post di Giuseppe Scanni constatavo che siamo talmente succubi degli statunitensi che importeremo da loro il socialismo. Che Bernie Sanders si proclami “socialista” preoccupa i democratici e fa buon gioco per Trump, e ciò perché nonostante lo sdoganamento che sta attuando Sanders, la parola “socialismo”, nel senso comune statunitense, è ancora un tabù. In effetti Sanders non fa parte organicamente dei democratici costituendone invece una specie di corpo estraneo; estraneo, si può dire, al duopolio delle classi dirigenti statunitensi, costituisce cioè una contraddizione nella logica del potere che a flussi alterni è governata dai repubblicani o dai democratici, ma che consegue all’egemonia del capitalismo dominante. Vorrei allora approfondire al proposito quali siano gli obiettivi del socialismo di Sanders e quale tipo di socialismo sia quello che Sanders sta perseguendo. Gli obiettivi di Sanders Leggo da Wikipedia  che gli obiettivi della sua proposta politica consistono nel «creare un’economia che funzioni per tutti, non solo per i più ricchi» e agevolare la partecipazione democratica dei cittadini, in modo particolare dei più giovani, riconoscendo inoltre salute e istruzione come diritti inalienabili e gratuiti. Dal punto di vista delle politiche sociali e fiscali, Sanders è un sostenitore del modello nordico e dell’adozione di misure di redistribuzione dei redditi; come propria consulente in campo economico ha scelto Stephanie Kelton, una delle principali esponenti della teoria della moneta moderna  È altresì un fermo propugnatore dei diritti LGBT, di quelli delle minoranze etniche, della legalizzazione dell’aborto e della cannabis, nonché un oppositore della pena di morte e del secondo emendamento (nonostante sia favorevole alla tutela giuridica dei fabbricanti d’armi). In politica estera, Sanders si è sempre attestato su posizioni pacifiste, osteggiando ogni intervento militare statunitense, ma difendendo al contempo i diritti dei veterani.  Ha lodato il presidente Barack Obama per gli accordi di pace con Iran e Cuba; in particolare, in questa seconda circostanza, ha manifestato la propria soddisfazione per la fine di una «guerra fredda» durata cinquant’anni. In merito alla questione israelo-palestinese appoggia la soluzione dei due Stati, per «garantire al popolo palestinese una propria nazione e al popolo israeliano una vita tranquilla senza il rischio del terrorismo». Per quanto concerne l’ISIS e il jihādismo, ritiene che i paesi musulmani del Medio Oriente siano chiamati a svolgere un ruolo chiave, più degli stessi Stati Uniti. E’ inoltre un ambientalista ed è stato spesso accostato al Partito Verde: in particolare, è convinto che il riscaldamento globale sia un problema prioritario, da affrontare attraverso un deciso incremento del ricorso alle energie rinnovabili, trovandosi per questo in aperto contrasto con Donald Trump. Più interessante è la lotta che Sanders, ma in particolare la Warren, sua competitrice ma vicina alle sue posizioni, hanno sostenuto contro gli abusi e gli eccessi della finanza; la Warren in particolare con la creazione dell’Ufficio per la protezione finanziaria dei consumatori, ha rappresentato una difesa molto efficace che ha fatto risparmiare alle famiglie miliardi di dollari. Gli obiettivi di Sanders, includendovi anche quelli della sua concorrente Warren, ci rappresentano un socialismo decisamente socialdemocratico con due caratteristiche: conquistare i diritti civili per i cittadini, in primis la riforma sanitaria per tutti, e con ciò molto vicino a ciò che in Europa si è già realizzato o comunque è negli obiettivi dei socialisti europei, e lotta contro la degenerazione finanziaria di un capitalismo produttivo che tuttavia non viene messo in discussione. Ora il limite, a mio parere di Sanders, è quello di ritenere che il capitalismo finanziario sia organicamente diverso da quello produttivo. Sì è vero che molte volte anch’io rimpiango il capitalismo produttivo vs. quello finanziario, ma sono altrettanto convinto, alla luce di ciò che scrisse Marx e traguardando in prospettiva i futuri sviluppi della rivoluzione 4.0 e della robotizzazione, che i due fenomeni sono consustanziali e che le prospettive che ci aspettano, se non agiamo in modo tempestivo e radicale, dimostreranno che i due capitalismi tenderanno a creare una società polarizzata con nuovi aspetti neo-schiavistici. Il declino delle classi medie, ovvero la proletarizzazione della middle class è un fenomeno diffuso e sempre più invadente nelle società a capitalismo avanzato, e le prospettive dell’economia robotizzata, se non contrastata e guidata, ci presentano uno scenario in cui i pochi possessori dei robots globali saranno, e già lo sono, più potenti degli stati più potenti e si confronteranno con una massa di ex lavoratori del braccio e della mente, che dopo aver visto il loro apporto di fatica e di pensiero sfruttato e tradotto in capitale fisso, si troveranno espulsi dal ciclo produttivo senza alcun potere contrattuale e alla completa mercè del capitale. Ecco che allora il saggio obiettivo di “tosare la pecora” può non più bastare, non si può più puntare alla distribuzione dei redditi e dei diritti, serve al contrario imboccare la strada di un nuovo modo di produzione che sia culturalmente socialista e che non si limiti a sostituire o ad affiancare nella stessa logica strutturale le espressioni del capitale. Forse il riformismo sta evidenziando i suoi limiti (lo vediamo da trenta anni a questa parte) e potrebbe non essere più la strada maestra nel disegnare il nostro futuro, richiedendoci, la storia, di puntare a quelle che un vecchio socialista chiamava “riforme di struttura” per differenziarle dalle “riforme all’interno dell’attuale struttura”. Questi obiettivi Bernie Sanders non ce li può esportare, può comunque esportarci sotto forma di senso comune ispirato dall’egemonia statunitense, una nuova ventata di speranza socialista in questa palude in cui ci stiamo impantanando in questo inizio di secolo.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IL CAMBIAMENTO STORICO ED IL SOCIALISMO DEL XXI SECOLO

  di Vincenzo Carlo Monaco – Coordinatore Socialismo XXI Sardegna |   E’ giunto il momento del Federalismo Mondiale per la salute, per l’Ambiente e per il riequilibrio del rapporto con la Vita e la Natura. Un secolo di opportunità ci aspetta. La presa di coscienza sulle debolezze del sistema globale e sulla qualità e quantità dei danni derivati da una gestione sconsiderata dell’uso delle risorse umane e naturali, ci consiglia il cambiamento del paradigma dallo sfruttamento alla valorizzazione del produrre e consumare le ricchezze della terra. Non è ambientalismo il motivo della azione futura, ma la necessità della sopravvivenza sul nostro pianeta. L’impegno riguarda tutti, nessuno escluso partendo dai grandi interessi sino alle nuove generazioni che ancora non sono nate. Ripensare tutto è una opportunità per risanare e riqualificare, smontare e ricostruire le politiche per le energie necessarie, per le metodologie di produzione e le strategie di consumo. La nostra infinitesimale presenza nell’universo, ci da l’opportunità di dimostrare la capacità storica degli esseri umani di realizzare un cambiamento epocale che nel futuro degli incontri spaziali ci permetterà di dimostrare l’intelligenza umana. Il passato ed il presente oramai è storia. La classe politica mondiale è inadatta a gestire il presente ed il futuro ed i gravi problemi che ha contribuito a creare. E’ urgente un cambio generazionale della politica e dei suoi rappresentanti a tutti i livelli. Non sono più ammesse le ambiguità ed i tradimenti ideologici. Il rapporto tra lavoro e capitale deve iniziare il miracoloso percorso della nuova storia. I socialisti locali e mondiali hanno la responsabilità politica di gestire gli interessi di miliardi di persone e lavoratori con uno storico progetto che riscrivere i diritti e doveri nel confronto diretto e globale con gli interessi finanziari ed economici dei nuovi capitalisti. La riunificazione nel nuovo soggetto politico Socialista è l’unica speranza per svolgere un ruolo fondamentale per il futuro del mondo. Lavoratori di tutto il mondo, uniamoci.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA CAMPANIA E LE SFIDE DA VINCERE

Comunicato stampa «A pochi mesi dal voto serve la volontà delle principali forze di rendere possibile l’inizio di un concreto lavoro comune». Lo affermano Art.1, Europa Verde, Futura, Italia Mediterranea e SocialismoXXI, ribadendo il loro intento a costruire un percorso che possa portare ad una coalizione in grado di battere le destre ed affrontare le importanti sfide nella nostra regione e nel Mezzogiorno, con l’apporto di tutte le forze progressiste, di sinistra, ambientaliste, le esperienze civiche, i movimenti: La Campania, per le tante sfide aperte e ancora da affrontare (assicurare un futuro  ai suoi giovani, ambiente, regionalismo, lavoro e crisi industriali e di ampi settori produttivi, lotta alla Camorra e a ogni forma di illegalità, nuova Europa e ruolo del Mediterraneo, etc.), ha bisogno della forte unità di tutte le forze progressiste, di sinistra, ambientaliste, delle esperienze civiche, delle grandi competenze presenti in ogni campo, di quei movimenti che in questi mesi hanno rappresentato un elemento di indubbia forza e novità politica. Il voto in Campania, per il ruolo e il peso che ha la nostra Regione nel Paese e nel Mezzogiorno, rappresenta inoltre una sfida per la coalizione che governa oggi il Paese: non avrebbe senso  e non saremmo credibili se nei territori  non  riuscissimo a costruire convergenze e coalizioni in grado di raccogliere la volontà di quanti si battono, non solo contro una destra pericolosa, ma per un’Italia più bella, più giusta, più accogliente, con più diritti. Un Paese che sappia affrontare la crisi ambientale e ragionare su un nuovo modello produttivo e lottare per  cambiare profondamente  la governance della globalizzazione e le politiche di austerity dell’Unione Europea. La stessa positiva proposta del Piano per il Sud con una Campania debole perderebbe di slancio e di credibilità. Per affrontare questa fase certamente complessa ma anche ricca di spinte innovative, che potrebbe liberare energie, dare nuovo senso e valore alla politica come strumento e mezzo per rispondere ai bisogni dei cittadini, favorendone la partecipazione contro le tendenze astensioniste, abbiamo però bisogno di disponibilità e umiltà, elementi essenziali per ricostruire anche la funzione dei partiti. Abbiamo cioè la necessità di non far prevalere le ragioni di parte, ma  di  unità e lavoro comune affinché attraverso il confronto più aperto e persino critico, possa emergere la responsabilità di costruire una proposta che sappia parlare alle persone. E, del resto, questo è un auspicio che trova riscontro in alcune esperienze che stanno maturando a livello locale dove la discussione è già molto più avanzata. Nella riunione del 3 gennaio (in cui si sono incontrati i rappresentanti di Art.1, Sinistra italiana, Democrazia solidale, Futura, Movimento ecologia-diritti e Comunisti Italiani) abbiamo praticato con coerenza questo metodo; abbiamo evidenziato critiche e rilievi su trasporti, crisi industriali, ambiente, acqua pubblica, urbanistica, chiesto una svolta nella sanità dopo l’uscita dal commissariamento, certezze sulle politiche per il lavoro; abbiamo altresì ribadito che si è ribadita la necessità pressoché unanime di moltiplicare gli sforzi per  costruire una larga coalizione in grado non solo di impedire la vittoria della destra ma di delineare una prospettiva di rilancio della Campania. Se vogliamo proseguire questo lavoro non servono, dunque, tatticismi, contrapposizioni, proposte e iniziative che finirebbero ingiustamente per apparire solo un modo per scaricare su altri la responsabilità di una rottura e di una divisione. Abbiamo letto sulla stampa delle scelte fatte dal PD in Campania che propone la riconferma del Presidente De Luca per il lavoro svolto in questi anni, della proposta del M5S sulla candidatura del Ministro Costa e, proprio in ragione di ciò, pensiamo che si renda urgente la convocazione di un riunione affinché si avvii il confronto già chiesto da noi il 3 gennaio E anche se conosciamo le difficoltà – non siamo così ingenui da non saperne valutare la portata – pensiamo che in tutti noi debba trovare spazio anche la riflessione sulle recenti elezioni regionali; per il Mezzogiorno e la Campania sarebbe devastante costruire dinamiche come quelle che hanno segnato la vicenda calabrese. Noi pensiamo che l’accento e le priorità debbano tenere al centro: ● Il valore delle proposte e del programma per dare soluzione ai problemi; ● Il valore dell’unità di una coalizione aperta ● Il valore del metodo per definire gli uomini e le donne a cui affidare la guida di questa sfida. Noi ci siamo mossi e ci muoveremo con l’ambizione di contribuire a costruire unità, contenuti e aperture che vadano oltre le sigle già conosciute. Per vincere in Campania, infatti, è indispensabile uno sforzo superiore a quello che ha consentito  la positiva convergenza che si è realizzata per le prossime elezioni suppletive. Siamo giunti a uno snodo importante e a pochi mesi dal voto serve la volontà delle principali forze di rendere possibile l’inizio di un concreto lavoro comune.  Non spetta a noi convocare l’incontro, ma siamo disponibili e pronti a farlo. Ribadiamo, inoltre, il massimo sostegno affinché Sandro Ruotolo possa affermarsi nelle elezioni suppletive nel collegio napoletano del Senato e dare anche per questa via un segnale di reale cambiamento. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. 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ITALIANI DI SERIE A, B e C: UNA RIFLESSIONE DI FELICE C. BESOSTRI

Il drastico taglio dei parlamentari, secondo la prof. Alessandra ALGOSTINO dell’università di Torino, “incide sulla rappresentanza, sulla sovranità popolare e sulla democrazia sotto diversi aspetti.” e ha ragione perché è pacifico che per la nostra Costituzione “L’Italia è una Repubblica democratica”(art.1.1), nella quale “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita“ (art.1.2), come corpo elettorale partecipando all’elezione di un Parlamento, in cui ogni suo membro “rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.”(art.67). Infatti, “Riducendo il rapporto fra cittadini e parlamentari, si incide sulla rappresentanza, sia da un punto di vista quantitativo sia da un punto di vista qualitativo. Quantitativamente aumenta la distanza fra rappresentato e rappresentante. Il riverbero sulla qualità della rappresentanza è evidente, con una diminuzione della possibilità per il cittadino di veder eleggere un “proprio” rappresentante, abbassando il grado di potenziale identificazione del rappresentato con il rappresentante”. Per di più il taglio non è stato uguale per tutti al Senato, con una ferita insanabile a principi costituzionali fondamentali, tra i quali preminente quello dell’uguaglianza “ (art.3.1 Cost.) anche perché “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…..” il taglio è in media del 36,50%, motivato con la riduzione dei costi della politica, se il problema fosse quello la riduzione del 50% delle indennità parlamentari avrebbe consentito un risparmio maggiore. Ebbene solo il Trentino-Sudtirolo: basta con l’ipocrisia alto-atesina, nome inventato, come se creassimo una Provincia autonoma costituita da Rovigo e Ravenna e la chiamassimo Bassa Padania. Grosso modo Lombardia 313mila per un senatore, in Senato Trentino-Alto Adige 171mila (313.000-171.000) = 141.000; cioè ci vogliono 141.000 lombardi in più per avere un senatore, significa che il voto lombardo vale meno, molto meno. La Lombardia con 9.704.000 abitanti con quoziente 171.000 dovrebbe eleggere 56 senatori ne eleggerà 31, cioè 1 senatore ogni 313.000 lombardi e ne ha eletti 49 1 senatore ogni 198.040 lombardi nel 2018. Altri esempi Ripetere operazione con abitanti seggi vigenti seggi tagliati abitanti per nuovo Senato Trentino-Alto Adige 1.029.475 7 6 171.579 Sardegna 1.639.362 8 5 327.872 Liguria 1.570.694 8 5 314.138 Emilia-Romagna 4.342.135 22 14 310.152 Friuli-Venezia Giulia 1.218.985 7 4 304.746 Calabria 1.959.050 10 6 326.508 Puglia 4.052.566 30 13 311.735 Umbria 884.268 7 3 294.756 ITALIANI DI SERIE A: Residenti in Trentino-Alto Adige/Südtirol, Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, Molise, Umbria e Basilicata in totale 15 seggi Eleggono un senatore rispettivamente ogni 171mila, 127mila, 157mila, 295 mila e 193mila abitanti, quando la media delle restanti regioni è di 312mila, ma Molise e Val d’Aosta non avevano numero minimo (7), ma fisso rispettivamente 2 e 1. In compenso la Val d’Aosta e il Molise pagavano di più della media nazionale (96.004) i deputati:  VdA 127 mila e Molise 105 mila. ITALIANI DI SERIE B: Tutti i residenti nelle restanti regioni italiane con rapporti abitanti/senatori variabili da: 295mila ab/sen dell’Umbria e 304mila del Veneto nella fascia inferiore ai 327 mila di Abruzzo e Calabria e 328mila della Sardegna nella fascia alta. ITALIANI DI SERIE C Iscritti nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero Secondo le statistiche dell’AIRE, al 31 dicembre 2012 c’erano 4.341.156 italiani residenti all’estero, in crescita del 3,1% rispetto al 2011 (4milioni e 210mila) , e così ripartiti nelle quattro circoscrizioni elettorali estere per le elezioni politiche: Europa: 2.365.170 – America meridionale: 1.338.172-America settentrionale e centrale: 400.214 – Africa, Asia, Oceania e Antartide: 237.600. Nelle elezioni Senato 2018 Elettori 3.835.780 – Votanti 1.160.985 pari al 30,27%. Nella Circoscrizione Europa Elettori 2.032.628 -Votanti 620.006 pari al 30,50% degli aventi diritto. Se restano le 4 circoscrizioni senatoriali attuali (Europa, America del Sud, America del Nord e Centrale e Africa, Asia, Oceania e Antartide) l’Europa, che conta più del 50% iscritti A.I.R.E., degli elettori e dei votanti avrà un solo Senatore. Se vengono ridisegnate in rapporto alla popolazione l’Europa avrà 2 senatori e 2 senatori il resto del mondo, ma vista la preponderanza numerica dell’America del Sud saranno 2 eletti in quel continente come ora. In conclusione l’America del Nord e Centrale e Africa, Asia, Oceania e Antartide, che ne eleggevano uno ciascuna, resterebbero senza rappresentanti, di fatto gli Stati Uniti e l’Australia, quelli con consistente e antica emigrazione italiana. I tagli lineari son sempre sbagliati e per di più incostituzionali quando come nel caso italiano il Trentino/Sudtirolo e nella Circoscrizione estero Europa e Sud America o sono puniti eccessivamente o premiati alla faccia degli artt. 48 e 51 Cost. per i quali il voto è eguale e ci si candida in condizioni di eguaglianza. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CRITICA DELLA MONETA FISCALE

  di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   Premessa Il disegno di legge 5S che prevede la possibilità di emettere Certificati di Compensazione Fiscale (CCF) atti a far uscire il paese dalla stagnazione sta per essere esaminato dalle commissioni parlamentari competenti. Da parte mia vorrei affrontare i punti critici che quel disegno di legge presenta, e ciò in una ottica socialista. Premetto che dò per scontato che chi legge conosca come funzionano i CCF, e assumo che i CCF siano perfettamente legittimi e rispettosi delle norme UE, cosa di cui sono convinto ma che ultimamente molti organismi anche importanti hanno contestato sollevando dubbi. Voglio soprattutto affrontare in primis il quadro politico-economico in cui collocare i CCF, poi voglio analizzare le tre figure di beneficiari dei CCF, i pro e i contro di queste possibili strade e quindi trarre alcune conclusioni. Il quadro politico-economico I CCF sono uno strumento tecnico atto a far uscire il nostro paese dalla stagnazione con risultati più o meno efficaci alla luce delle considerazioni che seguono. I CCF sono l’unico strumento possibile stante l’attuale interpretazione austera che la commissione dà alle politiche di bilancio dei paesi della UE. Ciò significa che se ad esempio la commissione accettasse lo scorporo dal calcolo del deficit degli investimenti pubblici, i CCF non servirebbero. La proposta dei CCF serve a bypassare le prassi attuali individuando una modalità legittima che permette di ridare un minimo di iniziativa locale ai singoli stati, svincolandoli dai controlli occhiuti e ragionieristici della commissione. Certo che i CCF devono essere usati per agire positivamente sul PIL effettivo ma, e ciò è estremamente importante, devono essere usati contemporaneamente per incrementare il PIL potenziale, in modo da rilanciare le politiche sull’output gap. Gli interventi finanziati dai CCF devono quindi privilegiare gli investimenti infrastrutturali produttivi, senza allargare la spesa corrente e soprattutto essere inquadrati in un quadro che ridia alla politica la capacità di guidare l’economia del paese con una mentalità programmatoria. Riteniamo quindi che l’uscita dalla stagnazione non possa essere affidata alla mano invisibile del mercato rinunciando alla possibilità della volontà politica di voler e poter usare i suoi strumenti ed i suoi mezzi, quali i CCF sono, secondo un proprio piano di politica economica. I beneficiari dei CCF In sintesi abbiamo tre beneficiari cui il disegno di legge prevede di poter assegnare i CCF: i lavoratori, le imprese ed i professionisti, i pubblici investimenti. L’assegnazione dei CCF ai lavoratori, in particolare quelli poveri con alta propensione al consumo richiede che si sia certi che i CCF assegnati non vengano tesaurizzati per godere dopo due anni del cosiddetto sconto fiscale. Nell’ipotesi di tesaurizzazione il regalo fatto ai lavoratori si traduce in minor gettito fiscale (aumento del deficit corrente) senza aver attivato nessun moltiplicatore keynesiano atto a stimolare l’aumento del PIL. Inoltre occorre convincere i probabili soggetti verso i quali i lavoratori potrebbero utilizzare i CCF ad accettarli possibilmente senza sconto finanziario; si tratta fondamentalmente dei supermercati e dei rivenditori on line, che potrebbero così a loro volta rimettere i CCF in circolazione verso i loro fornitori fino a trasformare i CCF in una vera moneta parallela che circola al cambio 1 a 1. In questa casistica c’è pure il pericolo che il consumatore acquisti prodotti di importazione o di origine comunitaria; in tal caso i CCF andrebbero ad aumentare le importazioni deprimendo di conseguenza la domanda aggregata. L’assegnazione alle imprese mi trova decisamente contrario. Intanto se i CCF potessero essere usati per pagare gli oneri costitutivi del cuneo fiscale, i CCF andrebbero dalle imprese beneficiarie all’INPS che, forse, li terrebbe fino a maturazione ovvero stabilendo una convenzione con il MEF. In tal caso sparirebbe lo scopo dei CCF di aumentare la circolazione della liquidità sul mercato attivando il moltiplicatore keynesiano. Si genererebbe tuttavia una diminuzione del costo del lavoro che potrebbe rendere più concorrenziali i prodotti nazionali. Si verificherebbero tuttavia altri due effetti da tenere in considerazione: a) la diminuzione del costo del lavoro cancellerebbe l’effetto Ricardo, ovvero la pressione del costo del lavoro per spingere le imprese ad aumentare il contenuto tecnologico del loro modo di produrre. Si spingerebbero cioè le imprese a propendere ad una competitività basata sul basso costo del lavoro anziché sulla produttività tecnologica b) I CCF regalati alle imprese sono pur sempre finanziati dai contribuenti che pagano le imposte, e ciò per la gran parte (maggioritaria) da lavoratori e pensionati. Si tratterebbe cioè comunque di un trasferimento di fondi (più che parziale) dal mondo del lavoro al capitale, trasferimento ancor più grave in quanto il disegno di legge in esame prevederebbe la non imponibilità fiscale di detti trasferimenti gratuiti. La nostra posizione al riguardo è ben chiarita dalle conclusioni del tavolo di Economia e Lavoro della convention di Rimini dell’Associazione Socialismo XXI secolo e cioè: ogni agevolazione fiscale, ogni sussidio statale, ogni regalo alle imprese deve perdere la figura di “regalo” e trasformarsi in partecipazione azionaria o societaria all’interno delle imprese beneficiate, e ciò al fine di iniziare un percorso di partecipazione del mondo del lavoro alla gestione aziendale e per finanziare un Fondo Sociale per la costituzione di un reddito di cittadinanza unico strumento valido, a detta di molti economisti, per costruire un nuovo modello redistributivo conseguente al nuovo modo di produzione creato dalla rivoluzione 4.0. Il finanziamento di investimenti pubblici. In questa ipotesi si prospetta che l’amministrazione pubblica stipulando contratti di appalto con le imprese che realizzano le opere pubbliche, prevedano una clausola essenziale che stabilisca che i pagamenti dei SAL saranno effettuati utilizzando CCF. Quindi “volontariamente” le imprese che accettano questa clausola accettano di essere pagati con CCF. Sarà la loro capacità di riprodurre questo schema con i loro fornitori a generare un canale di pagamenti ripetuti che più sono agili e veloci più aumentano la liquidità e quindi la crescita del PIL. Si noti che pagando i SAL con i CCF l’amministrazione pubblica non “regala” nulla né a operai né a imprese, non c’è nessun effetto elicopter money, non c’è alcun aggravio nelle spese correnti …

REFERENDUM COSTITUZIONALE 2020. NUMERI A CONFRONTO

di Felice Besostri | Per capire, la Puglia passa da 20 a 13 senatori quindi per ogni senatore con i dati del censimento generale 2011 con i suoi 4.052.566 abitanti prima aveva un senatore ogni 202.628 abitanti, se passa il taglio ce ne vogliono 311.735, mentre se sei un trentino-sudtirolese te ne bastano 171.579, arrotondiamo a 311.000 come da tabella allegata. CON I NUMERI VIGENTI IL QUOZIENTE NATURALE INTERO PER ELEGGERE UN senatore ci vuole un 5%, con il taglio cci vorrà il 7,69%. Conclusione 311-171=140, che rappresenta L’81,87% del quoziente che bisogna avere in più per lo stesso risultato, quindi gli elettori pugliesi contano molti meno di quelli trentini-sudtirolesi. Per eleggere un senatore in Lazio ci vogliono 303mila abitanti in Trentino Alto Adige/Sudtirolo 171mila, quindi il 56,43% dei voti laziali/romanisti quindi gli abitanti del Lazio eredi dell’impero romano valgono il (100-56,43)=56,43% dei trentini sudtirolesi perché hanno bisogno di  303.000-171.000=132.000 abitanti in più per lo stesso risultato: un senatore eletto nella propria regione e 132.000 è il 77,19% di 171.000, ma a loro va meglio di calabresi eredi della civiltà della Magna Grecia perché a loro servono 327.000 abitanti per un senatore (come agli abruzzesi), cioè servono 327.000-171.000=156.000 abitanti in più per lo stesso risultato. 156.000 è il 91,22% di 171.000, ma non c’è limite al peggio. Il record spetta alla Sardegna-ci vogliono 328.000-sardi per avere uno dei 5 senatori 1 meno del Trentino-AltoAdige/Sudtirolo, mentre ne aveva 1 in più cioè 8. 328.000-171.000=157.000, che è il 91,81% di171.000 un sardo e un calabrese/abruzzese sul mercato politico del Senato, valgono poco più di mezzo trentino sudtirolese. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA RIFORMA FISCALE

  di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   Il governo sta varando la riforma fiscale relativamente alla quale, dai primi accenni, sembra di capire ci sia un abbassamento delle prime due aliquote dell’irpef (22% invece di 23% per la prima aliquota e 26% anziché 27% per la seconda) e una reintroduzione di una aliquota iva maggiore per beni di lusso e voluttuari. Commenterò i provvedimenti quando saranno noti, ma vorrei porre alcuni punti che mi sembrano rilevanti al proposito. 1- Riduzione delle prime due aliquote. La riduzione delle due prime aliquote (22% anziché 23% e 26 anziché 27%) riduce il gettito di circa 8 miliardi. Va comunque ricordato che la riduzione delle prime due aliquote riduce le imposte non solo per i contribuenti fino a 28.000€ di reddito, ma le riduce per tutti i contribuenti, causando un effetto non voluto o comunque da evitare. Si dovrebbero allora aumentare le altre aliquote in modo da recuperare quello sconto fiscale non voluto derivante dalla riduzione delle prime due aliquote. La perdita di gettito si ridurrebbe di circa 2 miliardi. Si potrebbe inoltre pensare ad un aumento delle aliquote alte tale che lasci immutato il gettito. Le stesse riflessioni andrebbero fatte qualora, ma non pare più un tema proposto, si passasse all’aliquota continua, cioè non più per scaglioni. 2 – Imposte sostitutive. Il principio costituzionale della progressività dell’imposta è oggi fortemente violato: la progressività si applica solo a lavoratori dipendenti, pensionati e autonomi con ricavi superiori a 65.000€. Tutti gli altri redditi (locazioni, capitale, interessi, plusvalenze etc.) sono tassati con aliquota flat. La Lega raccoglie voti e consensi in particolare su piccole partite iva proprio per aver regalato loro la flat tax. Ci si chiede perché a parità di reddito un lavoratore dipendente debba pagare imposte doppie rispetto ad un piccolo commerciante, imprenditore o professionista. La flat tax sugli affitti ha permesso di far emergere dal nero molte situazioni, ma in termini di gettito l’erario (cioè gli altri contribuenti) ci hanno rimesso parecchi miliardi. La flat tax sui redditi di impresa penalizza in modo incomprensibile i piccoli azionisti. 3 – Imposta di successione. Nella attuale legislazione fiscale italiana l’imposta di successione è enormemente inferiore a quella di altri paesi europei. Vediamo schematicamente un confronto:  Paese Caso di eredità vedi nota (1) Gettito totale annuo in mln € % sul PIL Italia 0 820 0.05 Germania 75.000 6.800 0.20 Francia 195.000 14.300 0.61 Regno Unito 250.000 5.900 0.25 ● Imposta in € pagata su una eredità di 1 milione di € lasciata da un genitore ad un figlio In tempi di crescente disuguaglianza, in un Paese in cui l’indice Gini (indice della disuguaglianza) è superiore agli altri paesi, un intervento su questo fronte sarebbe raccomandabile. Rammentiamo, perché è un testo interessantissimo, il progetto di 100 anni fa, dell’ing. Rignano (ricordato e ripreso anche da Luigi Einaudi nelle sue Lezioni di Politica Sociale) di una imposta di successione reiterata con l’impiego in investimenti cooperativistici dei proventi ottenuti. Il testo dell’ing. Rignano è scaricabile da internet. ● Imposte dirette ed indirette. Da tempo i politici del main-stream raccomandano di aumentare le imposte sui consumi e diminuire quelle sui fattori della produzione. La raccomandazione può essere accettata se l’aumento dell’imposta sui consumi si riferisce a beni di lusso e/o voluttuari (chiarendo ciò che con questo termine si intende), ed è fortemente appoggiata per quel che riguarda la riduzione dell’imposizione sui fattori della produzione, lavoro in primis. Resta tuttavia sempre presente la consapevolezza che le imposte sui consumi, l’iva in particolare, hanno carattere regressivo anzichè progressivo e vanno quindi applicate con questa consapevolezza. L’iva poi ha il pregio, mai attuato, di svolgere una politica economica anticongiunturale, incentivando i consumi diminuendo le aliquote quando ci si trovi in periodo di depressione, o disincentivandoli aumentando le aliquote quando ci si trovi in periodi di surriscaldamento. ● IRES e imposta sui dividendi Non va mai dimenticato che l’Ires è una imposta riscossa sui redditi delle società di capitale come acconto sull’imposizione sul beneficiario finale ovvero del socio azionista o socio di una s.r.l. Il sistema ha funzionato con tre modalità: a) Dedurre dall’imposta del socio calcolata in modo progressivo includendo il dividendo lordo (prima dell’imposta IRES) l’importo dell’acconto già pagato sotto forma di IRES. b) Applicare l’imposta del socio, calcolata in modo progressivo, solo su una percentuale del dividendo netto; la percentuale varia in modo contrario al variare dell’aliquota IRES. Quando questa diminuisse (aumentasse) la percentuale imponibile aumenta (diminuisce) in modo da riequilibrare la tassazione finale. In pratica se l’acconto diminuisce il saldo deve aumentare e viceversa. c) La normativa oggi in vigore prevede una imposta sostitutiva del 26% da applicare sul dividendo netto. Tale sistema penalizza i piccoli azionisti (o soci di s.r.l.) colpendoli con una aliquota composta più elevata di quanto sarebbe con i sistemi precedenti. Quello cui dobbiamo stare attenti è che, come nel passato, l’aliquota dell’imposta sostitutiva deve essere modificata ogni volta che si modifica l’aliquota dell’IRES. Ad esempio ipotizziamo la riduzione dell’IRES attualmente fissata al 24%: Utile Aliquota ires Importo ires Dividendo netto Aliquota sostitutiva Importo sostitutiva Importo imposta totale 100 24% 24 76 26% 20 44 100 20% 20 80 30% 24 44 100 0% 0 100 44% 44 44   Rimane comunque la nostra preferenza per la cancellazione dell’imposta sostitutiva ed il ritorno alla tassazione secondo progressività. Abbiamo, provocatoriamente, indicato l’aliquota IRES pari allo zero per cento per cercare di ipotizzare le conseguenze di un simile provvedimento che sposterebbe la tassazione (progressiva o sostitutiva) al momento della distribuzione dei dividendi. A mio parere riscontreremmo da una parte uno spostamento nel tempo dei flussi di gettito, infatti perderemmo l’imposizione di acconto aumentando quella a saldo, e contemporaneamente assisteremmo ad un rilancio della propensione all’investimento in attività produttive rispetto a quelle speculative. Ma è solo una prima impressione che mi riservo di approfondire. ● I bonus fiscali I bonus o in genere le agevolazioni fiscali concesse alle imprese se da un lato aiutano le imprese a comportamenti virtuosi dall’altro lato costituiscono un …

SOCIALISMO NECESSARIO

  di Luigi Ferro –  Socialismo XXI Campania|   Domanda: esiste una questione socialista in Italia? Risposta: Credo proprio di si! Dopo l’effetto tangentopoli, il vecchio P.S.I.  veniva nel 1994 messo in liquidazione. Da allora iniziava la diaspora dei socialisti italiani, ancora non conclusasi. Le vicende politiche degli ultimi vent’anni in Italia non hanno consentito ai socialisti italiani e a coloro che si riconoscevano nel partito fondato da Filippo Turati di trovare una allocazione stabile e porre fine al lungo peregrinare nel “deserto”.  Oggi la questione è più viva che mai, soprattutto nel ricordo di Bettino Craxi scomparso nel gennaio del 2000. Si dibatte molto sulla figura carismatica di Craxi. Non vi è dubbio alcuno che Craxi sia stato un grande socialista e un uomo politico di primo piano. Non riconoscergli le grandi doti politiche ed anche umane appartiene alla solita, purtroppo, ipocrisia della politica. Craxi non è divisivo come molti sostengono e non può essere considerato tale. E’ stato un grande uomo delle Istituzioni democratiche di questo Paese. Un riformista convinto. Un uomo di sinistra “senza se e senza ma”. Il ricordo di Craxi ha accesso inevitabilmente i riflettori sulla questione socialista italiana, per tornare alla domanda. Da tempo In Italia manca una grande forza socialista. E si vede. E si sente. Negli ultimi anni le spinte neoliberiste hanno prodotto solo disuguaglianze e contraddizioni sociali, populismo e poca partecipazione. Nel nostro Paese  si sono formate nuove sacche di povertà conseguenza di scelte politiche errate in campo economico e finanziario. L’assenza di piani di sviluppo industriale ed occupazionali degni di nota, sta minando in maniera preoccupante la coesione sociale, e non solo in Italia. La perdita di parte della sovranità nazionale in favore dell’Europa ha costretto gli ultimi governi per il sovraindebitamento del Paese a cedere ai diktat della BCE e dell’alta finanza attraverso liberalizzazioni e privatizzazioni low cost di settori significativi dell’economia italiana . Ciò ha avuto come conseguenza l’allargamento del perenne divario tra Nord e Sud del Paese. L’Italia è ferma o cresce poco. E, come certificato dal calo delle nascite, il nostro Paese è sempre più vecchio e stanco. E le cose non vanno meglio nel resto d’Europa dove la crisi della socialdemocrazia ha indebolito tutti. Le spinte neoliberiste nel nostro Paese ci sono sempre state, inutile negarlo. Ma il partito socialista di allora, secondo il noto motto nenniano, era capace di tutelare le esigenze del capitale con quelle dei cittadini perché tutti dovevano trarre dei vantaggi dalla produzione di ricchezza, poichè “nessuno doveva rimanere indietro”. Insomma, si all’impresa, si alla produzione di ricchezza, si ad una economia di mercato nel rispetto dell’ambiente, ma senza dimenticare gli altri: ovvero il popolo! Parola oggi desueta nel linguaggio politico.  Sul punto, è assordante il silenzio di quelle forze politiche che dovrebbero più di altre avere maggiore attenzione sui grandi temi sociali (lavoro e occupazione, sviluppo, tutela ambientale etc. etc.). La crisi del sistema politico italiano è la crisi della sinistra italiana che si è allontanata dai cittadini, incapace di intercettarne le istanze, i bisogni  e le necessità. (E’ il caso di ricordare che Craxi aveva rifiutato di piegarsi ai “Potenti”, perché un leader è tale se non dimentica il popolo). Ecco perché è importante parlare di socialismo, oggi più di ieri, senza pregiudizi e senza tabù. La storia ha dato ragione al socialismo non al comunismo. Senza socialismo non si va da nessuna parte.  Il dibattito è aperto, ma in realtà è già iniziato da un po’ di tempo. Molte sono le associazioni di ispirazione socialista che come “Socialismo XXI” propone, debbano attraverso la concertazione, il dialogo, il confronto, si faranno interprete, senza primogenitura, della necessità di un partito socialista forte nel nostro Paese, per le ragioni che abbiamo detto. Non si tratta di un gruppo di reducisti o di nostalgici, come direbbe qualcuno. Si tratta di persone di buona volontà che hanno una visione del mondo e della società più equilibrata, più giusta e più libera. Non si tratta solo di restituire al Paese un partito glorioso, ricco di storia , tradizioni, con all’attivo grandi conquiste sociali per il progresso civile e materiale degli italiani, contro le disuguaglianze, contro il divario tra Nord e Sud del Paese, contro i populismi. Si tratta di rifondare una forza liberalsocialista e riformista, forte e autonoma, moderna e nel solco della migliore tradizione socialista europea, capace di essere ago della bilancia tra le esigenze legittime del profitto e quelle altrettanto legittime dell’individuo con le sue aspirazioni e che sappia guardare al futuro e che sia in grado di guidare i repentini processi di trasformazione della nostra società, senza farsi travolgere da tali fenomeni, come è avvenuto a causa della globalizzazione senza regole. Si tratta di proporre agli italiani una alternativa politica valida contro le destre che manca “a sinistra” con proposte chiare in materia di politica estera, circa il ruolo dell’Italia in Europa e nel mediterraneo, in materia di sviluppo e tutela dell’ambiente, sulla politica energetica, sull’istruzione, sull’innovazione scientifica e tecnologica. Manca preoccupantemente una visione di società  e del mondo che vorremmo nei prossimi anni e da consegnare alle future generazioni. Tutto questo è essere socialisti. Tutto questo rende il socialismo necessario. Perfino negli Stati Uniti, il Partito democratico con Sanders ha avuto una svolta socialista, da concretizzarsi certo, ma  si tratta comunque di una svolta epocale. Insomma, c’è bisogno di socialismo nel nostro Paese. E di un partito socialista forte, unitario, onnipresente  su tutte le grandi questioni economiche e  sociali. L’appuntamento è in autunno a Genova dove è nato il P.S.I. con tutti i socialisti di buona volontà per una Epinay tutta italiana. Come in Francia nel 1971.     SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it