CRITICA DELLA MONETA FISCALE

 

di Renato Costanzo Gatti Socialismo XXI Lazio |

 

Premessa

Il disegno di legge 5S che prevede la possibilità di emettere Certificati di Compensazione Fiscale (CCF) atti a far uscire il paese dalla stagnazione sta per essere esaminato dalle commissioni parlamentari competenti.

Da parte mia vorrei affrontare i punti critici che quel disegno di legge presenta, e ciò in una ottica socialista. Premetto che dò per scontato che chi legge conosca come funzionano i CCF, e assumo che i CCF siano perfettamente legittimi e rispettosi delle norme UE, cosa di cui sono convinto ma che ultimamente molti organismi anche importanti hanno contestato sollevando dubbi.

Voglio soprattutto affrontare in primis il quadro politico-economico in cui collocare i CCF, poi voglio analizzare le tre figure di beneficiari dei CCF, i pro e i contro di queste possibili strade e quindi trarre alcune conclusioni.

Il quadro politico-economico

I CCF sono uno strumento tecnico atto a far uscire il nostro paese dalla stagnazione con risultati più o meno efficaci alla luce delle considerazioni che seguono. I CCF sono l’unico strumento possibile stante l’attuale interpretazione austera che la commissione dà alle politiche di bilancio dei paesi della UE. Ciò significa che se ad esempio la commissione accettasse lo scorporo dal calcolo del deficit degli investimenti pubblici, i CCF non servirebbero. La proposta dei CCF serve a bypassare le prassi attuali individuando una modalità legittima che permette di ridare un minimo di iniziativa locale ai singoli stati, svincolandoli dai controlli occhiuti e ragionieristici della commissione. Certo che i CCF devono essere usati per agire positivamente sul PIL effettivo ma, e ciò è estremamente importante, devono essere usati contemporaneamente per incrementare il PIL potenziale, in modo da rilanciare le politiche sull’output gap. Gli interventi finanziati dai CCF devono quindi privilegiare gli investimenti infrastrutturali produttivi, senza allargare la spesa corrente e soprattutto essere inquadrati in un quadro che ridia alla politica la capacità di guidare l’economia del paese con una mentalità programmatoria. Riteniamo quindi che l’uscita dalla stagnazione non possa essere affidata alla mano invisibile del mercato rinunciando alla possibilità della volontà politica di voler e poter usare i suoi strumenti ed i suoi mezzi, quali i CCF sono, secondo un proprio piano di politica economica.

I beneficiari dei CCF

In sintesi abbiamo tre beneficiari cui il disegno di legge prevede di poter assegnare i CCF: i lavoratori, le imprese ed i professionisti, i pubblici investimenti.

L’assegnazione dei CCF ai lavoratori, in particolare quelli poveri con alta propensione al consumo richiede che si sia certi che i CCF assegnati non vengano tesaurizzati per godere dopo due anni del cosiddetto sconto fiscale. Nell’ipotesi di tesaurizzazione il regalo fatto ai lavoratori si traduce in minor gettito fiscale (aumento del deficit corrente) senza aver attivato nessun moltiplicatore keynesiano atto a stimolare l’aumento del PIL. Inoltre occorre convincere i probabili soggetti verso i quali i lavoratori potrebbero utilizzare i CCF ad accettarli possibilmente senza sconto finanziario; si tratta fondamentalmente dei supermercati e dei rivenditori on line, che potrebbero così a loro volta rimettere i CCF in circolazione verso i loro fornitori fino a trasformare i CCF in una vera moneta parallela che circola al cambio 1 a 1. In questa casistica c’è pure il pericolo che il consumatore acquisti prodotti di importazione o di origine comunitaria; in tal caso i CCF andrebbero ad aumentare le importazioni deprimendo di conseguenza la domanda aggregata.

L’assegnazione alle imprese mi trova decisamente contrario. Intanto se i CCF potessero essere usati per pagare gli oneri costitutivi del cuneo fiscale, i CCF andrebbero dalle imprese beneficiarie all’INPS che, forse, li terrebbe fino a maturazione ovvero stabilendo una convenzione con il MEF. In tal caso sparirebbe lo scopo dei CCF di aumentare la circolazione della liquidità sul mercato attivando il moltiplicatore keynesiano. Si genererebbe tuttavia una diminuzione del costo del lavoro che potrebbe rendere più concorrenziali i prodotti nazionali. Si verificherebbero tuttavia altri due effetti da tenere in considerazione:

a) la diminuzione del costo del lavoro cancellerebbe l’effetto Ricardo, ovvero la pressione del costo del lavoro per spingere le imprese ad aumentare il contenuto tecnologico del loro modo di produrre. Si spingerebbero cioè le imprese a propendere ad una competitività basata sul basso costo del lavoro anziché sulla produttività tecnologica

b) I CCF regalati alle imprese sono pur sempre finanziati dai contribuenti che pagano le imposte, e ciò per la gran parte (maggioritaria) da lavoratori e pensionati. Si tratterebbe cioè comunque di un trasferimento di fondi (più che parziale) dal mondo del lavoro al capitale, trasferimento ancor più grave in quanto il disegno di legge in esame prevederebbe la non imponibilità fiscale di detti trasferimenti gratuiti. La nostra posizione al riguardo è ben chiarita dalle conclusioni del tavolo di Economia e Lavoro della convention di Rimini dell’Associazione Socialismo XXI secolo e cioè: ogni agevolazione fiscale, ogni sussidio statale, ogni regalo alle imprese deve perdere la figura di “regalo” e trasformarsi in partecipazione azionaria o societaria all’interno delle imprese beneficiate, e ciò al fine di iniziare un percorso di partecipazione del mondo del lavoro alla gestione aziendale e per finanziare un Fondo Sociale per la costituzione di un reddito di cittadinanza unico strumento valido, a detta di molti economisti, per costruire un nuovo modello redistributivo conseguente al nuovo modo di produzione creato dalla rivoluzione 4.0.

Il finanziamento di investimenti pubblici. In questa ipotesi si prospetta che l’amministrazione pubblica stipulando contratti di appalto con le imprese che realizzano le opere pubbliche, prevedano una clausola essenziale che stabilisca che i pagamenti dei SAL saranno effettuati utilizzando CCF. Quindi “volontariamente” le imprese che accettano questa clausola accettano di essere pagati con CCF. Sarà la loro capacità di riprodurre questo schema con i loro fornitori a generare un canale di pagamenti ripetuti che più sono agili e veloci più aumentano la liquidità e quindi la crescita del PIL. Si noti che pagando i SAL con i CCF l’amministrazione pubblica non “regala” nulla né a operai né a imprese, non c’è nessun effetto elicopter money, non c’è alcun aggravio nelle spese correnti ma c’è solo la creazione di liquidità necessaria a rilanciare il paese e uscire dalla stagnazione. Si aggiunga che gli investimenti se finalizzati ad aumentare il PIL potenziale aumentano le possibilità di intervento pubblico agendo sull’output gap. Inoltre se con i CCF si pagano i servizi prestati dalle imprese realizzatrici, il loro uso costituisce un pagamento a fronte di una fornitura senza generare profitti imponibili da escludere dall’imposizione fiscale come invece prevede il disegno di legge.

Inoltre va fortemente sottolineato che il moltiplicatore keynesiano generato dagli investimenti pubblici produttivi pari a 1.3 è molto più alto di quello generato da altri tipi di utilizzo pari a 0.8 ma soprattutto è ancor più alto nel Mezzogiorno 2.0.

Se poi gli investimenti fatti con tale modalità fossero inquadrati in un disegno di programmazione europea, in un piano simile al piano Juncker, enunciato ma mai attuato, si amplierebbe e si razionalizzerebbe la politica economica locale ed europea. Si tratterebbe di concordare con l’Europa la possibilità di cofinanziare i piani oggetto di intervento con i fondi strutturali, utilizzando i CCF.

Conclusioni

A mio parere i CCF dovrebbero essere utilizzati per fare investimenti pubblici scelti con una visione europea e programmatoria perché:

● Aumenterebbero non solo il PIL effettivo ma anche quello potenziale

● Genererebbero un moltiplicatore keynesiano maggiore di quello generato da altre forme di utilizzo

● Non genererebbero assurde agevolazioni fiscali

● Accelererebbero la partecipazione nella gestione delle imprese

● Utilizzerebbero al 100% i fondi senza tesaurizzazione e/o importazioni

● Non aggraverebbero la spesa corrente diminuendo il gettito fiscale

● Maturerebbero una politica economica di tipo programmatorio.

● Aiuterebbero a utilizzare fondi europei strutturali che altrimenti perderemmo.

 

UNA NOTA DI STEFANO SYLOS LABINI

Caro Renato,

grazie per l’articolo che condivido ampiamente. In particolare l’assegnazione dei CCF alle imprese è controversa sia sul lato della competitività sia sul lato della creazione di liquidità.

Per quanto riguarda l’assegnazione dei CCF a lavoratori e pensionati ovviamente dovrebbero essere privilegiati coloro i quali hanno redditi e pensioni basse e quindi non pagano le tasse oppure ne pagano molto poche. In tal caso perché dovrebbero tesaurizzare i CCF ? Io penso che li spenderebbero di corsa.

Ci sono poi due punti che secondo me dovrebbero essere sottolineati:

1 – Se venisse costituito un circuito commerciale stile Sardex dove aderiscono grandi imprese come ENI, ENEL, Poste, Ferrovie dello Stato, aziende municipalizzate che si impegnano ad essere pagate con CCF in rapporto di 1 a 1 con l’euro si avrebbe un segnale sulla volontà di accettare questo mezzo di pagamento su scala nazionale. Abbiamo pensato che si potrebbe applicare un piccolo tasso di interesse di uguale entità rispetto allo sconto che si forma sui mercati finanziari proprio per garantire la parità 1 a 1 tra CCF e euro in tempo reale.

2 – Sono convinto che la velocità di circolazione dei CCF sarebbe molto superiore a quella dell’euro proprio perché i CCF hanno uno status più basso dell’euro. Il Sardex per esempio ha una velocità di circolazione 10 volte più alta rispetto all’euro. Ciò costituirebbe un potente effetto moltiplicativo dell’operazione.

L’aumento delle importazioni è inevitabile se cresce la domanda interna. Con la Moneta Fiscale noi però possiamo creare un mezzo di pagamento a circolazione interna che può certamente stimolare la produzione nazionale.

Un caro saluto.

Stefano