di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |
La manovra, ancora incompleta, che il governo Meloni sta inviando alle Camere per la conversione in legge, va divisa in due parti: i 21 miliardi per gli aiuti a imprese e famiglie per mitigare l’effetto bollette e i 14 miliardi di provvedimenti che potremmo definire attuazione del programma elettorale.
I 21 miliardi
Questa parte della manovra è ereditata dal precedente governo Draghi ed è finalizzata ad aiutare imprese e famiglie per contrastare gli effetti dell’aumento dei prezzi dell’energia causati, anche ma non solo, dal conflitto in Ucraina.
Su questa parte della manovra c’è un unanime consenso corretto da un sottostante dubbio sull’efficacia del provvedimento che riesce nel suo obiettivo solo parzialmente ma che soprattutto ha efficacia solo per il primo trimestre 2023.
Sarebbero invece necessarie due riflessioni:
● Va bene aiutare famiglie e imprese ma che stiamo facendo per combattere la causa di questi aumenti?
Non mi pare che si faccia alcunché per rimettere in discussione la nostra posizione sulle sanzioni e più in generale sul conflitto in essere. Possibile che solo il papa ed Erdogan stiano cercando la strada di un cessate il fuoco?
Non vedo alcun significativo accenno ad un robusto rilancio delle rinnovabili, mentre stiamo però operando per i rigassificatori per ricevere gas liquido (USA) che costa 4 volte quello ottenuto tramite gasdotti.
C’è una accettazione inerte dell’esistente senza strategia per il futuro.
● Va bene dare un aiuto alle imprese, specie quelle energivore, ma non ci si pone la domanda che se si investono soldi nelle imprese, l’atto di investire comporta l’avere in cambio compartecipazioni? Ma nel liberismo odierno lo Stato non si deve impicciare nei meccanismi di mercato ma quando il mercato fallisce è lo Stato che deve elargire elemosine? Non viene il dubbio che c’è qualcosa che non funziona?
I 14 miliardi
Su questo fronte si realizza un accenno delle promesse elettorali fatte dal centrodestra e che hanno portato quella coalizione al governo.
● Flat tax: è un voto di scambio tra governo e partite iva. Si amplia la platea di chi avendo diritto alla flat tax sfugge alla progressività di imposta cui sono soggetti i lavoratori dipendenti, i pensionati e gli autonomi che fatturano più di 85.000€. Il risultato è che chi è soggetto a progressività paga fino a 10.000€ di imposte in più di una partita iva soggetta a flat tax. Ma anche le partite iva che fatturano più di 85.000€ hanno un regalo flat che consiste nell’applicare il 15% invece del 43% sull’incremento di fatturato rispetto alla punta massima registrata nel triennio 2020-2022 ma solo fino ad un massimale di 40.000€. Anche questo provvedimento, al massimo, permette alle partite iva di risparmiare 10.000€ di imposte nel 2023.
● Limite al contante e limite all’obbligo del pos
Il massimale dell’utilizzo del contante viene portato a 5.000€ mentre per vendite sotto i 60 euro il rivenditore non ha l’obbligo di accettare pagamenti tracciabili. Si tratta di due misure evidentemente finalizzate a ricercare il consenso di quella fetta di operatori che già evadono annualmente circa 27 miliardi di irpef e altrettanti di iva. Se si ricercasse un razionale dietro a questi due provvedimenti sarebbe difficilissimo ritrovarne uno con un minimo senso logico.
● Viene ridotto entro certi limiti l’importo dei contributi sociali a carico dei lavoratori, e in compenso viene ridotto l’adeguamento all’aumento del costo della vita, delle pensioni superiori ad un certo importo lordo.
● Viene promessa l’eliminazione del reddito di cittadinanza e una nuova regolamentazione nel 2024. Anche questa è una promessa elettorale che non risolve alcun problema e crea le premesse di problemi ben più gravi sul piano sociale.
● Viene modificata la tassazione degli extra profitti guadagnati dalle imprese energetiche comportando una riduzione del gettito dai 10 miliardi della versione (infelice) di Draghi ai 2,6 miliardi della nuova legge. Geniale!
● Pace fiscale. Un ulteriore condono per chi non ha pagato le imposte. E’ vero che per certe cartelle esattoriali di piccolo importo la procedura di riscossione è più costosa dell’importo da recuperare, ma la cosa avrebbe senso se si mettesse mano anche al sistema di riscossione che ha accumulato più di mille miliardi di imposte non incassate. Questo è un invito ad evadere.
Mi fermo qui sperando di suscitare un proficuo dibattito con chi mi legge.
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