IL REDDITO DI CITTADINANZA

di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |

Il reddito di cittadinanza è la voce più discussa nei commenti alla legge di bilancio 2023. E’ una recente voce di bilancio, preceduta da un’altra simile, presente in quasi tutti i paesi europei.

E’ vista come una forma di assistenza mentre, a mio parere, va vista come uno strumento strutturale del nostro sistema economico che da anni aumenta le differenze di reddito e patrimonio mentre polarizza la distribuzione dei redditi. Va superata, invece, la concezione del reddito di cittadinanza come una voce dell’assistenzialismo, o meglio come elemosina o se vogliamo volare più alto, come dottrina sociale della Chiesa.

Ci sono elementi nell’andamento del modello di sviluppo che stanno mettendo in crisi l’ondata neoliberista seguita ai “gloriosi trenta” di stampo keynesiano. E questi elementi comportano la necessità di elaborare una nuova missione ed un nuovo obiettivo della convivenza economico sociale; la crisi della sinistra consiste proprio nella mancanza di questa prospettiva, nella mancanza di un modello sociale del XXI secolo.

Ci troviamo, nel nostro paese, dopo la crisi irrisolta del 2007, la pandemia e la crisi energetica di fronte a prospettive di recessione, crisi di produttività, aumento della povertà, mancanza di promesse per il futuro.

Ma dietro a questi elementi avanza la robotizzazione del modo di produzione destinata a rivoluzionare i rapporti sociali in modo radicale. Temporaneamente offuscata da pandemia e guerra, la rivoluzione robotica è a mio avviso dimenticata dai politici e dagli economisti, non sufficientemente affrontata dai sindacati e dagli economisti. L’unica proposta flebilmente avanzata sta nella riduzione dell’orario di lavoro e nella proposta del salario minimo; materie che ritengo assolutamente inadeguate al livello del mutamento in essere. Eppure, anni fa, James Meade con la sua Agathotopia, ci aveva dato modo di poter elaborare qualcosa di più completo ed elevato, qualcosa in cui il reddito di cittadinanza diventava una componente strutturale di un nuovo modello sociale, in cui lo Stato, possedendo il 50% di tutte le imprese, poteva distribuire un “dividendo sociale” atto a garantire un fondamento sociale ad una comunità che cogestisce il modo di produzione, modello che poteva estendersi anche alla “jobless society”.

L’impegno su questi argomenti è al centro del lavoro svolto da Socialismo XXI.