di  Renato Costanzo GattiSocialismo XXI Lazio |

 

L’unione europea sa che dal primo gennaio 2023 torneranno in vigore le norme di Stabilità e Sviluppo sospese a causa dell’emergenza Covid. Torneremo cioè, tra l’altro, alla vecchia regola per cui l’eccesso del debito di ciascun paese, rispetto al 60% del PIL va ridotto di 1/20 all’anno. Tale regola nella sua drastica semplicità, si è dimostrata inadeguata a raggiungere gli scopi che si prefiggeva, ma essa ancora esiste e non si può contare solo sulla comprensione della Commissione o sulla flessibilità dei paesi frugali. Il fatto, ad esempio, che la Germania abbia oggi un governo socialdemocratico non deve farci dimenticare che il ministro delle finanze tedesco è un liberale e che comunque, qualunque sia la disposizione dei vari ministri e commissari, quella regola, se non modificata, va modificata.

Ci prova Draghi con Macron, proponendo un documento redatto da Giavazzi, Guerrieri, Lorenzoni e Weymuller intitolato “Revising the European Fiscal Framework.

Senza entrare in dettagli troppo tecnici, la proposta di questo documento consiste in due riforme:

● la prima consiste nello spostamento di una porzione dei debiti nazionali accumulati durante il periodo della pandemia, dal bilancio della Banca Centrale Europea ad una Agenzia per la gestione del debito Europeo;

● la seconda consiste in una revisione della norma esistente di rientro dal debito.

Con la prima riforma si tende a procurare sostanziosi benefici sia in termini di costo del servizio del debito che di normalizzazione del funzionamento della BCE. Una variante prevede di spostare alla nuova Agenzia non solo i debiti accumulati dai paesi membri durante l’emergenza pandemica ma anche quelli generati dalla crisi del 2007/8.

La seconda riforma prevede di distinguere la natura dei debiti differenziando quelli generati da investimenti pubblici con prospettiva di crescita per il paese e spese per contribuire a obiettivi europei a beneficio delle future generazioni; debiti che vengono chiamati “investimenti per il futuro”, dagli altri debiti che possiamo definire  “correnti”. Questa distinzione recepisce la “golden rule di Delors” che considera la diversa natura dei debiti, quelli per il futuro e quelli correnti, come una discriminante sistemica per il trattamento del debito, oggi rozzamente considerato tutto come se fosse della stessa natura.   

Questa distinzione porta ad una formula di rientro dal debito basato su una differente velocità di rientro: veloce per il debito corrente, lento per quello per il futuro.

E’ prevista una Commissione Fiscale Indipendente che rivede con cadenza triennale gli investimenti per il futuro verificando che questi si stiano realizzando nel concreto e stiano dando i frutti programmati rivedendo quindi anche l’effetto degli investimenti sulle future risultanze economiche a beneficio dei conti dello stato.

La formula proposta oltre ad operare la distinzione della natura del debito, tiene in considerazione anche il rapporto tra tasso di interesse dell’Agenzia (r) ed il tasso di crescita del PIL (g) di ciascun paese. E’ la raccomandazione di Blanchard secondo il quale un basso livello di r – g deve essere considerato nella valutazione della sostenibilità del debito di ogni paese; praticamente se il tasso di crescita del PIL è maggiore del costo del servizio del debito c’è un effetto positivo sistematico non considerato dalla attuale vigente ma sospesa regola europea, contestualmente più alto è il differenziale r – g  più problematica è la situazione del paese, e di ciò la formula proposta tiene conto..

La proposta pare ragionevole ed è un bene che Francia e Italia la pongano in campo già sin d’ora, sapendo che non sarà facile convincere i paesi frugali e tentando di stimolare il consenso del governo tedesco. Se nel corso del 2022 si potrà finalizzare questa proposta, la fine della sospensione della legge di Stabilità e Sviluppo sarà meno problematica per il nostro Paese.