FASCI E PARTITO SOCIALISTA DUE NASCITE PARALLELE

di Ignazio Coppola |

Il 21 e 22 maggio del 1893 esattamente 127 anni fa nascevano a Palermo in via Alloro al numero 97, dove oggi sorge, Palazzo Cefalà, il Partito socialista dei lavoratori italiani e il Movimento dei fasci siciliani.
I due congressi fondativi erano strettamente collegati anche perché i promotori delle due assemblee costitutive erano gli stessi autorevoli capi: Rosario Garibaldi Bosco, Nicola Barbato, Bernardino Verro, Giuseppe De Felice Giuffrida, Nicola Petrina e tanti altri che si erano posti alla testa delle lotte contadine a difesa delle classi più deboli della Sicilia.

La costituzione del Partito socialista prima e del Movimento dei fasci siciliani poi, che costituiva la risultante dei 300 fasci disseminati in tutto il territorio regionale con 400mila associati, fu la presa d’atto della costituzione di un primo movimento di massa organizzato nell’Italia post-unitaria, nato a causa della crisi agraria e delle intollerabili condizioni sociali cui era costretta la popolazione siciliana. Migliaia di contadini, di artigiani, di zolfatari, di braccianti, di minatori e di operai si organizzarono appunto in Fasci dei lavoratori che, mettendo insieme le loro rivendicazioni cercavano di far valere nei confronti dei padroni i propri elementari diritti.

I lavoratori siciliani scoprendo i vantaggi dell’unità iniziavano ad acquisire così una coscienza di classe. «Se prendete un bastone da solo si spezza facilmente, ma se provate a spezzare un “fascio” di bastoni vi riuscirà impossibile».
Le cronache di quei due giorni narrano anche della grande mobilitazione delle forze dell’ordine preoccupate dalla presenza di migliaia di lavoratori e di contadini accorsi in via Alloro. La città fu quasi messa in stato d’assedio, l’artiglieria fu scaglionata dinanzi agli edifici pubblici, la cavalleria ebbe l’ordine di ferrare i cavalli e due navi da guerra si ancorarono al porto. Preoccupazioni inutili perché i due congressi si svolsero pacificamente e giunsero dopo serrati dibattiti a conclusioni unitarie.

Le divergenze erano sorte in particolare tra chi come Garibaldi Bosco sosteneva l’opportunità di associare i Fasci siciliani al Partito dei lavoratori di Milano e chi come Giuseppe De Felice Giuffrida era fermo sostenitore di una linea autonomista con un proprio programma e con una propria organizzazione. Alla fine si raggiunse un compromesso. Fu accettata la linea politica del congresso fondativo celebrato a Genova nel 1892 del Partito socialista propugnata da Bosco e parimenti passarono le proposte di De Felice di dotarsi di una autonomia organizzativa regionale con la costituzione in Sicilia di un Comitato centrale che risultò così composto: Giacomo Montalto (Trapani), Nicola Petrina (Messina), Giuseppe De Felice Giuffrida (Catania) , Luigi Leone (Siracusa), Rosario Garibaldi Bosco, Nicola Barbato, e Bernardino Verro (Palermo), Antonio Licata (Agrigento) e Agostino Lo Bianco Pomar (Caltanissetta).

Il 22 maggio sulle risultanze delle decisioni e dei dibattiti del giorno precedente il congresso costitutivo del Movimento dei fasci approverà un proprio statuto che si proporrà l’organizzazione sindacale del prorompente movimento contadino ed il suo conseguente ancoraggio ad una strategica piattaforma politica di chiara impronta socialista. Il movimento dei Fasci dei lavoratori si doterà anche di un organo di informazione “La Giustizia Sociale” che uscirà a Palermo e sarà diretto da Francesco Maniscalco.
I due congressi espressero alla fine unitariamente una classe dirigente fortemente motivata ed ideologizzata che faceva riferimento al Partito socialista e che si poneva quegli obbiettivi e quelle rivendicazioni che erano poi alla base stessa della costituzioni dei Fasci siciliani nella richiesta di migliori condizioni di vita per i lavoratori e per i contadini come tra l’altro l’applicazione dei “Patti di Corleone” che rappresentarono il primo contratto sindacale dell’Italia capitalistica.

E poi, ancora, gli obiettivi della lotta all’analfabetismo, la costituzione delle società di mutuo soccorso, la nascita delle cooperative di consumo e di produzione e lavoro, la rivendicazione del suffragio universale e la riforma della fiscalità municipale con l’abolizione del dazio sui consumi che finiva come sempre per penalizzare le classi più povere e disagiate.
Temi ed impegni di lotta che furono al centro del dibattito dei due congressi.

In Sicilia la fondazione del Partito socialista e la costituzione del Movimento dei Fasci getterà il panico nella classe agraria padronale. Sarà la immediata sanguinosa repressione dei Fasci dei Lavoratori da parte del siciliano Francesco Crispi, autentico paladino della borghesia reazionaria, a determinare con gli eccidi e i massacri di centinaia di suoi conterranei, la fine dei Fasci siciliani e a decretarne lo scioglimento. Il Partito socialista continuerà, dal canto suo, per lungo tempo la sua inesauribile opera di rivendicazioni e di lotte per la conquista e la salvaguardia dei diritti dei più deboli e degli indifesi.

Di certo ai congressi del 21 e 22 maggio del 1893 in via Alloro fu gettato un seme fecondo. Un seme che germoglierà molti anni più avanti tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, con le lotte contadine, la ripartizione dei feudi e dei latifondi e la conquista delle terre da parte dei figli e dei nipoti di quei contadini che assieme ai loro capi popolo, furono i meravigliosi protagonisti della stagione dei Fasci siciliani.