QUANDO CON I RUBLI DI MOSCA NACQUE IL PSIUP

di Fernando Proietti  |

L’ordine di pagamento fu impartito nel gennaio 1964, un mese dopo l’uscita dal Psi di Nenni dei “carristi” contrari alla formazione del primo governo di centrosinistra.


Nel 1994 furono scoperti i documenti sul partito di Basso, Lussu, Foa e Vecchietti. Per Suslov la scissione avrebbe fatto danni al movimento operaio. Per Macaluso non fu solo un partito alla corte dell’Urss.


Dei rubli, meglio dei dollari, ricevuti dal Psiup nel gennaio del ’64, alla vigilia della scissione socialista del teatro “Brancaccio” – la seconda dopo lo strappo di Palazzo Barberini operato nel ’47 da Saragat – fu trovata conferma negli archivi segreti di Mosca. La scoperta si deve a un cronista de “La Stampa”, Cesare Martinetti, che riuscì a mettere le mani su un fascicolo, preziosissimo, che così recitava: “(…) stanziare 240mila dollari per il Psiup da bilancio del Fondo sindacale internazionale per l’assistenza alle organizzazioni operaie di sinistra presso il Consiglio nazionale dei sindacati della Romania (…). Assegnare al Kgb il compito di consegnare la somma attraverso il Pci“.

La data dell’ ordine di pagamento, attraverso i servizi segreti dell’Urss, 6 gennaio ’64, non è un dettaglio di poco conto. L’uscita dei “carristi” del Psi dal partito di Nenni, per impedire l’esperienza del centrosinistra, si sviluppa, infatti, tra il 4-15 dicembre del ’63 (con il no al voto di fiducia al governo Moro e, poi, con l’ assemblea del”Brancaccio”) e il 10 gennaio del ’64, atto di nascita al Palazzo dei Congressi dell’Eur del Psiup di Basso, Valori, Foa, Vecchietti, Lussu. Va anche ricordato che se il Kgb mise mano al portafogli, la nomenklatura russa diffidava dell’ operazione politica. 

La scissione del Psi rechera’ un grave danno al movimento operaio italiano”, riferiva al comitato centrale del Pcus Mikhail Suslov. Togliatti la considerava una “sciagura“. Parola di Emanuele Macaluso.

Fin qui la storia, documentata, di una vicenda politica che sin dall’allora sembrava scritta non soltanto sui verbali delle assemblee sindacali, ma anche sui libri mastri del Kgb. Qualcuno ricorda ancora quando a Torino nell’agosto del ’68 Lucio Libertini, contrario a votare un documento di piena condanna per l’invasione della Cecoslovacchia da parte dei carri armati sovietici (il Pci di Longo espresse, invece, “disapprovazione e dissenso”), alla fine di una assemblea incerta sul che fare si lasciò sfuggire questa battuta: “Compagni, prima di lasciare la federazione ricordatevi di spegnere la luce perchè la bolletta la paga Mosca!”

Silvano Miniati, impegnato nel sindacato pensionati dell’ Uil, in un agile e prezioso volumetto (“Psiup. 1964 – 1972, Vita e morte di un partito”, Edimez editore 1981), rivela come il suo partito avesse fatto “ricorso alla solidarietà internazionale anche sul piano finanziario”. Nel suo ultimo libro, “Oro da Mosca” (Mondadori), Valerio Riva dedica un intero capitolo, “50 miliardi per abbattere Nenni“, all’operazione scissione tra i socialisti di Nenni e i “carristi” di Basso e Vecchietti.

Infine Bettino Craxi. “Ricordo che poco prima di morire Lelio (…) mi disse che non reggeva più la vita nel Psiup. Fu chiarissimo. Mi disse che il Psiup era un partito finanziato dall’Urss e sistematicamente al servizio dell’Urss”. Già , “un partito alla corte di Mosca“. Eppure alla scissione del ’64 parteciparono in molti. Alcuni giovanissimi e di estrazione politica diversa. Osserva Emanuele Macaluso nel saggio “Da cosa non nasce cosa” (Rizzoli) scritto a quattro mani con Paolo Franchi: “Teniamo conto che nel Psiup non confluisce solo la componente morandiana, di sinistra, ma tutto un composito pezzo del socialismo italiano. C’erano Basso e Foa. C’erano vecchi massimalisti come Malagugini, Schiavetti, Targetti. C’era Emilio Lussu (…)”.

Al momento di respingere il “primo abbraccio della sinistra alla Dc“, sono una folla al teatro “Brancaccio”. C’è chi scorge un giovanissimo Giuliano Amato tra gliscissionisti. “L’ho letto da qualche parte, io non lo ricordo. Ma in quegli anni Giuliano era un professorino alle prime armi (…)”. “Dei giovani socialisti se neandarono in tanti, ma non Vincenzino Balzamo, che lavorava al giornalino del laFgs “La conquista“. Ma nella nuova avventura si buttano senza esitazioni Alberto Asor Rosa, uscito dal Pci proprio dopo l’invasione dell’ Ungheria, Silvano Andriani, all’epoca consigliere del Monte dei Paschi di Siena, Fausto Bertinotti, allora giovane sindacalista della Cgil, Luigi Genise, poi portavoce di Craxi, Andrea Margheri, che ora già consulente di Palazzo Chigi, Giacinto Militello, ex presidente dll’ Inps, Alessandro Menchinelli, proboviro del Psi sia con Craxi sia con Benvenuto.

L’elezione del primo consiglio nazionale del Psiup riserva altre sorprese. Nel “parlamentino” entrano Gianni Alasia e Walter Alini, segretari delle Camere del lavoro di Torino e Milano, Giuseppe Avolio dell’Alleanza contadini, i professori universitari Alberto Cirese, Cesare Musatti e Bruno Pincherle. Nonchè numerosi deputati e senatori del Psi di Nenni.

“La nascita del Psiup non fu un evento imprevisto”, osserva ancora Silvano Miniati. “Alla sua costituzione si arrivò – prosegue – attraverso un lungo e contraddittorio processo sviluppatosi all’interno del Psi”. Ma non fu una “diaspora” tra socialisti. La sua fine è , invece, nota. Dopo la batosta elettorale del ’72 i militanti del Psiup si ritrovano a Firenze. Tocca a Silvano Miniati ordinare di sciogliere le righe. Ma Vittorio Foa non ci sta: “Nell’atto di separarci dai compagni coi quali abbiamo avuto una apprezzabile esperienza comune dobbiamo guardare al di là del nostro partito”. Già , “la politica non ha scorciatoie”.

“Psiup, un partito inopportuno”

Gaetano Arfe’