LA BREVE E INUTILE STORIA DI LEU

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di Carlo Tarallo |

eu fu. È finita così, dolcemente, nel sonno, la storia di Liberi e uguali che è durata poco meno di un anno. Non hanno fatto in tempo a festeggiare il loro primo anniversario Laura Boldrini e Pietro Grasso, gli ex presidenti di Camera e Senato: dalla loro unione politica era nato Leu, partito di cui nessuno ha capito obiettivi e programmi, al di là della riconferma in Parlamento di Grasso (leader e candidato premier del movimento), Boldrini, e di un manipolo di parlamentari (14 deputati e 4 senatori in totale) sopravvissuti alla catastrofe elettorale del 4 marzo, quando “la grande forza progressista, democratica, popolare, riformista” raccolse appena il 3,3% dei voti.

Gli spietati elettori italiani hanno separato nella culla i gemelli della nuova sinistra: Pier Luigi Bersani è stato eletto alla Camera; Massimo D’ Alema, invece, bocciato al Senato. Fu l’inizio della fine di una (dis)avventura nata dall’unione di tre brillanti esperienze politiche: Mdp (i fuoriusciti dal Pd, guidati appunto da Bersani e D’ Alema), Sinistra italiana (capeggiata da Nicola Fratoianni) e Possibile, la creatura di Pippo Civati. Il primo ad abbandonare la nave fu proprio Civati, innervosito dalla mancata rielezione alla Camera. Appena 13 giorni dopo il voto criticò aspramente la strategia di Leu e se ne andò, sperando forse che qualcuno gli chiedesse di restare, cosa che ovviamente non accadde.

Liberi e uguali è andato avanti a fatica, nel mare in tempesta, fino a quando il comandante Pietro Grasso ha preso saldamente in pugno il timone: lo scorso giugno ha messo nero su bianco il percorso costituente, ma nessuno dei suoi ne ha compreso l’alto valore civile, morale e politico; il 12 ottobre ha vergato di suo pugno gli 8 punti programmatici del Manifesto di valori di Liberi e uguali, con lo stesso risultato: nessuno ne ha colto la portata rivoluzionaria. Risultato: tra Mdp e Sinistra italiana sono volati gli stracci, e ora i bersanian-dalemiani veleggiano verso il ritorno nel Pd, se Nicola Zingaretti ne assumerà il comando, mentre quelli di Sinistra italiana Grasso, fanno l’occhiolino alle formazioni di sinistra più radicale.

E la Boldrini? Laura non c’ è, è andata via, ma già da un po’: ottenuta la riconferma alla Camera, ha iniziato a pontificare contro Leu già pochi giorni dopo la disfatta del 4 marzo; recentemente ha annunciato l’imminente formazione di una lista progressista e europeista, ma il progetto è ancora fermo al palo. La “presidenta” formalmente fa ancora parte del gruppo di Leu, e la sua principale attività politica consiste nel rispondere polemicamente ai tweet di Matteo Salvini. Chi invece ha fatto della coerenza il suo stile di vita è Stefano Fassina, ex giovane promessa della sinistra italiana: eletto con Leu alla Camera, ha fondato un suo movimento, sobriamente battezzato Patria e costituzione.

Fassina è diventato un esponente di punta (anche perché è l’unico) del “sovranismo di sinistra” e condivide alcune battaglie antieuropeiste del governo Lega-M5s. . Manca solo l’attacco al turbo capitalismo e Fassina potrà fregiarsi del titolo di Diego Fusaro della sinistra.

(Post scriptum, dal Manifesto) Il 24 novembre trenta comitati territoriali guidati da Piero Grasso avvieranno Leu verso la trasformazione in partito. Ma Mdp prenderà un’altra strada. Lo annuncia Roberto Speranza lanciando un’assemblea a Roma il 16 dicembre. . Sul sito di articolo1mdp.it le tesi alla base della discussione .

Fonte:  La Verità