GENOVA, TANTA CONFUSIONE MA POCHE IDEE

di Giuseppe Scanni

Mi sembra di essere immerso in un incubo. Tutti parlano lingue diverse e pronunciano frasi sconnesse dalla realtà. C’è chi dinnanzi ad una catastrofe pretenderebbe il silenzio compunto in attesa di un deus ex machina che, finalmente sceso sul palcoscenico della vita, decreti i torti, le ragioni, le pene. Siccome era lui stesso sotto choc, il che è umanamente comprensibile, messa da parte l’abituale bonomia, un noto intellettuale ha scritto sulla sua pagina di FB che ogni parola pronunciata era “un rutto”. Succede.

C’è chi ha dimenticato d’essere al governo di una grande nazione ed ha annunciato decisioni degne di Erdogan: dare per fatto l’annunciato ritiro della Concessione. Giù la Borsa (ovviamente) ma anche l’affidabilità internazionale sulla tenuta del nostro debito: se si dichiara abolita una Concessione così, senza istruttoria, contestazioni, contro deduzioni, come aver fiducia che quello stesso Stato paghi il debito pubblico che, addirittura, è meno garantito di una Concessione? Non dovrebbe succedere. Poi c’è il tre volte seduto nel Consiglio dei Ministri, Di Maio, vice presidente, ministro dello Sviluppo Economico, ministro del Lavoro, che pensa di evitare una inchiesta giudiziaria per aggiotaggio sostenendo che prima di lui il mercato si era già espresso sul titolo Atlantia; secondo l’aurea regola: meglio passare per scemo che pagare il conto.

Poi c’è chi è riuscito a dar ragione a Salvini che, col suo solito stile appreso nella dura scuola dei salotti per il thè descritti nelle pagine di Jane Austen, ha rinfacciato ai dirigenti di Autostrade di essere più preoccupati a difendere se stessi che pensare ad allietare i danni provocati dalla catastrofe avvenuta, dimenticandosi di aver dichiarato un secondo prima che in un giorno così funesto per l’Italia Lui, l’uomo del destino dell’anno (in Italia ogni anno c’è chi vince l’award Uomo del Destino), una buona notizia l’aveva: soltanto 41 migranti accettati sul patrio territorio dei 170 disgraziati imbarcati su l’Aquarius. Uomo del destino un po’ debole in equivalenze.

Poi il vociare indistinto delle attuali minoranze. Secondo la regola: facite ammuina: tutti chili che stanno a prora vann’a poppa e chili che stann’ a poppa vann’ a prora, sperando che confusi gli italiani non si accorgano dei meravigliosi diciott’anni passati a governare il Governo nel settore autostradale. Ah, i bei tempi nei quali la responsabile dei Rapporti istituzionali andava a rappresentare i buoni ed i saggi nei governi di Garanzia!

Comunque, se non se ne accorgono tiriamo un sospiro di sollievo, sembra si possa ascoltare dall’indistinta voce dei forzitalisti e dei piddini, meno -ovviamente- dalla tromba di Renzi : “ La mia campagna elettorale non è stata pagata da Autostrade”, ha dichiarato. Anche lui come Di Maio preferisce passare per scemo, del tipo: io non ho capito che succedeva, hanno fatto e non ho preso un centesimo. Bravo!

Decenni di sudditanza dello Stato non si risolvono in poche ore. Immagino che fatalmente la genesi e la formazione delle nuove Convenzioni generate dopo l’estromissione (governo Berlusconi) dell’Anas dai poteri di Concedente e Vigilante porteranno l’AG a interessanti e logiche connessioni con l’attuale stato della Rete. Lasciamo fare alla magistratura. Le decine di morti, la sofferenza dei feriti, le angosce degli sfollati, la crisi certa di essenziali attività produttive sono voci così alte rivolte al Cielo che troveranno ascolto in Terra; le furbizie saranno disposte nei cassetti che meritano nel tempo necessario.

Nel frattempo chi può dica al governo che i piani straordinari non li progettano e realizzano sui social e che dopo la scomparsa del Genio Civile, la non specializzazione in materia del Genio militare, l’unica altra grande scuola di ingegneria si trova nell’Anas. L’attuale, pro tempore Amministratore dell’Anas, Armani, ha già dimostrato in questi ultimi anni la sua non competenza: a casa subito e con una dirigenza adeguata dell’azienda si provveda, come accaduto in tutte le emergenze degli ultimi novant’anni, a dar vigore e realizzare un piano straordinario.