Tratto da un’opera di Giovanni Artero: APOSTOLI DEL SOCIALISMO Nell’Italia nord-occidentale: Giovanni Lerda, Oddino Morgari, Costantino Lazzari, Dino Rondani Premessa Tra positivismo e massoneria (1880-1893) Lo sviluppo industriale e le origini del socialismo torinese Giovanni Lerda nel socialismo torinese (1888-93) Il modello socialista genovese Il decennio genovese (1893-1902) La lotta per la vita (1894) Il Congresso di Firenze (luglio 1896). Il socialismo e la sua tattica (ottobre-novembre 1896) La polemica con Bernstein (1897) Esilio svizzero (1898-99) e attività all’estero. Il nuovo secolo e il “ferrismo” (1900-1906) La frazione intransigente (1906-11) Da Modena a Reggio Emilia (1911-12) L’impresa libica nel quadro dell’imperialismo italiano ed europeo Il congresso di Ancona, la guerra e il dopoguerra L’esperienza torinese, influenzata dal fenomeno dell’«andata al popolo» degli intellettuali, che ebbe caratteristiche illuministe e umanitario-sentimentali, incise profondamente su di lui, determinando il suo modo di concepire i rapporti tra intellettuali e classe operaia e di intendere la propaganda e l’educazione come mezzi di emancipazione. Compì il suo tirocinio di intellettuale borghese votato alla causa del riscatto della classe lavoratrice negli anni in cui il proletariato torinese stava scrollandosi l’egomonia delle correnti moderate e legalitarie, e finalizzò il lavoro di organizzazione delle masse alla formazione di una coscienza di classe potenzialmente egemonica. Collaborò prima al periodico di tendenza anarchica “Proximus tuus”, poi alla “Questione sociale”, ed infine divenne fondatore del “Secolo XX”, uno dei sostegni più consistenti per la Camera del lavoro. Caratteristica comune degli articoli che scrisse per il “Secolo XX”, il cui motto era «agitate, educate, organizzate», furono l’attenzione agli aspetti biologici della questione operaia, la propaganda elementare di impronta positivista e la sottolineatura dell’importanza determinante della organizzazione. Nel primo numero, in occasione della celebrazione del Primo Maggio, rivolgendosi ai borghesi, così si espresse «Non temetela, non credetela una battaglia quella del 1.Maggio, siete troppo forti ancora… troppo grande ancora è l’ignoranza e l’ineducazione delle masse… [ma] … per la forza della nostra educazione, della nostra volontà, del nostro numero, voi ogni giorno più perdete terreno di fronte alla nuova idea rigeneratrice… non è una sommossa, è una grande rivoluzione nelle idee, cui seguirà parallelamente la rivoluzione degli ordinamenti attuali”[1] Sempre sul “Secolo XX”[2] deprecò le decorative e superflue spese di certe società operaie di mutuo soccorso in occasione di cerimonie ed il loro ossequio alla borghesia. Pur non sfuggendogli il valore dell’associazionismo, forma primitiva di organizzazione di classe, ne ripudiò la finalizzazione alla sola ricerca di maggiore benessere e ne vide la funzione positiva quando la rivendicazione economica scaturiva da una chiara coscienza della propria condizione, che le masse acquisivano solo in un’organizzazione formatrice di consapevolezza oltre che di unità. Nel 1892 fu tra i propugnatori della partecipazione dei socialisti alle elezioni. Il Piemonte non era nuovo a candidature dell’Estrema: oltre a quella di Costantino Lazzari, nel collegio di Torino, il 20 aprile 1884 l’anarchico Amilcare Cipriani venne contrapposto a Benedetto Brin, ministro della Marina, seguito il 23 novembre 1890 da Andrea Costa, che raccolse 340 preferenze su oltre 10.000 votanti. A Novara il 23 maggio 1886 l’operaista Giuseppe Croce raccolse 239 preferenze su 13.000 votanti. Solo nel Cuneese nessun operaista o socialista contese il terreno alla lista guidata da Giovanni Giolitti, mentre nel collegio di Saluzzo era Andrea Ferrero-Gola, fratello del più famoso Giuseppe, garibaldino, già internazionalista e massone, a raccogliere il voto di protesta contro i candidati governativi. Nelle elezioni del novembre 1892 si presentò una lista socialista con candidati in quattro collegi, con risultati deludenti: Prampolini ottenne 53 voti, Lerda 153. Mentre per Lerda il problema della sconfitta non si poneva, non avendo mai puntato sulle elezioni se non come occasione per far sentire la voce del socialismo, nella nota di commento pubblicata dalla “Squilla” e scritta da Morgari si coglieva una posizione più problematica, espressione di una cultura per la quale lotta economica e lotta politico-parlamentare formavano un tutto unico e che poneva l’esigenza di una tattica di partito integrale. Il periodo genovese (1893-1902) Giovanni Lerda si trasferì nel 1893 a Genova, dove divenne comproprietario con Giovanni Ricci della Libreria Moderna in Galleria Mazzini[3]. Qui curò l’introduzione di opuscoli sociologici e politici e collaborò alle attività editrici della libreria, il cui catalogo del 1907 comprendeva un volume di Marx-Engels (Pagine scelte), altrettanti di Kautsky e di Wagner, tre di Vandervelde e undici di Tolstoj,[4] e tenne riunioni con studenti e operai che destarono le preoccupazioni e la segnalazione della Questura genovese.[5] Riprese la sua opera di pubblicista militante sull’ “Era Nuova“ di cui fu uno dei fondatori nel 1894 e dove pubblicò una serie di articoli divulgativi sul “Capitale“, già apparsi sul “Secolo XX“ di Torino[6] nel 1891-92, e alcuni studi sulle condizioni di lavoro, igieniche e di orario degli operai e su quelle dei contadini colpiti dalla crisi agraria. Come aveva parlato “Agli operai socialisti” sul giornale torinese, ammaestrandoli, col medesimo indirizzo si rivolse loro sul settimanale genovese.[7] Collaborò alla costituzione delle Camere del Lavoro di Sampierdarena e Genova e partecipò ai congressi della Federazione regionale socialista ligure in rappresentanza della federazione collegiale di Voltri. Al primo Congresso, che ebbe luogo a Sampierdarena il 13-14 maggio 1894, nella relazione sull’azione per la conquista dei Comuni[8] sostenne la tesi del decentramento amministrativo che riprese e approfondì negli studi pubblicati nel 1904 sulla “Rivista Municipale”[9] il periodico dell’Associazione nazionale dei comuni d’Italia. Fu spesso colpito da misure di polizia: multato più volte per aver promosso pubbliche conferenze non autorizzate e proposto il 16 settembre 1894 per l’assegnazione al domicilio coatto dalla questura di Genova, ma la Commissione Provinciale, con deliberazione del 15 ottobre respinse la proposta, ritenendo che «sebbene il denunciato siasi qualificato socialista evoluzionista, pur nullameno a suo carico non risulta che egli abbia manifestato idee o principi anarchici, e tanto meno che abbia fatto «propaganda in questo senso, e manifestato il deliberato proposito di «commettere vie di fatto contro gli ordinamenti sociali»[10]. Tenta di dimostrare che chi si ubriaca in osteria non è un vero operaio “E’ vero, alcuni disgraziatamente si danno al lusso di ubriacarsi domenica …
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