Nasce ad Armungia, piccolo paese in provincia di Cagliari, il 4 dicembre 1890. Della vita paesana serberà sempre un ricordo indelebile, considerandola indispensabile per la sua formazione democratica. Laureato in giurisprudenza, è favorevole all’entrata in guerra contro l’Austria. La consapevolezza politica, dopo il confuso agitazionismo interventista che ne ha caratterizzato il periodo studentesco, nasce sui fronti della Prima Guerra Mondiale, alla quale partecipa come capitano di fanteria della Brigata “Sassari”. E’ l’occasione in cui, non soltanto Lussu, ma una intera generazione di contadini e pastori sardi, hanno la possibilità di aprire gli occhi sulla propria condizione sociale: la guerra diventa perciò scuola rivoluzionaria (vedi Un anno sull’altipiano).

La Sardegna post-bellica, gravemente impoverita dal conflitto, è terreno fertile per l’azione politica del Partito Sardo d’Azione, fondato nel 1921 da Lussu, Bellieni ed altri ex combattenti, che si pone a sinistra come portatore delle istanze delle classi proletarie in un quadro di recupero della questione nazionale sarda. Lussu è eletto deputato nelle elezioni del 1921 e del 1923, il periodo di ascesa del movimento fascista. Il sardismo si divide: abilmente gli emissari di Mussolini portano dalla loro una parte del partito, e lo stesso Lussu inizialmente non valuta a pieno il pericolo di un dialogo con i fascisti. Tuttavia la posizione successiva è netta: antifascismo intransigente. Dopo il delitto Matteotti, partecipa alla «secessione aventiniana». Nel ’26 è dichiarato decaduto dal mandato parlamentare e viene perseguitato dai fascisti: nello stesso anno è aggredito in casa da squadristi sardi e per legittima difesa è costretto ad uccidere uno degli assalitori (vedi Marcia su Roma e dintorni). La magistratura cagliaritana, non ancora soggiogata dal regime, lo assolve, ma viene immediatamente confinato a Lipari. E’ l’isola che ospita di lì a poco un altro personaggio chiave del movimento antifascista: Carlo Rosselli. I due, con Fausto Nitti, e grazie all’indispensabile aiuto di Gioacchino Dolci e Paolo Fabbri, riescono ad evadere in motoscafo nel luglio del ’29 (vedi La catena). Raggiunta Parigi si mettono in contatto con i fuorisciti riuniti intorno alla figura di Salvemini: nasce il movimento Giustizia e Libertà. Pur partecipando in modo saltuario alla vita politica a causa delle precarie condizioni di salute, riesce a collaborare con una certa assiduità al settimanale ed ai quaderni del Movimento, facendosi promotore di un suo più marcato e consapevole indirizzo socialista (vedi Lettere a Carlo Rosselli e altri scritti di Giustizia e Libertà; La teoria dell’insurrezione). Dopo l’assassinio di Carlo Rosselli nel ’37 eredita il timone del Movimento, del quale evita la dispersione, specialmente nel difficile periodo dell’offensiva tedesca in Francia. Inizia il periodo della “diplomazia clandestina”, con l’aiuto importantissimo dalla moglie Joyce, durante il quale tenta di proporre agli Alleati il progetto di un colpo di mano che permetta di far crollare il regime fascista a partire dall’insurrezione della Sardegna.

Il suo peregrinare fra i centri di comando degli Alleati non porta alcun appoggio concreto al progetto, ma mostra loro, in ogni caso, l’esistenza di un fronte antifascista pronto ad assumere la responsabilità di una partecipazione diretta al conflitto (vedi Diplomazia clandestina). Riesce a rientrare in Italia soltanto nell’agosto del ’43. Nel frattempo ha saputo della nascita del Partito d’Azione, nel quale, pur consapevole delle differenze politiche, ma spinto dalla superiore esigenza unitaria della lotta di liberazione, fa confluire il Movimento GL. Si installa nella Roma occupata dai nazisti e insieme a Ugo La Malfa regge il partito sino alla conclusione della guerra. Mentre il PdA si lacera in una lotta intestina fra filosocialisti (riuniti intorno a Lussu) e filocentristi (guidati da La Malfa), assume l’incarico di ministro nei governi Parri e De Gasperi (vedi Sul Partito d’azione e gli altri). E’ inoltre deputato alla Costituente e senatore di diritto. Ma anche il Partito sardo, che aveva lasciato al momento dell’esilio su posizioni di sinistra, è ora retto da una maggioranza moderata, molto attenta agli interessi dei ceti proprietari e delle libere professioni, per di più attraversata da umori separatisti: la sua battaglia per riportare il partito allo spirito originario viene persa e Lussu va via per formare una gruppo che poi aderirà al PSI (con tessera retrodatata al 1919, l’anno delle grandi lotte contadine e operaie combattute in Sardegna, che lo videro fra i principali protagonisti).

Il periodo da parlamentare socialista è ricco di interventi in aula e fuori: dalla questione dell’adesione alla NATO al riconoscimento della Cina comunista, dalla difesa della Repubblica democratica e antifascista alle lotte per lo sviluppo economico e il progresso sociale della Sardegna (vedi Essere a sinistra; Discorsi parlamentari). Il 1964 segna la rottura con il PSI: la decisione di Nenni di entrare nel governo di centrosinistra a guida democristiana provoca la scissione che porta alla fondazione del PSIUP, una formazione che avrà però vita breve: la sconfitta elettorale ne accelera l’adesione al PCI, ma Lussu, coerentemente con la sua storia, rifiuta di confluire. Si spegne a Roma nel 1975.

Fonte: Antifascismo