Antonino Scuderi, contadino trentacinquenne, consigliere comunale socialista, da pochi mesi segretario della cooperativa agricola di Paceco, fu ucciso in un agguato mentre tornava a Dattilo in bicicletta. Era il 16 febbraio del ’22. In quell’epoca, scrive Pietro Grammatico, «la morte di un socialista non valeva il fastidio di eseguire delle indagini per accertare le cause della soppressione violenta».

Nessuno di noi ha conosciuto Scuderi; le scarne notizie biografiche sudi lui sfumano nebbiose nel mito. Scuderi è un archetipo; è il calore delle lotte contadine; è l’epopea degli oppressi; la tensione etica verso un mondo migliore, di pace, di giustizia, di libertà, di benessere, verso l’utopia del “sol dell’avvenire”.

Scuderi è uno dei tanti agnelli sacrificali che gli agrari, i fascisti e i mafiosi, hanno preteso fra il 1920 e il 1924; soltanto un mese prima, il 16 Gennaio del ’22, Paceco aveva pagato un altro terribile tributo di sangue con l’assassinio di Domenico Spatola e dei figli poco più che ventenni, Mario e Pietro Paolo, del dirigente socialista Giacomo Spatola.
Scuderi non aveva particolari velleità; era un contadino con le scarpe grosse e il cervello fino, un uomo che amava la vita, la famiglia, gli amici e il paese. Come molti altri, si è speso per migliorare la propria condizione e quella della sua gente ma non aveva in programma di fare l’eroe; aspirava soltanto, come molti altri, a diventare pacificamente padrone delle proprie braccia, del proprio pezzetto di terra, del proprio lavoro.
Scuderi è uno, uno dei tanti, uno dei più sfortunati, uno che emancipa faticosamente se stesso divenendo dirigente politico locale e che, insieme ad altri, dà voce, speranza e forma politica ai sentimenti, alla sofferenza atavica e alle utopie della sua gente. Per questo, il monumento a Scuderi non raffigura il suo volto ma l’ansia corale di riscatto che è emersa dalle viscere di Dattilo, di Paceco, della Sicilia.
Nessuno di noi ha conosciuto Scuderi, dicevo, ma l’eco della sua breve vita persiste; è arrivata fino a noi ed andrà oltre perché egli ha espresso i valori che ciascuno di noi vorrebbe esprimere. Consacrare le utopie ed i valori che Scuderi e la sua gente hanno espresso è utile e necessario, come monito per tutti, come termine di paragone per consentire a ciascuno di noi di non disancarare le proprie azioni dal territorio, dai sentimenti, dai valori alti e dalle utopie della propria gente..

Fonte: C.tro siciliano di docum. Giuseppe Impastato (PA)

“Erano in vista le elezioni provinciali e i socialisti dopo il suo assassinio pensano di ritirarsi; la vedova di Scuderi, Ninetta Gigante, davanti al corpo del marito, dice: “I socialisti non sono vili, voi dovete scendere in lotta e vincere…”. Riuscirono a vincere le elezioni. I figli di Nino Scuderi sono emigrati. Uno di essi, Carlo, è morto da partigiano nel 1943. Ninetta Gigante è morta nel 1983.”

Nino Scuderi, Diego Curatolo (seduto) e Pietro Grammatico in una foto di gruppo, con i sim­boli della propaganda socialista
Antonino Scuderi, Diego Curatolo (seduto) e Pietro Grammatico in una foto di gruppo, con i sim­boli della propaganda socialista