LA PARTITA DI RITORNO

di Stefano Betti

Eravamo rimasti solo pochi giorni fa alla remissione del mandato da parte del Prof. Avv. Giuseppe Conte. Il Governo Giallo Verde, quello del Cambiamento, non sarebbe nato perché il Presidente della Repubblica non avrebbe nominato il Prof. Paolo Savona ministro dell’economia. L’ottantaduenne Professore poteva essere “visto come sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoruscita dell’Italia dall’euro.Mica uno scherzo. “O Savona all’economia o morte” gridano i leader Giallo verdi. “È il nostro Cristiano Ronaldo!” Urla il Popolo “e l’Arbitro Presidente lo ha espulso!”

Da lì una tempesta, mista d’ignoranza e demagogia. A rincorrersi tesi complottiste e denunce di una sovranità limitata da parte del Quirinale. Come tifosi sfegatati i Gialli (i Verdi mugugnano, ma non lo chiedono), incuranti di analoghi casi in cui i Presidenti si facevano valere sui presidenti incaricati (Il diritto costituzionale è un lusso al tempo del populismo, mettiamocelo bene in testa), chiedono, ma solo per 24 ore, la messa in stato d’accusa. Lo spread impazza e i titoli precipitano.

Il Presidente allora gioca la carta del VAR. Si rivede l’azione che ha causato l’espulsione. All’inizio fa intravedere una data per le elezioni e chiama il Prof. Carlo Cottarelli per dargli un incarico per un esecutivo tecnico che a malapena avrebbe avuto, forse, la fiducia di qualche Senatore a vita. Forse. La più vicina possibile è la data del 29 luglio. “Si però la gente è in vacanza a luglio …” e cosi, dal cilindro dei Leader giallo verdi la proposta: spostiamo a centrocampo il Prof. Paolo Savona. Per di più incassiamo l’astensione di Fratelli d’Italia. A questo, punto, come per incanto, l’obiezione del Presidente viene meno e tutto si ricompone. All’Economia il Prof. Giovanni Tria, stimato economista con solide esperienze universitarie e nella Pubblica Amministrazione.  E il Prof. Paolo Savona agli Affari europei. Ma non potevano pensarlo subito, invece di farci vivere quarantotto ore deliranti?

Recita Wikipedia (fonte primaria del Populismo contemporaneo):” Il Dipartimento per le politiche europee (già delle politiche comunitarie, poi per il coordinamento delle politiche comunitarie) è uno dei dipartimenti della Presidenza del Consiglio, all’interno del governo Italiano; è la struttura di supporto al Presidente che opera nell’area funzionale dei rapporti del Governo con le istituzioni dell’Unione europea e della quale il Presidente si avvale per il coordinamento nella fase di predisposizione della normativa europea e per le attività inerenti all’attuazione degli obblighi assunti nell’ambito dell’Unione. Nel Governo Conte cambia denominazione in Dipartimento per gli Affari Europei.” Insomma, non certo un ruolo defilato per i rapporti con l’Unione europea.

Con il prof. Paolo Savona a centrocampo, dall’Euro non rischieremo d’uscire. Lo spread scende, la Borsa respira e I Giallo Verdi invocano la ragione dalla loro parte. L’espulsione era solo un modo per fermare il Cambiamento. Dicono.

Ora, visto che questa vicenda, almeno per il Popolo del Cambiamento, ha avuto un lieto fine, permettetemi di pensare a tutti quelli che hanno abbandonato il voto del Centro sinistra, delusi dal neo liberismo propugnato dal Pd renziano, amareggiati dalla accondiscendenza verso la BCE da parte dei ministri dell’economia da Monti fino a Gentiloni, che si sentono però ancora, in cuor loro, uomini di sinistra perché a tradire è stato il Pd che ha votato la legge Fornero. Li penso mentre, nel silenzio dei loro cellulari (perché almeno la notte non ci pigeranno le dita, spero), si accorgono che il ministro degli interni del loro governo è Matteo Salvini, che la Flat tax premierà i ricchi oltre misura, che le promesse elettorali irrealizzabili per oggettiva carenza di fondi prima o poi si ritorceranno contro gli stessi “eroi” del Cambiamento, che gli evasori, purtroppo, continueranno a evadere, che, speriamo di no, non riusciranno a scongiurare l’aumento dell’Iva, che le magagne del sistema non saranno certo sanate dai propositi semplicistici dei nuovi governanti, un po’ come le buche a Roma. Ci sono e non sono state riempite neanche per una tappa del Giro d’Italia. Perché questa è e purtroppo sarà la realtà.

E allora, dovremo trovarci pronti a dar loro una prospettiva reale a sinistra. Ecco perché ci vogliono i Socialisti. In politica, non dimentichiamolo, c’è sempre la partita di ritorno.

 

UN COMMENTO DI SILVANO VERONESE

Giuste considerazioni, del tutto condivisibili. La questione si è risolta ma è opportuno tenere in evidenza ciò che è successo perchè il caso si potrebbe riverificare in futuro ed andrebbe evitata la “gogna mediatica” nei confronti della massima magistratura dello Stato a cui hanno concorso sprovveduti  “costituzionalisti da bar sport della politica” ed autentici provocatori sia tra i politici che tra i commentatori nei media.
Purtroppo, tra questi ho potuto leggere – con dispiacere – nei social anche dei commenti di compagni di storia o ispirazione socialista,  dimentichi che, oltre a Scalfaro e Cossiga per non parlare di Napolitano, anche il nostro indimenticato Sandro Pertini interveniva, eccome e non impropriamente, persino con lettere ai presidenti incaricati.
Quella che a torto o a ragione viene considerata la Costituzione “piu’ bella del mondo” prevede una sorta di poteri/contropoteri (check and balance) che si bilanciano e lo stesso potere “sovrano” del popolo che si esprime attraverso il Parlamento liberamente eletto non è un potere assoluto (questa era una ingiustificata pretesa dell’autocrate Berlusconi) perchè altrimenti la Corte Costituzionale non potrebbe annullare leggi pur votate a stragrande maggioranza.
La cosa paradossale, in questa vicenda,  è stata che sono dovuti  intervenire  Casaleggio  e persino Grillo (è tutto dire) per  far recedere l’insulso Di Maio dai suoi insani propositi di impeachment del Presidente e per obbligarlo a riprendere il discorso con il Presidente Mattarella. Il fatto poi che anche l’altro dioscuro (Salvini) abbia dovuto abbandonare l’assurda intransigenza del “o Savona o morte” è stato a seguito di pressioni  di quadri intermedi leghisti amministratori locali del Nord  (in particolare veneti) di cui si sono fatti interpreti l’intelligente Giorgetti, Maroni e Zaia.
Se persino dentro gli schieramenti pentastellati e leghista ci sono state  persone che ragionano, non capisco ancor più le posizioni assunte sul caso da  certi compagni socialisti che ho prima ricordato.  Anche sul piano culturale diventa difficile mettere insieme i cocci della diaspora socialista !!