di Silvano Veronese – Ufficio di Presidenza Socialismo XXI |
«Confrontarci e solo dopo decidere, come insegnava Luigi Einaudi»
Il dibattito sulla proposta di d.d.l. per un salario minimo fissato per legge si è fortemente polarizzato in termini di schieramento e non di confronto sui dati e sulle situazioni salariali reali, alquanto variegate dato il “far west” che caratterizza il nostro mercato del lavoro e il diffuso e diversificato sistema di contrattazione nazionale ed integrativa.
Spesso si leggono ragionamenti superficiali anche perché non si conosce compiutamente da parte di molti interventori (e forse anche da parte di alcuni firmatari del d.d.l.) la conoscenza di una realtà complicata anche perché da molti commenti si capisce che non sono molto conosciuti i vari trattamenti retributivi dei molti settori produttivi e di servizio in rapporto con le ore di prestazione in ragione d’anno e mensili.
Ad esempio, per gli oltre 16 milioni di lavoratori del settore privato (esclusi gli addetti ai servizi domestici e di parte del mondo agricolo) le giornate medie retribuite sono 235, ma nei servizi di ristorazione ed alloggio le giornate retribuite sono 143 (dati Osservatorio INPS). Da ciò deriva la profonda diversità da settore a settore della retribuzione lorda annua ma anche del numero e dei valori salariali delle giornate retribuite da cui si puo’ ricavare attraverso il divisore previsto dai singoli CCNL – come stima – il valore della retribuzione lorda oraria. Difficile, se non impossibile (salvo sapere che esiste il fenomeno), valutare quante giornate retribuite “in nero” integrano in certi settori le giornate retribuite regolarmente.
Sono 10 anni, il primo che ne parlò – da Presidente del Consiglio – fu Renzi, e da allora senza esiti si susseguirono una decina di proposte compresa quella dell’ex ministra del lavoro “grillina” on. Catalfo. Se queste proposte di d.d.l. sulla materia non ebbero una conclusione è dipeso dal fatto che la materia è caratterizzata da una complessità tecnica oltre che politica e persino costituzionale come citeremo piu’ avanti.
Abbiamo già spiegato nel recente passato che la “questione salariale” non è solo questione di minimi retributivi insufficienti ed inferiori ai 9 (nove) euro all’ora proposti dall’attuale opposizione parlamentare (peraltro interessanti una entità molto limitata di lavoratori), ma lo è invece una situazione inferiore alle pari realtà dei maggiori Paesi europei, lo è l’insufficiente legame del salario alla crescita della produttività (comunque anch’essa inferiore a quella realizzata dai suddetti maggiori Paesi U.E.), lo è il mancato rinnovo da anni di molti (troppi!) CCNL di varie categorie, lo è la fraudolenta irregolare applicazione dei trattamenti dei CCNL in varie aziende, lo è la situazione dei contratti “pirata” con condizioni “in pejus” di quelle previste dai CCNL seri, lo è la diffusa precarietà di cui soffrono molti lavoratori che operano in maniera non continuativa, con orari “part time” obbligatori, con rapporti a “termine” non confermati, come false partite iva, lo è la situazione in alcuni settori (ad es. lavori domestici e in certi ambiti del lavoro agricolo) di “non contrattualizzazione” del rapporto di lavoro i cui termini sono decisi unilateralmente dal datore di lavoro (spesso non aziende propriamente dette).
Sono tutte questioni che per la maggior parte NON possono essere risolte dalla “scorciatoia” della fissazione per legge di un minimo salariale ma da provvedimenti di ben altro respiro e soprattutto dalla contrattazione sindacale.
Veniamo comunque alla proposta di d.d.l. Schlein, Conte, Fratoianni, Calenda ed altri per valutare contraddizioni, reticenze e distinguo (anche tra gli stessi proponenti), con una premessa non secondaria che ci dice che i CCNL NON indicano alla voce salariale un valore orario ma mensile e che quindi la traduzione di quest’ultimo in retribuzione oraria tiene conto di vari indicatori di cui parleremo piu’ avanti e che la proposta si riferisce ad un salario LORDO che ben sappiamo gravato da consistenti trattenuti fiscali e previdenziali il cui problema non è affrontato dal d.d.l. in parola ma puo’ essere affrontato da una seria riforma fiscale.
All’art 1, la proposta del d.d.l. dice che “i datori di lavoro imprenditori sono tenuti a corrispondere ai lavoratori di cui all’art 2094 del codice civile una retribuzione COMPLESSIVA sufficiente e proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato” mentre all’art.2 la proposta spiega che “per retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato si intende il trattamento COMPLESSIVO comprensivo del minimo tabellare, delle mensilità aggiuntive, degli eventuali scatti di anzianità, delle indennità fisse e continuative dovute in relazione alla prestazione ordinaria, il tutto per un importo non inferiore a quello previsto dal CCNL di categoria stipulato dalle Organizzazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale ed aggiunge al comma seguente che questo trattamento economico orario complessivo stabilito dal CCNL ( che invece non lo stabilisce perché fissa quello mensile) NON puo’ comunque essere inferiore a 9 (nove) euro/ora.
Contrariamente a quanto afferma erroneamente l’ex Presidente dell’INPS Tridico, la proposta di legge Schlein, Conte ed altri NON PARLA MAI di “minimo tabellare”, ma di “minimo complessivo” composto da quelle voci fisse testè ricordate e che la retribuzione deve essere ragguagliata alla qualità del lavoro prestato (si riconosce con detta affermazione che detta misura deve essere diversificata in relazione alla qualità lavorativa e produttiva di ogni singola categoria, che – però – solo la contrattazione sindacale puo’ valutare anche in relazione alla produttività e non l’imposizione da parte del legislatore). Aggiunge anche che, fermo restando il minimo imposto per legge la retribuzione è ragguagliata alla quantità della prestazione, perciò si riconosce che un orario ridotto mensile o annuale per vari motivi, e cioè che una prestazione intermittente e non continuativa, determinano una retribuzione limitata o più bassa, rispetto a quella ordinaria prevista da un orario normale, in ragione di settimana, mese, anno.
Come si fa a dire, allora, che ci sono milioni di lavoratori “precari” con retribuzioni insufficienti (per i motivi di cui sopra) che potranno avere vantaggi da questa proposta di legge che riguarda solo i minimi salariali orari e non le ore (ridotte) mensili o annuali di prestazione?
Tra l’altro fissare per legge un minimo salariale è un obbligo per i datori di lavoro, ma non per i Sindacati perché cio’ lo esclude la Carta Costituzionale (senza una legge ordinaria di attuazione dell’art.39) che vieta al legislatore l’obbligo per i Sindacati.
Il valore “sufficiente” con cui la proposta di d.d.l. qualifica la misura del trattamento minimo di legge viene decisa dal legislatore, con quali competenze ed in riferimento a cosa?
Comunque, la “quota oraria” derivante dalla retribuzione annuale/mensile lorda e complessiva o di fatto è già oggi SUPERIORE ai 9 euro/ora come previsto da QUASI tutti i CCNL seri (firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative) per tutte le figure professionali e i livelli retributivi compreso l’ultimo, come indichiamo nel prospetto che segue:
CCNL/CATEGORIA | ULTIMI LIVELLI/PROFILI PROFESSIONALI | MINIMO TABELLARE | TRATTAMENTO SALARIALE MINIMO COMPLESSIVO |
Chimici e FarmaceutIci | Operatore livello E2 | € 9,66 | € 11,34 |
Logistica trasporto merci | Riders con bici | € 8,86 | € 11,20 |
Metalmeccanici | Operatore livello D2 | € 9,81 | € 11,18 |
Alimentari | Confez. livello 5 | € 9,84 | € 11,11 |
Terziaro/Distribuzione | Aiuto comm. livello 5 | € 9,14 | € 11,01 |
Tessile/Abbigliamento | Orditore livello 2 | € 9,37 | € 10,39 |
Grande distribuzione | Imballatore livello 6 | € 8,51 | € 10,25 |
Pubblici esercizi | Livello 6S | € 8,14 | € 9,92 |
Turismo | Cameriere albergo livello 6 | € 8,01 | € 9,77 |
Pulizia multiservizi | Addetto potatura livello 3 | € 7,73 | € 9,43 |
Vigilanza privata | Guadia giurata livello 4 | € 7,68 | € 9,25 |
Si tratta di figure o profili professionali BASSI normalmente i piu’ usati nelle singole categorie, ma se vogliamo riferirci agli ULTIMI DUE LIVELLI PIU’ BASSI dell’inquadramento professionale di ogni singola categoria (in realtà poco USATI, in alcune categorie l’ultimo non è mai usato se non per fissare il valore 100 della scala parametrale 100/200), il trattamento economico complessivo sopraindicato si abbassa di circa 1 euro/h. In questo caso solo nel settore Pulizia/multiservizi e vigilanza privata il trattamento salariale è inferiore agli euro 9/h.
Se ci riferiamo all’ultimo livello professionale e retributivo (che in alcune categorie non è utilizzato) e che in altre è utilizzato come “salario di ingresso solo per alcuni mesi per poi passare il lavoratore al livello superiore, sono cinque le categorie che registrano un trattamento salariale complessivo INFERIORE ai 9 euro/h.: pubblici esercizi, turismo, tessile abbigliamento, pulizia multiservizi, vigilanza privata. La via maestra è quella della contrattazione per adeguare detti valori a quelli piu’ usuali e menzionati sopra.
Certamente, in questi settori (in parte anche in altri) dilagano i contratti “pirata”, il lavoro “nero” o irregolare o NON “contrattualizzato” come accade come prassi nei lavori domestici e parte dell’agricoltura. Si tratta di palesi violazioni a cui non porrà rimedio una fissazione per legge di un trattamento salariale “sufficiente” perché il datore di lavoro (imprenditore o meno) infedele abituato a violare ed a evadere i CCNL seri continuerà a farlo anche con la legge, come accade con la legge fiscale e tributaria. Non c’ altra soluzione che il ricorso in Magistratura.
La fissazione per legge di un minimo salariale avvantaggerebbe queste figure professionali percepienti meno di 9 euro/h. situate all’ultimo gradino – in maniera piu’ o meno contrattualmente regolare – della scala professionale e dell’inquadramento retributivo, ma penalizzerebbe i lavoratori collocati nei livelli superiori (medi, medio-alti e alti dell’inquadramento retributivo) già oggetto in Italia (diversamente da Francia, Germania, Spagna, Benelux e paesi scandinavi) di un certo appiattimento retributivo, salvo che non siano oggetto di un ricalcolo sulla base della scala parametrale 100/200 MA – a questo punto – molti datori di lavoro (i “padroncini” delle piccole imprese, molto diffusi in Italia) converrebbero più conveniente abbandonare i contratti collettivi seri per attestarsi sul minimo legale, al di là del fatto che esso sia costituzionalmente praticabile, tenendo conto che nei CCNL, oltre al salario minimo complessivo di ogni livello o qualifica (salario tabellare piu’ altre voci fisse generali e continuative) sono previsti altri benefici a carattere economico come Premi di produzione contrattati aziendalmente, superminimi collettivi, indennità varie come per la mensa, la previdenza e sanità integrative pagate dall’azienda ma considerate salario, welfare aziendale e maggiorazioni per lavoro festivo e notturno.
Aveva ragione il compagno prof. Ezio Tarantelli, barbaramente ucciso dalle “Brigate Rosse”, quando affermava che nessuna istituzione “politica” puo’ sostituirsi alla contrattazione collettiva tra le parti sociali che coniughi le ragioni della produzione e della produttività con quelle della redistribuzione del profitto in termini equilibrati attraverso la negoziazione salariale riferita ai meriti professionali ed ai bisogni sociali del lavoratore, ma aggiungeva che “un sistema di relazioni industriali e perciò i CCNL sono un sistema complesso di regole e non un semplice sistema di regolamentazione del salario. Volerlo ridurre a questo (come la proposta di d.d.l. Schlein, Conte, Calenda, Fratoianni) afferma una visione molto limitata dei rapporti socio-economici ben piu’ complessi ed un tentativo (non nuovo) di marginalizzazione del ruolo dei corpi intermedi, a cui noi non ci prestiamo.
Purtroppo, quest’ultimi non hanno fatto molto oggi, a differenza di un passato piu’ luminoso, per ritornare protagonisti di processi economici, industriali e sociali senza dimenticare che il loro primo “mestiere” è quello di negoziare CCNL sempre piu’ avanzati e lottare per la loro piena e regolare applicazione in ogni settore lavorativo.
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