MUDU E MANDIGA, DURCHES E PAGHE

di Carlo Vincenzo Monaco – Coordinatore Socialismo XXI Sardegna |

Mangia e stai zitto, Dolci e pace.|

I ministri della difesa e delle riforme istituzionali negli ultimi giorni si sono scomodati per tranquillizzare i sardi sull’importanza delle basi militari in Sardegna l’uno, e sull’ampliamento dei diritti costituzionali dello statuto sardo, l’altro. L’esigenza strategica delle basi e della fabbrica di armi è una importante opportunità di lavoro per i giovani e non, il rafforzamento delle competenze di uno statuto speciale nel rapporto tra stato e regione che dovrebbero tranquillizzare le istituzioni e i cittadini dicono loro, di una delle terra più colonizzata del mondo. Una terra che ormai non fa più parte dell’Italia, originariamente composta di 20 regioni ma ora di una regione in meno. Si chiami come si vuole o si consideri come un fatto democratico, ma la realtà obiettiva e quella di una Sardegna colonia dell’Europa e della Nato. Per la maggior parte dei sardi questa situazione sembra normale ma per chi analizza l’operato delle istituzioni e di norme democratiche, per chi nota la differenza tra la libertà e la schiavitù, così normale non è. Caro sardo, mandiga e mudu e accontentati del pane amaro che ti diamo. In un interessante libro di recente pubblicazione distribuito anche nelle edicole, si propone ai lettori un viaggio nella storia dei dolci sardi, dall’antichità ai giorni nostri. Si potrebbe dire, ma cosa centrano i dolci sardi?

Diventando nella storia della nostra terra sin dall’antichità una forma di scambio di segni di pace tra le famiglie ed i conoscenti, strumento di buona accoglienza per gli ospiti e gli amici, i nostri dolci hanno caratterizzato un’arte specifica per le feste locali e confermato sempre la storica ospitalità del popolo sardo verso i forestieri. Mani preziose di nonne, madri con a fianco le bambine e le giovani figlie, hanno trasmesso forme, ingredienti e sapori ancor oggi apprezzati e divenuti vere opere d’arte che fanno dispiacere nell’essere mangiate, Ma la tradizione passa con il trasferimento dei saperi e dei sapori da una generazione all’atra, da sempre. Poiché le tecnologie militari, industriali e di comunicazione sono diventate altamente sofisticate ed al popolo sardo non è permessa nessuna arma di difesa, è rimasta solo l’accoglienza e lo scambio di dolci per confermare la profonda caratteristica di pace delle genti di Sardegna. E allora genti di questa terra paradiso che non è più, bussiamo ai cancelli delle decine di basi militari disseminate in ogni angolo evidente e nascosto di questa terra e con la più pacifica intenzione, offriamo i nostri dolci ai militari, ai loro comandanti, a chi li comanda dalle alte sfere e a chi ne guida le strategie di morte per chiede la pace, ma non solo per questa terra martoriata ma in ogni realtà del mondo in cui la pace non è più un diritto. La Sardegna ha bisogno che quei centri di morte siano trasformati in centri di ricerca per la vita e sulle malattie rare ed ogni altra malattia che affligge il mondo.

Nelle zone industriali diventate cattedrali nel deserto e fonti fossili di produzione energetica ma purtroppo anche di conseguenti morti da inquinamento bussiamo ai cancelli degli stabilimenti rimasti e  offriamo dolci per ringraziare della benevolenza dataci in termini occupativi e di salute. A coloro che offrono la tanto sbandierata evoluzione tecnologica come nuova forma di crescita individuale e collettiva e non di una forma di controllo totale delle nostre vite, offriamo dolci, quei dolci che sono la nostra unica arma di pace possibile in un mondo di guerre e di morte. A chi vuole realizzare nel mediterraneo e soprattutto in Sardegna i sardi propongano uno schieramento sui crinali dei monti minacciati dalle pale eoliche ed eccessivi pannelli solari, file di pescherecci sui confini tra il mare e il cielo e cittadini schierati lungo le coste, i promontori sul mare e sulle spiagge, nelle zone non industriali, vicine ai patrimoni archeologici di pregio e di interesse naturalistico, sit-in silenziosi e festanti con dolci sardi. Per il fabbisogno energetico i sardi potrebbero realizzare comunità energetiche pubbliche e private autosufficienti per il consumo energetico regionale se fossero state previste e coperte dai fondi del PNRR destinati invece a reti e servitù per il gas, inutili pale off shore con energie non accumulabili che diventeranno semplice spreco di denaro pubblico appannaggio di piratesche imprese e multinazionali speculative. Non, Mandiga e mudu populu sardu ma dona durches pro sa paghe. Non mangia e zitto popolo sardo ma dona dolci sardi per la pace. E se in ucraina le bambine, le madri e le nonne, all’invasione russa di carrarmati avessero opposto un gesto di offerta di dolci tipici di quel religioso popolo che oggi vive anche tra noi in terra di Sardegna, avessero opposto cesti di dolci tipici, la guerra ormai quasi nucleare sarebbe esplosa in modo così drammatico. I soldati russi avrebbero sparato contro quelle donne portatrici di pace?

Poiché tutto era programmato da decenni per avviare il grande reset, non è passato a nessuno per la testa di evitare questa e tutte le altre guerre del mondo con i dolci. Ora se il popolo sardo fosse capace di prendere coscienza della sua realtà, e scoprisse il coraggio di un gesto globale di pace, potrebbe diventare messaggero di questo gesto per tutto il mondo. La non violenza predicata ed attuata da Gandhi ha permesso all’India di diventare indipendente dal dominio inglese, e la stessa non violenza può aiutare la Sardegna a diventare indipendente ed interdipendente come isola della pace per riconquistare gli spazi perduti del paradiso di un tempo. A nulla servono le manifestazioni di parte del cittadini sardi per dichiarare “a foras sas bases e cherimos indipendentzia” se non è l’intero popolo a chiederlo. A nulla servono gli sforzi degli ambientalisti se non si decide che l’incontro tra il nostro cielo e il nostro mare, i nostri monti ed i boschi, le pianure coltivabili ed i terreni incolti o bruciati, sono il nostro e di tutto il mondo patrimonio naturale che ci è stato affidato e che non dobbiamo concedere alla speculazione dei governi e delle multinazionali. A nulla servono fiumi di parole che sostengono i falsi messaggi destinati a convincerci della bontà e necessità di soluzioni energetiche speculative e devastanti. A nulla servono i particolarismi e le diversità di parte politica che rendono inutili le proposte e le controproposte finalizzate a falsi proclami di volontà di pace.

Eppure la Sardegna può diventare nell’area del mediterraneo un’isola di pace indipendente, interdipendente e neutrale come la Svizzera, insieme alle diverse altre regioni e nazioni del mondo diventate frontiere delle guerre da gestire con nuove istituzioni federali interne e nell’unione federale degli stati d’Europa e del mondo. Una indipendenza strategica per avviare la pace nel mondo. Un processo storico da completare come punto di arrivo delle ere storiche del passato costruito con le guerre e le dominazioni, un processo e una soluzione istituzionale possibile e vitale per la convivenza in un mondo che ha perso il senso dell’umanità. S’ incontrino i governanti del mondo ed ascoltino il vero sentimento dell’umanità veri cittadini del mondo, le loro esigenza di giustizia, libertà, uguaglianza e di una era di pace globale. Decidano il superamento di questa strage umana e dell’habitat di cui anche loro fanno parte, superando quel senso di onnipotenza e di dominio che non è utile a nessuno se non al errato uso del potere. Oggi più che mai, i rappresentanti delle religiosità nel mondo hanno il compito storico di sostenere i popoli in questo cammino di pace e l’organismo internazionale più adatto così come da più di cinquant’anni cercano di assolvere insieme questo fondamentale impegno di vita. Lo dobbiamo alle giovani e future generazioni.