di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XX Lazio |

Il PIL italiano è aumentato dell’1,1% rispetto al primo trimestre di quest’anno e del 4,7% tendenziale rispetto al secondo trimestre del 2021. Questo risultato è tra i migliori in Europa.
A questo punto la crescita già acquisita dalla nostra economia per il 2022 è pari a +3,5 per cento. Quindi, considerato che il terzo trimestre potrebbe essere stato ancora lievemente positivo (grazie al boom del turismo), anche ipotizzando un quarto trimestre di “lacrime e sangue” per la crisi energetica, alla fine l’Italia dovrebbe archiviare un buon 2022.

Il merito di questo risultato è stato attribuito al governo Draghi, aggiungendo, tra i risultati positivi, anche l’aumento dell’occupazione e la buona composizione (tra lavoratori a tempo indeterminato e non) della stessa.

Non ho dubbi che Draghi sia stata una buona scelta per portare a compimento i due mandati assegnatigli dal Presidente della Repubblica, non sono altrettanto convinto di come si sia comportato su altri problemi che sono sopraggiunti nel frattempo, in primis la crisi energetica derivata dall’invasione russa.

Nello specifico penso al clamoroso e sottaciuto errore nel decreto aiuti relativo alla tassazione degli extraprofitti e alla proposta di price cap sul prezzo del gas.

Molti commentatori (ed io fra questi) commentando i meriti attribuiti al governo Draghi in termini di PIL e occupazione, hanno fatto notare che i due buoni risultati andavano attribuiti al governo Conte e per la precisione al superbonus del 110%.

Confortava questa tesi la pubblicazione di Nomisma di un report secondo il quale “il Superbonus ha generato un valore economico di 124,8 miliardi pari al 7,5% del PIL del paese (…), consentito di contenere in maniera significativa l’impronta ecologica dei cantieri con una riduzione dei 979 tonnellate di CO2 pari ad un risparmio di CO2 del 46,4% (…) “comportato un aumento di occupazione nel settore delle costruzioni per un totale di 634mila occupati”.

Personalmente ritengo il superbonus una aberrazione che, a cantieri finiti, vedrà crollare l’attività edilizia (e quindi il PIL), non rinnovare centinaia di migliaia di contratti di lavoro a tempo determinato, non recuperare in termini di fisco il costo sostenuto per la sua attuazione. Rimane tuttavia un dato di fatto che i risultati positivi del secondo trimestre siano attribuibili più al governo Conte che a quello Draghi.

Questa tesi viene contestata da un articolo del Sole 24 ore del 6 settembre a firma Fortis. Scrive l’autore dell’articolo che il “risultato storico, (è) chiaramente ascrivibile non solo alle grandi capacità di recupero delle nostre imprese dopo la pandemia ma anche alle azioni di successo del governo Draghi sul duplice fronte della campagna vaccinale e della difesa del potere d’acquisto delle famiglie contro l’esplosione dell`inflazione”. In particolare, relativamente all’incremento del  PIL nel 2021, l’autore riporta i seguenti dati ripresi dal “prospetto 2, pagina 3, del comunicato stampa su Pil e indebitamento della Pa, diffuso lo scorso marzo 2022. Nei dati di tale prospetto appare chiaramente che il maggiore contributo alla crescita del 6,6% del Pil italiano del 2021 è venuto dai consumi privati (+3%), mentre un altro importante apporto è stato fornito dall’insieme degli investimenti fissi lordi (+3%). Dentro questi ultimi, tuttavia, fatti due semplici calcoli, è possibile stimare che il contributo degli investimenti in abitazioni al Pil sia stato limitato a un +1 per cento. Il resto del contributo degli investimenti fissi alla crescita, pari a circa 2 punti percentuali, è venuto dagli investimenti in impianti e macchinari e da quelli in edilizia non residenziale e opere pubbliche.”

Ora limitare l’effetto del superbonus soltanto al “contributo degli investimenti in abitazioni” mi sembra arbitrario se consideriamo che nei progetti che godono dei benefici del superbonus la parte “edile” (soprattutto il cosiddetto “cappotto”, elemento trainante) è solo una parte del costo dell’intervento, infatti gli elementi trainati esulano dal settore edilizio interessando altri settori produttivi. Sarebbe poi da verificare quanta parte delle voci costituenti oggetto del superbonus possano essere incluse nell’aumento dei consumi.

L’autore negando che l’effetto positivo registrato sia effetto del governo Conte, attribuisce invece il merito al governo Draghi, dimenticando tuttavia che il grosso dell’incremento (ben la metà) è dovuta all’aumento dei consumi, facendo propendere verso l’opinione che quel risultato sia un semplice effetto rimbalzo post pandemico, il cui merito non è attribuibile a nessun governo. I cittadini hanno diminuito il trend  di accumulazione dei risparmi e hanno in parte ripreso a consumare.

Noto che l’autore Fortis, non si pronuncia sugli effetti del superbonus esposti da Nomisma per quanto riguarda gli effetti sull’occupazione, rendendo abbastanza meschine queste rivendicazioni di meriti, operazioni purtroppo inevitabili nei tempi delle campagne elettorali.