ALCUNE RIFLESSIONI SULLA POLITICA ITALIANA

 

 

di  Aldo Potenza – Presidente Socialismo XXI |

 

Come spesso accade, i commenti dei partiti e dei movimenti, sono propagandistici e fuorvianti. Il centro sinistra canta vittoria per i successi conseguiti nei grandi comuni, dimenticando i valori assoluti dei voti conseguiti e accontentandosi delle percentuali su un numero di votanti che ha raggiunto il minimo storico. Il centro destra brinda per la conquista di diversi piccoli e medi comuni e per il successo ottenuto in Calabria, ma compie lo stesso errore di valutazione, ancora più grave a causa della pesante sconfitta elettorale.

Ma, pur considerando la caratteristica di queste elezioni, per il numero degli elettori coinvolto e la rilevanza delle aree economiche e sociali, a mio avviso si può affermare che la vera debacle è  della politica.

L’astensionismo, infatti, come in precedenza ricordato, ha raggiunto percentuali preoccupanti che rivelano una sfiducia generalizzata verso tutte le formazioni politiche.

Nella impropriamente definita seconda repubblica, gran parte degli elettori si illuse della promessa “rivoluzione liberale” evocata da Berlusconi; poi si orientò verso l’ulivo che presto appassì; la ribellione che seguì verso la politica trovò nel vaffa di Grillo l’approdo che avrebbe dovuto rappresentare il grande cambiamento, ma, come era prevedibile, il movimento di protesta e il personale politico che lo ha rappresentato erano inadeguati a governare, come è qualsiasi movimento che sia la sommatoria delle insoddisfazioni. Sono seguite altre speranze con la crescita elettorale della Lega e più recentemente di FdI.

Ma sostanzialmente gli elettori sono demotivati e sfiduciati.

Gradualmente si è affermata la raccomandazione elaborata dalla Trilaterale nel 1975 con il documento “Crisis of governability e crisis of democracy” secondo cui la governabilità è un obiettivo ideale da imporre a una società recalcitrante, arrivando a sostenere che il declino della partecipazione non è soltanto desiderabile, ma addirittura il segno della funzionalità del sistema e l’apatia è indice di buona salute delle istituzioni democratiche!

Pochi credo ricordino ciò che, il 30 gennaio 1975, in una intervista concessa al Corriere della Sera, Gianni Agnelli affermò: “Probabilmente avremo dei governi molto forti che siano in grado di fare rispettare i piani cui avranno contribuito altre forze oltre quelle rappresentate in parlamento; probabilmente il potere si sposterà dalle forze politiche tradizionali a quelle che gestiranno la macchina economica; probabilmente i regimi tecnocratici di domani ridurranno lo spazio delle libertà personali.

Insomma dalla democrazia dell’art.49 della Costituzione, mai pienamente attuato, si preannunciava l’affermazione di una democrazia autoritaria dove un ruolo determinante sarebbe stato assegnato alla tecnocrazia e dove, in nome della governabilità, il ruolo del Parlamento sarebbe diventato sempre meno rilevante a vantaggio del Governo vero centro decisionale e spesso guidato da un rappresentante della tecnocrazia finanziaria.

Così, ma solo per memoria, si iniziò con Ciampi e a seguire Mario Monti (esecutore delle disposizioni della famigerata lettera firmata dal presidente della BCE Trichet e Draghi) fino all’attuale presidente del Consiglio.

Nel frattempo sono avanzate forze che hanno teorizzato l’inutilità della rappresentanza parlamentare (esemplare è l’intervista rilasciata a La Repubblica il 21-8-2018 da Giorgetti “Il Parlamento non conta più nulla….se continuiamo a difendere il feticcio della democrazia rappresentativa non facciamo un bene alla stessa democrazia) come i grillini vessiliferi del superamento del Parlamento. Quest’ultimi riuscendo a far cambiare orientamento al Pd che votò  la riduzione dei parlamentari con la promessa, non mantenuta, di approvare subito dopo una legge elettorale proporzionale.

Il risultato è la realizzazione di quanto aveva preannunciato Agnelli nel 1975.

In conclusione una classe politica mediamente inadeguata, incapace di indicare orizzonti sociali ed economici, inaffidabile, capace di smentire se stessa persino quando ha dovuto affrontare questioni di rilevanza costituzionale, ha consegnato il Governo alla tecnocrazia e ha favorito la rassegnazione degli elettori creando le condizioni per la crescita del rancore di una parte del Paese in difficoltà economica, sempre più preoccupata del futuro e priva di un riferimento politico affidabile.

Eppure in Italia ci sono energie capaci di fare cose straordinarie anche di fronte a tantissime difficoltà che avrebbero bisogno di una adeguata rappresentanza politica.

Che fare?

La speranza è che il PD e i partiti della sinistra italiana non confondano il risultato ottenuto come il segnale di una inversione di tendenza e invece si interroghino sulle difficoltà che nascono dalla incapacità di offrire una alternativa alla affermazione delle idee neo liberali e sappiano rigenerarsi traendo forza dal risultato ottenuto.

Che altrettanto sappiano fare i partiti della destra abbandonando populismi, ricordi di un passato  condannato dalla storia, e sappiano ricostruirsi interpretando il forte segnale di sfiducia e disagio proveniente dal Paese.

E’ un auspicio nell’interesse generale dell’Italia per superare una transizione politica senza fine.