LA LETTERA DI GRAMSCI NEL ’26

 

 

di  Renato Costanzo GattiSocialismo XXI Lazio |

 

Mi sono ripromesso di approfondire l’articolo di Tamburrano andandomi a rileggere il secondo volume di Spriano sulla storia del Partito Comunista Italiano; il secondo volume ha come sottotitolo “Gli anni della clandestinità” e il III capitolo a pagina 43 e seguenti parla de “La lotta nel partito russo e la lettera di Gramsci”.

La lotta nel partito russo era quella tra Stalin e Bucharin da una parte e Trockij, Zinov’ev e Kamenev dall’altra. Sullo scontro era giunta una direttiva che vietava ai partiti comunisti diversi da quello russo di intervenire sul merito che era sostanzialmente tra “socialismo in un solo stato” e “rivoluzione permanente”. Gramsci nella sua lettera ritiene di sollevare una questione di metodo dialettico fra le parti che conduca ad una unicità di linea e conclude affermando “I compagni Zinoviev, Trotzkij, Kamenev hanno contribuito potentemente a educarci per la rivoluzione, ci hanno qualche volta corretto molto energicamente e severamente, sono stati fra i nostri maestri.

A loro specialmente ci rivolgiamo come ai maggiori responsabili della attuale situazione, perché vogliamo essere sicuri che la maggioranza del CC dell’URSS non intenda stravincere nella lotta e sia disposta ad evitare le misure eccessive.” Quindi invita all’unità dialettica e riconosce una “maggior responsabilità” agli oppositori di Stalin, ma non formula una condanna assoluta come invece gli era stato richiesto e auspica che la maggioranza del CC eviti “misure eccessive”.

Togliatti rifiutò di diffondere il testo della lettera di Gramsci e rispose che nella lettera “al primo piano è posto il fatto della scissione che ha avuto luogo nel gruppo dirigente del partito comunista dell’Unione e solo in un secondo piano viene posto il problema della giustezza o meno della linea che viene seguita dalla maggioranza del comitato centrale.” Ribadisce cioè che prima di una questione di metodo va risolta la questione di merito condannando senza esitazioni gli oppositori di Stalin.

Interessante rilevare che a pagina 58 Spriano, citando la risposta di Gramsci a Togliatti, scrive “Purtroppo il testo della replica gramsciana, che è conservato negli archivi dell’Internazionale comunista, non è ancora reperibile”. Io tuttavia quella lettera datata 26 ottobre, l’ho trovata sul sito www.lavocedellelotte.it dove Gramsci riaffermando le sue posizioni afferma pure, rivolgendosi a Togliatti, che “Questo tuo modo di ragionare perciò mi ha fatto una impressione penosissima.” E che “Tutto il tuo ragionamento è viziato di «burocratismo»

Una interessante interpretazione del carteggio, documento che, nella storia del Partito comunista italiano, è stato il più analizzato, commentato, studiato è quella di Giuseppe Vacca, che tenta di “riesaminare tutta la controversia Gramsci-Togliatti facendola uscire dallo schema già consolidato, per ricercare nella posizione del primo gli elementi di quella politica nazionale che il secondo avrebbe portato a realizzazione quasi vent’anni dopo, al suo ritorno in Italia. La lettera allora, lungi dall’essere come qualcuno a Mosca poteva pensare, il segno di una debolezza o di un cedimento del partito italiano nei confronti delle posizioni di sinistra andrebbe letta come un primo tentativo del partito italiano di differenziarsi dalle posizioni del partito russo.”(Miriam Mafai)

Significativo il titolo del lavoro di Vacca “Gramsci a Roma, Togliatti a Mosca” che rileva la distanza spaziale e temporale fra i due, dove la distanza spaziale rileva molto più di quella temporale. Parrebbe quindi che Togliatti abbia realizzato le idee di Gramsci, non tanto vent’anni dopo, ma al suo ritorno in Italia, dove evidentemente le “misure eccessive” incombenti a Mosca e temute da Gramsci, rendevano “burocratiche” le risposte di Togliatti.

Riporto queste poche note non osando tentare approfondimenti in un’area che non è di mia stretta competenza, assolutamente impari rispetto a Tamburrano; mi par tuttavia poter riscontrare una certa sana dialettica, di libertà di dibattito all’interno del PCI, certamente più presente in personaggi come Gramsci che superò la romantica concezione della rivoluzione come assalto e presa del palazzo, per forgiare nuovi concetti quali la “guerra di posizione”, la funzione del partito come intellettuale collettivo, il concetto di egemonia, la Costituente.