IN RISPOSTA ALL’ARTICOLO DI ALDO POTENZA

di Claudio Martelli |

Caro Aldo Potenza, cari amici e compagni di “Socialismo XXI° Secolo” vi ‘ingrazio dell’attenzione e rispondo volentieri alla vostra sollecitazione a “confrontarci”. Voi mi chiedete e chiedete “ai socialisti dispersi in mille rivoli in una diaspora insopportabile” e anche a quelli convinti a percorrere un “ipotesi aggregativa” liberal socialista “perché come primo atto non danno anima e corpo ad una Epinay italiana come quella originale transalpina la quale — oltre a riunire i vecchi pezzi separati della tradizionale SFIO (Sezione francese dell’Internazionale Operaia) ovvero il partito del socialismo francese — portò nuove linfe al socialismo libertario francese come i radicai repubblicani di Mitterand e Mendes France, i cristiano sociali di Délors, Maire e Chereque, i giovani sessantottini socialisteggianti di Rocard?”

Potrei rispondervi che tutto o quasi tutto del mondo politico di allora — cioè dei primi anni ’70 – o è scomparso o è così cambiato da risultare irriconoscibile. Potrei aggiungere che lo stesso PS francese reinventato e unificato dal radicale Mitterand (che prese la prima tessera nel momento in cui fu eletto segretario) dopo l’apoteosi di due settennati e varie peripezie si è via via isterilito sino a subire le scorrerie e le amputazioni elettorali procurategli a sinistra dal social-comunista Melenchon e a destra dal liberale Macron così ridicendosi a poca cosa.

Potrei, ma preferisco illuminare ciò che della vostra suggestione storica mi sembra vitale e cioè l’idea o meglio il proposito di “un progetto rifondativo di un soggetto politico di ispirazione, socialista, democratica. e libertaria. Ebbene, sì, sono d’accordo sul progetto ma non sulla scansione temporale “prima tentare di rimettere insieme i frammenti dispersi della diaspora socialista per poi “innestare il socialismo In un soggetto collettivo, più ampio e aperto”. Se non bastasse proprio l’esempio francese che voi richiamate a sconsigliare l’eterna politica dei due tempi ricordo quel che è accaduto a noi, socialisti italiani, dopo il crollo della Prima Repubblica, dei PSI come di tutti gli altri partiti storici.

Quante volte in tutti questi anni avete, abbiamo, provato a superare la diaspora e a ricomporre l’unità dei socialisti? Quante volte ci siamo illusi anche tu ed io caro compagno Potenza? Quante volte abbiamo assecondato i tentativi di lntini e De Michelis, di Del Turco, di Boselli, Nencini? A quante sigle e simboli di partito han dato vita i socialisti in trent’anni di diaspora — SI e PS, SDI e Nuovo PSI e poi -ancora PSI, per non contarne -altri e gli ancor più vari e mutevoli raggruppamenti regionali e locali? E quante diverse, contradditorie alleanze abbiamo visto stringere da tutte quelle sigle in tutte le vigilie elettorali? Alleanze poi sciolte come neve al sole ingenerando in molti socialisti il dubbio di calcoli opportunistici e di mere ambizioni personali.

Di recente ho chiesto a Mauro Del Bue di tratteggiare sull’Avanti! un sommaria censimento di questi tentativi, una storia che per quanto infinitamente più piccola del nostro passato glorioso e doloroso è pur sempre la storia di socialisti se non una storia socialista: Quei che ne é risultato è un coacervo di annunci, un labirinto di intenzioni e, in un paio di occasioni, qualche seggio in Parlamento senza conseguenze politiche.

Invece quel che ancora vive e dura dopo tanto peregrinare e naufragare è la memoria diffusa, il socialismo delle famiglie che ne trasmettono il gusto ai figli e ai nipoti, da fede tenace, indomita di compagni di base, nuclei ed esperienze locali, sezioni e gruppi sparsi in cui giovani sopravvenienti hanno preso il testimone dai più anziani. Quella che non è mai morta è l’idea socialista o, meglio, le tante idee ed esperienze che hanno animato e popolato le vie maestre del socialismo che certo non sono quelle del massimalismo confusionario e inconcludente, della subalternità alla sinistra comunista e post comunista e tantomeno quelle confuse e corrive con un grigio e indistinto liberismo o con la destra populista, e sovranista. Magari deperite nell’Europa in cui nacquero quelle idee risorgono nell’America che un secoIo fa le estirpò con la violenza. Risorgono nel programma di Biden perché erano il manifesto” del socialista americano Bernie Sanders senza il quale la Clinton aveva perso con il quale Biden ha vinto. Di queste esperienze, di queste idee si è occupato l’Avanti! da quando è rinato manifestandosi e dichiarandosi quale loro voce: vice del socialismo liberale, voce del socialismo repubblicano, voce del socialismo tricolore, voce del socialismo ambientalista, voce della rinascita socialista.

Noi siamo gli scampati da un naufragio che ha inghiottito la Repubblica e tutti i suoi partiti con i loro vascelli e le loro casamatte, le loro scorie e le loro culture politiche. “Quanto è durato quel naufragio? Dieci venti, trent’anni? Se grazie al passato possiamo insegnare rudimenti di navigazione ai tanti impudenti ignoranti che occupano la scena politica dobbiamo a nostra volta tornare a imparare, dobbiamo ri-conoscere la società e il mondo di oggi così cambiati così diversi.

La rinascita socialista non è una questione di organizzazione: se bastasse l’organizzazione basterebbe affidare il nostro nome e il nostro simbolo a un’impresa di marketing et voilà ecco ricomparire il PSI. La rinascita socialista è questione di idee e di leadership, ma sopra ogni altra cosa è legata, dipende, è possibile se esercitiamo una funzione, se facciamo politica. Pietro Nenni diceva politique d’abord, la politica innanzitutto, e fare politica significa esercitare un ruolo, una funzione determinante o, almeno, incisiva. Significa pensare qui e ora, concretamente all’interesse della Repubblica, della democrazia, della società.

Caro Aldo, cari compagni, non c’è proprio ragione di dividerci tra chi vuole prima l’unità socialista e chi pensa di raggiungerla dentro l’unità dei riformisti. Non è questo il punto, il punto è fare politica. L’Avanti! appena rinato nel maggio del 2020 ha fatto campagna politica reclamando che di emergenza sanitaria e poi di vaccini si occupasse l’esercito italiano e non il finanziere Arcuri. Ha fatto politica contestando la gestione della sanità lombarda e quella del governo centrale, l’abbandono della medicina territoriale coi suoi dottori e i suoi presidi. Ha fatto politica contestando Salvini e Meloni quando sparavano contro l’Europa e solidarizzavano con Trump. Ben prima di Renzi abbiamo contestato Conte, “l’avvocato di panna montata che nessuno soffia via”, la sua retorica, la sua inconcludenza contro proponendo al piano del governo un altro piano scritto e sostenuto da esperti Socialisti e di altre forze politiche che convergevano con noi.

Ha fatto politica denunciando i tentativi di Conte di personalizzare e privatizzare i serviti segreti; criticando aspramente i dirigenti del PD da Zingaretti a Bettini a Orlando avvinti e genuflessi a Conte eletto a riferimento di tutti i progressisti. Di fronte al mercato di senatori di Conte e del PD abbiamo invocato Mattarella perché ponesse fine allo sconcio e chiamando Draghi desse vita a un governo del presidente. Rilevo di passata che abbiamo vinto tutte le battaglie e tutti i duelli che abbiamo ingaggiato, tutti senza eccezione, a mani nude con la sola forza delle idee e il prestigio dell’Avanti!

È perché abbiamo fatto politica che 24 deputati e senatori hanno costituito l’intergruppo parlamentare Amici dell’Avanti! cui partecipano voci diverse e dialoganti come ha scritto la, Presidente del Senato Casellati nel suo messaggio augurale. Questo gruppo trasversale non solo ci consentirà di essere presenti in Parlamento con le nostre iniziative politiche e culturali, ma se lo vorrà potrà diventare il nucleo propulsore della Grande Riforma costituzionale proposta dall’Avanti!

Una riforma necessaria e urgente, semplice e chiara illustrata in molte pagine di questo numero da costituzionalisti, politici, giuristi che hanno aderito alla nostra proposta.

Ecco, caro Aldo, penso di aver dato una risposta positiva al tuo dilmma: unire i socialisti? Sì, unire i riformisti? Si, purché serva a fare politica.
Con affetto per te e i compagni di Socialismo XXI° Secolo.

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