GIUSTIZIA SOCIALE E LIBERTA’

 

 

di  AldoPotenza– Presidente Socialismo XXI |

 

Il riformismo liberale non è mai esistito perchè il riformismo è sempre stato socialista |

Il “progetto Avanti! e Martelli” è rinascita socialista o seduzione lib-lab? Ci riferiamo non tanto all’evento-dibattito in video conferenza che Claudio Martelli con gli “amici dell’Avanti!” ha organizzato per il 30 aprile per festeggiare il 1° maggio ed un anno di attività del nuovo Avanti!, quanto a quella iniziativa, richiamata con entusiasmo anche da Carlo Calenda (uno degli intenventori del programmato dibattito), tesa ad una rinascita del Socialismo e del Riformismo su basi — secondo i proponenti — nuove ed allargate, non “reducistiche” ed in una veste aggiornata che superi la contrapposizione tra socialismo e liberalismo.

Il compagno Claudio Martelli afferma di voler ripercorrere il cammino interrotto di Carlo Rosselli, imperniato su una sintesi, da tenere in equilibrio, tra i valori dell’uguaglianza e della giustizia sociale e della libertà. Carlo Calenda gli ha risposto affermativamente con una piena disponibilità.

Il percorso culturale e politico di Carlo Rosselli, chiuso drammaticamente con il suo barbaro assassinio ad opera della marmaglia fascista, è stato praticato anche da G.L. e dal Partito d’azione. Certamente non ignoriamo che in Gran Bretagna fu un grande liberale, Lord Beveridge (e non i laburisti), a promuovere lo Stato sociale (welfare state) e non possiamo nemmeno dimenticarci l’alto contributo di altri grandi liberali, come Keynes e Dahrendorf, nell’indicare e proporre al mondo dottrine economiche e sociali molto avanzate e progressiste.

E per venire alle vicende di casa nostra, non ignoriamo il contributo della sinistra liberale fondatrice del partito radicale di Villabruna, Valitutti, Carrandini ed in particolare Pannunzio direttore del Mondo con la sua l’idea della “TERZA FORZA” che avrebbe voluto mettere assieme in un Partito le culture e le presenze socialiste, socialdemocratiche, repubblicane e liberal-progressiste, superando i vecchi steccati.

Questa ipotesi di casa nostra, però, naufrago, come anni prima naufragò la breve esistenza del Partito d’Azione, oggi evocato da Carlo Calenda. Ipotesi di dar vita organicamente ad una “Terza forza” (tra le due “chiese” quella democristiana e quella comunista) non venne all’epoca accolta né da Nenni e Saragat impegnati, dopo Pralognan, a dar vita all’unificazione socialista né da Ugo La Malfa che con Visentini e Reale (già azionisti) avevano combattuto nel PRI il repubblicanesimo tradizionale di Pacciardi. Anche i socialisti ex azionisti come Lombardi e Codignola non la presero in considerazione.

Ognuno, forse, aveva le sue buone ragioni per rifiutare l’ipotesi lib-lab o forse i tempi non erano maturi per collegare una piattaforma in cui libertà sociali e civili, eguaglianza e giustizia sociale avessero pari dignità e valore, o forse perché il riformismo liberale — come ricordava di recente lo stesso Claudio Martelli – non è mai esistito perchè il riformismo è sempre stato socialista – in quanto chiedeva che i “lavoratori e gli umili (e non le èlites) fossero protagonisti della democrazia e si facessero Stato. Oggi i tempi sono maturi per riproporla come indicano Carlo Calenda e Claudio Martelli? Non lo sappiamo, ma i proponenti ci dovrebbero spiegare prima i motivi per cui sono fallite le precedenti esperienze, da G.L., in poi.

Ai socialisti, dispersi in mille rivoli in una diaspora insopportabile, chiediamo invece, pur se sono convinti della bontà di questa ipotesi aggregativa liberal-socialista, perché come primo atto non danno corpo e anima) ad una “Epinay italiana” come quella originale transalpina, la quale oltre a riunire i vecchi pezzi separati in varie correnti della tradizionale SFIO — portò nuove linfe al socialismo libertario francese come i radicali-repubblicani di Mitterand e Mendes France, i cristiano sociali di Delors, Malie e Chérèque, i giovani sessantottini socialistizzanti di Rocard?

Socialismo XXI” ha promosso un Tavolo di concertazione aperto, e senza preclusioni di sorta, senza pretese egemoniche, per discutere di queste cose e per lanciare ed attuare un progetto rifondativo di un soggetto politico di ispirazione socialista, democratica e libertaria. Perché Claudio Martelli non ritiene che, per “innestare” il socialismo in un soggetto collettivo moderno, più ampio e aperto, sia opportuno prima tentare dì rimettere insieme i “frammenti” dispersi della diaspora socialista? Saremmo interessati a confrontarci con Lui e con chi condivide la sua ipotesi.

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