SUL MUNICIPIO S’ALZO’ LA BANDIERA ROSSA

di Dino Paternostro |

Il Ritorno |

Il partito socialista si ricompattò e le forze conservatrici non presentarono neanche proprie liste.
Sul municipio di Piana, quindi, sventolò la bandiera rossa. «La schiacciante vittoria fu possibile – scrive Francesco Petrotta nel volumetto indagine sull’assassinio di Mariano Barbato, socialista» (Li Zisa, Palermo, 2003) per l’opera instancabile di Nicola Barbato, che ritornando dagli Stati Uniti, riuscì… a ricompattare il partito socialista In quelle elezioni, le forze conservatrici, rassegnate alla sconfitta, non presentarono neanche proprie liste.

La sicura vittoria del partito socialista ebbe un peso nella decisione di perpetrare l’omicidio di Mariano Barbato e Giorgio Pecoraro, che proprio in quei giorni avevano avuto degli scontri con elementi di spicco della cosca mafiosa capeggiata da Ciccio Cuccia, anche se non fu certamente questa l’unica ragione». Assassinando Mariano Barbato, fu eliminata «l’anima ed il factotum» del partito socialista di Piana, «ma anche l’unica persona che potesse in quel momento reagire energicamente contro la mafia, nel caso di un probabile attentato alla persona di Nicola Barbato», scrive ancora Petrotta. Il leader socialista percepì che si puntava alla sua eliminazione fisica e alla distruzione del partito socialista.

Decise, quindi, di giocare d’anticipo, denunciando alla magistratura il sindaco Paolo Sirchia e gli assessori Luca Schiadà e Saverio Risco, quali probabili istigatori del duplice delitto Barbato-Pecoraro.

«Non sbagliò nella sua analisi sostiene Petrotta – e forse individuò anche i “suggeritori” del delitto.., ma fu un po’ ingenuo nel credere che gli apparati dello Stato potessero giocare un ruolo neutrale nella lotta che contrapponeva il partito socialista alla mafia». Questo risultò evidente otto anni dopo, quando la cosca di Ciccio Cuccia e di Tommaso Matranga conquistò il comune di Piana, proprio grazie a Paolo Sirchia e ad altri, che «organizzarono una manifestazione pubblica di sostegno alla lista democratica» (Luca Schiadà partecipò direttamente in giunta), e all’aperto sostegno del prefetto di Palermo Menzinger, del commissario regio Camillo Furia, del pretore di Piana avv. Antonino Romano e del vice commissario di pubblica sicurezza Melchiorre Viviani”, sostiene sempre Petrotta il 6 gennaio 1916, per evitare che l’uccidessero, la Direzione nazionale del Partito socialista dispose che Nicolò Barbato lasciasse Piana per trasferirsi a Milano.

Il 3 novembre 1915, infati, era stato eliminato dalla mafia il sindaco socialista di Corleone, Bernardino Verro, amico e compagno di lotte del Barbato.

Quei sinistri colpi di pistola, sparati in via Tribuna a Corleone, consigliarono ai socialisti di far cambiare aria ad un altro loro dirigente in pericolo. E Nicola Barbato emigrò a Milano, dove morì nel 1923.
Il processo per gli omicidi di Mariano Barbato e Giorgio Pecoraro si riaprì nel 1926, dopo le dichiarazioni dei loro figli Giuseppe Barbato e Nicolò Pecoraro, confermate da Maria Virzi, moglie del Pecoraro.

Questi dissero che i loro genitori qualche giorno prima del delitto avevano avuto dei durissimi scontri politici con i capimafia Giorgio Nino e Ciccio Cuccia.
Nel 1914 non avevano avuto il coraggio di fare queste dichiarazione in particolare, Giuseppe Barbato dichiarò che Vito Ciulla in punto di morte gli aveva confidato che il commando dei killer era composto da Giorgio Cuccia e Giovani Battista Sammarco, entrambi defunti.

Non trovando riscontri però, il l° maggio 1928 il Tribunale dovette prosciogliere per insufficienza di prove i fratelli Cuccia.