IL COMPITO URGENTE DEI SOCIALISTI

 

 

di  Renato Costanzo GattiSocialismo XXI Lazio |

 

Premessa

Entro breve sarà emanata la legge che autorizza il governo a predisporre una legge delega per la riforma fiscale, una delle riforme, insieme a quella della giustizia, pregiudiziali per l’avvio del PNRR.

La riforma fiscale è fondamentale per ridare un senso al funzionamento dello stato, ed è squisitamente politica in quanto determina il modo in cui le funzioni dello stato sono finanziate dai cittadini. Partendo quindi dalla situazione attuale e dai suoi difetti, si dovrebbe costruire un sistema fiscale equo e rispettoso della Costituzione ed in questo lavoro, noi socialisti di Socialismo del XXI secolo dovremmo essere in prima linea nel fare proposte. Auspico quindi una sessione speciale di discussione che, partendo dal lavoro svolto a Rimini, arricchisca la capacità propositiva della nostra associazione.

Ritengo che i punti da coprire siano:

● I difetti e le incoerenze dell’attuale sistema fiscale

● La progressività

● Gli incentivi, sussidi e imposte sostitutive

● L’evasione e la riscossione

● Le imposte sulle imprese

● L’imposta di successione

● L’iva

I difetti e le incoerenze dell’attuale sistema fiscale

L’attuale sistema fiscale nacque nel 1973, e in questi anni è stata modificata più volte, ma sempre con interventi non organici, per risolvere problemi contingenti ovvero per dare spazio a richieste di lobbies e potentati. Il risultato può essere sintetizzato nel confronto tra due elementi ovvero il gettito generato dal mondo del lavoro vs. il gettito generato dagli altri redditi confrontati con il reddito del mondo del lavoro vs. tutti gli altri redditi.

Confrontiamo quindi:

Gettito del lavoro/Gettito degli altri redditi       75/25

Redditi da lavoro/Altri redditi                             47/53

ne discende quindi uno squilibrio orizzontale che penalizza fortemente i redditi da lavoro e che dobbiamo lavorare al fine di riequilibrare l’onere così come è distribuito tra le classi sociali.

Quando fu pensato l’attuale sistema fiscale i redditi da lavoro rappresentavano il 65% del PIL, oggi quella percentuale è scesa a sotto il 50%, inaridendosi la fonte rappresentata dai redditi da lavoro, non si si sono attrezzate forme di tassazione per colpire nuove forme di reddito tipo quelli generati nel paese da imprese che operano in rete senza una stabile organizzazione nel nostro paese.

Ricordiamo un altro elemento, ormai cronicizzatosi, che offende in modo inaccettabile l’equità del carico fiscale, mi riferisco naturalmente al fenomeno dell’evasione che causa una perdita di gettito per un importo superiore a cento miliardi ogni anno.

Ma al fenomeno evasivo si affianca un altro elemento e che consiste nell’incapacità dell’amministrazione fiscale di riscuotere le imposte dichiarate o accertate. La Corte dei conti ci ricorda che dall’anno 2000 a oggi si sono accumulati crediti per più di 1.000 miliardi (pari ad un terzo del debito pubblico) di cui però si prevede di poterne riscuotere il solo 13%. Un fallimento evidente del nostro sistema su cui urge intervenire mutando profondamente il sistema della riscossione.

 Osserviamo che salariati, stipendiati e pensionati (ad eccezione del lavoro nero), non per loro virtù, ma per virtù del sistema, oltre a dichiarare il 100% dei redditi, pagano il 100% del dovuto. Dovremmo quindi puntare ad un simile risultato nella riscossione delle altre imposte.

Infine, non si può sottacere l’azione distorsiva effettuata in questi anni da interventi legislativi tesi a stimolare, agevolare, esentare, alcuni tipi di redditi, stravolgendo in tal modo tutto l’impianto fiscale e creando così una confusione che rende impervia una programmazione finanziaria che abbia un minimo di razionalità.

Vediamo ora in particolare alcuni punti che richiedono un approfondimento.

La progressività                                                     

La progressività è un principio costituzionale che all’inizio prevedeva per l’imposta delle persone fisiche IRPEF, ben 32 aliquote. Oggi non solo le aliquote sono solo 5 ma esse sono aumentate nelle aliquote basse (dal 10 al 23) e ridotte in quelle alte (dal 72 al 43).

Si sta discutendo molto sullo scaglione che colpisce i ceti medi dai 28 ai 55 mila euro che rimarcano uno scatto di aliquota dal 27 al 38%. Si penserebbe di spaccare lo scaglione in due nuovi scaglioni con aliquote che riducano l’incremento sostanziale. Va ricordato che questa proposta farebbe risparmiare imposte non solo alla classe media ma anche a tutti i redditi superiori, mentre nessun vantaggio sarebbe riservato per i redditi più bassi. Io, al proposito, sono favorevole ad una aliquota continua che aumenti ad ogni aumento di reddito.

Ma il vero tema è che la progressività riguarda solo i redditi da lavoro dipendente, dei pensionati e delle partite iva con fatturato superiore a 65.000€, ma il gettito da lavoratori e pensionati rappresenta più del 90% del gettito totale di questa imposta. Tutti gli altri redditi sono esclusi dalla progressività, e parlo dei redditi da capitale, da fabbricati, da capital gains e interessi, riducendo la progressività ad un confuso marchingegno riservato solo ai lavoratori e pensionati, ai limiti della legittimità costituzionale.

Il tema può vedere due proposte: a) o si riassoggettano a progressività tutti i redditi oggi esentati o tassati con facilitazioni o b) si trasforma l’Irpef in una imposta sui soli redditi da lavoro e le si affianca una imposta autonoma personale e progressiva sugli altri redditi.

Ricordo infine che l’istituto della progressività oltre ad essere uno strumento redistributivo, risponde al principio liberale che cerca di avvicinare lo sforzo marginale nella considerazione che il valore marginale di un € è molto più alto per un basso reddito rispetto ad uno alto.

Gli incentivi, sussidi e imposte sostitutive

La politica di partiti alla ricerca di facili consensi elettorali senza una visione globale e sintetica, ma rinchiusi in una logica corporativa ha trasformato il sistema fiscale in una miniera, una jungla di esenzioni, sussidi, crediti d’imposta, bonus, imposte sostitutive ed agevolazioni che hanno snaturato la logica interna del finanziamento dello stato. Recentemente, il responsabile dell’agenzia delle entrate Ruffini, ha proposto l’eliminazione di 800 leggi frutto del mercato delle vacche praticato con la legislazione fiscale.

Quando si vuol dare un aiuto o un incentivo a qualche categoria di contribuenti si usa ridurre il loro carico fiscale per cui nella contabilità statale le entrate appaiono al netto degli sconti concessi. Chiarezza e trasparenza vorrebbe che la contabilità riportasse invece da una parte, quella delle entrate, tutte le imposte maturate senza alcuno sconto e dall’altra  parte, quella delle uscite, i regali concessi evidenziando in che misura e a favore di chi. Operare per netto confonde e nasconde la verità, e non permette di giudicare serenamente sull’operato del sistema.

Quando si introdusse la cedolare secca sugli affitti si previde che la riduzione dell’imposizione avrebbe permesso di far uscire dal nero un numero di affitti sufficienti a recuperare il gettito perso a causa della riduzione dell’imposta. Alla cedolare ricorsero tutti quelli con una aliquota marginale superiore a quella flat della cedolare ed in effetti emersero molte situazioni precedentemente non dichiarate, ma il risultato finale fu una perdita secca di gettito. Come vedremo nel prossimo paragrafo, con le nuove tecnologie per l’accertamento dei redditi, non sarà più necessario offrire sconti in cambio di “compliance”, ma sarà il sistema accertativo a far venire alla luce tutto il sommerso senza bisogno di far regalie a chi ha difficoltà ad essere fiscalmente onesto.

L’uso della non imponibilità dei compensi dovuti a collaboratori sportivi è una diffusa pratica per eludere una corretta imposizione fiscale, di cui spesso si abusa, contribuendo ad inquinare il sistema fiscale.

La flat tax sui redditi da capitale mina l’equità orizzontale agevolando, ad esempio, i grossi percettori di dividendi e penalizzando i piccoli azionisti. Se infatti si calcola un utile di impresa pre-Ires pari a 100 da cui dedurre 24 di Ires, si avrà un dividendo pari a 76 su cui calcolare la percentuale fissa del 26%, ovvero 19,76 per un netto di 56,24. Il carico totale di imposta è quindi di 100 – 56.24 = 43,76. E questo 43,76% di imposta è pagata sia dal piccolo azionista che incassa 10.000€ di dividendi sia dal grande azionista che incassa 1.000.000 di € di dividendi, ed è più alta dell’imposta pagata da un pari reddito da lavoro.

NO! Occorre ripulire tutto questo marciume che infanga il sistema fiscale che insieme ad evasione e cattiva riscossione squalificano il nostro fisco a oggetto ai limiti della legittimità.

 L’evasione e la riscossione

Queste due voci sono la vera cancrena del nostro sistema fiscale. Le cifre coinvolte sono enormi e sono alla base, da una parte del grosso debito pubblico accumulato, dall’altra alla alta pressione fiscale gravante sui contribuenti onesti.

Si confrontano due sistema: a) il sistema dell’imposizione del lavoro e delle pensioni che, a parte la quota di lavoro nero, non evade un euro in dichiarazione e paga tutto il dovuto senza creare NPL nella contabilità dello stato, e b) un sistema relativo a molti altri redditi che sono ampliamente evasi e quand’anche dichiarati o accertati lasciano strascichi di insoluti di dimensioni immense.

Si tratta di applicare il sistema di imposizione riservato per il mondo del lavoro all’accertamento e riscossione degli altri redditi; il primo sistema si basa sulla figura del sostituto d’imposta il secondo sistema si basa sulla dichiarazione del contribuente. Ora il mondo del lavoro non è onesto di suo, ma è l’aver delegato al sostituto d’imposta l’accertamento e il pagamento delle imposte che fa del mondo del lavoro un contribuente onesto. Dobbiamo modificare il sistema di accertamento e riscossione degli altri redditi in modo da avere la stessa efficienza che si riscontra nell’imposizione e riscossione dei redditi da lavoro.

Molti strumenti sono stati introdotti; ricordo lo split payment, il reverse charge, la fatturazione elettronica, l’invio telematico dei corrispettivi, la deduzione a monte delle imposte sui dividendi etc. Tali strumenti hanno funzionato, anche se esistono tuttora delle falle che vanno approfondite, ma potranno funzionare sempre meglio con l’utilizzo di tecnologie che vanno dalla digitalizzazione all’intelligenza artificiale. Si pensi ad esempio per le imposte sui fabbricati la foto rilevazione aerea con droni dei fabbricati, il loro incrocio con il catasto e con le dichiarazioni dei redditi (in effetti ci aveva pensato Brunetta nel 2000 e sarebbe molto interessante capire perché finora la cosa non abbia funzionato). Ma si pensi anche all’obbligo di pagamento tramite pos, e ad un sistema di ritenute generalizzato, esteso anche ai privati cittadini, estendendo la figura del sostituto d’imposta. La digitalizzazione come premessa all’utilizzo dell’intelligenza artificiale applicata da un fisco all’avanguardia tecnologica è la strada per sanare questa purulenta piaga del nostro sistema fiscale.

Il prof. Vincenzo Visco, padre di molti degli strumenti anti-evasione sopra ricordati, nel 2017 ha pubblicato su Nens un saggio di 73 pagine tese a proporre strumenti fiscali finalizzati alla lotta contro l’evasione. Conoscendo le qualità del prof. Visco, mi sento di raccomandare al legislatore di studiare bene quel saggio se veramente intenzionato a combattere efficacemente l’evasione.

Per quel che riguarda la riscossione, va evitato, come raccomandato dalla Corte dei conti, lo strumento della rateizzazione del dovuto, che voluto con determinazione dalle forze politiche, viene utilizzato per pagare la prima rata (condizione per evitare penali e sanzioni) ma poi non viene seguito dal pagamento delle restanti rate che vanno ad ingrossare l’insoluto.

Le imposte sulle imprese

L’Ires è una imposta fortemente oggetto di concorrenza fiscale a livello comunitario. Non avendo l’Europa potestà sulla legislazione fiscale, i paesi membri della comunità si fanno concorrenza utilizzando un regime fiscale più favorevole alfine di attrarre capitali ed investimenti nel proprio paese, fino ad arrivare a creare veri e propri paradisi fiscali. E’ noto che molte imprese italiane hanno portato la sede fiscale in Olanda o l’impresa detentrice di brevetti in Lussemburgo per godere delle incredibili agevolazioni scorrettamente offerte da quei paesi. Lavorare per uniformare accertamento e meccanica impositiva tra i paesi membri eliminerebbe l’antipatica situazione che sottrae al nostro paese miliardi di gettito, ed eviterebbe l’offesa all’onestà dei contribuenti fatta dalle imprese che sfruttano le agevolazioni offerte da quei paesi.

 Sarebbe auspicabile, a livello europeo, che si portasse ad approvazione almeno la direttiva “Common consolidated corporate tax base” Ccctb, proposta dall’Italia oltre 20 anni fa, che propone un meccanismo di bilanci consolidati con determinazione del reddito a livello di gruppo con successiva ripartizione dell’imponibile tra i diversi Paesi ove le imprese del gruppo operano.

In questa sezione è auspicabile la ricerca di una imposizione globale per le imprese multinazionali che, operando in rete, mettono in crisi i sistemi fiscali come il nostro, basati sul criterio della stabile organizzazione, e poco adatti a trattare con l’immateriale. In questo campo si devono costruire criteri di imponibilità fiscale nuovi e necessariamente connessi con la comunità mondiale; la web tax può essere un inizio ma, a mio avviso, insufficiente.

Tengo a ricordare che il gettito annuo dell’Ires viene ogni anno redistribuito alle imprese stesse sotto forma di agevolazioni e incentivi diversi come rilevabile dal rapporto Giavazzi di qualche anno fa e che è stato oggetto di un mio articolo di qualche mese fa.

Occorre fare attenzione alla proposta di Nicola Rossi, dell’Istituto Bruno Leoni, teso ad azzerare l’imposta Ires per spostare l’onere sui soci al momento della distribuzione dei redditi. La proposta ha un suo fascino in quanto incentiverebbe enormemente il reinvestimento e l’autofinanziamento delle imprese, sarebbe comunque un finanziamento infruttifero a favore delle imprese e a danno dei contribuenti, che dovrebbe avere una compensazione inserendo nella gestione delle imprese una potenzialità gestionale della comunità.

L’imposta di successione

Per quanto riguarda questa imposta non posso che rifarmi alla proposta (ripresa e fatta parzialmente propria da Luigi Einaudi) dell’ing. Eugenio Rignano in un suo famoso saggio del 1901. Riporto da un mio articolo il meccanismo proposto:

“Il ragionamento che Rignano fa sulla fiscalità successoria tende a tutelare quanto una persona riesce ad accumulare nel corso della sua vita e che intende trasmettere ai propri discendenti, mentre sulle eredità acquisite dai propri ascendenti che non provengono cioè dal proprio lavoro, verranno applicate imposte di successione progressive nei successivi passaggi, fino alla completa espropriazione. Il suo schema prevede quindi una imposta di successione sulle ricchezze create dal de cuius molto bassa e vicina allo zero, aliquota che nel primo passaggio successivo sale al 50% e al terzo passaggio sale al 100%.”

La parte, che Einaudi cancella dal disegno complessivo pensato dal Rignano, riguarda la proposta di costituire con tutti gli introiti dell’imposta di successione un sistema di cooperative o imprese sociali per attuare quello che nella nostra costituzione sarà l’art. 46.

E’ assolutamente necessario che, in presenza di una continua polarizzazione della distribuzione dei redditi e delle ricchezze, l’imposta di successione, a suo tempo eliminata dal governo Berlusconi, torni a redistribuire la ricchezza colpendo le rendite ovvero i redditi non guadagnati.

In Francia questa imposta dà un gettito annuo di circa 15 miliardi, da noi qualche decina di milioni di €.

L’Iva

E’ una imposta sui consumi ed è di carattere regressivo, ma ha il pregio di essere alla base di una attività di accertamento cui dedicare molta attenzione se si vuol combattere concretamente l’evasione. Una prima correzione riguarda le operazioni cosiddette di arbitraggio (acquistare con aliquota alta e rivendere con aliquota inferiore) che da calcoli ragionati causano una evasione di circa 10 miliardi di € l’anno. Sarebbe il caso di considerare una aliquota unica (che eviterebbe totalmente l’arbitraggio) o, per non penalizzare i consumi essenziali, due sole aliquote, riducendo in tal modo quella pratica.

E’ poi fondamentale cancellare tutte quelle norme che esentano gli operatori dal regime Iva, rendendo al contempo obbligatoria la trasmissione telematica di fatturati o incassi. Serve poi uno sforzo per costruire un sistema che abbatta la diffusa pratica di vendite di beni e servizi non fatturati, estendendo la funzione di sostituto d’imposta ai privati consumatori. Non è certo con sistemi costosissimi come il cash back che si combatte l’evasione. Ma ve lo immaginate se richiedessimo la fattura all’idraulico (cito una professione a caso) pagando il 22% in più per avere uno sconto del 10% con un massimale di operazione e un massimale di importo semestrale. Il tutto con un onere per il bilancio dello stato di 5 miliardi di €? Follie.

Spero di aver aperto una diffusa discussione che qualifichi la funzione della nostra associazione.