LA RIFORMA DELL’IRES

 

di Renato Costanzo Gatti Socialismo XXI Lazio |

 

Si parla molto, in questi giorni, della riforma dell’Irpef ovvero l’imposta sul reddito delle persone fisica, ma, come affermato dal premier Draghi, una riforma fiscale non può che interessare tutto il sistema fiscale e non limitarsi a modifiche parziali non coordinate.

Di riforma dell’Ires ovvero l’imposta sul reddito delle società, ad esempio, non conosco alcuna proposta di modifica se non quella di Nicola Rossi fatta sulle pagine dell’Istituto Bruno Leoni.

Farò quindi la storia di questa imposta, la situazione attuale, la proposta di Rossi e le mie osservazioni e proposte.

Nasce come IRPEG

L’imposta nasce come IRPEG, imposta sul reddito delle persone giuridiche, e tassa con aliquota fissa (l’ultima pari al 33%) l’utile delle società. Va notato tuttavia che tale imposta era intesa come un acconto, a carico dell’impresa, ma di cui tener conto al momento della distribuzione dei dividendi. Vediamo come funzionava:

Una società dichiara un utile di 100 e su questi 100 pagava 33 di Irpeg, il netto di 67 quando distribuito ai soci era assoggettato all’Irpef. Il calcolo si faceva partendo dall’utile pre-Irpeg di 100 e si calcolava, con gli scaglioni progressivi, l’imposta a carico del socio (immaginiamo 43) e quindi si deduceva da questo importo l’importo già pagato come Irpeg di 33, per cui pagava 43 – 33 = 10 residuando un netto di 57 (ovvero 67 – 10 = 57).

La riforma Tremonti

Oltre a cambiare il nome da IRPEG a IRES, la riforma ha cambiato completamente il sistema di calcolo. Vediamo come; la società continuava a pagare 33 di imposta sull’utile di 100, i 67 residui, quando distribuiti come dividendo, venivano conteggiati, sempre utilizzando gli scaglioni progressivi, sui dividendi dopo aver dedotto un credito d’imposta commisurato all’aliquota IRES in vigore:

Anno     Aliquota IRES       Credito d’imposta          Imponibile

2000           37.0%                       58.73                            41.27

2001           36.0%                       56.25                            43.75

2003           34.0%                       51.51                            48.49

2004           33.0%                       60.00                            40.00

2008           27.5%                       50.28                             49.72

2017            24.0%                      41.86                             58.14

L’aliquota è quindi scesa dal 37 al 24% ma, essendo l’IRES un acconto, veniva aumentata la quota imponibile ai fine dell’IRPEF del socio beneficiario dei dividendi, imposta calcolata con la progressività prevista dagli scaglioni fiscali.

Il regime attuale

Successivamente il sistema, a parte un periodo in cui si differenziavano le partecipazioni qualificate da quelle non qualificate, è cambiato radicalmente nel senso che oggi l’impresa paga l’IRES al 24% e il socio paga ora una flat tax del 26% sul dividendo ricevuto. Va da sé che se si dovesse abbassare ancora l’aliquota IRES dovrebbe, proporzionalmente, aumentare la flat tax a carico del socio di capitale. Ad esempio, se l’IRES fosse ridotta al 20% oppure allo 0%, la flat tax dovrebbe essere come da seguente conteggio:

VOCI                         ALIQUOTA 24%                         ALIQUOTA 20%                  ALIQUOTA 0%

UTILE                              100.00                                        100.00                                  100.00

IRES                                   24.00                                          20.00                                       0.00

DIVIDENDO                      76.00                                          80.00                                   100.00

% FLAT TAX                      26.00%                                       29.70%                                   43.76%           

FLAT TAX €                       19.76                                          23.76                                      43.76

NETTO                               56.24                                          56.24                                      56.24

La proposta di Nicola Rossi

La proposta del docente a Tor Vergata è la seguente:

”Oggi bisognerebbe far partire la riforma fiscale dalla tassazione delle imprese. L’obiettivo primario dovrebbe essere quello di consentire alle imprese di irrobustirsi e crescere e di tornare a investire. Strutturalmente. Con le proprie forze o con quelle degli imprenditori. Trasformando, ad esempio, l’IRES in una imposta sui soli utili distribuiti. Non si tratterebbe di non tassare le imprese, ma di rinviare il momento della tassazione al momento della distribuzione degli utili.”

La proposta è quindi molto semplice: eliminare l’acconto, facendo accrescere le disponibilità e gli utili delle imprese, e rimandare l’imposizione al successivo momento della distribuzione degli utili, così come abbiamo calcolato nel prospetto applicando l’aliquota dello 0%.

Lo Stato perderebbe (o meglio rimanderebbe nel tempo sino alla distribuzione dei dividendi) un gettito annuo pari a circa 33 miliardi di € (cui aggiungere i 20 mld di Irap che Nicola Rossi propone di abolire tout court) con non indifferenti conseguenze sul bilancio statale.

Insomma, un prestito gratuito la cui durata dipende unicamente dalle scelte del capitale impedendo allo stato di poter programmare con piena scienza. A rimetterci, come al solito, sono i contribuenti che non vedono nessun corrispettivo ai loro forzati sacrifici.

Indubbiamente lo spostamento del pagamento dell’IRES al momento dell’erogazione dei dividendi (Nicola Rossi dimentica però di precisare che l’aliquota dovrebbe essere del 43.76% e non del 26%) aiuta la liquidità delle imprese e la loro capacità di investire in innovazione e tecnologia, è quindi un suggerimento da prendere in considerazione anche per la capacità di attrarre investimenti dall’estero. Certo c’è da affrontare il tema della “participation exemption” che qui non affronto, ma di massima non mi sento di archiviare la riforma proposta da Nicola Rossi.

La mia controproposta

La proposta di Nicola Rossi è a tutto vantaggio del capitale, lascia lo stato succubo delle decisioni del capitale e scarica ancora una volta il costo sui contribuenti. Per accedere alla proposta cerco però di modificarla per ridare egemonia allo stato e non sacrificare i contribuenti.

La mia controproposta sarebbe allora che l’IRES calcolata annualmente non sia versata dalle imprese all’erario, ma trasformata in partecipazione societaria dello stato nelle società di capitale.

L’impresa godrebbe in pieno della liquidità e della capacità di investimento, lo stato perderebbe gettito ma aumenterebbe il suo intervento di supporto alle imprese produttive, e ciò non come sussidi a fondo perduto al capitale, ma entrando nella governance delle imprese magari con forme che attuino l’art.46 della costituzione, i contribuenti vedrebbero i loro sacrifici che non si trasformano in trasferimenti netti a favore del capitale, ma tradursi in partecipazioni azionarie o societarie che oltre a produrre utili, permettono da una parte di entrare nella gestione delle imprese, dall’altra permetterebbero la costituzione di un fondo per un reddito di cittadinanza universale.