PER UNA NUOVA QUESTIONE SARDA

 

di Vincenzo Carlo Monaco – Coordinatore Regionale Socialismo XXI Sardegna |

 

Altro che “ questione sarda 2.0”, per i Sardi e la Sardegna è necessaria una “ Nuova Questione Sarda “espressione di un cambiamento evoluzionario e non di una seconda edizione di continuità, ma una Questione che recuperi lo stato iniziale di salubrità e vivibilità pre-industriale selvaggia e speculativa offerta come miracolo economico e sociale, dimostratasi sino ad oggi illusoria e fallimentare.

Una nuova questione che deve basarsi sulla scoperta della Autodeterminazione dei Sardi, non in termini di indipendenza autarchica e referenziale, ma di capacità di guardare il mondo globale per cogliere con lungimiranza, opportunità nuove compatibili con una vita “felice” , una recuperata compatibilità con la nostra terra ed il nostro popolo.  Osservando la situazione attuale, la classe politica e dirigenziale si è dimostrata altrettanto fallimentare su tutti i fronti, non ultimo quello della Democrazia e della Rappresentatività Partecipativa rendendo più debole la squadra che in Parlamento deve proporre, sostenere ed ottenere i risultati previsti e richiesti.

La svendita dei territori, del mare, dei sogni dei sardi, nonché i regali ai privati senza scrupoli dei patrimoni materiali ed immateriali per soluzioni economiche ed anche politiche di parte, ha caratterizzato per 70 anni la classe dirigente sarda in azioni spregiudicate, nascoste dietro a concetti di competitività e di un falso sviluppo. Decine di migliaia di lavoratori e di giovani emigrati, sono stati immolati sulla strada dei profitti altrui, di insufficienze strutturali e di tentativi di annientamento culturale.

Le banche sarde sono state regalate a favore di interessi al di là del mare e le produzioni tradizionali ed innovative in tutti i settori sono state umiliate in cambio di presenze economiche e finanziarie multinazionali nell’industria e nel commercio. Soltanto ricominciando da capo, su una nuova strada del vivere e dell’essere si potranno richiedere bonifiche risolutive, soluzioni bancarie pulite, nuove forme di trasporto interno ed esterno, superando l’isolamento, presenza di nuove imprese in tutti i settori anche innovativi, per interscambiare con i paesi dell’Europa e del mondo, soluzioni di vera qualità e sicurezza nella efficacia dei prodotti e dei servizi in cui siamo capaci.

La dissoluzione in atto dell’industria in Sardegna con la fuga dell’Eni con le sue promesse disattese che preparano per molti lavoratori di Portotorres e Macchiareddu un futuro incerto, il bluff della Chimica Verde, la Saras con il suo stato dì crisi con la Cassa Integrazione in arrivo per i suoi 1300 dipendenti ed i possibili guai giudiziari sui prezzi del greggio della precedente gestione, la Keller al tramonto con i suoi treni mentre sbarcano i treni Swing prodotti in Polonia per una rete ferroviaria più da museo che da alta velocità, la grande illusione della Valle del Tirso di Ottana, le politiche di smaltimento dei rifiuti di importazione e di quelli infetti da Covid, le mancate ed  infinite bonifiche delle aree industriali e militari, con centinaia di morti da uranio impoverito o da malattie cancerogene, sono solo alcune delle ultime notizie che i media riportano in questi giorni.

Questi fallimenti richiedono una nuova classe dirigente se consideriamo anche  le ingenti risorse impegnate con finanziamenti pubblici dal livello regionale a quello comunitario. Ed a proposito dei Fondi comunitari, al 30 giugno scorso la spesa certificata e spesa dalla Sardegna è stata del 26,84% sul FERS e del 27,39% su FSE riferendoci al Programma Operativo Regionale 2014/2020. Con una spesa certificata di 250 milioni di euro su 931milioni di risorse disponibili, si rischia a fine programma, considerando anche le possibili proroghe per la spesa a causa del Covid, di non spendere e veder dirottate i residui fondi a favore delle regioni più virtuose.

Per non parlare poi della dissoluzione del Sistema Sanitario a favore della sanità privata, e delle difficoltà createsi con quest’anno con il Covid e l’effetto trascuratezza delle migliaia e migliaia di visite ed interventi rinviate per i malati di tutte le delicate malattie che da urgenti sono passate in secondo piano o dimenticate. E la politica Energetica regionale, che in previsione del superamento dei fossili dal 2025, programmato dalla Unione Europea, non potrà essere realizzata per mancanza di una strategia alternativa di efficaci produzioni elettriche rinnovabili, ma veramente rinnovabili, facendo pagare da sempre ai sardi una bolletta elettrica più cara rispetto ai cittadini italiani, nonostante le esportazioni dedicate di energia prodotta in Sardegna e trasferite tramite gli elettrodotti SACOI e SAPEI? 

E la mancata continuità territoriale, affidata a vettori ed armatori che a piacimento rendono onerosi i trasferimenti con l’Italia e con l’estero da troppi anni, umiliando il diritto alla mobilità dei sardi? E che dire quindi della continuità territoriale incompiuta, in un mondo di mobilità flessibile che peggiora lo stato dei malati costretti a curarsi fuori dalla Sardegna per il pendolarismo sanitario.

Un mare di problemi per le famiglie irrisolti da un pessimo utilizzo dello Statuto di Autonomia Speciale? Ed ultima ma non ultima, la politica Agraria, Pastorale e di Allevamento, in continua lotta per la sopravvivenza di un settore nel passato riconosciuto fondamentale per lo sviluppo anche turistico della Sardegna? Ed un turismo crescente nel tempo ma indefinito nelle risposte settoriali e strutturali, sfavorito da una storica mancanza di vera strategia e da  una altalenante politica di accesso alla isola?

E le politiche culturali e della istruzione scolastica, considerando la specialità linguistica e storica della Sardegna, con il potenziale specialistico Universitario riconosciuto e confermato dai nostri ricercatori di successo all’estero? E la scarsa valorizzazione del patrimonio storico e strutturale  dei monumenti antichi e  moderni che potrebbero rappresentare una attrazione per tutto il mondo, tenuto conto della unicità ed originalità nuragica? E le inefficaci politiche dl lavoro e della formazione professionale che stanno causando una silenziosa emigrazione di giovani sui quali i genitori hanno investito sperando di poterli tenere vicini ed affermati nei settori per i quali hanno studiato?

Quanti altri punti interrogativi potremmo aggiungere come causa di una affermazione mancata del potenziale della Sardegna? Certo, queste osservazioni possono essere considerate di parte, e non sottovalutiamo anche la buona fede di molti dei protagonisti della storia politica ed economica della Sardegna, di questi ultimi 70 anni, ma pensare ad una continuità della Questione Sarda in questi termini è disastroso per noi tutti.

Per superare la esclusione o la ridotta partecipazione della Sardegna al gran ballo degli aiuti di Stato, cenerentola in Italia rispetto alla egemonia del Centro Nord, non serve la proposta di un 2.0 risarcitorio o di rivendicazione, ma una nuova strategia di progetti concreti di cambiamento sostenuti dai giovani e dalle donne di Sardegna, veri protagonisti di un futuro possibile di nuova politica, economia e società che  noi vogliamo per il difficile presente e per il futuro, dopo secoli di insufficienze di una classe politica superata dai tempi. Per questo creiamo sinergie!