LETTERA DI RINO FORMICA AI GIOVANI SOCIALISTI

Intervento di Rino Formica, letto dal compagno Iannini giovane socialista del “Comitato socialista per il NO” alla manifestazione “La piazza che non ci sta”. Roma, 13 settembre 2020, Piazza SS. Apostoli.

“IL 2 giugno del 1946 fu il giorno della Repubblica e della elezione dell’Assemblea Costituente. Io c’ero. Un giovane socialista di 19 anni.

I socialisti furono in prima fila per la Repubblica. Lo slogan elettorale era:”Votare prima per la Repubblica e poi per i socialisti.” Vinse la Repubblica ed il Partito socialista fu il primo partito della sinistra italiana. Fu in quel fuoco che si saldo’ l’indissolubile legame tra difesa delle Istituzioni repubblicane, rispetto della Carta costituzionale, e partecipazione di massa alle lotte sociali.

Chi oggi dice “I problemi importanti sono economici e sanitari e non quelli istituzionali” utilizza una mezza verità per coprire una impresentabile tendenza reazionaria avversa alla democrazia rappresentativa. Per 70 anni abbiamo vissuto momenti di esperienza democratica e fronteggiato tentativi di restaurazione pre-repubblicana. Ci ha difeso una Carta costituzionale rigida cioè una Carta che prevede procedure attente e meditate per ogni modifica alla Legge delle leggi.

Ci siamo difesi con una forte partecipazione popolare e di massa alla vita politica ed è stata costruita una rete di rapporti tra popolo, istituzioni, partiti, sindacati e organizzazioni rappresentative dell’immensa ricchezza del pluralismo culturale e sociale. Ci siamo difesi perché il controllo sul potere era garantito da un costante allargamento delle rappresentanze a tutti i livelli che avveniva secondo i principi generali ed indiscutibili: più si allarga la partecipazione, più si deve allargare la rappresentanza. L’efficienza è doverosa ma la praticabilità del controllo è una necessità. Da anni le nostre istituzioni sono investite da tendenze semplificatrici che denotano forme gravi di rifiuto del pensiero profondo.

Le conseguenze della rinuncia alla riflessione è la consegna al Capo, all’uomo della Provvidenza, di ogni decisione. È proprio il contrario di ciò che fa per istinto naturale un ragazzo che leggendo e studiando chiede di appropriarsi del proprio destino. Oggi siamo ad una prova alla quale si è sottoposti ogni volta che finisce un ciclo.
Nel ’46 pensammo prima alle istituzioni e poi alle condizioni per il benessere materiale. Oggi come allora il problema è lo stesso. Senza istituzioni democratiche non c’è vita libera. La riduzione dei parlamentari è un primo passo nella direzione nella erosione delle istituzioni democratiche.

Il secondo passo sarà quello di creare un bicameralismo perfetto e inutile.
Poi si dirà: due Camere uguali sono un lusso. Sopprimiamone una e poi si dirà una Camera con 200 parlamentari fa lo stesso lavoro di quella di 400. Togliamo quella di 400 che costa di più.
Poi, con una bella legge elettorale apparentemente proporzionale, ma piena di trabocchetti per ciò che riguarda lo sbarramento all’accesso alla competizione elettorale, con qualche disposizione sulle incompatibilità: il Gioco è fatto.
Così una legge ordinaria elettorale distruggerà la Costituzione rigida e travolgerà con la forza di una maggioranza parlamentare artificiale tutti i quorum di garanzia.
Un bel ritorno allo Statuto Albertino! Questo voto è importante, ma è ancora più importante ciò che avverrà dopo il 21 settembre. Se vince il NO come qui ci auguriamo, i perdenti ci riprovereranno.

Se vince il SI’ bisognerà organizzare la Resistenza Costituzionale. Buon lavoro e arrivederci al 21.