LA SCISSIONE DI PALAZZO BARBERINI: SARAGAT CONTRO NENNI

di Christian Vannozzi |

11 gennaio 1947, una data storica nella storia del socialismo italiano, segnata dalla nascita del Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI), per opera di uno dei più grandi statisti italiani, nonché futuro Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, che riunì sotto la sua egida i socialisti riformisti e moderati, tutti coloro a cui andava stretto il patto con il partito comunista e che vedevano all’Occidente a guida statunitense se non il bene almeno il male minore per un socialismo progressista e democratico che poteva coesistere con il capitalismo e soprattutto con i fondi statunitensi per la ricostruzione della Penisola, cosa letteralmente essenziale per un Paese distrutto, nell’animo e nello spirito, e che aveva bisogno di ripartire.

Nella storia socialista non sono mai mancate le scissioni, nel 1922, quando iniziarono le violenze fasciste parte dei socialisti moderati, tra cui Turati e Matteotti, furono espulsi perché auspicavano un’alleanza con i partiti liberali borghesi. Con la morte di quest’ultimo, barbaramente ucciso dai sicari fascisti, il PSU (Partito Socialista Unitario) fu guidato da personaggi come Filippo Turati, Giuseppe Saragat, Claudio Treves e Carlo Rosselli, personaggi che rappresentano la storia del partito dei lavoratori italiani.

Solo nel 1930, in piena era mussoliniana, i socialisti si riunirono in un unico partito dopo il congresso XX, in cui si stabilì la priorità della lotta al nazifascismo. Questa riunificazione però non resistette al patto troppo rigido con i comunisti, che in diverse parti d’Europa, non si erano ben comportati con gli alleati socialisti, basti infatti pensare alla Spagna, dove il POUM fu letteralmente distrutto, fisicamente parlando, dai comunisti che potevano contare sugli aiuti provenienti da Mosca.

I nodi vennero tutti al pettine nel 1946, quando il segretario del PSI Pietro Nenni stabili la linea della Sinistra Unitaria, e quindi dell’accordo d’acciaio con il PCI di Palmiro Togliatti. Per Saragat la scelta fu considerata scellerata, in quanto si stava perdendo l’identità stessa del socialismo italiano, ovvero di un socialismo che anche se aveva al suo interno una forte componente massimalista era comunque difensore degli ideali democratici.

Alle elezioni amministrative del novembre 1946 la parte più moderata del partito capì che occorreva una svolta radicale quando il PSI fu superato dal PCI. Per Nenni si doveva vedere all’avanzata della Sinistra, che comunque c’era stata, ma per Saragat, che all’epoca si mostrò molto più lungimirante, significava la sudditanza del PSI nei confronti del Partito Comunista.

Tornando all’11 gennaio 1947, presso Palazzo Barberini a Roma, si consumò la rottura tra i due leader socialisti, con Giuseppe Saragat che formò un nuovo soggetto politico democratico e riformista che poteva contare su ben 50 deputati tra cui diversi intellettuali.

A questa nuova formazione politica guardò con particolare attenzione Alcide De Gasperi, l’allora leader della Democrazia Cristiana, per una possibile alleanza contro i comunisti. Ormai volgeva al termine l’alleanza tra i tre grandi partiti di massa, DC, PC, PSI in chiave antifascista, e gli Stati Uniti, che oltre a liberare avevano anche occupato parte dell’Italia, iniziavano dei rapporti non proprio cordiali con l’Unione Sovietica, dando il via a quella che passerà alla storia come Guerra Fredda.

In un mondo bipolare, occorreva schierarsi, specialmente se si avevano i marines in casa, e di conseguenza la Democrazia Cristiana, che era comunque il partito di maggioranza, doveva necessariamente formare un Governo senza i comunisti e i loro alleati, tagliando fuori anche il PSI di Pietro Nenni.

Va specificato che la scelta non fu imposta dagli Stati Uniti, ma a ragion di logica De Gasperi, che contava sull’aiuto statunitense, doveva necessariamente optare per questo tipo di scelta. Se la decisione non fu esplicita fu almeno implicita. Nel mese di maggio 1947, i socialisti di Saragat, assieme ai partiti liberali, entrarono nel nuovo Governo che escluse PSI e PCI.

Alle elezioni politiche nel 1948, i socialisti riformisti, che presero il nome di PSLI, Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, assieme ad altri fuoriusciti socialisti, tra cui Ignazio Silone, prese il 7,1 % dei voti degli italiani e delle italiane alla camera, e il 4,2% al senato, mostrando di poter essere una valida alternativa alla Sinistra Radicale, per i lavoratori italiani.