LA CRISI DELLA SOCIALDEMOCRAZIA

 

di Luigi Ferro Socialismo XXI Campania |

 

La recente decisione della Corte Costituzionale tedesca avrà inevitabili ricadute sul piano economico , ma soprattutto sul piano politico. La sentenza, in accoglimento dei numerosi ricorsi presentati dall’area conservatrice, ha certificato il sovranismo in Germania. Ne ha rappresentato l’esistenza anche giuridica, o meglio la genesi, come quando nasce un bambino che viene nell’immediatezza riconosciuto dai genitori e registrato all’anagrafe del comune di appartenenza. La sentenza in esame rappresenta un megafono per i sovranisti teutonici e per quelli nostrani, ma direi per tutti gli euroscettici.

Una volta in Europa lo spettro era il comunismo, oggi è il sovranismo. Engels e Marx non lo avevano previsto.

Dal punto di vista economico, probabilmente cambierà poco. La BCE e la commissione europea hanno subito precisato che i meccanismi finanziari non cambieranno e che i titoli di stato dei Paesi maggiormente in difficoltà come l’Italia saranno  acquistati senza limiti per sostenere la doppia emergenza sanitaria ed economica. Non solo. La Corte di Giustiza Europea, le cui decisioni prevalgono sul diritto interno di ogni singolo stato, a suo tempo si era pronunciata in favore del quantitative easing voluto da Mario draghi, allora a capo della BCE. Insomma, nessuna sproporzione e nessuna violazione dei trattati in ordine alle misure intraprese ( SURE, BEI, BCE, recovery fund) per salvare l’Europa.

Ma la decisione della Corte Costituzionale di Karlsruhe ha un valore soprattutto politico perché abilita i conservatori e fa tuonare i loro omologhi di mezza Europa. E’ strano come la decisione dei Giudici tedeschi arrivi prima di un importante vertice del Consiglio di Europa per decidere le strategie di crescita e di sviluppo post-pandemia da COVID-19. Ancora più emblematica è la figura del presidente dell’organo della Corte ormai prossimo alla pensione. Coincidenze? No, incidenze, avrebbe risposto Sciascia. A pensare male si pecca, ma alle volte …

Il segnale è chiaro. In Germania e nei Paesi rigoristi quel rigurgito antieuropeista o , meglio, di insofferenza verso i popoli meridionali dell’Europa, Italia compresa, non è mai tramontato. Il tentativo è sempre quello ben noto di limitare e di commissariare la BCE in modo da spingere  le banche centrali dei singoli Paesi membri della UE a rifiutare ogni forma di finanziamento verso una istituzione colpevole di sostenere economicamente, e fin troppo, i soliti Paesi , spreconi e dalla finanza allegra. Paesi che non meritano di essere aiutati.

Questo è un primo dato politico.

Il secondo dato politico è il silenzio della Merkel di fronte all’ennesimo attentato alla UE. Forse per timore di perdere qualche LANDER? O forse perché intenzionata a ricandidarsi? Lo scopriremo strada facendo.

Il terzo dato politico, più preoccupante ritengo, è il silenzio della socialdemocrazia tedesca e di quella europea. Mi sarei aspettato un minimo di solidarietà, una difesa ad oltranza della UE e delle sue istituzioni politiche e finanziarie. Solo silenzi assordanti.

La socialdemocrazia in Europa attraversa da tempo una crisi profonda. Una crisi di identita’. Quali le cause?

L’analisi è sicuramente complessa, ma proviamoci ugualmente.

Dopo gli anni del blairismo e la terza via al socialismo tracciata da GIDDENS, con luci e ombre, la socialdemocrazia europea è caduta in un generale torpore, letargo. E’ apparsa smarrita, senza idee e senza una visione del mondo chiara e coerente. L’inizio del terzo millennio è stato funestato da gravi crisi internazionali che hanno segnato un certo appannamento del socialismo nel momento in cui il mondo intero aveva più bisogno di socialismo. E’ paradossale, ma è andata proprio così.

L’attentato nel 2001 di New York ha cambiato radicalmente il nostro modo di vivere e di relazione con gli altri. Diffidenze, timori, paure, hanno preso il sopravvento sul significato di comunità internazionale, di appartenenza che ha travolto anche le sinistre di varia estrazione culturale. La crisi economica del 2008, in un mondo interconnesso e globalizzato, ha cancellato ogni certezza, ogni equilibrio, e al tempo stesso ha prodotto nuovi poveri, nuove disuguaglianze. In ultimo, ma non meno importante, la crisi pandemica da COVD-19 che ha messo in evidenza tutte le nostre fragilità di uomini e le crepe di sistema.

Una crisi lunga venti anni quella della socialdemocrazia incapace di guardare  “de visu” le nuove realtà,  il nuovo mondo che l’alta finanza ha costruito a sua immagine ovvero sull’individualismo senza regole e spregiudicato.

Sospeso tra il passato e il presente, la socialdemocrazia appare inerte, assente, non in grado di volgersi al nuovo secolo e di affrontare con coraggio ed efficacia le nuove sfide. Appare atrofizzata, avvolta in sè stessa, autoreferenziale, timorosa, incerta, priva di ogni reazione, senza un volto, ma soprattutto senza un’anima, senza uno spirito guida. Una crisi di idee. Tematiche socialiste oggi sono diventate asse portante di una destra populista e sovranista. Da ciò discende la paura di affrontare temi politicamente ritenuti scomodi o impopolari per non perdere quelle “rendite di posizione”, in alcuni casi già ridotte al lumicino, temi scippati da movimenti politici appartenenti a una destra, per definizione europea, senza scrupoli ed eversiva.

L’immigrazione, lo sviluppo sostenibile, la tutela dell’ambiente, il disarmo e il pacifismo sono solo alcune delle questioni che hanno messo in ginocchio la socialdemocrazia più disponibile a tacere, a inseguire quella scia populista e neoliberista che danneggia irrimediabilmente le nostre vite. Sentire oggi alcune forze socialdemocratiche e i partiti nazionalisti è assistere a un dibattito fatto da una voce sola poiché non sempre è agevole coglierne le differenze culturali e di impostazione metodologica, quelle peculiarità che distinguono la sinistra dalla destra.

Pertanto, occorre voltare pagina e cambiare passo. Subito!

Serve discontinuità. Nel solco della migliore tradizione socialdemocratica o socialista (essere socialisti sottintende anche essere dei democratici) appare necessario fluttuare nel ventunesimo secolo, accettando le nuove sfide da superare con una visione diversa e moderna della società e del mondo che vogliamo, senza timori di sorta e senza pregiudizi. Insomma serve un processo di trasformazione identitaria della socialdemocrazia. Un nuovo “look”, per usare un anglismo, ma soprattutto idee fresche, nuove, di contenuto, moderne, senza approcci che risentano del rigurgito del passato, importante, da non dimenticare, ma da aggiornare.

Una forza che si rivolga direttamente alle nuove generazioni, al futuro, con una idea chiara del mondo che insieme vogliamo costruire. Un nuovo modello di vita e di società. Il vecchio mondo è stato spazzato via da vent’anni di crisi economica e sociale. Occorre ricostruirlo, ma lontano dagli schemi del passato che hanno segnato il passo delle socialdemocrazie. E’ la sfida dentro la sfida.

Il mondo è su un crinale pericoloso. Giustizia ed equità sociale sono diventati dei simulacri. Da qui si deve ricominciare per un mondo migliore.

Basta solo questo? Certamente, è un punto di partenza, facendo un po’ di sana autocritica. Non possiamo consegnare il mondo alle destre, a piccoli dittatorelli, ai gruppi neofascisti. Da Orban ai nazionalisti polacchi, l’elenco è lungo e allarmante. Dobbiamo essere all’altezza delle sfide proponendo una alternativa, una proposta, non ricette, ma idee di cambiamento della società possibili, realizzabili. Un nuovo ordine su un nuovo welfare correggendo quel liberalismo che ha prodotto solo disuguaglianze e devastazione ambientale.

Politiche di inclusione, ma anche sviluppo e sicurezza; tutela ambientale e sviluppo sostenibile, integrazione  e coesione sociale, regole e giustizia sociale, pacifismo, ma pronti a reagire con risolutezza  se la democrazia dovesse essere minacciata, sanità, agricoltura e alimentazione, sviluppo tecnologico e ricerca scientifica, sono solo alcuni dei vecchi e dei nuovi temi dai quali ripartire.

I socialisti di tutto il mondo devono riprendere il dialogo e su un progetto di vita condiviso stilare un MANIFESTO DEL SOCIALISMO DEL XXI SECOLO.

UNA NUOVA INTERNAZIONALE SOCIALISTA. Un processo di rinascita, di rifondazione, ma anche per alcuni aspetti revisionista, su neonate linee guida, per affrontare e vincere le grandi quanto cruciali questioni mondiali non più rinviabili, ponendo al centro dell’iniziativa politica l’individuo in quanto soggetto facente parte di una comunità regolamentata senza possibilità di smarcarsi, che non consenta fughe in avanti  ed in perfetta solitudine.

Dal POPOLO il socialismo deve ricominciare. Qui si annida il germe della crisi quando si creano delle praterie, degli enormi spazi,uno scollamento tra i cittadini e i suoi rappresentanti. Quando il socialismo diventa SISTEMA.

La posta in gioco è il futuro del socialismo. Ma anche  la nostra libertà e la nostra democrazia.