di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |
Il decreto di maggio è quello che più degli altri sarà determinante per il futuro dell’economia italiana. La missione è quella di aiutare l’economia del nostro paese, e ciò può essere fatto con diverse filosofie, ma il succo che mi pare debba predominare è quello esposto nel titolo di questo articolo, ovvero “aiutare le imprese” comunque esse siano affinchè esse continuino a comportarsi come si sono comportate finora e lasciando a loro la scelta della strada da perseguire, oppure “aiutare il sistema produttivo italiano” cercando strade diverse dal passato, dove troppe cose non andavano, e ridare egemonia al nostro sistema produttivo.
E’ alla luce di questa premessa che esaminerò le proposte che le indiscrezioni o le interviste di imprenditori e politici hanno rilasciato, da tre punti di vista: economico, fiscale e patrimoniale, societario.
Prestiti a basso interesse
Il prestito agevolato promosso dallo Stato col decreto liquidità, aiuta le imprese a far fronte alle difficoltà che nascono da tre mesi di mancato fatturato.
Da un punto di vista economico il prestito ridà liquidità alle imprese e permette loro di evitare procedure concorsuali causate da insolvenza sopravvenuta per colpa del coronavirus. Il prestito tuttavia non aiuta a far fronte alle perdite di gestione incorse in questo trimestre, ma soprattutto non permette di recuperare quella clientela, nazionale e internazionale, persa a causa della chiusura forzata. Da un punto di vista economico il prestito ha poca efficacia anche se dà una boccata di ossigeno a molte imprese.
Da un punto di vista fiscale il prestito non incide, se non per il costo di interessi passivi, che vanno a ridurre l’imponibile fiscale riducendo quindi l’onere fiscale.
Da un punto di vista patrimoniale il prestito va ad aumentare: da un lato la liquidità aziendale nella sezione attivo, mentre dall’altro lato, nella sezione passivo, va ad aumentare le passività non correnti proporzionalmente alla durata del prestito stesso.
Da un punto di vista societario l’azionariato e l’organo amministrativo rimangono intatti in testa agli originari capitalisti.
Sussidi a fondo perduto
Lo Stato eroga sussidi a fondo perduto alle imprese.
Da un punto di vista economico il sussidio costituisce una componente positiva di reddito che oltre a compensare le eventuali perdite accumulate nel periodo di chiusura, permette all’impresa di riavviare con forza l’attività produttiva, e pensare a programmi di sviluppo e di ampliamento cui probabilmente avrebbe dovuto rinunciare. Non ci sarà inoltre alcun onere aggiuntivo per interessi.
Da un punto di vista fiscale la sopravvenienza attiva rappresentata dal sussidio a fondo perduto aumenta l’imponibile fiscale che in sede di dichiarazione abbatterà del 30% il beneficio del sussidio stesso.
Da un punto di vista patrimoniale avremo, come nel caso precedente nella sezione attivo un aumento di liquidità, mentre nel passivo non avremo nessuna passività se non per il debito fiscale creato dalla somministrazione del sussidio. Il risultato d’esercizio sarà migliorato per l’importo del sussidio al netto delle imposte e rispetto al caso precedente, nessun interesse passivo aggiuntivo.
Da un punto di vista societario l’azionariato e l’organo amministrativo rimangono intatti in testa agli originari capitalisti.
Partecipazione dello Stato nell’impresa
Lo Stato versa liquidità nell’impresa in cambio di azioni o quote della società stessa.
Da un punto di vista economico l’afflusso di liquidità non va a migliorare il conto economico della società, ma permette all’impresa di riavviare con forza l’attività produttiva, e pensare a programmi di sviluppo e di ampliamento cui probabilmente avrebbe dovuto rinunciare. Non ci sarà inoltre alcun onere aggiuntivo per interessi.
Da un punto di vista fiscale l’intervento dello Stato non va a modificare l’imponibile fiscale, lasciando all’impresa il beneficio completo senza alcuna incidenza di aggiuntivi oneri fiscali.
Da un punto di vita patrimoniale, come nel caso precedente, nella sezione attivo un aumento di liquidità, mentre nel passivo non avremo nessuna passività ma un aumento del valore del netto patrimoniale pari all’importo del conferimento. Il risultato d’esercizio non avrà nessun onere aggiuntivo né per imposte né per interessi passivi.
Da un punto di vista societario abbiamo tre alternative:
● Modello Assonime: il socio Stato non ha alcun diritto di guida dell’impresa e forse neppure nessun eventuale dividendo; inoltre dopo un certo periodo di tempo i soci originari possono acquistare a loro discrezione il capitale del socio Stato.
● Modello topsy-turvi (alla James Meade) dove il socio Stato ha diritto agli eventuali dividendi da usare per il welfare state, ma non interferisce nelle scelte aziendali.
● Modello Mazzucato: il socio Stato agisce con tutti i diritti di gestione e di eventuali dividendi come i soci originari, con un peso determinante affinché il capitale conferito sia utilizzato per politiche aziendali che mirino a migliorare obiettivi sociali quali l’innovazione, la riduzione del nanismo aziendale, la digitalizzazione, la produttività.
L’opinione delle forze produttive
L’opinione di Confindustria è stata da subito chiaramente quella dell’opzione “Sussidi a fondo perduto” riportiamo un passo del presidente di Confindustria Bonomi: “ Lo Stato faccia il regolatore, stimoli gli investimenti, rilanci con più risorse il piano Industria 4.0. Ma si fermi lì. Non abbiamo bisogno di uno Stato imprenditore, ne conosciamo fin troppo bene i difetti”. Matteo Renzi è arrivato all’iperbole: “«No alla sovietizzazione dell’Italia».
Matteo Renzi commenta così la proposta del Dem Andrea Orlando di un ruolo dello stato nei cda delle aziende: «In tempi di crisi in tutto il mondo gli Stati danno soldi alle imprese per ripartire: prestiti o contributi a fondo perduto. Solo in Italia qualcuno chiede che lo Stato in cambio abbia posti in Consiglio d’Amministrazione. Noi siamo contrari. Sovietizzare l’Italia? No grazie». Che aveva detto Andrea Orlando? L’ex ministro della Giustizia ha dichiarato: “Il capitale delle imprese non deve essere partecipato dallo Stato per corrispondere ad un astratto modello ideologico. Il tema è valutare se lo Stato debba entrare per un determinato periodo, in modo da garantire che l’impresa mantenga gli impegni assunti nel momento in cui riceve finanziamenti a fondo perduto da parte dello Stato. Nessuno ha proposto che lo Stato entri nella governance delle imprese, né che si proceda a nazionalizzazioni“.
La Mazzucato ha scritto “Lo Stato non può limitarsi ad aggiustare i danni economici provocati dalla crisi finanziaria e dall’epidemia. Esso deve dare una forma nuova ai mercati, alle organizzazioni produttive e ai rapporti sociali e di lavoro che premi la creazione di valore e la resilienza sociale e ambientale. In linea con le recenti misure adottate nei precedenti decreti (sui temi della Golden power e sulle condizionalità legate ai prestiti garantiti), andrebbe potenziata la capacità dello Stato di dare direzionalità e promuovere il coordinamento degli investimenti e delle filiere produttive individuate come strategiche.
Affinché lo Stato possa portare a termine con successo i compiti di cui la crisi lo sta investendo, si rende urgente un rinnovamento delle competenze statali, la riorganizzazione delle strutture amministrative e l’acquisizione di un senso di missione da parte di chi opera nelle strutture pubbliche.
Per la realizzazione di una strategia industriale di successo, è fondamentale che vi siano strutture pubbliche dotate di effettive capacità di indirizzo. Molteplici esperienze nazionali e regionali del passato, quali le agenzie del New Deal rooseveltiano, il ministero dell’Industria giapponese, le tecnocrazie dell’Iri e dell’Eni, possono fornire spunti importanti di design istituzionale.
Per esempio, lo Stato italiano non può rinunciare all’opportunità di dare piena realizzazione al potenziale innovativo e sistemico che Cdp e il Mef detengono, rispetto al controllo di strategiche imprese pubbliche e agli strumenti di finanziamento paziente di lungo periodo.
È essenziale che l’Italia colga l’opportunità che questa gravosa sfida impone. Lo Stato, nelle sue diverse articolazioni, può creare e operare nei mercati a fianco delle organizzazioni produttive, impostando quel cambiamento strutturale del modello economico di cui l’Italia ha, oggi più che mai, improrogabilmente bisogno.
Mi pare pacifica l’opzione che il pensiero socialista deve scegliere.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.