IL GOVERNO CRAXI E L’ACCORDO DI SAN VALENTINO (14 FEBBRAIO 1984)

 

di Silvano Veronese Vice presidente Socialismo XXI |

 

In questi giorni, in occasione dell’anniversario della morte di Bettino Craxi, si sono sviluppate moltissime occasioni di dibattito pubblico  sulla rivalutazione positiva – anche da parte di alcuni suoi avversari del passato – sulla Sua opera di statista, sul piano nazionale ed a livello internazionale, rivalutazione che non esce affatto offuscata dalle vicende giudiziarie che l’avevano colpito.  

Non si è ricordato in questi eventi uno dei primi ed importanti risultati del suo Governo, e cioè l’accordo “triangolare” Governo/Imprese/Sindacati del Patto sociale del 14 febbraio 1984, detto anche “accordo di S.Valentino” che fu sottoscritto in quel giorno, dopo varie e complesse trattative, da tutte le Organizzazioni Imprenditoriali dell’industria, commercio e servizi, artigianato, agricoltura e cooperazione (comprese quelle c.d. di “sinistra”), da CISL e UIL e con la manifestazione di consenso della corrente socialista della CGIL. Non venne firmato, all’ultimo momento (dopo aver concorso in precedenza con i suoi segretari confederali  a scrivere molte pagine dell’intesa),  dalla sola CGIL).  

Solamente alcuni strumentali e superficiali servizi giornalistici e televisivi hanno ricordato quell’evento, ma definendolo ancora una volta come il decreto sul taglio della scala mobile o, addirittura, con l’infamante bugia del taglio dei salari come lo presentava a quel tempo nella polemica politica la vulgata comunista per giustificare il ricorso al referendum voluto dal segretario del PCI on. Berlinguer, con il dissenso della corrente “migliorista”. Referendum che venne sconfitto nella consultazione popolare. 

Se questo “patto sociale” si fosse limitato a questa determinazione, ci sarebbe stato bisogno di scrivere ben 25 pagine dell’intesa? 

Crediamo, perciò, opportuna un po’ di chiarezza per rendere – anche su questo aspetto – giustizia sull’operato del compagno Craxi, Presidente del Consiglio dell’epoca, nonché di Gianni De Michelis che – in qualità di Ministro del Lavoro – promosse e  coordinò le trattative. 

Intanto la scala mobile, che era il meccanismo di tutela del potere d’acquisto dei salari e la cui dinamica era collegata all’andamento dell’inflazione,  non fu né “tagliata” né tantomeno “soppressa” dall’accordo di S.Valentino (come affermava  l’infamante propaganda del PCI dell’epoca).  Per la cronaca,  la sua “soppressione” – con il trasferimento della sua funzione ad uno specifico strumento dei C.C.N.L. – avvenne anni dopo nel contesto degli  accordi “triangolari” con i Governi  Amato e Ciampi, rispettivamente del 1992 e 1993, questa volta anche con la firma della CGIL. 

L’accordo di  “S.Valentino”, nato all’inizio come verifica  del precedente patto sociale detto “accordo Scotti” (dal nome del Ministro del Lavoro che l’aveva promosso), prese la forma di un vero e proprio patto di concertazione sociale sotto l’impulso di Craxi e De Michelis  per concordare con le parti sociali una complessa manovra tendente a sviluppare una vigorosa azione anti-inflattiva (non va dimenticato che il Governo Craxi ereditò una grave  situazione con l’inflazione del 20%) e di rilancio delle attività produttive, della ricerca e dell’occupazione per poter agganciare il sistema economico nazionale ad una ripresa mondiale mentre la nostra economia reale marcava all’epoca (come ora) una preoccupante stagnazione. 

Con l’accordo di concertazione 14 febbraio 1984 vennero convenuti e sottoscritti determinati obiettivi per ognuno di vari fattori: aumento annuale del PIL, della produzione, dell’occupazione, degli investimenti e della produttività, contenimento del costo del denaro e dell’andamento dell’inflazione. Le parti sociali ed il Governo si impegnarono in comportamenti virtuosi coerenti con gli obiettivi convenuti.  

La riduzione dell’inflazione (per difendere  il potere d’acquisto dei salari e degli stipendi) e conseguentemente della dinamica  prevedibile della derivante  contingenza, vennero programmate attraverso la “prederminazione” per il solo anno 1984  dei futuri scatti di contingenza o “scala mobile” e la parallela “predeterminazione” delle dinamiche delle tariffe e dei prezzi controllati e con un impegno da parte delle imprese a “muovere”  i prezzi liberi in coerenza con tali obiettivi. 

L’inflazione – a seguito di questi virtuosi comportamenti – scese rapidamente e sensibilmente, mi sembra attorno al 4/5%. Tale risultato portò a far coincidere il tasso reale di inflazione con quello programmato, anzi a rendere inferiore il primo rispetto al secondo. Dov’era dunque il “taglio” dei salari blatterato dalla propaganda comunista?  Al limite si poteva parlare di contenimento dei futuri aumenti di scala mobile! 

L’accordo di “S.Valentino” non trascurò il fattore “lavoro”:  fu determinata una importante riforma del mercato del lavoro con l’introduzione di nuove tipologie di contratti per favorire nuova occupazione, fu introdotto il “contratto di solidarietà” per mantenere l’occupazione nelle aziende in crisi, fu prolungato (al contrario di ora) il periodo della CIG e della mobilità. Vennero istituite nuove società pubbliche per la promozione di nuove attività in sostituzione di quelle decotte e salvare così  l’occupazione ivi esistente. 

Vennero affrontate positivamente  alcune questioni riguardanti  il  FISCO e lo sviluppo della DOMANDA PUBBLICA (all’epoca come ora bloccata), ma una parte considerevole del “patto sociale” affrontò la decisa materia della Politica Industriale per dinamicizzare l’economia  attraverso l’individuazione di nuovi strumenti e di vari interventi pubblici, con il concorso di quelli privati, a carattere settoriale e/o territoriale con particolare riferimento alle aree depresse ed a settori in crisi di competitività e di mercato. 

Da allora, a parte i succitati patti sociali “triangolari” con i governi Amato e Ciampi del ‘92/93, non si è piu’ prodotto uno sforzo programmatorio di questa qualità e quantità di interventi, tanto che all’epoca il “sistema Italia” superò al quinto posto la Gran Bretagna nella classifica delle sette maggiori economie del mondo. Un esempio positivo ed importante di socialismo riformista, di “una sinistra di governo” capace di coniugare obiettivi di crescita economica con la salvaguardia dei bisogni sociali fondamentali. 

Oggi purtroppo, l’Italia si trova in coda persino in Europa nell’andamento del PIL, della produzione (in calo) e  della produttività! Un quadro economico e sociale che appare desolante al confronto della situazione di quel periodo. Un motivo in piu’ per aggiungere anche l’accordo “S.Valentino” nella rivalutazione di Bettino Craxi come uno dei maggiori statisti del dopoguerra italiano. 

Una campagna di chiarificazione. Avanti!  Febbraio 1984