OGGI TUTTI “RIFORMISTI”, MA VERSO LA DISUGUAGLIANZA SOCIALE

grafica a cura di Mauro Biani |

 

di Marco RaveggiSocialismo XXI Toscana |

 

Rispondendo ha una considerazione di un compagno, un responsabile nazionale di partito, ha scritto citando Renzi elevandolo a riformista di rango della “sinistra”, nel solco del socialismo e ne ha tessuto le lodi, accostandolo a Macron (altro grande riformista “socialista“) per poi lodarne le riforme come gli 80€, il Job’s Act o le modifiche costituzionali, per poi dire che oggi il socialismo deve guardare ai nuovi ultimi che non sono più gli operai o i contadini, bensì i “40enni professionisti precari” (parole sue). 

Ho risposto ponendo questa riflessione:
“leggendo la querelle di post e risposte, ho finalmente capito molto bene la differenza fra essere socialista oggi od essere un riformista moderato. Io sono uno di quelli che non ha apprezzato il Job’s Act ed ha contrastato la “riforma” costituzionale, vincendo il referendum. “L’appecoronamento” sulle posizioni renziane è evidente che non ha fatto bene certamente in special modo al Psi.

Sono state quelle le scelte che ci hanno oramai relegato non alla marginalità politica, ma alla totale inesistenza. Inutile oltremodo citare Macron (amato da Renzi non dai socialisti), non è l’esempio del socialista moderno, anzi, è l’esempio tipico del socialista “ancien regime“, trasformista, opportunista, sempre pronto al salto della quaglia.

Il socialismo difende i deboli e questi non sono i “giovani professionisti precari fino a 40 anni“, è veramente una affermazione insulsa (aggiungo qui, quasi offensiva), i deboli sono i “riders“, i deboli sono i ragazzi che fanno i promoter nei centri commerciali, i deboli sono le donne e gli uomini che fanno lavori di pulizia notturna per conto delle cooperative sociali (sociali de’ che?), i deboli sono i 50/60enni che si ritrovano senza lavoro e che non godono di nessun aiuto per reinserirsi, di nessun contributo formativo, i deboli sono gli anziani rimasti soli che improvvisamente scoprono che dopo anni e anni di passione, lavoro, attivismo, non sono più niente, per nessuno.

Questi sono i nostri target da socialisti, non i 40enni professionisti precari. Il Socialismo non è un’associazione professionale è un movimento di liberazione ed emancipazione, certo nel senso odierno e occidentale ma è questo, non è un club di prescelti.” 
Aggiungo qui che una riflessione vera su quali siano oggi i settori sociali che dobbiamo affiancare, tutelare e aiutare la dobbiamo fare. 
Appare evidente che tutte le parole spese su Bettino e il suo operato politico, forse sono state inutili e gia disperse al vento.

Il riformismo tanto sbandierato è una parola vuota se non indica quali sono le riforme che realmente vogliamo fare e per quali strati sociali le vogliamo fare. La riforma della prescrizione dei 5 stelle è riformismo?, la riforma di Berlusconi sul falso in bilancio è riformismo?, il famigerato Job’s Act di Renzi è riformismo? l’abolizione dell’Art. 18 è riformismo? la cosiddetta “buona scuola” è riformismo?…e si potrebbe continuare.
Ma sono riforme di destra o di sinistra? Per capirlo basta riflettere su chi è il reale percettore dei benefici di queste riforme. Il socialismo è riformista?  Certamente si, ma le riforme che il socialismo deve produrre devono avere dei beneficiari ben individuabili negli strati più deboli della società e migliorarne le condizioni.

Ovviamente anche le imprese e l’economia devono essere tutelate ed oggetto di queste riforme, ma il socialismo sta prima di tutto con la gente e fra la gente, non nelle segrete stanze del potere, oppure no?