di Renato Costanzo Gatti –  Socialismo XXI Lazio |

 

Premessa

Un mio amico mi ha accusato di qualunquismo perchè sostengo che Salvini è geneticamente fascista. Per oppormi al suo rilievo mi sono sentito in dovere di fare la seguente ricerca.

Lo Stato secondo Salvini

In questa Italia dominata dai tweet e da Facebook si sottovalutano, o quanto meno si archiviano senza analizzarle, le uscite di Salvini sui “pieni poteri”, sulle sue concezioni dell’esercizio della democrazia, sulla sua filosofia istituzionale.

 Salvini ha dichiarato:

 “E’ grave che un potere dello Stato intervenga nelle prerogative di un altro potere dello Stato”.

“Una scelta politica può piacere o non piacere, ma va rispettata. La domanda è: può un ministro fare ciò che ha promesso agli elettori o deve decidere qualcun altro?”.

Gli stessi concetti sono stati ripetuti nella memoria difensiva al Tribunale di Catania l’8 febbraio 2019 e nelle scomposte reazioni alla decisione del gip di Agrigento: “Togliti la toga e candidati con la sinistra” (4 luglio 2019).

«Chiedo agli italiani, se ne hanno voglia, di darmi pieni poteri per fare quello che abbiamo promesso di fare fino in fondo senza rallentamenti e senza palle al piede (..). Siamo in democrazia, chi sceglie Salvini sa cosa sceglie».

“Sono sicuro che raccoglieremmo cinque milioni di firme, se smonteranno i decreti sicurezza, per difendere i nostri confini”.

“Processare chi ha difeso l’onore, la dignità e la sicurezza del nostro Paese è folle. Propongo una autodenuncia di massa per chi difende il nostro Paese”.

“Invito i giudici a cercare un’aula abbastanza grande per processare un intero popolo”.

 “Chiederò ai senatori della Lega di mandarmi a processo. I giudici? Non rompessero le scatole a chi lavora”.

 “Siamo l’ultima ancora di salvezza per il popolo cristiano occidentale”.

Dopo la bocciatura del referendum rivolto ai giudici della Corte Costituzionale: “Vergogna, ladri di democrazia”.

Ad agosto mentre Conte ha convocato i sindacati per un incontro con il governo, Salvini convoca i sindacati al Viminale, la CGIL non accetta l’invito. Conte afferma: “Scorrettezza istituzionale”.

“Sui temi di controllo dei confini e di criminalità organizzata sono io a decidere”.

La minaccia allo Stato di diritto e alla divisione dei poteri portata dal leader leghista è tutt’altro che un’invenzione, come dimostra proprio il caso Gregoretti (e il precedente, identico, della Diciotti). E come confermano al di là di ogni ragionevole dubbio le parole pronunciate dallo stesso Salvini, che minaccia di organizzare una manifestazione contro la possibilità che il parlamento lo mandi a processo per quello che ha fatto.

Il dibattito sul caso Gregoretti (come sul caso Diciotti) dovrebbe essere piuttosto lineare: da un lato i difensori delle garanzie costituzionali poste a tutela dei diritti dell’individuo dagli abusi del potere (politico o giudiziario), dall’altro coloro che a quelle garanzie antepongono il mandato, che sostengono di avere ricevuto direttamente dal popolo-nazione, a realizzare il loro programma, posto pertanto al di sopra di tutto (diritti, leggi, principi).

 In sintesi la filosofia dello Stato proclamata da Salvini è quella per cui (art. 1 della Costituzione) la sovranità spetta al popolo, e l’eletto dal popolo riceve dal popolo il consenso sul programma da lui elaborato e nessuno si può intromettere a ostacolare il suo operato. Le altre funzioni dello Stato devono cooperare con l’eletto nel perseguimento dei suoi obiettivi e se hanno obiezioni sul suo programma si candidassero alle elezioni e si facessero dare il mandato dal popolo, anche se le obiezioni sollevate rientrassero nelle mansioni spettanti al ruolo ricoperto (giudici, presidenti dell’Inps, etc). Il rapporto diretto tra popolo ed eletto trova un solo ostacolo, nuove elezioni, nuovi programmi, nuovi eletti; altri ostacoli non possono intromettersi tra popolo ed eletto venendo quindi ad un superamento della divisione dei poteri, poteri che vengono ridimensionati a funzioni di cooperazione alla missione/mandato del capo eletto.

Con queste premesse ho fatto una ricerca su internet e ho trovato interessante il seguente testo:

La teorica della divisione dei poteri nel diritto pubblico fascista del giudice Salvatore Federaro del 1933.

L’autore inizia con il sunto del lavoro di Montesquieu, il quale “tendeva con la sua dottrina verso una maggior garanzia delle libertà dei singoli mediante una distinzione dei poteri: La liberté politique dans son rapport avec la constitution est formée par une certaine distribution des trois pouvoirs”, creare cioè dei poteri distinti e autonomi, fra loro separati, indipendenti ed uguali, di modo che all’occorrenza il potere possa arrestare il potere (il faut que le pouvoir arrete le pouvoir) e così prodursi l’equilibrio fra i poteri medesimi (perciò la teoria venne anche detta dei contrappesi): il potere legislativo che crea la norma giuridica; il potere esecutivo che, nei limiti di tale norma, svolge una attività concreta di governo; il potere giurisdizionale che interpreta ed attua la norma stessa, applicandola ai casi concreti.”

Mussolini, parlando il 30 ottobre ai Magistrati d’Italia nella sala delle Battaglie a Palazzo Venezia ha enunciato la fine del dogma della divisione dei poteri nel diritto pubblico italiano: ”Nella mia concezione non esiste una divisione dei poteri nell’ambito dello Stato. Per pensare a ciò dobbiamo tornare indietro di un secolo e mezzo, e forse allora si giustificava più da un punto di vista pratico che dottrinale. Ma nella nostra concezione il potere è unitario: non c’è più divisione dei poteri, c’è divisione delle funzioni”.

L’autore argomenta la fine della divisione dei poteri scrivendo che “la teorica della divisione dei poteri contraddice a quel principio essenziale, che vede nello Stato un organismo, per quanto sui generis, in cui tutte le parti sono connesse, tutte le funzioni sono coordinate a fondersi tutte in una grande unità.(…) Ma, secondo la concezione integrale dello Stato fascista, la sovranità non appartiene ad alcun organo dello Stato, ma unicamente e totalitariamente allo Stato; allo Stato, che è popolo; e come il popolo è uno, uno è anche lo Stato ed una conseguenza dev’essere anche la potestà sovrana. (…) Solo in questo caso si ha vera sovranità, poichè, come insegnavano esattamente i Romani – imperium nisi unum sit, nullum est. (…) Nella concezione fascista corporativa il potere è uno solo ed è di natura indivisibile: se si divide, si annulla.”

Andando nello specifico l’autore precisa che “il Capo del governo è diventato il fulcro, la figura centrale di tutto il sistema del diritto pubblico fascista. A lui esclusivamente appartiene di dare l’indirizzo politico al governo e allo Stato, avendo in tal modo ereditato i poteri che nel precedente regime appartenevano al Gabinetto, al quale appunto spettava di fissare l’indirizzo politico.” E per quanto riguarda i rapporti con il parlamento “nessun oggetto può essere messo all’ordine del giorno delle due camere, senza l’adesione del Capo del governo. E’ chiaro, quindi, che può tradursi in legge solo quel volere che emani originariamente e per adesione necessaria del Capo del governo. Pertanto può dirsi che l’iniziativa delle leggi risieda sostanzialmente nel Capo del governo. Per effetto di tale legge, il governo è divenuto il centro, l’organo primario e propulsore dell’attività legislativa, mentre il Senato e la Camera dei Fasci e delle Corporazioni si limitano a collaborare con esso per la formazione delle leggi. La produzione legislativa risale ormai, in modo prevalente, al Consiglio dei Ministri, convocato e presieduto dal Capo del Governo mentre le camere non fanno di regola che ratificare le deliberazioni di quello”.

Conclusioni

Le conclusioni le lascio a ciascun lettore, sarete voi a decidere se la filosofia di Salvini sia o meno un pericolo immanente per il nostro Paese.