LA COSTITUENTE SOCIALISTA E LA NASCITA DEL PARTITO SOCIALISTA UNIFICATO

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
SCUOLA DI DOTTORATO Humane Litterae
DIPARTIMENTO Scienza della Storia e della Documentazione Storica

CORSO DI DOTTORATO STUDI STORICI E DOCUMENTARI

(ETÀ MEDIEVALE, MODERNA, CONTEMPORANEA) CICLO XXVI

La questione della politica estera nel dibattito interno al Partito socialista unificato. Dal progetto di unificazione alla nuova scissione: 1964 – 1969

M-STO/04
Tesi di dottorato di: Eleonora Pasini Matr. n. R09045

ANNO ACCADEMICO 2012-2013

 

CAPITOLO PRIMO

1.5 La Costituente socialista e la nascita del Partito Socialista Unificato

Nel gennaio del 1966 cadde il governo Moro a causa della mancata approvazione del disegno di legge istitutivo della scuola  materna  statale.  Iniziò, così, una fase difficile per la vita politica italiana che si risolse dopo un mese di lunghe trattative riaffidando allo stesso dirigente democristiano, l’incarico  di  formare  il  nuovo  governo  nel  quale  Nenni  ricoprì  nuovamente  la  carica  di vicepresidente. Questo nuovo scenario politico accelerò  il processo di unificazione.  I due partiti socialisti di fronte alla grave crisi di governo assunsero, infatti, un atteggiamento comune che rafforzò il loro legame

“Le segreterie del Psi e del Psdi e i presidenti dei gruppi parlamentari dei due partiti hanno proceduto ad un ampio esame della situazione politica […] Le due delegazioni hanno registrato una piena concordanza di vedute sia sui motivi e sulle responsabilità della crisi, sia sull’atteggiamento da tenere per promuoverne la soluzione”70.

La stretta collaborazione e la comune presa di posizione dei due partiti diede nuovo slancio al progetto, ed iniziative più concrete furono intraprese  dai  due  partiti.

Nella primavera del 1966 il segretario del Psdi, Mario Tanassi, inviò alla Direzione del Psi una lettera nella quale si proponeva la costituzione di un Comitato unitario per l’unificazione socialista a livello di organi dirigenti nazionali dei due partiti guidato da “una ferma volontà di tutti i militanti del Psdi di porre fine, con l’unificazione, alla lunga e travagliata vicenda del movimento socialista italiano”, considerata: “obiettivo immediato, preliminare da realizzare”. Il Comitato avrebbe avuto, inoltre, il compito di vagliare tutti i problemi ancora presenti e procedere alla preparazione di un documento ideologico e programmatico. La lettera si concludeva con la convinzione che “attraverso il vostro ed il nostro impegno appassionato, coraggioso e responsabile sia possibile conseguire rapidamente l’unificazione socialista”71.

La proposta fu esaminata dai dirigenti del Partito socialista italiano  nella  seduta del Comitato centrale convocato per il 22 marzo. In questa sessione si predisposero le manovre per procedere verso l’unificazione ed il dibattito si rivelò molto accesso poiché emersero le forti contraddizioni ed i limiti che ancora circondavano il progetto di unificazione.

Il segretario del partito, Francesco De Martino, nella sua relazione, dopo aver valutato in modo soddisfacente la soluzione adottata per la crisi di governo, affrontò il tema dell’unificazione esponendone i caratteri e le questioni più importanti che il nuovo partito avrebbe dovuto affrontare. Il segretario del Psi rispose, inoltre, alla proposta formulata dal  segretario del Psdi Tanassi, esponendo in  modo molto chiaro i modi per giungere alla realizzazione di tale progetto.

“Per quanto riguarda i modi di attuazione, propongo di accogliere l’idea di costituire un comitato comune dei due partiti, Psi e Psdi nelle forme che sembreranno più opportune e che vanno anche precisate tra i due partiti. Propongo altresì:

• di ribadire e rafforzare l’azione comune anche alla base, in modo di interessare al processo di unità socialista tutti i militanti ed il maggior numero possibile di lavoratori, di cittadini, di intellettuali, di tecnici;

• costituire vari organismi e commissioni, nei quali si affrontino e si dibattano i temi indicati e gli altri ancora, che si riterrà utile; estendendoli anche alla periferia;

• chiamare a questo lavoro non solo esponenti del Psi e del Psdi ma anche altri gruppi e personalità interessate al rilancio del socialismo ed in grado di dare ad esso un contributo;

• investire ampiamente i partiti e l’opinione pubblica del dibattito, in modo che il processo unitario non sia un fatto di vertice, ma un grande fatto popolare;

• allo stesso fine, oltre che discussioni di base promuovere convegni nazionali;

• al termine di tale impegnativo lavoro e nel ragionevole tempo che sarà necessario, procedere alla convocazione di una grande assemblea nazionale socialista, costituita dai rappresentanti del Psi e del Psdi, nonché di altri gruppi aderenti, nella quale assemblea cui si potrebbe riconoscere il carattere di una costituente, fare il bilancio del lavoro compiuto e procedere alla redazione definitiva dei documenti costitutivi del partito unificato, da sottoporre infine ai rispettivi congressi”.

De Martino concluse il suo intervento con la speranza di poter iniziare questo processo mantenendo l’unità interna al proprio partito, per la quale non aveva mai smesso di lottare tenacemente, ponendola come premessa necessaria e fondamentale per realizzare nel modo migliore e giusto l’unificazione. Questo suo intento, che riteneva indispensabile, lo portò in più occasioni a scontrarsi  anche con Nenni,  il  più fermo sostenitore dell’iniziativa.

“Occorre costruire qualcosa di nuovo, ma anche solidamente in modo da resistere alle dure lotte che ci attendono. E per questo è essenziale cominciare con l’unità di noi stessi, senza disperdere nulla di quanto ci ha unito o ci unisce, di quanto dovrà ancora unirci nell’avvenire”72.

Nenni, intervenendo nel dibattito, confermò l’esigenza di accelerare  il  processo di unificazione considerata ormai necessaria ma soprattutto pronta,  anche  in seguito alla convergenza di posizioni prese dai due partiti socialisti davanti alla crisi di governo. Il leader socialista chiarì, inoltre, l’obiettivo da raggiungere ed il metodo da seguire per procedere nel modo giusto verso la conclusione del processo.

“E’ bene sottolineare ancora una volta che, con il dibattito sui contenuti dell’unificazione il Comitato centrale non è posto di fronte al frontespizio di un libro interamente da scrivere, ma trae le conseguenze di premesse che ha posto da almeno dieci anni in qua e prende il via da una precisa indicazione dell’obiettivo da raggiungere e del metodo da seguire.

L’obiettivo è stato indicato dal 36° Congresso nel rilancio del socialismo e delle forze socialiste a tutti i livelli.

Il metodo è stato anch’esso indicato ed è quello di un periodo di azione comune dei socialisti e dei socialdemocratici e di comuni assunzioni di responsabilità, da estendere a tutte le forze interessate all’avvenire socialista del nostro Paese. Questi sono i limiti del mandato che il Comitato centrale ha ricevuto e che è tenuto a rispettare”.

Nenni, affrontando, inoltre, il delicato e fondamentale tema dei tempi necessari alla realizzazione del progetto di unificazione,  argomento  che  aveva creato difficoltà all’interno di entrambi i partiti socialisti, pronunciò la nebulosa formula dei “tempi strettamente necessari”, non fissando né proponendo, così, una data precisa per la conclusione del processo.

“Non c’è problema di tempi brevi o di tempi lunghi, ma c’è soltanto il problema dei tempi strettamente necessari perché l’unificazione si un fatto di massa e di popolo e non di vertici, sial’unificazione non soltanto di due partiti ma di tutti i socialisti che non hanno riserve da fare sull’acquisizione del metodo democratico nel nostro Paese e fuori”.

Proseguì, inoltre, indicando il 2 giugno, ventennale della instaurazione della Repubblica ed il 10 giugno, anniversario dell’assassinio di Matteotti, come date significative e simboliche “ma troppo vicine per pensare che di qui ad allora sia possibile convocare la Costituente socialista ed i congressi di ratifica. Sono date che  il Comitato centrale può tuttavia assumere come momenti del processo di unificazione, impegnandosi a portare di qui ad allora quanto più avanti possibile la preparazione della Costituente socialista; sono date da accogliere  come occasione  per grandi ed impegnative manifestazioni unitarie di massa e di popolo”73.

La speranza di De Martino di poter realizzare una unità interna al partito prima di giungere all’unificazione fu subito disattesa.  Proseguirono,  infatti,  le dichiarazioni contrarie al progetto di unificazione pronunciate da alcuni  membri della minoranza che, forti e fermi nelle loro convinzioni, continuavano ad opporsi tenacemente a tale iniziativa.

Il più accanito avversario risultò Lombardi che, non avendo mai cessato di criticare l’operazione, nel suo intervento proseguì la battaglia individuando come “errore di fondo: quello della scelta dell’interlocutore […] col quale, nel corso di tante lotte politiche ci siamo puntualmente trovati in disaccordo su tutti i problemi  più importanti posti di fronte al Paese”. Il dirigente socialista non considerava, quindi, il Partito socialdemocratico l’alleato giusto ed utile con il quale il Psi si sarebbe dovuto unire.

“I due interlocutori hanno una loro storia un loro linguaggio e ogni parola di politica internazionale, sindacale, economica ha un suo retroterra di reciproche contestazioni e non di collaborazioni. Ciò spiega perché avvertiamo tanta difficoltà ad affrontare i problemi specifici al di là di quelli generalissimi per i quali l’accordo è facile74.

Anche Giolitti ribadì la sua opposizione al progetto di unificazione che, per il modo in cui era stata condotta, risultava, secondo il dirigente socialista, “una contraddizione o almeno una deviazione rispetto a quel proposito di costruzione di una alternativa socialista”. Proseguì sottolineando l’efficace contributo che la minoranza avrebbe potuto dare al processo di unificazione, identificato con “la funzione di tenere aperta quella prospettiva di unità delle sinistre e di alternativa socialista che a nostro avviso l’unificazione minaccia di chiudere”. Giolitti, infine, espose i rischi che tale processo avrebbe potuto correre.

“L’esigenza fondamentale da soddisfare è quella di una partecipazione ampia, attiva, effettiva e non soltanto coreografica. Il pericolo peggiore è che tutto si riduca ad un contratto tra i vertici, tra gruppi di potere. Perciò bisogna stare attenti a non dare troppa importanza al comitato o ai comitati tra i due partiti e a darne di più alle assemblee, ai convegni, per fare della Costituente il centro di raccolta di una elaborazione collettiva e non una parata”75.

Alla conclusione dell’approfondito ed acceso dibattito interno fu approvata dalla maggioranza una mozione che, però, non tenne conto delle critiche e delle valutazioni negative riguardanti il progetto di unificazione esposte dalla minoranza. La mozione, dopo aver ratificato la soluzione data alla crisi di governo, accettava la proposta del segretario del Psdi. L’unificazione, secondo le deliberazioni stabilite da tale mozione, si sarebbe dovuta realizzare “col massimo impegno e nei tempi strettamente necessari” non considerando, quindi, conclusa la fase di preparazione.

“Si è così aperta la via per la formazione di un grande partito socialista unificato tale da corrispondere alle aspirazioni dei lavoratori, in grado di promuovere la transizione al socialismo per via democratica e creare una società nuova. […] Giudica indispensabile promuovere un ampio movimento e un serio dibattito nel paese intorno all’unificazione socialista ed ai caratteri del nuovo partito con le più varie iniziative, in modo da arricchire con il diretto contributo popolare l’opera di creazione del Partito unificato. Al termine di tale attività il Comitato centrale è d’avviso che si convochi una grande assemblea costituita dai rappresentanti del Psi e del Psdi e di altri gruppi, che si sono associati all’unificazione, alla quale assemblea conferisce il compito di discutere ed approvare i documenti di costituzione del nuovo partito, da sottoporre infine ai congressi dei due partiti per l’approvazione definitiva”76.

Anche i membri della minoranza, non approvando le deliberazioni adottate  dalla maggioranza al Comitato centrale, presentarono una propria mozione che contrastava e si opponeva in toto alle conclusioni alle quali erano giunti i membri della maggioranza. La mozione, infatti, giudicava negativamente  i  risultati  della crisi di governo che “non risolve ma aggrava le tendenze involutive  già  manifestatesi nel secondo governo Moro” e nella parte riguardante l’unificazione affermava:

“La posizione della minoranza nei confronti dell’unificazione socialista è stata chiaramente espressa al 36° congresso. Tuttavia essa ha atteso con interesse le prime prove di quelle che “lotte comuni” che secondo la maggioranza avrebbero dovuto costituire la condizione e insieme la testimonianza dall’operazione politica da essa proposta. Ma in verità al di fuori di clamori propagandistici e di comizi in comune queste prime prove non hanno dato la sensazione di un sostanziale accostamento socialdemocratico alle tesi tradizionali del movimento socialista italiano, neppure nella interpretazione data ad esse dalla maggioranza al Congresso”77.

La decisione socialista di proseguire sulla strada dell’unificazione venne esaminata dal Comitato centrale del Psdi riunitosi il 6 e 7 aprile. Nella relazione del segretario, votata all’unanimità, emerse chiaramente  la  delusione  e l’insoddisfazione nei confronti della soluzione adottata dal Psi relativa ai tempi dell’unificazione. Il problema legato ai tempi di realizzazione del progetto tornò, quindi, ad essere l’ostacolo principale da superare, una questione che cominciava ad irritare i dirigenti del Psdi ad iniziare dal segretario. Mario Tanassi considerava inutile, infatti, un nuovo rinvio per un processo ormai giunto, anche secondo l’opinione di tutto il Partito socialdemocratico, alla fase conclusiva.

“E’ stato proprio perché siamo convinti che quanto più presto l’unificazione si conclude, tanto più presto si avvia il processo unitario della classe lavoratrice, tanto più celermente si rende sicuro il quadro dell’ordinamento democratico in cui vogliamo raggiungere i nostri obiettivi socialisti, che siamo rimasti toccati dalle decisioni dell’ultimo Comitato centrale del Psi che non ha ritenuto di considerare in “fase conclusiva” il processo di unificazione socialista. L’unificazione socialista ha fatto dei grandi, importanti passi in avanti. […] L’unificazione socialista ha attraversato ormai felicemente le due prime fasi che potremmo definire “del pensarne e non parlarne” e “del pensarne e parlarne”. E’ ora di parlarne e di attuarla”.

Tanassi, inoltre, proseguì nella sua critica, ribadendo la profonda delusione nei riguardi dei tempi proposti dal Partito socialista per attuare l’unificazione.

“Crediamo di essere strettamente obiettivi, così come profondamente dispiaciuti quando siamo costretti a constatare che esiste una contraddizione entro le stesse conclusioni cui è giunto il Comitato centrale del Psi. Mi riferisco ai punti in cui, da un lato, si afferma che l’unificazione non è entrata nella fase conclusiva e, dall’altro, si propone di affrontare le prossime competizioni elettorali amministrative con liste uniche, che la suddetta fase conclusiva permettono”.

Il segretario del Psdi respinse, così, la proposta di presentare liste uniche  alle  elezioni amministrative di giugno pensando che tale operazione, realizzata prima della conclusione della unificazione, non ne avrebbe agevolato il processo ma al contrario lo avrebbe ritardato. Tanassi nella replica  riconfermò “l’impegno  totale  del Partito a condurre a rapida conclusione il processo di unificazione socialista” considerata “garanzia dello sviluppo democratico e della crescita civile del Paese”. Il segretario riprese, inoltre, la spinosa questione dei tempi ribadendo con fermezza la necessità di accelerare i tempi.

“In politica non conta soltanto che un avvenimento si verifichi, conta anche, e molto, quando esso si verifica. Le esigenze del Paese e dei lavoratori italiani non consentono indugi su una operazione di così larga ed essenziale portata: i socialisti italiani non possono non cogliere, pena gravi rischi per la democrazia, questa spinta unitaria; né dimenticare che i loro partiti appartengono a tutta la classe lavoratrice ed al Paese”78.

Il Comitato centrale socialdemocratico stabilì, quindi, di presentare alle  elezioni liste autonome di candidati ed, inoltre, diede mandato alla Direzione del partito di procedere alla nomina dei componenti del Comitato paritetico.  La  prudenza dei dirigenti socialdemocratici portarono il partito alla decisione di  proporre liste separate dal Psi, scelta che alla vigilia dell’unificazione si rivelava alquanto bizzarra. Nenni, che al contrario avrebbe preferito la presentazione di liste comuni, rimase deluso dalla diffidenza e cautela dimostrata dai dirigenti del Partito socialdemocratico.

Il Comitato paritetico, si riunì per la prima volta il 22 aprile a Roma, a Palazzo Wedekind con il compito di elaborare e formulare i documenti che, in seguito, sarebbero stati sottoposti all’approvazione dei Comitati centrali dei due partiti socialisti. Il nuovo organo formato da Nenni, che ne fu eletto presidente,  De  Martino, Brodolini, Balzamo, Bertoldi, Cattani, Ferri, Giolitti, Lombardi, Matteotti, Venturini e Vittorelli per il Partito socialista e da Tanassi, Cariglia, Ariosto, Battara, Margherita Bernabei, Ippolito, Nicolazzi, Pellicani, Paolo Rossi, Ruggiero e Viglianesi per il Partito socialdemocratico, trovò davanti a sé un lavoro molto arduo  e complicato, dovendo fissare in modo chiaro e puntuale gli obiettivi e la funzione che il nuovo partito avrebbe dovuto ricoprire all’interno della politica italiana ed internazionale. Il 13 maggio il Comitato paritetico si divise in tre sottocommissioni incaricate di procedere all’elaborazione della Carta ideologica, delle norme  transitorie e dello Statuto provvisorio.

Furono molte, infatti, le questioni discusse ed affrontate all’interno del Comitato, poiché numerosi erano ancora i dubbi e le perplessità presenti nei due partiti. Tali dubbi erano legati a questioni delicate ed importanti come quelle riguardanti la collocazione nel movimento operaio ed i rapporti con il Partito comunista, le relazioni internazionali e la politica sindacale. All’interno  del  Comitato paritetico era rappresentata anche la minoranza del Psi palesemente contraria ed ostile al progetto di unificazione. Lombardi, Giolitti e Balzamo, nonostante partecipassero attivamente alle riunioni del Comitato, non riuscirono, però, ad incidere ed influire in modo significativo sui contenuti e sulle linee  formulate dagli altri membri del Comitato che predisposero, così, documenti  nei quali i dirigenti socialisti non si sarebbero riconosciuti. La minoranza del partito socialista, quindi, una volta conclusi i lavori del Comitato, non lesinò critiche e disapprovazioni rivolte a tali documenti, non identificandosi nei principi presenti in essi.

Per volontà dei socialdemocratici fu stabilito, inoltre, di conservare dalla Costituente socialista al primo congresso del Partito unificato la gestione paritetica dalle sezioni fino alla Direzione, sommando dovunque gli organi in carica al momento della Costituente. I due partiti socialisti sarebbero rimasti, quindi, due organi distinti anche dopo l’unificazione. Tale decisione avrebbe provocato molte difficoltà e disagi nella vita interna del nuovo partito. Il desiderio  di  voler  preservare le rispettive cariche ed il potere all’interno del partito nascente prevalse sull’aspirazione di raggiungere una completa fusione dei due partiti. Tale procedimento trasformò, così, l’unificazione in una mera somma di apparati e la gestione paritetica avrebbe, infatti, frenato e rallentato il partito come risultò in seguito.

In occasione del 1 maggio il Partito socialista italiano e quello socialdemocratico decisero di pubblicare un manifesto comune davanti al Paese per dimostrare e sottolineare le affinità di intenti e l’impegno comune  nel procedere  uniti e determinati verso l’unificazione, annunciando, infatti, di essere “intenti a realizzare l’unificazione di tutti i socialisti in un solo grande partito” augurandosi, inoltre, che “con l’appoggio e l’adesione dei lavoratori l’unificazione sarà un grande fatto di popolo, un fattore potente di acceleramento verso nuovi traguardi di eguaglianza e di benessere”79.

Il 12 giungo si svolsero in alcune importanti città italiane le elezioni amministrative che videro una considerevole avanzata del Psdi che presentò liste separate rispetto a quelle socialiste, come stabilito dalle deliberazioni del Comitato centrale svoltosi in aprile. I risultati elettorali, che premiarono i socialdemocratici in città importanti come Roma, Genova e Firenze, offrirono un nuovo slancio alla prospettiva dell’unificazione.

Intanto proseguivano le riunioni del Comitato paritetico che alla fine di luglio concluse i suoi lavori elaborando, dopo l’esame dei sottocomitati, la Carta dei principi, le Norme transitorie e lo Statuto: documenti che sarebbero stati alla base della costruzione del nuovo partito unificato.  Nella risoluzione  finale presentata il  29 luglio del 1966 si stabiliva, inoltre, di convocare per la metà di settembre i Comitati centrali dei due partiti, alla fine del mese i due congressi straordinari ed, infine, si fissava per i giorni 22 e 23 ottobre la Costituente socialista, che sarebbe stata formata dai delegati dei due partiti scelti nei rispettivi congressi straordinari. Nenni, presidente del Comitato, espresse grande soddisfazione peri risultati ottenuti nonostante la nota stonata rappresentata dal voto contrario di Lombardi, Giolitti e Balzamo che si rifiutarono di riconoscere il testo del documento politico programmatico elaborato dal Comitato80.

La Direzione del Psi, convocata alla fine di luglio, approvò i  documenti  politici e programmatici predisposti dal Comitato paritetico, con il voto contrario della sinistra. I membri della minoranza, che avevano fatto parte del Comitato paritetico e quindi partecipato ai lavori ed alla stesura finale dei documenti, riconfermarono il loro rifiuto, non condividendo i principi contenuti in essi. Per i membri della minoranza, dunque, i limiti presenti nelle dichiarazioni formulate dal Comitato erano insormontabili. Durante il dibattito in Direzione i dirigenti della minoranza illustrarono le loro rispettive posizioni motivandole con lunghi ed articolati discorsi.

Lombardi chiarì il suo rifiuto principalmente per quattro ragioni:

• la rinuncia ad una chiara presa di posizione sul fenomeno dominante dell’imperialismo nella sua più vistosa manifestazione di intervento militare e finanziario degli USA;

• l’adesione data al sistema di alleanze ed alla politica di equilibrio militare, adesione che è un ostacolo a far valere una posizione efficace dell’Italia nel momento in cui i sistemi di alleanza sono in crisi e possono aprire la via a condizioni nuove di convivenza pacifica;

• la frontiera mantenuta ed aggravata a sinistra verso il Pci e il Psiup, frontiera quanto meno anacronistica, nel momento in cui in paesi occidentali il problema della collaborazione con i comunisti è considerato in modi nuovi spesso positivi; frontiera incompatibile con il proposito di perseguire una politica di riforme capace di aprire le vie al socialismo;

• la equivoca sistemazione della questione sindacale”81.

Anche Giolitti criticò il documento politico programmatico che, secondo il dirigente socialista, presentava “un duplice difetto di carattere  generale:  si  preoccupa troppo di mettere in salvo alcune suppellettili del cosiddetto patrimonio ideale e troppo poco di fornire un’analisi della situazione storica a supporto di un’azione socialista efficace”. Il suo giudizio, però, rispetto a quello di  Lombardi, che si limitava alla sola critica, presentava alcuni elementi di riflessione costruttiva. Giolitti, infatti, dopo aver sostenuto che la sua “non vuole essere un’ultima schermaglia in una battaglia postuma contro l’unificazione”, individuava come oggetto fondamentale del dibattito non più “il sì o il no all’unificazione” ma “la politica che dovrà fare il nuovo partito e la sua conformazione come strumento  adatto ad essa”. Questo era l’importante tema sul quale tutti i dirigenti socialisti si sarebbero dovuti concentrare. Il dirigente socialista si augurava, infine, che “la Costituente non si riduca ad una mera coreografia ma si traduca nell’effettivo e qualificato apporto di nuove forze”82.

Il Comitato centrale del Partito socialista italiano fu convocato il 17 settembre 1966 e, come stabilito dal Comitato paritetico, ebbe il compito di ratificare i documenti dell’unificazione, deliberando di sottoporli, in seguito, al congresso. Durante la riunione proseguì il dibattito che aveva già infiammato alcuni dirigenti socialisti in Direzione. La minoranza, pur ribadendo il voto  contrario  “sia  per quanto riguarda le critiche alle formulazioni di principio sia per quanto riguarda il dissenso rispetto alle indicazioni di linea politica”, confermò la propria presenza nel nuovo partito83.

La minoranza, quindi, riaffermò nuovamente il proprio voto contrario volendo, però, al contempo, essere presente nel nuovo organismo politico. Al centro degli interventi, presentati durante il dibattito interno al Comitato centrale vi era  una feroce e totale critica rivolta ai contenuti ed ai principi sanciti dalla Carta dell’unificazione. Il documento, elaborato in gran parte da Pietro  Nenni  ed  approvato dalla maggioranza del Comitato paritetico, illustrava i caratteri ideologici ed i principi sui quali il nuovo partito si sarebbe dovuto basare. L’elaborazione definitiva del testo non fu raggiunta facilmente, poiché numerose furono le riserve rivolte al leader socialista provenienti dall’esterno del partito da parte di Saragat ma anche dall’interno dallo stesso segretario del Psi, De Martino.

Il leader socialdemocratico in una lettera inviata a Nenni nel giugno del 1966 fece alcuni appunti e propose “pochissime modifiche” ritenute, però, “necessarie” da apporre al testo predisposto dal leader socialista. Nel testo della missiva Saragat proponeva alcune correzioni che riguardavano temi importanti; il leader socialdemocratico avrebbe voluto che si sottolineasse la stretta correlazione tra politica riformista e collaborazione con le forze democratiche laiche e cattoliche,  e  si accentuasse il richiamo ai valori “universalmente umani”. Affrontando, inoltre, la delicata questione riguardante il rapporto teorico con il marxismo, che continuava a considerare “l’esperienza teorica fondamentale della storia del socialismo del XIX secolo”, suggerì una formula alternativa che ne attenuava gli accenti84.

Il segretario del partito, al contrario, criticò aspramente il contenuto del testo scritto da Nenni sostenendo che “le distanze con quanto più volte ho sostenuto sul contenuto dell’unificazione sono grandi. Se le cose stanno così, perché continuare in questa estenuante ricerca di un accordo e perché chiedermi di sottoscrivere quanto contrasta con le mie oneste convinzioni?”85. De Martino, quindi, con il ricatto delle dimissioni utilizzato in più occasioni durante questa delicata fase della storia del partito socialista italiano, propose, o forse, impose a  Nenni86  significative  modifiche. Il segretario del Psi avrebbe voluto leggere nel documento  una  più  decisa riconferma del legame teorico con il marxismo ed, in particolare, un’attenuazione della polemica rivolta contro il Partito comunista  italiano87. L’intento di De Martino era, infatti, quello di impedire la costituzione di un partito che avesse alla base caratteri troppo socialdemocratici, un grave limite che avrebbe innescato meccanismi forse anche scissionistici all’interno del Partito socialista italiano.

Il testo della Carta, dunque, fu il frutto di un delicato compromesso tra le posizioni socialiste e quelle socialdemocratiche anche se, in linea generale, vennero riconfermate le tesi proposte e formulate da Nenni. Nel documento si stabiliva che il nuovo partito sarebbe sorto sul principio che “il socialismo è inseparabile dalla democrazia e dalla libertà, da tutte le libertà, politiche, civili e religiose, tra loro strettamente solidali e indivisibili, e come esso non può essere realizzato che nelle libertà e nella democrazia, così la democrazia non può essere  attuata integralmente  se non con il socialismo”. La Carta, inoltre, raccoglieva dalla tradizione del movimento socialista italiano “come proprio patrimonio, le esperienze dottrinarie, a cominciare da quella fondamentale del marxismo” ponendo come obiettivo di fondo “la lotta contro il sistema capitalista e le ideologie che esso esprime”. Nei confronti dei comunisti, pur ammettendo l’esistenza di “una frontiera rigorosa ideale  e  politica, che scaturisce dal principio che non vi è socialismo senza organizzazione democratica del Partito, della società e dello Stato”, non si escludeva “la possibilità  di azioni occasionalmente parallele o convergenti”. In politica estera il partito si costituiva in “sezione dell’Internazionale socialista” ponendo come  obiettivo primario e fondamentale quello della “organizzazione della pace”. Sulla spinosa questione sindacale si ammetteva “nell’immediato” la pluralità di adesioni alle diverse confederazioni. Si poneva, infine, come importante impegno quello di  “creare le condizioni di una democratica alternativa socialista nella direzione del Paese”88.

Tali principi, esposti nella Carta dell’unificazione, non accontentavano e soddisfacevano la minoranza presente nel partito socialista italiano che, nonostante  le modifiche in senso socialista proposte da De Martino ed accolte da Nenni, non si riconosceva in esso.

Durante il dibattito al Comitato centrale Lombardi volle per primo criticare “lo squallore della carta ideologica” che secondo il dirigente socialista sarebbe stata “articolata su proposizioni finalistiche generalissime e come tali prive di  ogni  legame reale con le scelte che sole avrebbero potuto dare una indicazione significativa di lotta per il socialismo da condursi oggi, per iniziare la via  democratica al socialismo che è problema di oggi; si è preferito semplicemente “auspicare” ciò che occorre invece conquistare”.

Lombardi concluse il suo intervento motivando la decisione presa dai membri della minoranza di voler far parte ugualmente del futuro partito.

“Se io ed altri compagni di questo CC nell’atto stesso di richiamare l’inaccettabilità della carta ideologica, dichiariamo il nostro proposito di continuare la lotta in un partito come il Psi che appartiene anche a noi perché ad esso abbiamo dedicato la maggiore e migliore parte della nostra vita, anche nella nuova formazione unitaria in cui esso ha deciso, malgrado la nostra resistenza motivata, di confluire ciò è perché siamo persuasi che il disegno politico che ha ispirato l’unificazione, disegno che si articola nella preclusione a sinistra e nella istituzionalizzazione di una politica moderata, è un disegno che potrà fallire e che noi ci proponiamo di fare quanto in nostro potere per far fallire: non per opporre a quel disegno il nullismo, ma per riproporre, operando sia all’interno del partito sia all’esterno una politica che faccia riprendere alla democrazia italiana il moto interrotto delle riforme di struttura, che ne affronti anche sia pure con prudenza ma anche con la fermezza e l’intransigenza necessarie i condizionamenti internazionali che non si arrenda alle inevitabili reazioni degli interessi organizzati alla difesa del sistema e che sappia perciò convogliare su tale politica il consenso e l’appoggio di tutte le forze vitalmente interessate al socialismo”89.

Giolitti, partecipando all’acceso dibattito, diede un giudizio del tutto negativo valutando il “contenuto della carta fiacco e scialbo”. Proseguì, inoltre, sottolineando tutti i limiti presenti, a suo avviso, nella Carta dell’unificazione.

“E’ bene che nel momento in cui ci accingiamo a costruire su questa base il nuovo partito, ne vediamo senza illusioni tutti i limiti. Sarebbe illusione considerarla una elaborazione originale di nuove idee: dobbiamo esserne consapevoli ed impegnarci a fare nel Partito unificato quella necessaria opera di revisione e ricostruzione della prospettiva socialista che non è stata compiuta nel processo di unificazione. La redazione della “carta”è stato soltanto un lavoro di montaggio di alcuni pezzi, più o meno arrugginiti, del patrimonio ideale dei due partiti; ma non lo ha né rinnovato né rivalutato.

Giolitti, però, proseguendo nel suo intervento, espresse una critica costruttiva  ed articolata, aspetto che già aveva assunto nel dibattito aperto sullo stesso  tema  nella riunione della Direzione.

“E’ chiaro che a ciò non si rimedia con emendamenti, che peraltro non ci si propone di presentare: la “carta è ormai quella che è, e per chi ne dà un giudizio negativo ma decide di aderire al partito unificato si tratta non di approvarla o di respingerla, bensì di prenderne atto, con tutti i suoi aspetti negativi, per rimettersi subito al lavoro adempiendo al dovere di contribuire a una più seria rielaborazione delle basi ideologiche ed esercitando il diritto di contestare e correggere la linea politica. Non possiamo permetterci il lusso di adagiarci più o meno comodamente su questa carta”90.

Anche Fernando Santi partecipò interessato ed amareggiato al dibattito del Comitato centrale sottoponendo a serrata e feroce critica i documenti approvati dalla maggioranza. Secondo il dirigente socialista il suo Partito si trovava in momento delicato nel quale si apprestava a chiudere “le fitte pagine della sua storia per aprire un nuovo libro tutto ancora da scrivere ma che la prefazione che già conosciamo (documenti dell’unificazione) in misura del 90% lascia presagire che sulle prime pagine potrà scriversi la parola fallimento”91.

Il dirigente socialista ormai rassegnato e sfinito, arrivò addirittura a rassegnare le proprie dimissioni, che furono, in seguito, respinte dalla Direzione.

Il Comitato centrale socialista si concluse con l’approvazione, con 81 voti, dell’ordine del giorno presentato dal segretario del partito De Martino, che stabiliva la convocazione del congresso straordinario del partito  per i giorni 27-29 ottobre  con il compito di approvare l’unificazione. Anche la minoranza presentò un proprio ordine del giorno contrario all’unificazione che ottenne 13 voti.

La Carta dell’unificazione suscitò aspre critiche anche in campo riformista. Il gruppo di “Critica sociale”, infatti, espresse chiare riserve riguardo  al  testo  elaborato dal Comitato paritetico presentando, quindi, proprie tesi: Le nuove Tesi di Critica Sociale per l’unità e il rinnovamento socialista ed organizzò a Milano il 15  e 16 ottobre1966 un convegno con il fine di discuterle92. Alla riunione, alla quale parteciparono numerosi esponenti della cultura riformista socialista ma anche membri del Partito socialista e socialdemocratico, si affrontarono numerosi temi di carattere ideologico e politico.

Nella relazione di apertura il direttore della rivista “Critica Sociale “, Giuseppe Favarelli si soffermò su due aspetti inscindibili: “unità e  rinnovamento”  che, secondo lui, si sarebbero dovuti porre alla base della nuova realtà socialista:

“Il socialismo italiano non potrà riprendere la sua posizione primaria nella vita del Paese se non ritrovando la propria unità, condizione assolutamente necessaria (anche se non sufficiente) di un radicale rinnovamento ideologico e morale. Unità e rinnovamento sono, in altre parole, i due inscindibili aspetti di quella nuova realtà socialista a costruire la quale ci sentiamo tutti così profondamente impegnati ed alla quale tutti i presenti hanno dedicato, e non da ieri, io penso, le loro forze migliori”.

Favarelli, proseguendo nel suo intervento, criticò aspramente i documenti formulati dal Comitato paritetico socialista, considerando la Carta ideologico- politica “un pasticcio indigesto” e giudicando lo Statuto “anarchico-autoritario”. Si augurò, quindi, che il congresso si affrettasse a “sostituirli con  documenti  più degni”. In seguito il direttore della rivista affermò, a nome di tutti “gli amici di Critica Sociale”, con la speranza di non essere accolti “come guastafeste”, di voler partecipare attivamente al processo di unificazione portando alla Costituente socialista un’adesione sincera ed incondizionata. Favarelli, inoltre, proseguì specificando il significato e il contributo che le Tesi avrebbero voluto dare all’iniziativa dell’unificazione sostenendo che “Le Nuove Tesi non vogliono e non devono essere né una “summa”, né una tavola di comandamenti proposti per una accettazione integrale. […] Esse possono però essere a nostro giudizio una base di confluenza ideale e pratica, cui possono aderire la grandissima maggioranza dei socialisti”93.

Intanto il processo di unificazione si avviava alla conclusione. Il Comitato centrale del Psdi, come stabilito, si riunì per discutere sui documenti elaborati dal Comitato paritetico e, dopo aver approvato all’unanimità la relazione del segretario del partito Mario Tanassi, accettò “la dichiarazione dei principi,  dell’azione politica e dell’organizzazione del nuovo partito unificato” dando mandato alla Direzione, “sulla base delle deliberazioni del XIV Congresso Nazionale, di riconvocare  i delegati di quel Congresso per la definitiva ratifica”94.

Dopo la convocazione dei rispettivi Comitati centrali, i congressi straordinari dei due partiti socialisti avrebbero avuto il compito definitivo di attuare  l’unificazione socialista95.

Il 27 e 28 ottobre 1966, come deliberato dal Comitato paritetico, si svolse a Roma il XXXVII congresso straordinario del Partito socialista italiano che si limitò   a ratificare i documenti dell’unificazione già ampiamente analizzati, esaminati ed anche criticati durante il dibattito aperto all’ultimo Comitato  centrale.  Nel  testo della risoluzione finale, approvata all’unanimità, furono ribadite, quindi, le disposizioni e le linee stabilite in precedenza con il dissenso della minoranza.

“Il XXXVII congresso del Psi sancisce l’unificazione del Psi con il Psdi e con gli altri gruppi aderenti alla Costituente socialista.

Ratifica la Carta ideologica e politica, lo statuto e le norme transitorie predisposte dal Comitato paritetico per l’unificazione, prendendo atto del dissenso della minoranza su tali documenti.

Raccogliendo l’eredità ideale dei propri martiri, dei combattenti per la libertà e il socialismo, di tutti i militanti che durante lunghi anni, dalla lotta contro il fascismo alla Liberazione, ad oggi, si sono battuti con abnegazione, generosità e coraggio, il Congresso fa appello a tutti i lavoratori, a tutti i democratici amanti del progresso, perché stringendosi attorno al Partito unificato, imprimano una spinta vigorosa al processo di trasformazione e di rinnovamento dello Stato e della società nazionale, per la conquista democratica del socialismo”96.

Il XV congresso del Partito socialdemocratico si svolse a Roma il 29 ottobre 1966, ed anche in questa assise, alla quale parteciparono  gli stessi delegati presenti  al precedente congresso, si ratificarono i documenti dell’unificazione. Nel  documento finale, votato all’unanimità, si poteva scorgere,  inoltre,  una presentazione del nuovo partito.

“Il Partito che nasce raccoglie tutto il patrimonio di pensiero e di lotta del socialismo italiano e racchiude tutta la forza dinamica che scaturisce dalla sintesi creatrice dei grandi filoni ideali del socialismo. I socialisti italiani con la loro ritrovata unità, riconsacrarono solennemente alla causa della unità di tutti i lavoratori e alla lotta per la loro emancipazione, il travaglio della loro storia passata, il sacrificio dei propri martiri caduti per la libertà, nella lotta antifascista, nella Resistenza, la virile consapevolezza di rappresentare degli ideali ineguagliabili per liberare gli uomini dalla paura, dal bisogno, dallo sfruttamento”97.

Il XXXVI congresso del Psi ed il XV congresso del Psdi risultarono essere, quindi, solo una pura formalità poiché si limitarono a ratificare i  documenti  preparati e redatti dal Comitato paritetico, anche se non mancarono le consuete critiche mosse dagli esponenti della minoranza del Psi. I due congressi socialisti aprirono, quindi, la strada alla Costituente socialista.

Il 30 ottobre, a Roma, nella sala del Palazzo dello Sport, si svolse il congresso dell’unificazione. Dopo il discorso di apertura pronunciato da Sandro Pertini, si lessero le relazioni dei due segretari: di Francesco De Martino per il Psi e di Mario Tanassi per il Psdi ed, infine, si tenne il discorso conclusivo di Pietro Nenni.  Il  leader socialista, che fu il promotore dell’unificazione, parlò davanti ad una folla commossa e festante. Nel suo lungo intervento, dopo aver ribadito i principi ed i caratteri del nuovo partito, coniando la formula di “Costituente aperta”, affermò che la Costituente era solo il punto di partenza dell’unificazione socialista e che avrebbe dovuto continuare ad accogliere “tutti gli apporti di pensiero e di azione” di tutte le forze democratiche.

“Ma se la fusione è stata il necessario punto di arrivo della riconquistata coscienza unitaria dei militanti dei due partiti, la Costituente vuole essere, della unificazione socialista, il punto di partenza. Voglio dire con questo, che la Costituente rimane virtualmente aperta fino al primo Congresso del partito unificato che si terrà nel1968, dopo le elezioni generali politiche; aperta a tutti gli apporti di pensiero e di azione già qui lungamente ed autorevolmente rappresentati o che ci verranno nei mesi prossimi; aperta nello spirito che abbiamo sentito echeggiare nel manifesto degli intellettuali con le parole “non vogliamo attendere a formulare un giudizio sul nuovo partito: vogliamo costruirlo”98.

Infine, dopo la conclusione dei discorsi, fu votato per acclamazione dal congresso il documento finale che sanciva l’avvenuta unificazione.

“Oggi 30 ottobre 1966, secondo le decisioni unanimi dei due congressi del Partito socialista italiano e del Partito socialista democratico italiano e con l’adesione dei socialisti riamasti finora autonomi, nonché di migliaia di lavoratori, tecnici, intellettuali, uomini della cultura, la Costituente socialista proclama l’Unificazione dei socialisti italiani ed invita il nuovo Partito a mettersi alla testa della lotta democratica e socialista in Italia”99.

La Direzione del Psi e del Psdi unificati elesse Nenni come presidente del partito, nominò Francesco De Martino e Mario Tanassi cosegretari del partito e Giacomo Brodolini e Antonio Cariglia vicesegretari. Mauro Ferri fu scelto come capogruppo dei deputati alla camera ed Edgardo Lami Starnuti dei senatori100.

Nenni, che era stato il vero artefice ed il più accanito sostenitore dell’unificazione, scrisse con soddisfazione il 30 ottobre stesso: “L’unificazione socialista è un fatto compiuto. Forse ho vissuto oggi la giornata più bella e più emozionante della mia vita dopo quella dell’avvento della Repubblica”101.

L’unificazione dei due partiti socialisti, realizzata con la Costituente, era stata raggiunta dopo un difficile e tortuoso percorso, irto di ostacoli  e difficoltà ancora  non del tutto superate. L’incertezza, o meglio, la prudenza di De Martino ma soprattutto la palese ostilità della minoranza lombardiana rappresentarono un grande limite all’interno del nuovo partito che nasceva, quindi, diviso. Il progetto di unificazione, che nelle intenzioni dei suoi più autentici sostenitori avrebbe dovuto rappresentare una novità importante ed incisiva all’interno della vita  politica  italiana, si rivelava nei fatti una mera somma aritmetica dei due gruppi dirigenti. In tal modo perse ogni carica innovatrice che sarebbe dovuta essere la base sulla quale costruire il nuovo partito. Il desiderio di mantenere le cariche ed il potere all’interno della nuova organizzazione politica prevalse sul principale obiettivo,  riducendo,  così, il progetto ad una semplice operazione di vertice. In questo modo, il disegno dell’unificazione si svuotò di tutte quelle forze positive e costruttive che, nelle intenzioni iniziali, avrebbero dovuto spingere e guidare tale iniziativa. Le difficoltà che una costruzione del genere avrebbe portato furono individuate, subito, anche dallo stesso Nenni, il più convinto assertore che sostenne il  progetto  sin  dal principio e si impegnò fermamente nel realizzarlo.

“Quella del partito unificato è una macchina pesante da mettere in movimento. E mi domando se ci riusciremo o se dovremmo affidarci alla spontaneità  che è  labile, incerta, incostante”102.

 

Note:

70. Concordi Psi e Psdi nel giudizio sulla crisi, “Avanti!” 22 gennaio1966.

71. Lettera del Psdi alla direzione del Psi, “Avanti!” 5 marzo 1966.

72. Francesco De Martino, Il rilancio vigoroso del socialismo nell’unità di tutti i socialisti, “Avanti!”, 23 marzo 1966.

73. P. Nenni, Il socialismo nella democrazia, cit., p. 347 e ss.

74. “Avanti!”, 24 marzo 1966

75. “Avanti!”, 23 marzo 1966.

76. “Avanti!”, 26 marzo 1966.

77. “Avanti!”, 26 marzo 1966

78. Mario Tanassi, Necessità di giungere rapidamente all’unificazione socialista, “Socialismo Democratico”, 10 aprile 1966.

79. “Avanti!”, 1 maggio1966 e “Socialismo Democratico”, 1 maggio 1966.

80. Il testo completo della risoluzione adottata dal Comitato paritetico è pubblicata sull’ “Avanti!” del 30 luglio 1966.

81. “Avanti!”, 30 luglio 1966.

82. “Avanti!”, 30 luglio 1966.

83. Il documento presentato dalla minoranza contraria all’ordine del giorno De Martino, “Avanti!” 18 settembre 1966.

84. Carteggio Nenni-Saragat 1927-1978, prefazione di G. Arfè, Lacaita, Manduria 2001, pp. 181- 182. Nella lettera sono esposte tutte le modifiche che Giuseppe Saragat propose a Nenni.

Palazzo del Quirinale, Roma, 28 giugno 1966.

“Caro Nenni, per non alterare l’economia del tuo testo mi limito a suggerirti pochissime modifiche che credo necessarie. Eccole:

“Esso pertanto pur considerando la dottrina economica e politica del marxismo come l’esperienza teorica fondamentale della storia del socialismo del XIX secolo – ancor oggi per molti aspetti valida- non richiede l’adesione a un credo o ad una filosofia e accoglie con pieno diritto di cittadinanza tutte le correnti di pensiero le quali accettino i principi e i postulati politici sociali ed economici conformi agli ideali di libertà di giustizia e di pace che il partito pone a fondamento del proprio programma”. (pagina 2 al posto del paragrafo 1°)

“Una politica di riforme che trasformi la sostanza stessa della società con il superamento delle classi e l’instaurazione tra gli uomini di rapporti universalmente umani esige un periodo di stabilità politica e di governo”. (pagina 7 al posto del paragrafo ultimo)

“Le lotte contro l’oppressione reazionaria fascista e contro il nazismo hanno creato, con l’avvento ed il consolidamento della Repubblica democratica, le condizioni per il superamento delle scissioni del movimento socialista determinate da situazioni storiche che ostacolarono nel passato una coerente adesione ai principi della democrazia socialista. Purtroppo permanendo l’attardarsi del comunismo su posizioni anacronistiche e antistoriche non è possibile una maggioranza integralmente socialista e integralmente democratica pertanto la politica delle riforme ha il suo strumento nella collaborazione dei socialisti con le forze democratiche laiche e cattoliche”. (pagina 8 al posto del paragrafo secondo).

85. F. De Martino, Un’epoca del socialismo, cit., pp. 456-457. Lettera n. 47. Roma, 22 giugno 1966.

86. Ivi, p. 457. Lettera n. 48, Roma 22 giungo 1966. In particolare, nella parte riguardante l’elaborazione del testo della Carta dell’unificazione.

“Quanto al progetto di documento politico da me preparato, esso esiste se ha il tuo consenso,con tutti i rimaneggiamenti che vorrai propormi. Diversamente tutto deve essere ricominciato da capo, riunendo il gruppo di lavoro e nominando un comitato di redazione. […] Non aggiungo altro se non che la giornata di oggi è per me (e temo per il partito) la più nera dal 1947 in poi. Naturalmente so che tu non cedi ad un capriccio e meno che mai ad una manovra. Ma proprio in ciò sta la gravità di quanto capita e che deve essere ad ogni costo evitato. Sono per questo a tua intera disposizione”.

  1. Nenni, Gli anni del centro-sinistra, Diari 1957-1966, cit., p. 642. 22 giugno 1966. L’episodio è riportato, inoltre, in una pagina dei Diari di Pietro Nenni.

“Una giornata nera. Aspettavo in mattinata De martino per discutere con lui il testo della dichiarazione politico-programmatica da presentare oggi al comitato paritetico della unificazione. Mi è giunta invece una lettera in cui mi scrive che ha letto e riletto la mia bozza di dichiarazione arrivando alla conclusione che essa è assai lontana dal suo punto di vista. E siccome la unificazione si deve fare e non vuole creare ostacoli mi annuncia la decisione di dimettersi da segretario del partito. Il suo è certamente il caso di una coscienza tormentata, non un capriccio, non una manovra. […] Mi sono precipitato da lui per fargli intendere che metteva in crisi direzione, comitato centrale, partito e unificazione. L’ho lasciato turbato ma non convinto. Gli ho scritto in serata facendogli di nuovo presente la enormità della cosa”.

87. Ivi, pp. 317-318.

88. La Carta dell’unificazione socialista, Ingred, Roma s. d.

89. “Avanti!”, 18 settembre 1966.

90.  “Avanti!”, 18 settembre 1966.

91.  “Avanti!”, 18 settembre 1966.

92. Il testo delle Nuove Tesi fu pubblicato sulla rivista “Critica Sociale” il 5 settembre 1966.

93. Le nuove tesi di Critica Sociale per l’unità e il rinnovamento del socialismo italiano. Atti del convegno di Milano, 15-16 ottobre 1966, Archetipografia, Milano 1967.

94. “Socialismo Democratico”, 18 settembre 1966

95. Tutti gli atti dei congressi straordinari dei due partiti socialisti e quelli del congresso dell’unificazione sono raccolti in Partito socialista italiano, Il 37° congresso e l’unificazione socialista, Roma ottobre 1966, a cura di M. Punzo, La Squilla, Bologna 1976.

96. Ivi, p.134

97. Ivi, p.153

98.  Ivi, p. 202.

99.  Ivi, p. 213.

100. Il congresso stabilì, inoltre, che la Direzione ed il Comitato centrale del Partito unificato sarebbero dovuti essere composti dalla fusione delle Direzioni e dei Comitati centrali del Psi e del Psdi. Lo stesso criterio paritetico fu utilizzato anche per le sezioni e per le federazioni.

101. P. Nenni, Gli anni del centro-sinistra, Diari 1957-1966, cit., p. 687, 30 ottobre 1966.

102. Ivi, p. 706, 30 novembre 1966.