IL CONFUSO DIBATTITO PRECONGRESSUALE SOCIALISTA: LE TESI E LA LETTERA AI COMPAGNI

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
SCUOLA DI DOTTORATO Humane Litterae
DIPARTIMENTO Scienza della Storia e della Documentazione Storica

CORSO DI DOTTORATO STUDI STORICI E DOCUMENTARI

(ETÀ MEDIEVALE, MODERNA, CONTEMPORANEA) CICLO XXVI

La questione della politica estera nel dibattito interno al Partito socialista unificato. Dal progetto di unificazione alla nuova scissione: 1964 – 1969

M-STO/04
Tesi di dottorato di: Eleonora Pasini Matr. n. R09045

ANNO ACCADEMICO 2012-2013

 

CAPITOLO PRIMO

1.3 Il confuso dibattito precongressuale socialista: le Tesi e la Lettera ai compagni

Nei mesi che precedettero il congresso socialista, il dibattito interno al partito proseguì vivacemente e si iniziarono a delineare le differenti e discordanti linee che sarebbero in seguito emerse in tutta la loro gravità durante le animose giornate congressuali 36.

Il segretario del partito, Francesco De Martino, consapevole delle difficoltà   che sarebbero emerse con tutta la loro complessità, nella riunione del Comitato centrale del 25 agosto del 1965, propose al partito di distinguere in varie tesi i temi che si sarebbero dovuti affrontare nel dibattito congressuale, sperando, così, di evitare contrapposizioni nette e definitive 37.

In apertura di seduta il segretario volle dare, appunto, una spiegazione  del  ruolo che le tesi avrebbero dovuto ricoprire all’interno della discussione.

“Prima ancora che sostanza politica le tesi sono un metodo di dibattito, sono un modo di essere della democrazia di partito e così io le ho intese sin dal principio come un contributo alla discussione, una indicazione di orientamenti generali e di problemi da arricchire e precisare con l’attiva collaborazione di tutti i compagni. Esse quindi non vanno considerate come un documento immutabile, un testo sacro da accettare o respingere in blocco, come avviene per le mozioni […] Esse sono invece una base di discussione, che io chiedo al Cc di approvare in questo senso senza che ciò implichi l’adesione puntuale a qualsiasi punto in esse contenuto. […]

Occorre proseguire nell’opera di superare l’organizzazione rigida e frazionistica della correnti, che mina alla lunga l’esistenza stessa del partito e ne indebolisce la capacità di azione ed iniziativa. Un congresso a tesi non è quindi rivolto a soffocare la libera espressione delle idee e nascondere i dissensi, ma è rivolto a conquistare una più ampia e genuina democrazia interna e restituire agli organi di partito la loro piena autorità e a ciascun compagno la sua piena libertà di giudizio, evitando la contrapposizione rigida, schematica e cristallizzata che nasce dal frazionismo”.

De Martino, proseguendo nel suo intervento, analizzò la questione dell’unificazione, considerato il tema più delicato e critico da affrontare durante il dibattito congressuale.

“Che esso risponda ad una esigenza sentita dal Paese di superare il frazionamento dei Partiti socialisti è incontestabile. Ma esso deve essere affrontato in modo giusto e realistico, con la coscienza delle diversità tuttora esistenti che derivano sia dalla differente esperienza storica sia dalla differenza della composizione sociale dei due partiti con chiarezza di idee e fini. Considerarlo in modo puramente strumentale e propagandistico o troppo sommario ed affrettato vuol dire condannarlo all’insuccesso. Peggio ancora sarebbe se l’unificazione fosse concepita come il puro e semplice trasferimento del Partito socialista italiano sul terreno della socialdemocrazia. Questo disperderebbe un patrimonio di idee, di valori ideali, di lotte che sono propri della tradizione socialista, dei quali altri si approprierebbero. Sarebbe altresì compromesso il fine dell’unificazione e cioè la creazione di un solo e grande partito socialista con ampie basi popolari e di massa, capace di iniziative unitarie verso l’intero movimento dei lavoratori. Il Psi ha proceduto nel corso di quest’ultimo decennio ad una coraggiosa revisione dei suoi indirizzi politici […]La socialdemocrazia pur superando il centrismo e pur iniziando una più positiva collaborazione con il Psi, che ha reso possibile la comune responsabilità di governo, non ha ancora proceduto ad una revisione di pari importanza dei suoi orientamenti fondamentali per quanto riguarda le conquiste socialiste” 38.

Il metodo delle tesi, proposto e fortemente desiderato dal segretario, però, fallì poiché la minoranza, con alla testa Lombardi, propose tesi alternative. Lo scopo di adottare come base di discussione quello di un unico testo non fu, quindi, raggiunto; svanì, così, il tentativo di De Martino di stemperare le tensioni ed attutire le polemiche ed i contrasti prima di giungere al congresso.

Nelle tesi espresse dalla minoranza, oltre ad una critica rivolta alla politica di centro-sinistra avviata oramai, secondo Lombardi, verso “un processo di deterioramento e poi di svuotamento”, spiccava la ferma critica nei confronti della proposta di unificazione. Si leggeva, infatti: “l’unificazione che viene proposta sia pure con scadenze diverse non ha più oggi, se anche possa averlo avuto in passato, il carattere di unificazione socialista. In particolar modo non tale carattere non può avere nella presente situazione politica, nella quale forze interessate tentano di piegare il Partito socialista alla pratica socialdemocratica per cui l’unificazione si ridurrebbe a sancire con un atto ufficiale la capitolazione ideologica e politica al del Psi di fronte alla socialdemocrazia.

L’unificazione col Psdi non avrebbe carattere socialista perché non avverrebbe tra due forze politiche autenticamente socialiste, dal momento che non è possibile identificare la politica socialdemocratica di correzione del sistema capitalista con quella della sua trasformazione in sistema socialista. E poiché la funzione del Psi si identifica con le aspirazioni delle masse lavoratrici, allontanandosi dalle quali perderebbe la ragione della sua esistenza, esso non può ridursi ad unità con una forza politica come il Psdi, che non rappresenta, a differenza di altre socialdemocrazie europee, la maggioranza e neppure una larga porzione della classe operaia, ed esaurisce la sua azione a livello parlamentare e di Governo.

Inoltre l’unificazione col Psdi comporterebbe due pesanti condizioni: la adesione all’Internazionale di Francoforte, che implicherebbe una politica atlantica come scelta di civiltà e la libertà di scelta riguardo alle organizzazioni sindacali, che determinerebbe la rottura della CGIL e la degradazione della corrente sindacale socialista […] La corresponsabilità di governo del Psi e del Psdi, come è configurata dall’attuale situazione politica, non può costituire il punto di partenza per una comune lotta per il socialismo a tutti i livelli. Tanto più che mentre per il Psdi la partecipazione al governo è in ogni caso coerente con la tradizionale collaborazione con La Dc, seguita da questo partito fin dalla nascita, per il Psi invece tale partecipazione, nelle condizioni presenti, risulta incompatibile con la sua linea strategica e con la sua piattaforma programmatica.

L’unificazione con il Psdi non è perciò un problema proponibile al Psi. Rimane valido ed attuale tuttavia il compito di suscitare e stimolare anche nel Psdi, come nelle altre forze democratiche, lo sviluppo e la manifestazione di quanto in esse c’è di potenzialmente socialista. Il rifiuto dell’unificazione socialdemocratica è motivato dalle ragioni su esposte e non da propensione ad unificazioni di altra natura” 39.

Le tesi della maggioranza ottennero 46 voti contro i 10 della minoranza e 4 astensioni. Nenni e gli altri autonomisti concordarono con il metodo delle tesi proposto dal segretario anche se con riluttanza; il leader socialista nutriva ancora delle perplessità legate al differente approccio e modo di concepire l’unificazione, diversità che sarebbero emerse chiaramente in seguito.

A surriscaldare il clima già molto teso si aggiunsero, inoltre, alcune dichiarazioni apparse in un articolo sul settimanale del Psdi “Socialismo Democratico”. Nel testo si esprimevano alcune considerazioni sulle Tesi elaborate  dal Psi esaminandone in modo approfondito “le luci e le ombre”. Si pronunciavano, inoltre, giudizi sul percorso avviato  verso  l’unificazione  sottolineandone i ritardi e la mancata fermezza del Psi nel portare a compimento tale iniziativa.

“Dobbiamo dire francamente che alcune parti della relazione politica dell’on. De Martino e delle tesi della stessa Segreteria, presentate al Comitato centrale del Psi, ci sono piaciute; altre meno.

Precisiamo subito quali sono, a nostro giudizio, i passi soddisfacenti. Prima di tutto, la riaffermazione della “piena validità” dei principi democratici del Partito. Dopo un esplicito riferimento alle istanze di “una struttura del Partito profondamente democratica” e della conquista di una “più ampia e genuina democrazia interna”, il documento sottolinea che i “principi fondamentali ai quali si ispira il Psi consistono nella via democratica al socialismo, nell’impegno assoluto della democrazia come complesso dei valori politici, sociali, culturali e civili, nell’osservanza di tale impegno sia all’opposizione come al Governo, nel rifiuto di qualsiasi scissione fra libertà e socialismo nell’esercizio del potere e quindi nel riconoscimento ed approfondimento di tutte le libertà, della pluralità dei partiti e delle organizzazioni politiche e sindacali”. […]

Fin qui le luci del quadro, che lasciano bene sperare nelle prospettive prossime e future. Ma non mancano le ombre che nascono da una persistente polemica, ingenerosa, verso i socialisti democratici, una polemica che sembra sollecitare indulgenza verso le critiche lanciate poco prima al Pci. Così all’accusa di burocratismo e autoritarismo rivolta ai comunisti, fa da contropartita la vecchia, logora, trita e ritrita accusa massimalistica, convenzionale e schematica, di “opportunismo e accettazione definitiva del sistema borghese”, indirizzata sia pure alle sole “correnti di destra della socialdemocrazia”. E di rincalzo si chiede una “revisione” degli “orientamenti fondamentali per quanto riguarda le conquiste socialiste.

Quali “orientamenti”? Le tesi del Psi non rispondono, quasi a confermare, ove ve ne fosse bisogno, il vuoto pneumatico che ispira simili critiche. La verità è che i socialisti democratici d’Italia e di tutto il mondo non sono stati e non sono secondi a nessuno nel rivendicare le conquiste socialiste. Solo che essi hanno ripudiato il massimalismo della demagogia parolaia,mentre si sono lasciati guidare nella loro azione da una sana e robusta concezione realizzatrice, al passo con i tempi, che assicura giorno dopo giorno ai lavoratori una conquista sociale dopo l’altra. […]

Le tesi che la maggioranza del Psi ha preparato per la discussione congressuale […] costituiscono un contributo sostanziale positivo anche al dibattito sull’unità socialista. Sfrondate da certi aspetti polemici ingenerosi, in esse sono confermate posizioni comuni alla tradizione del socialismo europeo che si raccoglie nell’Internazionale socialista e sono indicati obiettivi strategici che, ovviamente, implicano la conquista della direzione politica del movimento operaio italiano, di cui l’unità socialista è condizione essenziale. Noi siamo convinti che, al di là delle polemiche contingenti, l’imminente celebrarsi dei Congressi dei due Partiti socialisti – che hanno in realtà come tema di fondo quello dell’unità socialista – renda più concreto il necessario confronto di esperienza, più costruttivi gli approfondimenti critici” 40.

I continui rinvii, le troppe reticenze ma soprattutto le costanti critiche pronunciate da alcuni esponenti della sinistra del Psi, iniziarono ad infastidire i dirigenti del Psdi. All’interno del Partito socialdemocratico cominciava  ad  emergere, infatti, una certa insofferenza e, forse, delusione per il comportamento adottato dal Psi, giudicato troppo incerto ed indeciso. Il Psdi, al contrario, si era mostrato sempre determinato e fermo nella volontà di giungere al più presto all’unificazione come testimoniato dai numerosi e chiari interventi volti in questa direzione. Sino a quel momento, infatti, molti degli esponenti socialdemocratici si erano espressi con inequivocabili dichiarazioni e prese di posizione ufficiali che confermavano tale intenzione.

Il 5 settembre del 1965, in vista del congresso del partito, Nenni intervenne nel dibattito precongressuale indirizzando dalle colonne dell’“Avanti!” una “Lettera ai compagni” considerata il manifesto dell’unificazione. Nella lettera il leader del Psi espresse in modo chiaro la sua posizione in merito al processo di unificazione indicandone i vantaggi politici, le modalità e gli obiettivi che l’operazione avrebbe apportato. Nel testo Nenni, affrontando il tema dell’unificazione, affermò: “C’è nel fondo della coscienza di ognuno di noi un quesito, anzi un affanno, che attende risposta. […] Quanto diversa sarebbe stata la nostra incidenza sulla società italiana senza l’orgia delle scissioni; quanto più consistente la nostra forza, quanto più incisiva la nostra azione, di quanto maggiore il nostro peso politico? […] Il problema dell’unificazione socialista nasce dalla esigenza di dare una risposta a questi quesiti. E’ assurdo sostenere che il problema non esiste.

E’un errore dare per realizzate tutte le condizioni per risolverlo. Che al centro dell’unificazione ci sia il problema della ricostituzione dell’unità tra le forze che si divisero nel 1947 è ovvio. Ma sbaglierebbe chi facesse dell’unificazione una faccenda privata tra socialisti e socialdemocratici, da risolvere con un protocollo tra le due segreterie e le due direzioni. Le forze interessate all’unificazione travalicano di gran lunga i confini dei due partiti. […] L’unificazione è quindi un vasto problema che non sta nei limiti di un contratto del Psi e del Psdi anche se lo presuppone. Lo attesta la costituzioni di comitati per l’unificazione a Milano, a Genova, a Piacenza, a Bologna, in altre città, per opera prevalente di compagni che sono fuori dei due partiti. Lo attestano il moltiplicarsi di iniziative e di dibattiti sul tema dell’unità”.

Nenni, inoltre, in un altro passo della Lettera, dopo aver ripercorso le alterne e difficili vicende legate all’unificazione, delineò le linee  da  seguire  per realizzare tale progetto.

“Da dove nascono dunque le pregiudiziali negative che vediamo affiorare in alcuni settori del partito e fuori? Nascono dalla artificiosa sovrapposizione della polemica sulla validità attuale della partecipazione al governo rispetto al problema dell’unificazione, il quale perse medesimo non è legato né alla partecipazione né alla opposizione. Si tratta, anzi, di una polemica che come è oggi nel nostro partito così la ritroveremo nel partito unificato.

Non si può dire che l’unificazione sia cosa fatta perché socialisti e socialdemocratici stanno al governo insieme, così come non sarebbe cosa fatta se insieme fossimo o passassimo all’opposizione. C’è stato un nostro apporto di pensiero, di metodo, di prassi all’unificazione. Ci deve essere un apporto di pensiero, di metodo, di prassi della socialdemocrazia, nel senso attuale del monito sempre e più che mai attuale che Antonio Labriola rivolgeva ai socialisti fino all’inizio del secolo, e che, cioè mentre essi rifuggivano dal “perdersi nei vani tentativi di una romantica riproduzione del rivoluzionarismo tradizionale”, dovevano guardarsi, nello stesso tempo,”da quei modi di adattamento e di acquiescenza, che, per le vie delle transazioni, li farebbero come sparire nell’elastico meccanico del mondo borghese”.

L’indicazione valida per l’unificazione rimane quindi quella dell’inizio di un periodo un’azione comune, e di comuni assunzioni di responsabilità, a livello delle sezioni, delle federazioni, delle direzioni di partito, dei gruppi parlamentari; rimane quella di un’azione di base assieme a tutte le forze disponibili per l’unificazione e che sono numerose e di diversa origine; rimane quella di convegni di studio aperti a tutti i socialisti sui problemi della democrazia e del socialismo, dello stato, e della società. Allora una Costituente socialista, la quale tiri le somme di un vasto lavoro di approfondimento dei valori e degli obiettivi del socialismo, diverrebbe un fatto di popolo e di massa da cui l’azione socialista interna ed internazionale trarrebbe nuovo ed incisivo vigore” 41.

La Lettera rappresentò un ulteriore e significativo passo in avanti verso il processo di unificazione, le parole espresse dal leader socialista, infatti, sottolineavano con chiarezza la priorità e l’urgenza di realizzare tale progetto.

Nel testo della Lettera emergevano, inoltre, in modo chiaro alcune differenze esistenti tra le posizioni espresse dal segretario del Psi nelle Tesi e quelle del leader socialista tenute sino a quel momento  in sordina per  evitare eventuali incrinature  che sarebbero potute sorgere nella maggioranza. De Martino cercava, infatti, in ogni modo di allontanare e spegnere le potenziali polemiche che il progetto  di unificazione trascinava con se, evitando di dichiarare apertamente il suo disappunto  o la sua insoddisfazione che però, il comportamento e le prese di posizione di Nenni sul tema, a volte gli suscitavano 42. Iniziava, così, a delinearsi una diversità tra le visioni di Nenni e De Martino sulla questione dell’unificazione legate soprattutto ai tempi ed alle modalità di realizzazione del progetto, come emerso da un intenso scambio di giudizi avvenuto tra i due socialisti prima della pubblicazione della Lettera. Significativa ed interessante testimonianza dell’importanza ricoperta dall’iniziativa dell’unificazione all’interno del partito socialista italiano.

“Lunga chiacchierata con De Martino che è venuto a trovarmi. E’ tranquillo, sereno, come se le polemiche congressuali non lo scalfissero. […] E’ un saggio tra tanti nevrotici. Gli ho letto la Lettera ai compagni. Pensa che occorra essere prudenti sulla riunificazione, inquadrandola in un più vasto disegno di rinnovamento e potenziamento della azione socialista. Non ha torto a condizione di far presto” 43.

A queste caute e misurate dichiarazioni di Nenni, appuntate sui Diari, fanno riscontro le ben più preoccupate e sentite affermazioni espresse da De Martino  in  una lettera indirizzata al leader socialista.

“Caro Nenni, sento il dovere di farti giungere senza indugio, dopo avere meditato gran parte della notte su quel che ho letto ieri, alcune considerazioni meno sommarie. […] La parte che suscita le mie maggiori preoccupazioni è quella sull’unificazione. Essa si discosta troppo fortemente dall’impostazione data al problema nelle tesi per non essere da tutti interpretata come una scelta da parte tua degli orientamenti sostenuti dall’ala destra della maggioranza. Il tema è affrontato in senso tutto positivo, la soluzione ne è rinviata, è vero, ma il senso del discorso è per un rinvio breve. Di tale rinvio non si giustificano i motivi, perché manca qualsiasi considerazione sulla socialdemocrazia italiana, qualsiasi critica alla sua concezione politica, qualsiasi incitamento perché se in essa è rimasta qualche goccia di sangue socialista, la tiri fuori e la faccia vedere a tutti. Lo stesso rilievo dato al problema dell’Internazionale ci pone nello stato di chi accetta le richieste socialdemocratiche, senza che se ne detti da parte nostra una sola. Tu sai bene, per esserne stato il principale autore, che altra e ben altra era la nostra idea dell’unificazione al tempo del Congresso di Venezia.

In realtà il vero partito socialista democratico è oggi in Italia il nostro, ancora capace di condurre una lotta, che esprima un’aspirazione popolare o di massa, come sono tutte le grandi e genuine socialdemocrazie occidentali. Noi ancora disponiamo di un seguito popolare e di alcune centinaia di migliaia di iscritti, che rappresentano pur sempre il nostro legame con il popolo. E perciò abbiamo il diritto e il dovere, proprio mentre impostiamo il processo di unità socialista, di ribadire la nostra versione del socialismo e delle lotte concrete da condurre in Italia, liquidando quella disposizione al moderatismo che sembra divenuta propria della nostra socialdemocrazia. Almeno una pagina nella tua Lettera, assieme alle varie positive sul tema, mi sembra indispensabile. Quanto alla sostanza pratica della cose, non posso che ribadirti l’opinione già manifestata più volte. Se si insistesse sull’unificazione nelle condizioni presenti ed in quelle prevedibili nel prossimo futuro, non si farebbe un solo grande partito, si frazionerebbe ulteriormente il nostro e si avrebbe il risultato ben poco edificante di constatare, che se il Partito socialista da solo oggi è in grado di conseguire intorno ai 3 o 3,5 milioni di voti, quello unificato non ne avrebbe molti di più, mentre crescerebbe il numero dei socialisti delusi, pronti a divenire il fertile terreno della propaganda comunista. Infine, dal lato strettamente congressuale, io non voglio colpi di scena e non desidero partire da una maggioranza e giungere alla fine con un’altra maggioranza.

Il Partito, dopo le prove dure dello scorso anno, non ha bisogno di questo, non ha bisogno che i termini dei contrasti vengano esasperati, ha necessità di ritrovarsi con tutte le sue forze per guidare un’azione ed in particolare quella rivolta all’unità socialista. Tu che sei l’uomo preminente del socialismo italiano, che hai legato ad esso tutta la tua vita, non puoi sottrarti a questo dovere politico” 44.

Queste evidenti differenze presenti tra le analisi esposte da  Nenni nella Lettera e quelle del segretario illustrate nelle Tesi, furono colte ed affrontate  da Giolitti  in un interessante articolo. Il dirigente socialista, oltre ad esprimere giudizi sulla proposta della “Costituente socialista”, coglieva ed analizzava appieno tali discrepanze.

“Nelle tesi del segretario del partito e nella “Lettera” del compagno Nenni, il tema della “unificazione” è trattato con la evidente preoccupazione di svincolarlo dai limiti angusti della proposta di fusione tra Psi e Psdi. Nel primo documento tale preoccupazione si esprime con una esplicita e recisa condanna di una operazione che sancisca “il puro e semplice trasferimento del Partito socialista italiano sul terreno della socialdemocrazia”, che “disperderebbe un patrimonio di idee, di valori ideali, di lotte che sono propri della tradizione socialista, dei quali altri si approprierebbero”; la unificazione è prospettata invece come “una vasta operazione politica che richiami all’unione tutti i socialisti”. Nel secondo documento l’unificazione è prospettata come “un vasto problema che non sta nei limiti di un contratto del Psi e del Psdi anche se lo presuppone” e la soluzione proposta è quella della “Costituente socialista”.

Appare subito evidente una differenza tra le due posizioni: mentre la prima considera tutt’altro che acquisite le condizioni per la unificazione tra Psi e Psdi (nelle tesi del segretario del partito è sottolineata la differenza di “orientamenti fondamentali” tra i due partiti), la Lettera di Nenni considera quel “presupposto” come realizzabile sol che si dia immediatamente inizio a una sequenza “di comuni assunzioni di responsabilità” ai vari livelli. La differenza, a ben vedere, non è soltanto di apprezzamento sulla esistenza o meno di certe condizioni, ma anche di metodo e di concezione. […] La proposta di “Costituente socialista” può essere davvero l’inizio di un discorso nuovo in tema di unità del movimento operaio se vale a tradurre in termini operativi l’idea della “unione di tutti i socialisti” e a prospettarla come soluzione politica ai problemi nuovi e attuali e non più –finalmente- come soluzione sentimentale dei vecchi problemi, come ricucitura di vecchie lacerazioni. […] Nell’illusione di saldare i nostri conti col passato riesumando una unità ormai irreale, avremo rinunciato a fare i conti col futuro operando per la creazione di una nuova forza unitaria.

Gli schieramenti vitali nella lotta politica non nascono per via di ritagli o ricuciture su abiti ormai logori, ma in forza di movimenti capaci di tessere la trama di un disegno politico che stimoli, convinca e raccolga le forze sociali interessate a sostenerlo. La Costituente socialista può essere la molla di un simile schieramento: ma a condizione di non ridursi a grimaldello per aprire la porta alla unificazione-contratto” 45.

La pubblicazione della Lettera provocò, dunque, reazioni diverse non solo all’interno del Psi. Anche il Partito socialdemocratico, infatti, seguendo il dibattito precongressuale socialista, esponeva proprie valutazioni che ricalcavano le considerazioni già espresse in precedenza. Si lamentavano, infatti, i ritardi e le cautele che ancora circondavano la questione giudicata dai socialdemocratici da tempo matura, come emerge chiaramente in un lungo articolo scritto dal segretario del Psdi Mario Tanassi.

“L’unità socialista, intesa come processo che porti in un unico grande partito socialista e democratico tutti i lavoratori italiani, costituisce l’obiettivo ideale di ogni socialista. Nessuno può pensare che qualcuno di noi possa rinunziare al proprio dovere di rappresentare gli interessi permanenti di tutti i lavoratori italiani, anche di coloro che sono oggi organizzati in movimenti che obiettivamente sono fuori o contro il socialismo democratico. Rispetto all’unità socialista, che trova la sua piena realizzazione solo nell’avvento dello Sato  socialista, l’unificazione tra Psi e Psdi costituisce una tappa obbligata ed importante che, mentre ci avvicina all’obiettivo finale, facilita intanto la soluzione in senso socialista di una serie di problemi indilazionabili senza la realizzazione di questa tappa necessaria non solo non si asseconda il generale processo unitario dei lavoratori ma addirittura si minaccia di immobilizzare quelle forze che sono già pronte.

Non saremo certamente noi a sottovalutare le difficoltà dei rapporti umani e politici tra i due partiti: abbiamo vissuto con impegno la storia di questi ultimi vent’anni e sappiamo quanta amarezza e quanto dolore ci siamo vicendevolmente procurati. Tuttavia riteniamo che l’esigenza di portare avanti gli interessi dei lavoratori italiani e l’indubbio miglioramento dei rapporti di questi ultimi anni tra i due partiti, siano sufficienti a superare gli ostacoli che ancora esistono per giungere all’unità organica e concludere così la tappa più importante del processo unitario a cui tendono tutti i lavoratori. Certo la politica di contrapposizione perseguita dai due partiti sin dal 1947 offre strumenti polemici a chiunque, anche in buona fede, non ritenga giunto ancora il momento della fusione dei due partiti: per quanto ci riguarda noi dobbiamo soltanto ribadire di avere assolto al nostro dovere di socialisti e democratici nelle condizioni obiettive che avevamo davanti. Per il rapporto di forze che condizionava la politica italiana, i risultati ottenuti, pur se certamente insufficienti rispetto agli ideali che perseguiamo, si possono considerare semplicemente prodigiosi. Noi siamo riusciti a dare un corso democratico alla vita politica italiana, salvando la libertà. […]

Il segretario del Psdi, dopo aver definito l’unificazione “tappa obbligata e necessaria”, proseguiva analizzando la situazione interna al Psi. Tanassi, pur esprimendo “comprensione per il travaglio interno del Psi”, considerava, però, “gravemente erronea l’eventuale decisione […] di rinviare ancora la necessaria  unità” dichiarando: “E’lontana da noi l’idea di voler esercitare inammissibili pressioni sul Psi e tanto meno di accrescere le difficoltà di un partito con il quale ci sentiamo già idealmente uniti: per noi si tratta oggi di assumere le nostre responsabilità di fronte ai lavoratori e alla democrazia italiana esprimendo una franca opinione sull’urgenza di conseguire la unità organica dei due partiti. La comprensione per il travaglio interno del Psi è fuori discussione, come d’altronde è chiaro che noi prenderemmo serenamente atto dell’eventuale decisione, a nostro avviso gravemente erronea, con cui il Psi decidesse di rinviare ancora la necessaria unità.

Ma noi ci auguriamo che il Psi, dopo un ampio e se occorre vivace dibattito, giunga alla conclusione da noi auspicata di procedere rapidamente alla unificazione per costituire un partito socialista e democratico più forte, per rispondere in modo positivo alla domanda che ci giunge dal cuore dei lavoratori italiani più consapevoli e per dare un motivo di seria meditazione anche a quei lavoratori che ancora oggi sono lontani dal socialismo democratico. L’unità socialista, infatti, appena conseguita, produrrebbe un effetto benefico su tutta la politica italiana e in particolare modificherebbe il rapporto di forze all’interno della maggioranza di Governo.

Essa darebbe la possibilità di procedere più rapidamente nell’azione riformatrice anche perché modificherebbe il clima generale del Paese, spegnendo le velleità conservatrici tuttora esistenti in molti settori. […] Ecco perché noi pensiamo all’unificazione socialista come ad un punto di arrivo per chiudere tutte le polemiche ed i contasti del passato e come ad un punto di partenza per costruire nuove e più ampie strutture alla società italiana che, anche per la crescita conseguite, non può trovare il suo logico e naturale sviluppo se non nella presenza di un forte partito socialista e democratico che finalmente riesca a far identificare lo Stato con tutto il Paese. Se il Psi, quindi, riterrà di poter giungere all’unificazione sulla base dei principi dell’Internazionale socialista, un grande problema della società italiana sarà avviato a soluzione. […] E’ vero che non si tratta solo di mettere insieme le forze dei due Partiti, ma di dare ai lavoratori e al Paese uno strumento di elevazione spirituale e materiale, un organismo che ne interpreti concretamente aspirazioni e bisogni, che renda rigogliosa la vita democratica, che ponga la libertà a presidio di tutto lo svolgersi della vita associativa degli uomini. Tuttavia questi, che sono i veri obiettivi di fondo, non solo non sono incompatibili con la immediata realizzazione della unificazione ma anzi la reclamano con forza” 46.

Alla vigilia del congresso socialista, nell’ottobre del 1965, il dibattito sul tema dell’unificazione e, quindi, sulle difficoltà interne al partito che tale  iniziativa causava occuparono le pagine dei quotidiani e delle riviste socialiste. Su tale argomento intervenne  anche il direttore di “Mondo Operaio” Gaetano Arfè, che in  un articolo apparso sulla sua rivista, descriveva lo stato in cui versava il Psi e prendeva in esame i problemi che il futuro congresso del partito socialista italiano avrebbe dovuto affrontare.

“Il prossimo Congresso del partito avrà di fronte due grossi problemi sui quali esprimere la propria decisione: la continuazione o meno della partecipazione al governo e la proposta della “Costituente socialista”. Non è difficile prevedere, allo stato della cose quali saranno le risposte. E’ meno facile prevedere che cosa accadrà dopo. I congressi, come l’esperienza insegna, non creano fatti nuovi, ma si limitano a sancire quel che di nuovo è maturato negli intervalli. Ora, dei fatti nuovi si sono verificati nel corso degli ultimi due anni, ma non risolutivi, e neanche tutti valutabili con segno inequivocabilmente positivo. La maggioranza si è allargata, per effetto della scissione, più che per virtù propria ed ha mutato qualche tratto della sua fisionomia.

Essa ha perso, non definitivamente – se si lavorerà con buona volontà per non approfondire il solco- un gruppo di compagni che alla elaborazione della nuova linea del partito aveva dato un notevole contributo, ed ha recuperato qualche gruppo della vecchia minoranza. E tuttavia essa non ha molto guadagnato in compattezza: ancora una volta nel suo seno si sono delineate tendenze in qualche misura divergenti. Non si può certo parlare di crisi della maggioranza, ma non v’ha dubbio che si presentano oggi dentro di essa delicati problemi tattici di equilibrio e necessità di chiarificazioni ideali e politiche per il domani immediato. […] Si aggiunga a tutto questo che lo stato del partito è ben lungi dall’essere soddisfacente. […] Così stando le cose, il pericolo maggiore, e non remoto, è che all’indomani del Congresso non cambi nulla, che si determini nel partito una situazione di equilibrio statico, fattore di inerzia e fomite alla lunga, di disgregazione. […]

Per ragioni che vanno molto al di là dei nostri meriti, la prospettiva dell’unità, e quindi del successo, è legata principalmente alle nostre sorti. E se mancassimo ci troveremmo probabilmente di qui a qualche tempo ad occupare i nostri ozi con la recriminazione e la polemica postuma per stabilire quale sia stato l’episodio determinante del nostro insuccesso e da chi debbano attribuirsene le responsabilità: fino a scoprire che la colpa fu di tutti,di tutti color che non vollero rendersi conto dello stato di impreparazione – per non dire altro- nel quale il socialismo italiano versa e non vollero tentare i rimedi. Io credo che noi siamo ancora in tempo a dare l’impronta nostra al corso potenziale degli avvenimenti. Ma è necessario per questo che si abbandoni rapidamente e risolutamente il piano sul quale ancora si svolge generalmente il dibattito: un piano dove lo scambio di idee è precluso; dove i contrasti si caricano di rancori, perdendo in pari misura di respiro; dove il motivo del contendere si esaurisce, e si degrada, nel dilemma se stare o non stare al governo, e dove anche la questione della “Costituente socialista”, vale a dire dell’allargamento delle nostre frontiere fino a comprendervi tutte le forze vive del movimento socialista e democratico, viene anche essa vista solo in funzione di problemi tattici. […] Io mi auguro vivamente e fervidamente che non siano necessarie dure lezioni della realtà perché tutti si rendano conto di quanto astratto sia invece il concretismo, squallido e privo di ogni rispettabile alone, di certi “pratici” che posano a maestri di realismo politico” 47.

Proseguiva, intanto, il dibattito interno al partito socialdemocratico che, nella seduta del Comitato centrale del 9 ottobre 1965, attraverso le parole del segretario, affrontava il tema dell’unificazione, auspicandone nuovamente “l’immediata realizzazione”. Tanassi, inoltre, nella sua relazione esponeva in sintesi le linee che il Psi avrebbe dovuto seguire per raggiungere l’obiettivo, o meglio “i problemi” che i socialisti avrebbero dovuto risolvere prima di giungere all’unificazione.

“L’altro elemento che sta al centro del nostro dibattito congressuale è quello della unificazione socialista che deve dare nuova forza e nuovo vigore ai lavoratori italiani. L’urgenza di realizzare l’unità tra Psi e Psdi sulla base dei principi dell’Internazionale socialista, è stata da noi sottolineata ripetutamente e, senza voler esercitare inammissibili pressioni sul dibattito interno del Psi, auspichiamo fervidamente che quel Congresso possa contribuire al superamento delle residue difficoltà che ancora si frappongono alla unificazione, possa dare cioè una risposta a quei problemi reali che, per chiari segni, vengono avvertiti dagli stessi compagni del Psi.

Uno di questi problemi riguarda la politica estera del futuro partito unificato: diciamo politica estera positiva, e non ispirazione ideale di essa, perché l’aspirazione alla pace non è patrimonio di questo o quel partito che si richiama al socialismo ma di tutti i socialisti. […] Gli sforzi del futuro partito dovranno essere diretti alla ricerca di una prospettiva capace di fondare la pace del mondo su basi più sicure, su basi inviolabili.

Il problema sindacale richiede una soluzione soddisfacente: occorrerà, pur tenendo fermo l’obiettivo di realizzare l’unità di tutti i lavoratori in un unico sindacato indipendente, democratico ed autonomo, consentire ai militanti del nuovo partito di permanere nella CGIL o di aderire alla UIL evitando un obbligo statuario connesso con l’atto stesso dell’iscrizione al partito. […]

L’altro elemento che necessita una discussione franca e leale è quello delle amministrazioni locali che, pur risultando notevolmente chiarito, richiede tuttavia una ulteriore definizione che non fornisca materia per una troppo facile polemica. Noi pensiamo che nelle amministrazioni locali, almeno in quelle dei Capoluoghi di provincia e dei Comuni più importanti, dovrebbe escludersi qualsiasi collaborazione con il Pci. […]

Non saremmo certamente noi a sottovalutare le residue difficoltà nei rapporti umani e politici fra i due Partiti: abbiamo tutti noi vissuto con impegno la storia di questi ultimi venti anni e sappiamo quanta amarezza e quanto dolore ci siamo vicendevolmente procurati. Tuttavia riteniamo che l’esigenza di portare avanti gli interessi dei lavoratori italiani e l’indubbio miglioramento dei rapporti dei rapporti di questi ultimi anni fra i due partiti, siano sufficienti a superare gli ostacoli che ancora esistono per giungere alla unità organica e concludere così la tappa più importante del processo unitario a cui tendono tutti i lavoratori italiani. L’unità socialista, intesa come processo che porti in un unico grande partito socialista e democratico tutti i lavoratori italiani, costituisce l’obiettivo ideale di ogni socialista” 48.

Le dichiarazioni presentate nella relazione del segretario del Psdi, invece di facilitare e spianare la strada verso il progetto di unificazione, ne rallentarono la realizzazione. Le condizioni proposte da Tanassi accrebbero, infatti, i dubbi legati alla questione e furono sfruttate da alcuni esponenti della minoranza del Psi come arma polemica da utilizzare nel dibattito al futuro congresso socialista.

 

Note:

36. P. Nenni, Gli anni del centro-sinistra, Diari 1957-66, cit., in particolare 9 luglio 1965, p. 505, 15 luglio 1965, p. 507, 30 agosto 1965, p. 522, 23 settembre 1965, p. 531, 1 ottobre 1965, p. 535 e 4 novembre 1965, p. 549.

37. La proposta fu accettata nella seduta del Comitato centrale svoltasi dal 7 al 9 aprile del 1965

insieme alla decisione di fissare nelle giornate del 10-14 novembre del 1965 il congresso del partito.

38. Francesco De Martino, Le Tesi del segretario del partito, “Avanti!”, 27 agosto 1965.

39. Riccardo Lombardi, Per l’autonomia e l’unità del partito”, “Avanti!”, 28 luglio 1965.

Le tesi della minoranza furono presentate da Lombardi, Balzamo, Santi, Veronesi, Tullia Carettoni, Verzelli e Codignola.

40. Romolo Mangione, Le tesi del Psi, “Socialismo Democratico”, 1 agosto 1965.

41. Pietro Nenni, Lettera ai compagni, “Avanti!”, 5 settembre 1965.

42. F. De Martino, Un’epoca del socialismo, cit., pp. 310-311.

43. P. Nenni, Gli anni del centro-sinistra, Diari 1957-66, cit., 30 agosto, p. 522-523.

44. F. De Martino, Un’epoca del socialismo, cit., pp. 443-444. Lettera n. 35. Miseno 31 agosto 1965.

45. Antonio Giolitti, Perché non siamo socialdemocratici, “Mondo Operaio”, ottobre 1965, n. 10.

46. Mario Tanassi, L’unificazione socialista, “Socialismo Democratico”, 12 settembre 1965.

47. Gaetano Arfè, A titolo personale, in Mondo Operaio, 1956-1965, Antologia, cit.

48. “Socialismo Democratico”, 10 ottobre 1965.