di Aldo Ferrara – Socialismo XXI Lazio
E’ passato sotto silenzio il volume Contro la democrazia di Jason Brennan, a cura della Luiss University Press con la prefazione di Sabino Cassese e un saggio introduttivo di Raffaele de Mucci. Esito prevedibile, la sua lettura avrebbe sconvolto i pallidi e precari equilibri politici italiani. Destabilizzante dunque sul panorama già sufficientemente destabilizzato dal 1992 in avanti.
Non so se si siano mai conosciuti ma Brennan riprende un’articolazione di pensiero di Giovanni Sartori. Ero andato a casa sua, a Roma, in via di Montoro, stava già poco bene e si dilungò in una disputa, che a me parve paradossale, sui limiti della democrazia. Siamo sicuri, diceva, che sia la forma migliore di governo? O piuttosto non sarebbe a questo punto saggiare l’epistocrazia, il governo della meritocrazia o dei tecnici che però finora non ha dato risultati ove applicato?
Mr. Brennan fa un ragionamento analogo. E condivisibile. Divide le classi dell’elettorato o della pubblica opinione in Hobbit, Hooligan e Vulcaniani. I primi non mostrano interesse per la politica, più o meno come succede a Milano. Città nella quale l’Amministrazione, ereditata da lunga pezza dagli Austriaci, marcia da sola, il Sindaco dà un indirizzo politico, taglia i nastri, dispone gli eventi di eccellenza, ma la macchina amministrativa va in guida autonoma.
Ma poi ci sono gli Hooligan faziosi, rivoltosi senza il coraggio delle rivoluzione che tendono a far della politica argomento da stadio. Curva Sud contro Curva Nord. Mai una politica “per” ma una politica “contro”. L’esempio tipico è stato quello dei vaccini: schierarsi favore o contro senza cognizioni tecnico-scientifiche è stato errore madornale su cui si è infranta la pubblica opinione. Con gravi rischi per la popolazione che alla fine non ha capito più nulla.
Poi ancora i Vulcaniani che associano conoscenza e una discreta raffinatezza analitica con un’ampia apertura mentale, senza indulgere nei discorsi da bar dello sport.
Scrive Brennan: “Invece di agire come «cercatori di verità», gli elettori si comportano come «fan politici», facendo il tifo per una o per l’opposta squadra al pari dei tifosi sportivi. «L’ignoranza e la polarizzazione degli elettori li lasciano in balìa di politici senza scrupoli, ideologi e gruppi di interesse». Un analfabetismo politico e istituzionale che si trascina fin dalla gioventù. Basta ascoltare i giovani alle prese con le loro prime visite ai seggi elettorali o anche solo nelle discussioni politiche che diventano, inevitabilmente, meri attacchi e contrattacchi partitici. Come gli adulti del resto. La scelta di chi deve rappresentare i cittadini in Parlamento e in tutti gli altri organi ed enti rappresentativi non può e non dovrebbe mai essere motivata dalle sole ideologie o, peggio, sul pregiudizio di chi ne professa di diverse. Le scelte dei rappresentanti eletti si riflettono poi, inevitabilmente, su tutta la cittadinanza e sarebbe quindi opportuno iniziare a selezionare i governanti sulla base di progetti concreti per la collettività.
«Se ci rifiutiamo di tollerare una pratica medica o il lavoro dell’idraulico privi di conoscenza e competenza, dovremmo trattare con lo stesso metro il votare inconsapevolmente». Brennan sottolinea come il voto non sia semplicemente una scelta individuale ma «l’esercizio di un potere sugli altri» che dovrebbe essere sempre utilizzato in modo responsabile non fosse altro appunto perché le scelte politiche ricadono su tutti i cittadini indistintamente.
Coloro che si astengono «sono mediamente hobbit», mentre gli elettori «sono, in media, hooligan». «Il problema è che molte teorie filosofiche sulla democrazia presumono che i cittadini si comportino come vulcaniani».
Emerge dalla lettura di Contro la democrazia di Jason Brennan non tanto la volontà dell’autore di condurre la ristretta cerchia dei vulcaniani al governo del Paese, quanto piuttosto quella di stimolare azioni e progetti che rendano hobbit e hooligan meno tali e quanto più vulcaniani possibile. In fondo, come sosteneva Herbert Spencer e come ricorda lo stesso Brennan: «un uomo non è meno schiavo se, ogni certo numero di anni, gli si permette di scegliersi un nuovo padrone».
In Italia abbiamo avuto un percorso singolare. Dai partiti di massa, filtro tra istituzioni e volontà popolare, siamo passati ai partiti Monocratici, Lista Dini, Lista Fini, Lista Pannella, Lista Bonino, alla identificazione del presunto Leader con una politica. Un tempo si diceva “ io voto DC, o PCI o PSI”. Poi si è detto voto Lista Pannella, nella quale un residuale di partito c’era ancora, si identificava Marco Pannella con una politica. Poi alla fine si è arrivati a dire voto Berlusconi, anticipatore del “leaderismo unico”, residuo di mentalità paradossalmente staliniana o cubana. Il concetto del Leader Maximo, ripreso dai vari Matteo, Renzi prima e Salvini dopo, sta a indicare un percorso di identificazione dell’elettore versus quello nel quale ritrova sé stesso, quel che vorrebbe essere e quello cui anela. Ossia il padrone, sentendosi l’elettore deficitario e incapace per conoscenza o cultura di esprimere una sua personale idea.
Questa la ritrova nei giornali, che come si sa, sono già orientati a monte e riprende frasi e termini che sente nel giornale più diffuso, quello ascoltato alla TV. I termini comuni della politica, i volti più visti diventano vangelo politico, senza vaglio di discussione critica perché quello che dice la TV è la realtà.
Dunque da Brennan ai nostri tempi il denominatore comune è la mancanza di cultura generale che offre la capacità di discernimento, che è madre della incultura politica che tende a rendere ciascuno di noi “tifoso” politico.
Brutta cosa la tifoseria politica: è l’espressione classica dell’omologazione e del servilismo politico.
A questo punto l’italiano medio che non è ancora un Vulcaniano si ritrova in una condizione di scelta: o resta servo degli schemi omologati dei comitati elettorali, già partiti ma ridotti a gruppo di interessi, spesso di poca trasparenza, o si riconduce ad una condizione di schiavo delle situazioni generali da cui può uscire rompendo le catene.
L’omologazione è la condizione di servitù strisciante in cui questa sinistra ci ha ridotto. Con la cooptazione di una classe dirigente auto referenziata, ha impedito alle teste pensanti di dare una linea guida, pericolosa perché emarginante l’incultura e dunque la stessa classe dirigente. Le poche personalità di vaglio introdotte nel PD hanno finito per andare via, perché emarginate e controcorrente. Ma la tradizione del PCI era ben diversa, basti pensare al Brain Trust della Sinistra indipendente dove i Personaggi più significativi della Magistratura, Università e delle Professioni dettavano la linea politica del PCI stesso, in molte occasioni. La legge Gozzini, lo stesso testo Brodolini-Giugni sullo Statuto dei Lavoratori, portano il vaglio della S.I, malgrado su quest’utlimo provvedimento il PCI si fosse schierato contro ( maggio 1970).
Lo stesso Togliatti, l’uomo delle grandi aperture, dell’Art.7 della Costituzione Stato-Chiesa, nel 1963 fece eleggere due Baroni siciliani, certo sull’onda milazziana, su cui chiuse un occhio, ma soprattutto per dare un segnale di apertura e non di frattura di classe.
Aver portato al Governo gli Hooligan, ci costringe ad un ripensamento immediato e tempestivo sulle forme di democrazia incompiuta e di una pronta revisione dello schema mentale sulle stesse forme di Governo. Ripensare Atene, l’Aristocrazia intellettuale significa dare spazio alla meritocrazia che in questo nostro Paese è sostantivo fuori dal vocabolario politico.
Biblio
Ferrara A. Nicotri P. Dai partiti di massa ai Sindaci fuori dal Comune, Agorà&Co, Lugano, 2014
Jason Brennan, L’epistocrazia per contrastare lo strapotere degli hooligan politici. “Contro la democrazia”, Luiss University Press, 2018.
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