IL GOVERNO PERSEGUE L’ABOLIZIONE DEL CNEL

di Giuseppe Scanni | Socialismo XXI Lazio Sabato 4 maggio, alle ore 17, l’ANSA ha battuto un’informazione evidentemente considerata dal Governo essenziale, visto il giorno semi festivo e gli avvenimenti – catastrofici – in cui si dibatteva il pianeta (primi fra tutti il bombardamento palestinese sui territori israeliani, la guerra civile in Libia e la tragedia venezuelana). Titolava l’ANSA: “ Riforme: Fraccaro, 8/5 in Senato per abolizione Cnel”, e quindi veniva riportato il comunicato del ministro per i Rapporti col Parlamento, onorevole Fraccaro: “Impegno nel contratto che manteniamo, ente inefficace (ANSA) – ROMA, 4 MAG – “La proposta di legge per l’abolizione del Cnel mercoledì arriverà in Senato. Un altro impegno del contratto di Governo che manteniamo, nell’ottica di restituire piena efficienza alle istituzioni. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro si è rivelato un ente inadeguato agli scopi per cui era stato concepito, ed è ormai superato delle dinamiche istituzionali che garantiscono la rappresentanza delle forze sociali”. Lo annuncia il ministro per i Rapporti con il Parlamento e la Democrazia diretta, Riccardo Fraccaro. (ANSA). ESP 04-MAG-19 16:55 NNNN” Perbacco! Un Governo che ha millantato possibile varare una Legge di Bilancio che espone l’Italia a dover sborsare trenta miliardi, ed ora è esposta all’obbligo di dover  aumentare il peso di IVA ed Accise; che ha esautorato il Parlamento costringendo le Camere  a votare una Legge il cui articolato non era ancora stato redatto a causa delle contraddizioni interne all’Esecutivo; che non sa come uscire dalla lacerante crisi interna alle forze di maggioranza; che ha perso il residuo di credibilità internazionale lasciata dall’onorevole Renzi -appena appena ricostituita dall’onorevole Gentiloni-, secondo l’onorevole Fraccaro e l’Avvocato del popolo , Conte, avrebbe un solo problema urgente: abolire il CNEL.  La proposizione in verità apparirebbe ridicola, forsanche scioccherella ove qualcuno avesse pensato di chiamare alle armi, per una guerra dei bottoni un popolo considerato sempre bambino, al fine di nascondere la vera guerra, quella che ha gelato il Contratto di maggioranza e falcidiato i rapporti tra populisti di destra ed altri populismi.  Forse l’immaginazione maliziosa può disegnare i contorni di un’altra interpretazione dei fatti.  Il CNEL, tornato con la guida del Presidente, professor Tiziano Treu, e del segretario generale, Paolo Peluffo, ad una notevole attività ha presentato al Senato, così come previsto dall’art. 99, comma 3, della Costituzione, un disegno di Legge, il n°1214 col quale si definisce l’istituzione presso il CNEL del Comitato Nazionale per la produttività. Il CNEL, nella seduta del 27 marzo 2019, relatore il consigliere Gian Paolo Gualaccini, ha deciso di candidarsi sulla base della Raccomandazione 2016/C 349/01, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 24 settembre 2016, che prevede la creazione di un organismo super partes delegato all’analisi e alla valutazione della produttività e della competitività del sistema-Paese, monitorando gli sviluppi e proponendo le politiche e le riforme necessarie a livello nazionale per il rilancio dell’economia. Se la scelta del CNEL di candidarsi come sede del Comitato è conseguenza logica e giuridica della sua natura costituzionale e delle conseguenti prerogative di luogo istituzionale del dibattito pubblico e della partecipazione sociale, aiuta a comprendere la necessità di approvare il disegno di Legge 1214  anche l’altrettanto logica riflessione sul fatto che il funzionamento del Comitato solleva l’erario dagli oneri aggiuntivi alla finanza pubblica, grazie all’uso delle risorse già assegnate al CNEL.  Il Comitato che dovrà svolgere analisi economiche imparziali, valutare le misure pertinenti e formulare raccomandazioni, tenendo conto delle specificità nazionali e delle prassi consolidate e comunicarle alla Commissione Europea, dovrà anche predisporre e pubblicare una Relazione annuale propedeutica alle analisi della Commissione Europea effettuate nell’ambito del semestre europeo e della procedura per gli squilibri macroeconomici. Secondo il disegno di legge del CNEL sarà composto da rappresentanti suoi e di diverse istituzioni pubbliche, nonché da esperti, scelti tra persone di riconosciuta indipendenza, comprovata professionalità e qualificata esperienza a livello nazionale e internazionale.  Traggo da un comunicato del CNEL, che almeno da vent’anni – dai tempi della presidenza De Rita- non ha goduto come oggi di una diffusione di informazioni garbatamente esaustiva, quale deve esserlo la comunicazione istituzionale, una notizia che merita attenzione: sulla base della Raccomandazione 2016/C 349/01 il Comitato Nazionale per la produttività è stato creato ed è operativo in 10 Paesi Ue, è in fase di attivazione in altri 9. È questa una nota non di cronaca, ma che assume una valenza politica di prim’ordine. La maggioranza governativa, infatti, ha tentato di interpretare in modo originale di fronte ai comuni criteri valutativi la crescita prevedibile dell’economia nazionale, al fine di modificare, ampliandola, la possibilità di intervenire con spesa pubblica al sostegno di politiche dichiarate espansioniste ed anti recessive. Si sono visti i risultati. Un Comitato che produca analisi di alta qualità, aumentando la trasparenza, agevolerebbe sicuramente il dialogo politico tra gli Stati membri dell’Unione, ma renderebbe impossibile, con la indipendenza garantita dalla Costituzione al CNEL, che la propaganda si travesta da scienza, la falsa notizia quotidiana da inappellabile verità. Esattamente il contrario dei desideri di un Governo che disprezza il Parlamento sino a fargli votare in bianco leggi dello Stato e che trova la sua unità nella esasperazione del diniego alla democrazia rappresantiva, base su cui è stata costruita la nostra Costituzione. Questa maggioranza non ha nessun interesse a garantire l’autonomia funzionale degli organismi che cooperano al buon funzionamento della Repubblica. Presentando il disegno di Legge, il Presidente Treu ha ricordato che a partire dal (appena) il luglio dello scorso anno l’intensificazione delle attività del CNEL negli studi e ricerche in materia di competitività e produttività, con il supporto di tutte le forze sociali ed economiche del Paese, fu finalizzato a redigere “le indicazioni espresse nel documento di ‘Osservazioni e proposte sulla Nota di aggiornamento al DEF 2018’, ribadite all’audizione sul DEF 2019 alle Commissioni congiunte Bilancio di Senato e Camera”.   Apriti cielo. Il presidente Treu nel corso dell’audizione non nascose dubbi, perplessità delle forze sindacali e datoriali del lavoro sul documento presentato dal Governo.  Fraccaro non è stato né ridicolo né sciocco. È al contrario previdente, soprattutto se Conte si è …

LA POVERTA’ STRUTTURALE E QUELLA ASSISTITA

di Alberto Leoni – Coordinatore Socialismo XXI Triveneto Esiste una povertà “strutturale” legata a patologie stabili che impediscono il lavoro e l’autonomia economica o al degrado culturale e sociale molto difficile da aggredire e destinata ad essere “assistita” per tutta la vita. Ed esiste una povertà “temporanea”, legata a scarsità di reddito per assenza o insufficienza di redditi da lavoro, che riguarda persone in età attiva senza problemi di salute. Diversi, pertanto, sono gli strumenti con cui sostenere le due tipologie di povertà. Alla prima serve certamente un assegno di cittadinanza che ne garantisca la dignità, sapendo che durerà tutta la vita. Alla seconda servono azioni di inserimento guidato lavorativo, sostenuto economicamente nelle fasi di formazione e di ricerca attiva dai parte dei Centri per l’impiego, pubblici e privati. Nel dibattito che da mesi inonda il Paese sul reddito di cittadinanza questa distinzione fondamentale è sfuggita. Ne è nata molta confusione che ha impedito di rafforzare la legge sul Reddito di inclusione, anzichè perdere mesi per farne una nuova sul Reddito di Cittadinanza e di rivedere alcune misure del Jobs Act per chi resta senza lavoro. Ed è sfuggito un altro dato interessante: già oggi, noi spendiamo oltre 107 miliardi di euro per l’assistenza. Si va dagli assegni sociali (854 mila assegni sociali a 457 euro mensili) erogati dall’Inps a persone con più di 65 anni, senza redditi propri, alle pensioni integrate al minimo (quasi 4 milioni per 508 euro mensili), in costante riduzione negli ultimi anni: si tratta di pensioni “assistite”, non coperte da contributi sufficienti che lo Stato integra, ancora dagli anni ’70, per arrivare al minimo pensionistico. Una pensione su due, in Italia, è sostanzialmente assistita dallo Stato per contrastare il rischio povertà. Nel 2015 (ultimo anno disponibile Istat) i Comuni italiani hanno speso per povertà, disagio e adulti senza fissa dimora, il 7%, 483 milioni, dei quasi 7 miliardi di euro dedicati alla loro spesa sociale: ad essi si devono aggiungere i 465 milioni di euro utilizzati per l’integrazione delle rette di anziani ospiti di strutture protette. In uno scenario così complesso, è giunto il momento di riordinare tutta la spesa assistenziale oggi molto frammentata e non sempre ben distribuita: una Commissione parlamentare, al massimo livello, con 6 mesi di tempo potrebbe farlo. Lo ripeto:parliamo di 107 miliardi di spesa. Si valorizzino, pertanto, tutte le ingenti risorse investite, riutilizzando bene le misure che già ci sono (oltre 60), semplificando le procedure, separando in modo definitivo previdenza ed assistenza nei bilanci Inps. Si ripensino bene e si rafforzino le misure di tutela della non autosufficienza (l’assegno di accompagnamento può continuare ad essere slegato dal reddito?); si portino le misure per la tutela del lavoro nell’ambito delle politiche attive del lavoro stesso e non dell’assistenza. Si promuovano, infine, reti territoriali (non i soli Centri per l’impiego) per il sostegno della persona e della famiglia povera: saranno queste “reti” il vero motore delle misure per una vera inclusione sociale. La storia di questi ultimi trenta anni, infatti, ha insegnato che il solo intervento finanziario non è efficace per uscire dalla povertà. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it