LO SBLOCCA-CANTIERI CHE ARRIVERA’ E LE OPERE CHE INTANTO LANGUONO

di Giuseppe ScanniSocialismo XXI Lazio |

Il CNEL, nella Audizione a Commissioni congiunte Camera e Senato per riferire l’opinione maturata dalle parti sociali, sindacali e datoriali del lavoro, in generale dalla rappresentanza della società intermedia, sul Documento di Economia e Finanza finalmente in arrivo nelle Aule, si è soffermato sui “Fattori-chiave indispensabili per impostare le necessarie politiche di crescita che devono muovere il Paese attorno a grandi temi aggreganti: l’innovazione come motore di sviluppo, la sostenibilità ambientale/sociale, la mobilità” specificando che purtroppo , se è vero che “le 12 ZES possono rappresentare laboratori di sperimentazione, è anche vero che il Documento “non prevede risorse che diano fiato a una nuova politica industriale, in un quadro che sia ritenuto dagli operatori stabile e affidabile. Le misure per la crescita sono rinviate al “decreto crescita” e al decreto “sblocca cantieri”, il sistema di governance è basato su cabine di regia che non prevedono né forme di integrazione istituzionale, né la partecipazione delle Parti sociali”.

Gran signori il presidente Treu ed il segretario generale Peluffo, che dopo aver osservato la incongruenza delle attese per i decreti crescita e sblocca cantieri si sono limitati ad osservare che “per contrastare le disuguaglianze” si deve ”rispettare il principio costituzionale di equa contribuzione basata sulla capacità economica”, e che l’intervento urgente e condivisibile “sul cuneo fiscale sul lavoro, come richiesto anche dalla Commissione europea, non può avvenire mediante lo spostamento dalla fiscalità diretta a quella indiretta”.

Piuttosto che ascoltare le serie ed articolate osservazioni che il CNEL ha posto, nell’ambito delle sue prerogative costituzionali, il Governo continua a non ascoltare e ad eludere i problemi.

È opinione dello stesso esecutivo, che spesso ne ha parlato, indicare nei lavori infrastrutturali una leva indispensabile per superare il blocco della crescita ed intraprendere strade sicure e non fantasiose per creare sviluppo e lavoro.

A questo scopo non c’è stata dichiarazione nelle sedi più diverse che non si siano richiamate alla volontà dell’Esecutivo di superare l’attuale stasi nell’avanzamento delle opere ricorrendo ad un provvedimento che non esiste ancora, cioè il Decreto Legge ‘Sblocca Cantieri’. Tanto è vero, ha sottolineato nel suo blog lestanzediercole.com, l’ingegner Ercole Incalza che nello stesso “DEF si fa presente che in un Decreto Legge, da approvare entro il mese di aprile, sarà necessario affrontare e risolvere, tra l’altro: il superamento delle Linee Guida dell’ANAC e la sostituzione con il nuovo Regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione del Codice, in fase di predisposizione; il superamento delle Linee Guida dell’ANAC e la sostituzione con il nuovo Regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione del Codice, in fase di predisposizione”. Incalza specifica bene tutte le misure necessarie e qua e là promesse da questo o quell’altro esponente della maggioranza giallo verde.

Qui non riprendiamo le pertinenti osservazioni di Incalza su tutto quello che c’è da fare per rendere competitiva la macchina inceppata delle costruzioni, perché quello che ora importa è mettere in rilievo che al di là dell’evidente guerra guerreggiata per ottenere un voto in più prima della probabile crisi dopo le elezioni europee, i due partiti di maggioranza non sono animati da reale volontà di cambiamento. Il che non è una supposizione, ma una certezza: è scritto nella premessa del paragrafo sulla “Razionalizzazione del Codice dei Contratti Pubblici e al Decreto Sblocca cantieri” che “tra le deleghe approvate dal Consiglio dei Ministri a febbraio 2019 vi è anche quella per la semplificazione, la razionalizzazione, il riordino, il coordinamento e l’integrazione della normativa in materia di contratti pubblici. La norma dovrà portare alla riforma del Codice dei contratti pubblici nel termine di due anni”.

La emergenza del comparto delle costruzioni è posticipata nelle soluzioni possibili di due anni! Ed è emergenza vera: 120.000 imprese fallite negli ultimi dieci anni e 600.000 unità lavorative perse. Il Governo non è riuscito o non ha voluto mettere mano al Codice degli Appalti, di cui si vantava coautore assieme al dottor Cantone e, soprattutto, regista politico per la sua approvazione, il senatore Riccardo Nencini, già vice ministro delle Infrastrutture e segretario del PSI.

Il mistero si accresce se ci chiediamo cosa intendano fare i gialli e verdi, che in questi giorni si becchettano, se dopo quasi un anno non hanno annullato o modificato il Codice Appalti; e soprattutto perché non facciano partire interventi già approvati per oltre un valore di 20 miliardi di euro.

Tutto è fermo e se qualcosa si muove è subito bloccata. Di ieri la notizia dello stop imposto ad un’opera già finanziata dal CIPE, il Corridoio tirrenico in provincia di Grosseto, nonostante le proteste (legittime) del presidente della Regione Toscana Rossi, che ha anche evocato il purtroppo scomparso senatore Mattioli come il Ministro ed il parlamentare che si era speso generosamente per la realizzazione di un’opera necessaria ed urgente.

La TAV, la tratta AV/AC Brescia – Verona – Vicenza Padova, o il Corridoio Genova – Rotterdam, dove l’analisi costi benefici, voluta sempre dall’attuale Governo, ha dato parere negativo, sono là assieme ad altre opere ferroviarie fermate a testimoniare non che non ci sono soldi ma che non si vogliono realizzare lavori finanziati e per alcuni dei quali occorrerà restituire fondi alla Commissione.

Il tutto nel vuoto pneumatico che avvolge la strana vicenda Anas, costretta nelle Ferrovie con la scusa che occorreva farla uscire dal perimetro della Pubblica Amministrazione: ora l’ISTAT pretende che le stesse Ferrovie tornino nella Pubblica Amministrazione. Le promesse da marinaio d’acqua dolce di Toninelli si scontrano con una realtà di stasi aggravata da un nuovo gruppo dirigente dell’Anas di cui nulla si sa e forse non per pecche della comunicazione aziendale, peraltro diretta nelle sue esternalizzazioni più importanti dalle Ferrovie. Forse niente si sa perché non c’è niente da sapere, il che fa presupporre, con il prossimo, ragionevolmente vicino nuovo governo, altri scossoni che si sarebbero potuti evitare.

Siccome l’ottimismo è l’unico sprone comprensibile per le Rivoluzioni, speriamo che in Parlamento qualcuno si alzi a difendere il lavoro ed i bisogni del paese e non si limiti ad indentificare i lavori pubblici con il garantismo a fase alterne che questa volta sembra voglia colpire il sottosegretario Siri, il quale di Lavori Pubblici non è, comunque, che abbia dimostrato una straordinaria conoscenza.