TRADIZIONE E POLITICA PER LEGGERE IL PRESENTE

di Anna Rito Socialismo XXI Basilicata

Il rapporto tra tradizione e politica è tornato al centro della riflessione. Negli ultimi vent’anni quel rapporto era entrato in crisi per la messa al bando dei partiti politici tradizionali screditati dalla deriva partitocratica e morale.

Nella sostanza si è trattato della crisi dell’intero universo politico, ormai incapace di rappresentare le nuove esigenze popolari prodotte dalla globalizzazione e dalle nuove forme di comunicazione mediatica e interpersonale. La prima ha ridotto l’importanza politica di storiche aree del pianeta favorendo l’ascesa di economie asiatiche con modalità e processi produttivi più aggressivi e con minori forme di tutela del lavoro, nonché la creazione di serbatoi di forza-lavoro concorrenziali all’interno della stessa Europa grazie ad una gestione strumentale dei fenomeni migratori. Le seconde hanno scavalcato la mediazione delle élites dei partiti tradizionali nell’interpretazione degli eventi politici e dei processi economici.

I ‘portavoce’ del disagio sociale o del risentimento identitario (costruzione culturale recente di grande effetto anche se con poche giustificazioni reali) hanno superato per rapidità ed efficacia le “scuole di pensiero” di partito immettendo sul “mercato culturale” una quantità di interpretazioni pret-à-porter adatte a soddisfare il malcontento sociale e a  indirizzare la politica, ormai dipendente da sondaggi provvisori e puntualmente ammanniti, verso prese di posizione altrettanto provvisorie e strumentali per fronteggiare la possibile perdita di consensi.

La spregiudicatezza e ubiquità con cui i nuovi interpreti e gestori degli umori popolari si muovono sul grande scenario del mondo ha frastornato le ‘vecchie’ formazioni politiche residuali o le nuove improntate sui grandi modelli novecenteschi. Al laboratorio della politica non è più concesso il tempo di assimilare i fenomeni. Le risposte immediate, quale sia il loro valore reale nella scala degli effetti e delle ricadute a medio e lungo termine sulle linee strategiche della politica internazionale o nella composizione dei dissidi sociali interni, invadono il mercato con un effetto perverso di egemonizzazione e saturazione, impendendo il pensiero riflesso e una gestione più consapevole dei problemi.

Sono cose ormai dette e ridette dagli osservatori politici, e la riprova l’abbiamo nel fatto che proprio gli osservatori e ragionatori esperti della politica e della società hanno, a loro volta, un’influenza limitata – verrebbe da scrivere pressoché nulla – sull’interpretazione in ricaduta degli avvenimenti e poco vengono ascoltati dai politici delle ‘piazze’ del web o della comunicazione mediatica generalizzata. Verrebbe, dunque, da dire che la forma del partito tradizionale è venuta meno non solo o non tanto per gli indubbi aspetti di corruzione che hanno ‘screditato’ i vecchi partiti, ma per un effetto di senescenza, di superamento storico di fronte ad uno scenario in via di globalizzazione progressiva che ne ha limato e infine limitato la funzione.

L’argomento della corruzione non sarebbe bastato ad affossare quelle forze politiche se la loro funzione storica non fosse venuta meno. Che pensare, di fronte all’avvento di capi ‘carismatici’ sempre più sdegnosi di mediazioni e insofferenti di vincoli costituzionali e al modello vincente di comunicazione della distorsione programmatica? Infatti, se la calunnia e l’infamia non sono strumenti politici recenti è però vero che l’estemporaneità dell’origine e l’effetto globale di notizie false o falsanti la realtà è oggi, più che incontrollabile, non arginabile e condizionante su scala planetaria.

La verità o l’adeguatezza delle interpretazioni ai fatti non è più il frutto di una ricerca difficile e di analisi complesse, ma la dimensione di un’immediata effettualità ‘monetizzata’ a proprio vantaggio e strumentalizzata per condizionare gli avversari politici.

Oggi la polemica contro l’Europa e la globalizzazione si convoglia nel sovranismo, nel particolarismo produttivo e nell’avversione ad analisi e posizioni che tentano di essere “scientifiche”.

I valori di uguaglianza e fratellanza storicamente nobili e culturalmente rispettati, indietreggiano rispetto alle rivendicazioni ritenute legittime dell’egoismo e delle paure suscitate dalla propaganda populista.  

Forse, a questo punto, abbiamo bisogno di un rimodellamento delle nostre posizioni culturali e di agire con un diverso linguaggio che smascheri non soltanto le falsità patenti ma anche quel semplicismo interpretativo che come la spuma del mare ti sferza la faccia ma non è certo l’onda.

Il socialismo per il XXI Secolo, lavora in prima istanza su un linguaggio rinnovato che sia segno di uomini e donne che vogliono pensare diversamente dal depensamento generalizzato, perché pensare è capire e il capire cerca di agire sulle cose e non sulla centrifugazione della realtà nel distorsore dell’ignoranza, matrice di paura e dell’odio.

Il primo e necessario passo di una formazione politica che voglia oggi non effetti elettorali immediati, ma una sua collocazione stabile nel dibattito delle idee è quella di avere un linguaggio di verità da usare con costanza e pazienza come grimaldello per scardinare le chiusure ostinate che rendono finti porti sicuri i particolarismi e gli egoismi.