UN MODERNO RIFORMISMO PER GOVERNARE IL CAMBIAMENTO

CONFERENZA PROGRAMMATICA – Rimini 1982

Le Conclusioni di Bettino Craxi

«E’ con particolare soddisfazione che mi accingo a concludere questa Conferenza programmatica nazionale. Essa rappresenta un successo del lavoro del Partito, del suo spirito di unità e di collaborazione, della sua volontà di lotta. Quattro giornate di lavoro serrato e favorito dall’ambiente di serenità e di amicizia che abbiamo trovato attorno a noi. Ringrazio per questo i compagni emiliani, i compagni riminesi, l’Amministrazione comunale di Rimini che ci hanno accolto in questa capitale internazionale dell’ospitalità e che ricordiamo anche come terra di antiche tradizioni di lotta politica e sociale. Ringrazio i compagni che si sono prodigati nella organizzazione della conferenza e che ci hanno circondato di colori, di garofani, di attenzioni oltre che di servizi efficienti ed impeccabili». Ringrazio tutti i compagni relatori, il compagno Covatta che ha coordinato il loro lavoro. I compagni della Direzione che hanno assicurato il successo della iniziativa e tutti gli amici che sono intervenuti liberamente c che ci hanno aiutato ad approfondire i problemi.

Ringrazio gli ospiti egli invitati italiani e stranieri che hanno seguito con attenzione i nastri Lavori e con essi gli organi di informazione che hanno scritto di noi, dando ampia cronaca dei nostri lavori e commenti politici vari. Di questi ultimi mi ha colpito un commento formulato dai soliti noti, secondo cui non ci saremmo occupati di politica. Noi che di politica ce ne intendiamo, facciamo fatica a tradurre questo giudizio nel suo vero senso: che peccato che non si siano messi a litigare.

E’ dura a riunire la tendenza che ostinatamente ci ha accompagnato in tutti questi anni e che vuole a tutti i costi vederci attraverso lenti deformate e vuole presentarci attraverso descrizioni ed immagini spesso deformi. Esse esprimono la parte peggiore di settori politici che si sono a lungo cullati e forse ancora si cullano nella speranza e nell’illusione di non dover fare i conti con noi, di fermare il corso del rinnovamento socialista, di imbrigliarlo o di sporcarlo ricorrendo a tutti i mezzi, o di provocare, se possibile, una nostra clamorosa ricaduta nelle antiche pratiche di divisione, di logoramento masochistico di lotte intestine. Ma le cose per noi sono cambiate. Sono cambiate nel partito e sono cambiate per il partito nel paese. Abbiamo saltato in questi anni molti ostacoli, irrobustendo il partito, il legame tra i suoi dirigenti, la coscienza collettiva del nostro ruolo storico e via via che il paese ci ha riconosciuto e ci ha incoraggiato anche la coscienza della nostra forza e delle nostre possibilità.

Molte cose sono destinate a cambiare

Molte cose sono cambiate e molte altre sono destinate a cambiare. I conti con noi si devono e si dovranno fare. E chiunque saprà parlarci con spirito costruttive; e con un tono di rispetto troverà in noi una grande disponibilità ed un eguale spirito costruttivo verso ogni iniziativa che sia suscettibile di allargare l’area della comprensione e dell’unità di tutte le forze del rinnovamento e del progresso per sospingere in avanti a processo di cambiamento che deve essere avviato e realizzato. Vedete, un tempo eravamo grandi importatori di materiali che provocavano tra di noi lacerazioni e divisioni: oggi, tutto questo è finito, semmai ora esportiamo. Questa assise di Rimini ha dato una nuova eloquente testimonianza, della vitalità, della tensione, della ricchezza di idee e di apporti che fa progredire il rinnovamento socialista, che non ha trionfi da celebrare ma solo tanta strada da percorrere con pazienza e con tenacia. Esso ha saputo superare difficoltà e momenti critici perché ha saputo sempre rispondere con puntualità alle prove di verità, di solidarietà, di responsabilità alle quali è stato chiamato abbiamo saputo dire la verità a noi stessi sui nostri limiti, sulle nostre carenze, sui nostri errori.

Abbiamo detto la verità sulle zone malate del paese ma anche su quelle sane, vitali e produttive. Dalla analisi dei fatti abbiamo ricavate verità che contrastano apertamente con dogmi, formule e pregiudizi che pure tanta parte hanno avuto ed hanno nella vetero-sinistra tanto rumorosa o sferzante, quanto velleitaria e poco concludente. Abbiamo affrontato questioni spinose quando si è trattato di levare il velo sul terrorismo demonizzato ma non smascherato o quando si è trattato di affrontare l’opera corrosiva di quelli che sono stati efficacemente definiti “giornalisti dimezzati”, non per offendere la libertà di stampa ma per contrastare la deformazione partigiana e faziosa, manipolatrice della verità, o quando abbiamo chiamato in causa la responsabilità di magistrati in servizio politico permanente effettivo che gettano discredito su di una magistratura che noi vogliamo autorevole, stimata, indipendente, bene organizzata e ben protetta.

Non c’è stata una sola grande e buona causa che richiedeva sostegno e solidarietà attiva che abbia visto, assenti o indifferenti i socialisti, sia pure nella scarsezza dei loro mezzi, delle loro possibilità nella larga insufficienza delle loro organizzazioni. Solidarietà sociale, umana e civile. Solidarietà attiva ed operante verso gruppi sociali in lotta per giuste rivendicazioni, verso esseri umani in difficoltà e in pericolo, verso chi era ingiustamente attaccato o ingiustamente perseguitato. Responsabilità innanzi tutto verso noi stessi, con un tentativo costante, anche se non sempre riuscito, dl conciliare gli elementi di continuità con gli elementi di rinnovamento, di mantenere il carattere aperto e libero del nostro costume interno e di ricercare i punti di saldatura e di incontro positivo, di correggere senza strappare.

Responsabilità verso l’insieme del movimento socialista, nelle sue diverse espressioni ed articolazioni ed anche nelle sue diverse identità, che è chiamato a serrare le fila della sua collaborazione e della sua sempre maggiore unità ed il cui rafforzamento è condizione fondamentale per far avanzare la evoluzione ed una chiarificazione di fondo in tutta la sinistra italiana. Responsabilità verso le forze politiche democratiche e verso le istituzioni manifestando sempre una grande lealtà e un grande rispetto, riaprendo dialoghi che si erano chiusi ed avviandone di nuovi, non concedendo mai alla polemica più di quanto era necessario per rintuzzare la polemica degli altri, non cedendo alla tentazione delle posizioni facili, della demagogia, della fuga dal reale, e cercando di mantenere fede, pur nei limiti delle forze su cui potevamo contare, agli impegni assunti verso gli elettori e sviluppando un ruolo che è divenuto sempre più, di primo piano nel governo delle istituzioni. La governabilità cui abbiamo concorso ha procedo a fatica e oggi si trova nella più difficile delle situazioni. Questa tuttavia resta la nostra linea di fondo e se la valutazione che facciamo della situazione dovesse spingerci a discostarcene ciò avverrà solo allo scopo di creare le condizioni per far compiere alla governabilità un salto di qualità, rimuovendo ostacoli politici, burocratici, istituzionali, che ne rendono affannoso e qualche volta impraticabile il cammino.

Un grande dialogo aperto

E’ secondo il metodo della verità, della solidarietà e della responsabilità che si è sviluppato in questi giorni un grande dialogo aperto tra uomini di cultura ed uomini di governo, parlamentari, amministratori, sindacalisti. dirigenti del mondo produttivo, esponenti di grandi realtà associative, uomini e donne dirigenti del partito. Esso ha ruotato attorno all’idea stimolante di un riformismo moderno, non solo e non tanto perché le menti più aperte e più oneste, di fronte alle prove della storia, sentono i rintocchi di una campana che suona una sorta di rivincita storica per il riformismo di altri tempi che fu una stagione di semina fruttuosa prima di dover cedere il passo alle illusioni rivoluzionarie ed alle ubriacature massimalistiche che furono anch’esse generose ma che finirono con l’aprire il passo alla sconfitta di tutti, ma soprattutto perché il terreno di un socialismo riformatore, democratico, e laico è oggi, oggettivamente, un punto di approdo di tante esperienze diverse, di tradizioni che la realtà messa si incarica di spingere verso una radicale trasformazione e perché infine si è armato di metodo critico, di senso del reale, di volontà concreta e costruttiva non può non vedere che questa è la prospettiva verso la quale vanno incanalatati gli sforzi di approfondimento, di ricerca, e dove naturalmente è più necessario, di coraggiose revisioni.

Il dibattito, affrontando nelle quattro giornate i problemi internazionali, istituzionali, economico-sociali, culturali, è entrato nel vivo di un metodo riformista, realistico, razionale e moderno, guardando alla concretezza di problemi ed esprimendosi con chiarezza di linguaggio. Non è stato posto per dispute ideologiche astratte e inconcludenti, nella coscienza che si va diffondendo, della obsolescenza delle ideologie. Non è comparso alla tribuna nessun accademico di socialismo a distribuire prediche e scomuniche con il rituale di dogmi, formule e precetti, figura del resto antica e per la quale già i latini avevano coniato la definizione di “Philosophus purus, purus asinus”. E non è affatto vero che abbiamo lasciato la politica fuori della porta. Chi ha voluto accorgersene se ne è accorto. L’accoglienza che ha ricevuto il compagno Federico Mancini non è stato solo il riconoscimento della sua lucidità intellettuale e del prezioso contributo che egli dà al lavoro di elaborazione nel campo delle riforme istituzioni, ma la denuncia di una pagina inqualificabile del malcostume e dell’intrigo parlamentare in una situazione che il compagno Mancini ha continuato ad affrontare avendo compreso che chi era preso di mira non era la sua persona ma il suo partito.

Di questo gli siamo grati e la sua rimarrà per noi la sola candidatura socialista. Una calorosa accoglienza è stata riservata ai compagni Benvenuto e Marianetti ed il messaggio del partito era diretto a tutti i sindacalisti socialisti. Non è la prima volta che avviene a conferma dei nostri rapporti fraterni, della nostra stima e del nostro sostegno, in un quadro che è di reciproca autonomia, di reciproca libertà di giudizio e di azione.

Una particolare sottolineatura

Questa volta c’è stata una sottolineatura particolare a causa delle polemiche ingiuste e sbagliate di cui sono stati fatti oggetto i sindacalisti socialisti sino alla intollerabile chiassata contro il compagno Benvenuto. I compagni del sindacato hanno preso delle posizioni che giudichiamo equilibrate e giuste. I sindacalisti socialisti non hanno reso un servizio al partito ed al governo che noi non abbiamo né preteso né tantomeno imposto. Hanno reso un servizio al movimento sindacale, alla sua serietà, alla sua credibilità, alla sua responsabilità. La Conferenza ha espresso la sua solidarietà ed il suo sostegno ai compagni che rivestono cariche di governo. Il partito sa bene che sono compagni che hanno profuso e profondono un grande impegno in una esperienza per loro totalmente nuova. Li apprezza per ciò che fanno nello loro opera di governo, li sostiene perché sa che non sono visi pallidi e spiriti timorosi ed accondiscendenti, e li apprezza ancor di più perché sa che non sono ministri ministerialisti che premono sulla vita del partito ma compagni che in ogni momento sono pronti a riprendere il loro posto di lavoro nel partito.

La conferenza ha salutato come merita l’esordio, almeno in una assemblea di questa autorevolezza e rappresentatività non inferiore a quella di un Congresso, dei compagni che Marco Pannella, ancora fresco si vede della visita fatta al Congresso del MSI, ha voluto spregiativamente chiamare ‘balilla‘, i vicesegretari del partito, compagni Martelli e Spini. E’ dai loro importanti interventi in questo dibattito che prendo spunto per dire che se al Congresso di Palermo noi abbiamo fissato un momento del nostro dibattito interno, questa Conferenza di Rimini offre tutti gli elementi su cui costruire una più salda unità interna, con uno sforzo di buona volontà per superare conflittualità che qua e là tendono a riaccendersi, per consolidare una piattaforma comune di azione e di lotta. Grandi questioni di politica interna e di politica internazionale non hanno diviso il partito anche se su talune di esse esistono diversità di apprezzamento e di impostazione. All’insegna del trinomio pace, sicurezza, indipendenza abbiamo difeso in una “Giornata socialista per la Pace”, la necessità inderogabile del negoziato, l’opzione zero, una prospettiva globale di disarmo in tutti i campi. E’ vero che il negoziato di Ginevra sembra ristagnare e questo è fonte di grande preoccupazione. Molto probabilmente sarà più agevole trovare delle vie di intesa allargando il campo del negoziato piuttosto che restringendolo. Non vedo però come potremmo dire che non stiamo facendo sul serio e che in ogni caso non installeremo i missili, e pretendere di convincere Breznev, che è già poco convinto adesso, a togliere tutti quelli che per parte sua ha già messo. Batti e ribatti, il chiodo deve entrare. Si allarga nell’opinione pubblica mondiale la coscienza della inutilità, della irrazionalità, oltre che del rischio, di una ripresa incontrollata del riarmo. Una saggia politica di riduzioni, di contenimento, di sicurezza e di controllo deve riuscire a farsi strada. Noi saremo per questo scopo una forza attiva, costruttiva, vigilante.

L’Italia vuole la pace

L’Italia vuole la pace e deve contribuire alla organizzazione della pace. Come ogni grande paese, ha diritto alla sua sicurezza. Vuole perseguire entrambi questi obiettivi preservando la propria indipendenza. La Francia ha una sua difesa autonoma ed una sua propria forza nucleare alla quale non intende rinunciare. La Germania auspica come noi il successo della opzione zero ed in caso contrario accetta sul suo territorio il nuovo armamento nucleare sotto il pieno controllo e la piena responsabilità degli americani. Noi chiediamo che l’Italia assuma, una posizione sin d’ora diversa, avanzando la richiesta che, ove fallissero i negoziati e fosse necessario dar corso alla installazione, le armi nucleari siano poste anche sotto la responsabilità diretta italiana in base ad un regime operativo di “doppia chiave”.

Tradurremo in una iniziativa costante il forte sostegno della Conferenza ad una politica di principi e non di convenienze in sostegno dei diritti dei popoli e dei diritti umani. Il segretario del partito ha esaminato vari aspetti della situazione internazionale e le tragedie aperte in vari paesi. A proposito della Polonia il compagno Craxi ha detto: «Un viaggiatore che giunge da Varsavia ci dice di aver visto sui muri di quella città una scritta significativa “appuntamento a primavera”. Temo che non ci sarà nessun “appuntamento a primavera” e che in primavera continuerà a durare l’inverno. Noi siamo amici della Polonia, l’Italia considera da sempre la Polonia una nazione amica. La società e l’economia polacca versano in una crisi molto grave. Noi vorremmo poter concorrere alla soluzione di questa crisi allargando le forme di cooperazione, di aiuti, di facilitazioni creditizie. Ma non lo faremo almeno sino a quando Walesa e sindacalisti non saranno liberati»

Parlando del Salvador dopo aver ricordato il linguaggio di moderazione e la volontà di pace espressa di fronte alla Conferenza del compagno Ungo e la sua reiterata disponibilità a fissare le basi di un negoziato, il Segretario del partito ha detto: «Mi hanno detto che la nostra posizione sul Salvador avrebbe suscitato negli USA amarezza e sorpresa. La linea politica seguita dalla Amministrazione americana nella situazione salvadoregna, almeno sino ad ora, ha suscitato invece in noi amarezza senza sorpresa». «Il “Popolo” il giorno seguente alle elezioni del Salvador ha intitolato “così nasce una democrazia” mentre dalle urne, dopo un voto svoltosi nelle condizioni più anomale e più incredibili, usciva un risultato favorevole alle formazioni di destra e di estrema destra. Noi sosteniamo nel Salvador tutti coloro che si battono per aprire finalmente la strada ad una vera democrazia. La via di un negoziato politico, pacifico, garantito che ponga fine alla guerra civile e avvii un processo di reale e rappresentativa costituzione democratica, resta probabilmente in condizioni assai più difficili oggi di ieri, la via risolutrice di una tragedia che scuote l’opinione pubblica del mondo». Ribadendo la solidarietà socialista alla resistenza Afghana, il compagno Craxi ha detto: «In vecchie stampe del secolo scorso si possono vedere i montanari afghani, arroccati sulle loro impervie montagne che con armi rozze affrontano gli eserciti imperiali di Sua Maestà britannica per difendere la indipendenza del proprio paese. Ora lo scenario è solo in parte cambiato. Il popolo afghano lotta contro l’esercito di quello che viene definito abusivamente un paese socialista ed è in lotta per la stessa sacrosante causa dell’indipendenza. E’ un paese lontano da noi, un paese che ci è quasi sconosciuto, ma il principio che gli afghani difendono è un principio ed un valore universale.

L’Europa non può dimenticare

L’Europa non può dimenticare così rapidamente non può dare ragione a Stalin che diceva ai suoi “non temete, gli europei protesteranno un poco, ma poi inghiottiranno tutto”. Parlando della crisi del Medio-Oriente Craxi ha detto: «Mi ha fatto una grande impressione, guardando un reportage televisivo, vedere gli “scugnizzi” dei villaggi arabi della Cisgiordania occupata tirare pietre contro i soldati israeliani. Noi siamo amici del popolo di Israele. Conosciamo la sua storia fatta di sacrifici e di lavoro, conosciamo le sue esigenze legittime di sicurezza, ma proprio per questo rivolgiamo un appello alle forze democratiche di Israele perché innalzino la bandiera della pace, perché puntino ad una prospettiva di pace. Essa comporta il ritiro da territori che sono arabi e non israeliani. Essa comporta un negoziato e la volontà di un negoziato.

La pace si realizza risolvendo il problema palestinese secondo il principio della autodeterminazione dei popoli nel quadro di garanzie ferme per la sicurezza di tutti gli stati della regione ed in primo luogo di Israele. In questa situazione, l’assenza di una iniziativa europea è sempre di più colpevole. Craxi ha sottolineato l’importanza del ruolo dell’Italia nel Mediterraneo dove «nessuno dei nostri alleati può prendere decisioni che non tengano conto delle nostre opinioni, delle nostre valutazioni e dei nostri interessi; e ha sollecitato un contributo dell’Italia sempre più fattivo e meglio organizzato allo sviluppo della cooperazione lungo l’asse euro-arabo-africano, sviluppando nel contempo la politica appena avviata per una presenza ed un contributo rilevante dell’Italia nella cooperazione, in particolare verso i paesi amici e pieni di, fiducia verso dì noi, in lotta con il sottosviluppo, allargando la possibilità e le forme di intervento sulla lotta alla fame nel mondo.

«Ma non si può fare una grande politica estera, se il retroterra interno è fragile e traballante, se la navicella politica è in balia delle onde, se i conti dello stato sono sempre più in rosso, se non si consolida una coscienza nazionale dei nostri doveri verso la comunità interna e verso la comunità internazionale». Il segretario del partito ha detto che la Conferenza ha dato un grande numero di indicazioni ed ha formulato molte proposte concrete di grande valore e di grande interesse. «Ne voglio riprendere e sottolineare alcune lungo le direttrici fondamentali della piattaforma riformista che è stata delineata». Il compagno Craxi ha quindi affrontato alcune questioni istituzionali, economico-sociali, culturali, morali.

Alle radici la crisi delle istituzioni

«La grande riforma: non si farà un passo avanti sulla strada di un reale cambiamento se non verrà affrontata alla radice la crisi delle istituzioni. Su questo tema la sordità delle forze politiche» che si è ridotta, ma gli ostacoli sono ancora grandi. I principi vanno difesi ma gli ordinamenti vanno cambiati. La crisi nella società ha accelerato il passo, la lentocrazia nelle istituzioni ha rallentato il suo. Lo Statuto dei diritti e dei doveri dei lavoratori: i diritti che i lavoratori hanno conquistato debbono essere difesi e consolidati, ma gli abusi che si verificano nell’esercizio di questi diritti debbono essere contrastati ed eliminati. Deve crescere il peso e l’influenza dei lavoratori nella vita produttiva, ma deve crescere parallelamente la loro responsabilità verso gli interessi della produzione e gli interessi generali della società. Il tema della democrazia industriale indica la strada maestra di una matura civiltà del lavoro. La crisi dello stato sociale: non si tratta di smantellare il Welfare-state. Si tratta di ripulirlo di tutto ciò che di improprio, degenerato, e ingiustificato si è accumulato nelle sue strutture. Si tratta di passare dal mal governo al buon governo dello stato sociale.

La povertà vecchie e nuove: non facciamo gli italiani tutti poveri, tutti senza tetto, tutti bisognosi dell’assistenza dello Stato. Occupiamoci di coloro che vivono realmente nella indigenza, che non hanno realmente, e che in queste condizioni non riusciranno mai ad avere, una casa. Occupiamoci prima di tutto di chi non ha un lavoro, e ormai sono milioni, non ha una professione, non ha una prospettiva. Occupiamoci — ha detto Craxi — delle nuove povertà figlie dell’isolamento, della alienazione, del disorientamento sociale. Il grande vecchio non ha mai perso il suo significato e la sua attualità. L’iceberg del terrorismo sta venendo a galla. La situazione è rovesciata e credo definitivamente. Si tratta di affrontare la nuova fase con una visione di insieme, giungere alle radici, evitare che il fenomeno si riproduca e si rigeneri come è già avvenuto. Molto resta ancora da scoprire e molto da fare in una lotta che finalmente ha dato i risultati che da tempo si attendevano. Il grande vecchio, e cioè l’intellighenzia del terrorismo, resta in gran parte ancora oscuro ed inattaccabile.

Evitare l’imbarbarimento della lotta. Invitare incessantemente i terroristi alla resa. Se il paese tornerà definitivamente alla normalità ed alla sicurezza interna lo Stato saprà essere giusto e clemente. Il Mezzogiorno, con i suoi problemi aperti, vecchi e nuovi, resta al centro della nostra attenzione e del nostro impegno. Nuove azioni nel Mezzogiorno sono necessarie specie dove i punti caldi di crisi rischiano di allargarsi soffocando anche le tendenze positive allo sviluppo che si erano manifestate. La lotta alla criminalità è all’ordine del giorno.

Non degradare la questione morale

La questione morale non può essere degradata a scandalismo e a strumento di speculazione e di lotta politica. C’è una area di malavita e di corruzione che deve impegnare a fondo la reazione dello Stato. Grandi organizzazioni criminose scorrazzano per le regioni italiane. In Sicilia la mafia locale ed internazionale è ritornata ai tempi d’oro e la Sicilian Connection, la piattaforma del traffico internazionale della droga, è diventata un bubbone esplosivo. La camorra, le sue attività dilaganti e il moltiplicarsi delle sue imprese criminose, sono cronaca quotidiana. Mentre da un lato la società affonda verso forme di disgregazione sociale tra le più pericolose, dall’altro si fa minaccioso il ritardo tecnologico e il ritardo energetico, ed è soprattutto indispensabile una forte ripresa di tutta la ricerca scientifica. Pluralismo culturale: il pluralismo del sistema dell’informazione e delle trasmissioni televisive sarà regolato in modo da far convivere sistema pubblico e sistema privato senza prevaricazioni, sconfinamenti, strumentalizzazioni.

Un comportamento di equilibrio e lealtà

Il compagno Craxi ha quindi affrontato i temi della situazione politica. «il ragionamento serio, sereno e concreto sulle cose da fare, sui proponimenti sugli obiettivi da raggiungere – ha detto – è turbato da una situazione politica sovraeccitata, da un clima polemico fatto di eccessi e di esasperazioni, da uno scenario che diviene ogni giorno più torbido, mentre i rapporti tra le forze politiche rischiano ormai la incomunicabilità. Le forze politiche si comportano esattamente come se fossero nel bel mezzo della più brutale, aspra e decisiva delle campagne elettorali. Gli scontri ormai si susseguono agli scontri, i “casi” ai “casi“, in un clima di vera e propria degenerazione della vita democratica e della vita delle istituzioni. In questi mesi noi abbiamo messo ripetutamente in guardia contro una accelerazione dei processi di radicalizzazione della lotta politica, ma il nostro appello è servito a poco. Non ho capito ora se il cosidetto “caso Scamarcio” deve essere inteso come una sorta di “pozzo di Ual-Ual”, e cioè il luogo dell’incidente di frontiera che Mussolini usò come pretesto per dichiarare guerra all’Etiopia. Vedremo.

Io vorrei solo ricordare che nei confronti della D.C. come d’altri partiti, noi ci siamo sempre comportati con equilibrio e con lealtà ed anche nei processi parlamentari il nostro giudizio è sempre stato improntato a senso di giustizia, non ci siamo mai fatti tentare né mai ci faremo tentare, anche quando per questo abbiamo dovuto sfidare la impopolarità, dalla speculazione politica per arrecare ingiustamente danno ad una persona o ad un partito. E’ una condotta, questa socialista, che l’Onorevole Piccoli non dovrebbe dimenticare quando chiama in causa la correttezza degli alleati di governo. Sulla questione così torbida che circonda il cosiddetto caso Cirillo, io non vorrei aggiungere una sola parola alla dichiarazione fatta pubblicamente dal ministro democristiano Bodrato e che condivido: spionaggio, falsi documenti, miliardi, morti ammazzati, uomini della D.C. napoletana chiamati in causa. Saranno strumentalizzazioni non c’è dubbio: ma bisogna chiarire, spiegare, fare pulizia. Per noi, questa situazione è inaccettabile, la D.C. non può essere coinvolta, probabilmente a torto, un giorno sì e un giorno no. Il partito deve recuperare una posizione di assoluta limpidezza. Io non accetto di viaggiare su di un aereo che “balla” senza sapere il perché.

Se non accetta di ballare lui figuriamoci noi. Noi non chiediamo altro che quello che chiedono tutti, democristiani compresi, di conoscere i fatti, di conoscerli tutti, di conoscerli bene, per poter giudicare con obiettività e con serenità. Certo che dopo essere stati processati per il caso Moro, ora non vorremmo essere processati per aver semplicemente scritto che, comunque, aver dato del denaro ai terroristi è stato come aver dato loro delle armi il che, per chiunque sia stato, non è stato un bell’esempio di intransigenza e di coerenza. Ciò che veramente ci preoccupa non è un episodio polemico. Ciò che ci preoccupa è la situazione generale che si è determinata in una escalation di fattori negativi che ha messo a dura prova la buona volontà del governo, di chi lo dirige, l’amico Spadolini, e di quanti e noi tra questi lo hanno continuato a sostenere con piena lealtà. Sta di fatto che si auspicava una riduzione della tensione politica, per consentire al primo governo a direzione laica di sperimentare un nuovo indirizzo ed un nuovo equilibrio politico, e ne abbiamo avuto un aumento.

La radicalizzazione della lotta politica

La radicalizzazione, della lotta politica ha continuato a logorare i rapporti, ad inquinare la vita democratica, a determinare polemiche ancora più aspre e più spinose, in tutte le direzioni che, se ancora non sono esplose, sono per lo meno in preparazione e destinate perciò a scoppiare. Il governo ha chiesto al Parlamento all’inizio del suo mandato una “corsia preferenziale”. Ha avuto in cambio rinvii, ostruzionismi, accantonamenti, franchi tiratori, imboscate parlamentari tant’è che siamo alle prese da sette mesi con una legge finanziaria ed il bilancio ’82, e siamo agli inizi di aprile, in omaggio alla governabilità, non è stato ancora approvato. Il governo ha mantenuto una linea di apertura verso i sindacati e meritava, pur in presenza di un dissenso sulla politica economica, una risposta diversa da uno sciopero generale sia pure contenuto. D’altro canto non è stata rimossa la divisione interna al governo stesso sugli indirizzi, le prospettive e le misure più adeguate in materia di politica economica e monetaria. La maggioranza ha retto in qualche modo a questo insieme di fattori negativi. Sollecitata in primo luogo da noi, ma anche da altri partiti, ad un chiarimento di fondo al suo interno, non ha trovato disponibile la D.C. per varie ragioni che tuttavia non hanno impedito che avvenisse ciò che era facile da prevedere e cioè un progressivo logoramento dei rapporti. Io cerco sempre di non farmi trascinare dai facili entusiasmi o, dal fumo delle polemiche e delle parole. Preferisco tentare l’analisi dei fatti, e trarre dai fatti delle conseguenze politiche.

Sta di fatto che la D.C. ha reagito con una continua insofferenza nei confronti di un diverso equilibrio politico rispetto alle altre forze laiche e socialiste, equilibrio che comporta un ruolo diverso anche se non meno importante del più forte partito della attuale coalizione. Una prima reazione in questo senso poteva essere comprensibile, una politica imperniata su questo presupposto, diventerebbe senza sbocco. Sta di fatto che se i dibattiti congressuali debbono servire a chiarire le basi di azione politica di un partito, il dibattito precongressuale della D.C., almeno così come si è svolto sino a questo momento, ha contribuito piuttosto a confonderle. Sta di fatto che abbiamo assistito ad un crescendo polemico e a molte manifestazioni di ostilità nei nostri confronti, imperniate ora su di un pretesto ora su di un altro. Cercando di capire, ci pare di intravedere qualche fascia nostalgica dell’Unità nazionale e dell’accordo con i comunisti una larga ripresa di integralismo che sembra voler riproporre i termini di una impossibile egemonia, anche se d’altro canto non mancano posizioni che più intelligentemente cercano di interpretare l’evoluzione dei tempi e delle cose misurando su di essa un nuovo ruolo ed un nuovo impegno democratico della Democrazia Cristiana. Questa situazione incerta e confusa riflette incertezza e confusione su tutta la situazione politica là dove è più facile suscitare sentimenti patriottici, tensioni agonistiche e falsi problemi. Un falso problema è la nostra fretta, ambizione o pretesa. Tutti ne parlano ma nessuno chiede la mia opinione che è semplice.

Il terreno delle responsabilità

In questa legislatura, in questa situazione polemica, in questa confusione di rapporti e di propositi, in questa incertezza di obiettivi non verrà sollecitata una candidatura socialista alla guida del governo. Come ogni partito democratico noi restiamo bene ancorati al terreno della responsabilità che ci compete. Noi passiamo e potremmo concorrere solo ad un processo riformatore, ad un’opera di grande cambiamento nella vita dello Stato e della società per cui è necessaria la convinta e solidale adesione delle forze politiche che intendano sorreggerli ed un forte sostegno nel paese. Non siamo e non saremo per un giro di valzer. Mentre il governo Spadolini teneva e tiene con grande impegno e tra innumerevoli ostacoli il fronte delle emergenze sul quale si era coraggiosamente schierato, si è via via determinata una situazione di vuoto politico. Il vuoto politico è sempre la peggiore delle condizioni giacché si riempie sempre di qualche cosa. E così in questo caso si è riempito di polemiche, di sospetti, di processi alle intenzioni, di manovre di varia natura. Si sono in tal modo perduti dei mesi preziosi e ora tutto è più difficile.

Chi si aspettava da noi per questa bella mattina romagnola un “coup de thèatre”, andrà deluso. Abbiamo però il dovere di affrontare la situazione che si è creata e di dire una parola chiara. Nessuno di noi è più disponibile a sopportare ulteriori logoramenti. E tuttavia noi intendiamo mantenere le parole che abbiamo dato. Faremo perciò fronte a tutti gli impegni che abbiamo assunto, compreso l’ultimo che riguarda l’approvazione, che deve avvenire nei prossimi giorni, della legge finanziaria. Dopo di che cercheremo di chiarire ciò che deve essere chiarito nell’interesse di tutti, della vita delle istituzioni e della vita democratica in primo luogo, che vanno sottratte al pericolo di una più grande decadenza. Altre forze avvertono come noi i rischi insiti nell’aggravarsi della situazione. Affretteremo i tempi di una consultazione politica con quanti già ce l’hanno sollecitata e richiesta e in primo luogo con le forze che ci sono più vicine e con le quali abbiamo vincolo di consultazione.

Ci predisponiamo ad affrontare tutte le difficoltà che la situazione comporta con spirito costruttivo, ma anche con grande determinazione. Questa Conferenza non è stata un seminario di studi: è stata l’occasione per consolidare la base di azione del partito e per esprimere una indicazione di lotta. Ho parlato molto questa mattina. Non ho celebrato date e uomini che ricordiamo e che ricorderemo nel corso di questo 1982. Lo hanno fatto, del resto assai bene, Arfè e Tamburrano. Voglio solo dire che il ricordo di un eroe della patria, morto cento anni or sono, nella profonda delusione verso la nuova Italia tanto diversa e tanto lontana dagli ideali di democrazia e di eguaglianza che avevano animato la sua lotta, Giuseppe Garibaldi, ed il ricordo di uno dei padri del socialismo italiano, morto cinquant’anni fa nella amarezza dell’esilio della sconfitta che egli aveva visto arrivare senza poterla impedire, Filippo Turati, possono darci tutta la forza d’animo necessaria e tutta la forza di volontà per regolare quei conti della storia che sono rimasti ancora aperti, facendo tutto il nostro dovere, con coerenza e con spirito di sacrificio, verso la Nazione, verso il mondo del lavoro, verso una prospettiva pacifica, di libertà e di progresso».

Avanti! 6 Aprile 1982