RANIERO PANZIERI – 9 OTTOBRE 1964
Se un uomo come Panzieri restò nel PSI anche nella fase della maggiore “comunistizzazione e stalinizzazione” di questo partito è perché nel PSI aleggiava una storia nella quale la LIBERTA’ (la libertà di ricerca, la libertà politica, la libertà del cittadino) aveva sempre avuto un peso straordinario.
[Emanuele Macaluso]

Raniero Panzieri nacque a Roma il 14 febbraio 1921 da Alfredo e da Ines Musatti.

Dopo aver terminato gli studi medi superiori al liceo Mamiani, nel 1940 si iscrisse al Pontificium institutum utriusque iuris, non potendo frequentare le università pubbliche, in quanto proveniente da una famiglia ebraica, a causa delle leggi razziali emanate dal 1938. Dopo l’8 settembre 1943 si rifugiò nella basilica di San Giovanni in Laterano e, alla liberazione di Roma (4-5 giugno 1944), iscrittosi al Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP), iniziò a lavorare al Centro studi socialisti, avvicinandosi progressivamente alle posizioni della corrente di sinistra guidata da Rodolfo Morandi. Sostenuti tutti gli esami presso il Pontificium institutum, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Urbino, dove il 30 ottobre 1945 si laureò con Arturo Massolo con la tesi L’utopia rivoluzionaria nel Settecento. Il «Code de la Nature» (1755).

Nel marzo 1946 cominciò la collaborazione con l’Istituto di studi socialisti diretto da Morandi, che lo chiamò a far parte della segreteria di redazione della rivista Socialismo. Nel settembre dello stesso anno fu inviato a Bari a svolgere lavoro politico presso la locale federazione del PSIUP, guidata da Ernesto De Martino: l’incontro con l’antropologo, nonostante i contrasti sorti, fu all’origine dell’interesse di Panzieri per il mondo delle classi subalterne e per i temi di quella che successivamente sarà definita «inchiesta operaia». Nel mese di gennaio del 1948 intervenne al XXVI congresso del Partito socialista italiano (PSI), tenutosi a Roma, schierandosi a favore della costituzione delle liste del Fronte popolare. Dopo le elezioni del 18 aprile, vinte dalla Democrazia cristiana (DC), aderì alla mozione della sinistra, guidata da Pietro Nenni e Morandi, che si trovò però in minoranza al congresso di Genova. Per Panzieri, la duplice sconfitta aprì un periodo di grave incertezza sul proprio futuro politico, che lo portò a meditare se iscriversi al Partito comunista italiano (PCI).

Nel settembre 1948 sposò Giuseppina (detta Pucci) Saija – da cui ebbe tre figli: Susanna, Davide e Daniele – e, alla fine dell’anno, grazie a Galvano Della Volpe, ottenne l’incarico, che tenne per tre anni, di filosofia del diritto alla facoltà di lettere dell’Università di Messina. Nell’estate 1949, dopo il congresso socialista di Firenze, che riportò la sinistra alla maggioranza, assunse in Sicilia incarichi di direzione politica e, nel marzo 1950, guidò l’occupazione delle terre sui monti Nebrodi (l’anno seguente fu processato e assolto): Panzierì definì questa esperienza come il proprio «punto di Archimede» nella ricerca di una rinnovata identità socialista avente come obiettivo la «rivoluzione democratica» (L’alternativa socialista, 1982, pp. 133 s.). Nel gennaio 1951 partecipò, come delegato della Federazione di Messina, al XXIX congresso nazionale del PSI, tenutosi a Bologna e, su proposta di Nenni, fu eletto membro del Comitato centrale e della Direzione e, pochi mesi dopo, fu nominato segretario regionale in Sicilia.

Nell’aprile 1953 assunse l’incarico di responsabile nazionale della stampa e della propaganda (lasciato nel maggio 1955, quando passò alla guida del settore culturale), opponendosi senza successo all’allontanamento di Gianni Bosio, da parte dell’editore Giangiacomo Feltrinelli con l’accordo della Commissione culturale del PCI, dalla direzione della rivista Movimento Operaio.

Nel luglio dello stesso anno uscirono, per le Edizioni Rinascita, i due volumi del libro II del Capitale di Karl Marx, tradotti dalla moglie Giuseppina in collaborazione con Panzieri stesso (seguirono le traduzioni della Situazione della classe operaia in Inghilterra di Friedrich Engels e, per le Edizioni Avanti!, della Critica del programma di Gotha di Marx).

In quel periodo curò l’organizzazione di alcuni importanti convegni: in difesa del cinema italiano (Venezia, settembre 1954) e sulla libertà della cultura (Bologna, settembre 1954). Quest’ultima iniziativa si concluse con una sessione del Comitato centrale del PSI sul medesimo tema, nel corso del quale Panzieri svolse la relazione principale sottolineando l’inadeguatezza della cultura di sinistra nel comprendere le trasformazioni della società italiana. Panzieri promosse inoltre il convegno su Rocco Scotellaro nel primo anniversario della morte (Matera, febbraio 1955, con la partecipazione di Franco Fortini e Carlo Levi).

Anche attraverso questi convegni, Panzieri riuscì a creare una rete di intellettuali che, semplificando, si potrebbero definire «marxisti critici» o appartenenti alla tradizione del «socialismo di sinistra».

Nel settembre-ottobre 1955 fece parte della delegazione del PSI guidata da Nenni che compì un viaggio nella Repubblica popolare cinese, e incontrò Mao Zedong. Nell’aprile 1956 fu uno dei fondatori dell’Istituto Rodolfo Morandi, con lo scopo di pubblicare gli scritti del vicesegretario del PSI, morto l’anno precedente.

Di fronte all’invasione sovietica dell’Ungheria, nel suo discorso al Comitato centrale del 16 novembre 1956 condannò l’intervento, ma criticò l’identificazione tra stalinismo e comunismo compiuta da Riccardo Lombardi.

Per Panzieri, infatti, lo stalinismo, anticipando la trasformazione dei rapporti di produzione rispetto allo sviluppo effettivo delle forze produttive, aveva attuato la separazione di fatto del controllo dei mezzi di produzione dai produttori. La soluzione della crisi richiedeva quindi, attraverso il recupero di tutta la tematica consiliare del Gramsci dell’Ordine Nuovo e del giovane Morandi, il ritorno del movimento operaio alla sua autonomia, attraverso la creazione di nuove forme di democrazia diretta sul piano delle strutture produttive. Sul piano internazionale Panzieri respingeva completamente la concezione dello Stato-guida, attraverso una ripresa dei temi dell’internazionalismo proletario, con una particolare attenzione agli sviluppi della rivoluzione cinese e ai fenomeni di decolonizzazione.

Nel gennaio 1957 svolse la relazione introduttiva e le conclusioni al convegno Azione politica e culturale, tenutosi al circolo Carlo Pisacane di Roma, riaffermando il rifiuto della partiticità della cultura intesa come direzione burocratica che riduce la ricerca culturale a strumento tattico dell’azione politica. L’attenzione per questi temi, nell’ottica della morandiana «politica unitaria» (cioè dell’unità di classe dei lavoratori), costituì il filo rosso degli ultimi anni di impegno politico (e di vita) di Panzieri. Al XXXII congresso del PSI, tenutosi a Venezia nel febbraio 1957, schierato tatticamente con la corrente di sinistra guidata da Tullio Vecchietti e Dario Valori, ma in realtà isolato su posizioni personali e critiche, fu rieletto nel Comitato centrale, ma escluso dalla Direzione. Il mese successivo gli fu affidata la condirezione (direttore Nenni) della rivista ideologica del partito, Mondoperaio, che rinnovò profondamente anche grazie alla pubblicazione di un supplemento scientifico-letterario che vide, tra i suoi collaboratori, Alberto Asor Rosa, Cesare Cases, Carlo Castagnoli e Carlo Muscetta.

Nel febbraio 1958 pubblicò su quella rivista le Sette tesi sulla questione del controllo operaio, scritte in collaborazione con Lucio Libertini, destinate a suscitare un ampio dibattito nella sinistra italiana. Dopo aver sottolineato come la debolezza della borghesia italiana e il divario apertosi tra sviluppo tecnologico e rapporti capitalistici di produzione portassero il movimento operaio all’apparente contraddizione di lottare insieme per riforme di contenuto borghese e socialista, Panzieri e Libertini delineavano una strategia che poneva al centro la classe operaia (più dello stesso partito) e prendeva come modello della costruzione dal basso di una democrazia socialista i primi soviet, il movimento torinese dei consigli di fabbrica, i consigli operai polacchi e jugoslavi.

Nel dicembre 1958 lasciò la condirezione di Mondoperaio a seguito delle divergenze con Nenni, di cui criticò la politica nel suo intervento al congresso del PSI tenutosi a Napoli nel gennaio 1959. Rieletto nel Comitato centrale, anche se ormai distante dalla vita di partito e di corrente, nell’aprile 1959 si trasferì a Torino per lavorare alla Einaudi, prima come redattore e poi come consulente, curando la collana La nuova società e collaborando ai Libri bianchi.

Al XXXIV congresso nazionale del PSI, tenutosi a Milano nel marzo 1961, non fu rieletto nel Comitato centrale, dopo essere intervenuto a una riunione della corrente di sinistra in cui dichiarò di sentirsi ormai estraneo al partito. A Torino, intorno a Panzieri, si formò un gruppo di giovani (tra gli altri, Romano Alquati, Dario e Liliana Lanzardo, Mario Miegge, Giovanni Mottura, Vittorio Rieser, Emilio Soave) che, con quello guidato a Roma da Alberto Asor Rosa e Mario Tronti, diede vita ai Quaderni rossi, il cui primo numero uscì nel giugno 1961 con uno scritto di Panzieri, Sull’uso capitalistico delle macchine nel neocapitalismo, in cui, attraverso una rilettura di alcune pagine (soprattutto della quarta sezione del primo libro del Capitale), si sottolineava la capacità di innovazione del capitalismo e della sue forme di controllo sulla forza-lavoro.

La fabbrica, analizzata anche con i metodi della moderna sociologia, diventava quindi il terreno privilegiato della lotta di classe, nel tentativo di fondare, di fronte allo sviluppo e alla successiva crisi del neocapitalismo all’italiana, una nuova soggettività antagonistica e creare strutture organizzative capaci di aderirvi.

Il 6 luglio 1962, il giorno precedente lo sciopero generale dei metalmeccanici per il rinnovo del contratto nazionale, Quaderni rossi distribuì a Torino un volantino indirizzato agli operai della Fiat e una lettera aperta al Comitato centrale della FIOM, chiedendo un’intensificazione della lotta in chiave anticapitalistica. Il 7 luglio un gruppo di dimostranti tentò l’assalto alla sede in piazza Statuto della UIL, criticata per aver firmato un accordo separato. Alcuni giornali, tra cui l’Unità, scrissero di una provocazione antioperaia, accusando i Quaderni rossi e in particolare Panzieri, che si difese pubblicamente, criticando anzi qualsiasi tipo di lotta che non fosse di massa. I fatti di piazza Statuto aprirono però la crisi, già latente per le differenze teoriche e di strategia politica, tra il gruppo torinese e quello romano (che secondo Panzieri mirava alla costruzione di un partito) all’interno della redazione di Quaderni rossi, dalla quale, nel luglio 1963, uscirono Alquati, Asor Rosa, Antonio Negri e Tronti, dando vita a Classe operaia.

Mentre ci si avviava alla formazione dei primi governi di centro-sinistra e alla contestazione giovanile e operaia, queste esperienze (destinate a lasciare un segno forse più culturale che politico), mantengono tuttora aperto il dibattito sul fatto che l’attività di Panzieri, nei suoi ultimi anni di vita, possa essere considerata ancora all’interno del filone socialista o vada invece considerata alle origini della nuova sinistra in Italia.

Nell’ottobre 1963, la mancata pubblicazione dell’inchiesta di Goffredo Fofi sull’Immigrazione meridionale a Torino (che sarebbe uscita poi per Feltrinelli), proposta da Panzieri e da Renato Solmi, portò al licenziamento di entrambi dalla Einaudi con l’accusa di aver utilizzato la casa editrice come uno strumento per una battaglia ideologico-politica. Nel giugno 1964, dopo il fallimento di un progetto editoriale con Giovanni Pirelli e con l’editore Lampugnani Nigri, Panzieri iniziò una collaborazione con La Nuova Italia. Nel settembre dello stesso anno intervenne a un seminario di Quaderni rossi sull’Uso socialista dell’inchiesta operaia (1965), sottolineando il legame tra ricerca e contenuto politico.

Morì improvvisamente, per un’embolia cerebrale, il 9 ottobre 1964 a Torino.

Fonteweb

Uso socialista dell’inchiesta operaia.pdf