DA ROMITI A MARCHIONNE, TRANSIZIONE DIFFICILE

di Silvano Veronese

Una analisi “equilibrata” (quella dell’articolo di Davide Maria De Luca su il post La FIAT prima e dopo Marchionne nella quale – come è giusto che sia – non mancano i rilievi non positivi che a mio giudizio non vanno messi in conto a Sergio Marchionne (o almeno tutti) per sminuirne il valore e l’alta capacità imprenditoriale.
Lasciamo perdere i Fresco, i Cantarella e i Morchio del tutto inadeguati a gestire una miracolosa “guarigione” e rilancio della FIAT ma non ci siamo mai chiesti di chi fu la responsabilità di portare il gruppo torinese alle condizioni disastrose in cui si trovava al momento della nomina di Marchionne A.D. ? E i motivi ? Ci dimentichiamo che fino ai primi anni ’70 la FIAT vendeva soprattutto in Italia ed era scarsamente presente – se non quasi assente – in Europa ?? Ci dimentichiamo che, a parte qualche “genialata” dell’ing. Ghidella, la Fiat non investiva in un numero assortito di nuovi modelli, in particolare innovativi e nella fascia “alta” (dove i margini sono maggiori)?

Ghidella, uno dei pochi top manager di FIAT che si intendeva di auto e dei suoi mercati, fin dai primi anni ’70 diagnosticava che il mercato mondiale dell’auto si sarebbe ristrutturato attorno a cinque grandi player e quindi per la FIAT si poneva fin da allora il problema dell’integrazione con altri gruppi stranieri (Egli stesso aveva portato avanti discorsi impegnativi con Ford), ma venne bloccato dall’Avvocato che non voleva condividere con altri la proprietà e si scontrò con Romiti che riteneva oramai l’auto un settore “complicato” per il Gruppo che doveva percio’ diversificarsi.

Pensare che il problema per FIAT fosse un problema di produttività e di costo del lavoro (che in parte esisteva in vari settori) e di imporre un governo piu’ autoritario e più rigido della forza lavoro fu una mistificazione – alla quale si prestarono in molti – per nascondere i veri limiti finanziari, organizzativi, di mercato e di qualità dell’offerta di FIAT che non solo perciò vendeva poco, ma si indebitava paurosamente.
Marchionne questa situazione trovò e la cambiò radicalmente ed in poco tempo, anche perchè diversamente sarebbe stato il fallimento.
Certamente l’azione si è indirizzata sul versante del risanamento finanziario (e l’articolo diligentemente ricorda le varie coraggiose operazioni, anche ed in particolare americane).
Se non avesse fatto cosi’ le banche creditrici, a cominciare da quelle italiane, avrebbero venduto a “spezzatino” la FIAT, al capezzale della quale vari grandi gruppi automobilistici – come corvi – erano pronti a dividersela.

E questa azione ha perciò messo in ombra la ricerca e la progettazione di modelli a tecnologie innovative, nelle quali oggi FCA lavora ma un pò tardi (ma il ritardo come ho ricordato ha origini lontane, ai tempi di altre responsabilità aziendali -un nuovo modello ed una nuova tecnologia ha bisogno di anni ed anni di studi e di investimenti-).
Dove invece la FIAT e FCA ha innovato e non poco e può essere un esempio positivo è sulla organizzazione del lavoro. Melfi, in particolare, ma oggi anche Pomigliano e Cassino sono stabilimenti all’avanguardia e il modello è stato “esportato” anche a Detroit!

Chi non ha visitato gli stabilimenti del settore auto in giro per il mondo e quelli italiani può affermare che qui in Italia c’è l’inferno.
Certo sindacalmente si può prendere e si deve richiedere di migliorare la condizione di lavoro in continuità ma quanto è stato fatto nella OdL sotto la gestione di Marchionne non ha paragone (in meglio) con il passato e con l’estero.

Si è pagato certo – come forza lavoro – in termini di CIG (che comunque è sempre meglio della perdita del posto di lavoro) o di prepensionamenti, ma le autovetture sono costruite per essere vendute e non per riempire i piazzali di Mirafiori o di Pomigliano.
Oggi FCA/FIAT può giocarsi la partita (e non sarà facile) che prevedeva l’ing. Ghidella e cioè, integrandosi ulteriormente, di essere uno dei 5/6 grandi player mondiali dell’auto e con ciò assegnare anche all’Italia un pezzo di questa posizione.
La grande preoccupazione sta che non sappiamo, se il nuovo gruppo dirigente sarà in grado di ripetere e continuare le eccezionali performaces di Sergio Marchionne.