LA GERINGONÇA DEL PORTOGHESE COSTA E LA DÉBÂCLE DELLA SINISTRA IN EUROPA

di Carlo Patrignani

Hollande, Schulz, Renzi e la lezione del portoghese Costa

“Abbattere gli ultimi residui del Muro di Berlino”: così Antonio Costa descrisse l’alleanza tra Ps portoghese e ‘sinistra radicale’, Bloco de Esquerda (Be) e Partito comunista (Pcp), che diedero vita il 26 novembre 2015 al governo di minoranza da lui stesso presieduto sulla base di un ‘patto’ di collaborazione e di reciproca autonomia detto “geringonça” (aggeggio) mai individuato in altri paesi europei, dove l’alleanza massima possibile è stata l’ormai deflagrato ‘centro-sinistra’.

Eppure “la geringonça” è un principio semplice e di facile applicazione: i tre partiti contraenti (Ps, Be, Pcp) hanno stipulato ‘un patto’ solo sui punti fondamentali del programma: il rifiuto dell’austerità e relativi annessi: la precarizzazione del lavoro, riservandosi su tutte le altre questioni politiche e sociali la libertà di critica e dissenso, da superare con la mediazione e la concertazione.

Costa, dunque, al contrario dei socialisti e socialdemocratici europei, non si è rivolto al ‘centro politico’, la middle class, senza la quale non si sarebbero vinte le elezioni, secondo la vulgata della ‘terza via’ di Tony Blair e Gerhard Schroeder, e, peggio, non ci sarebbe stata la cosiddetta “governabilità” scissa dalla morale, ossia dai valori: uguaglianza, libertà, giustizia sociale, partecipazione.

Pochi, nella non più grande famiglia socialista e socialdemocratica, dopo la sonore sconfitte del Psf di Francois Hollande, della Spd di Martin Schulz e del Pd di Matteo Renzi, con in più ‘il distacco’ del Labour Party dopo la Brexit, hanno scommesso sull’eccezionalismo della politica di sinistra (‘left-wing exceptionalism’) del governo di minoranza “anti-austerità” di Costa che gode di ottima salute.

Il governo di coalizione ha funzionato meglio di quanto i suoi stessi ideatori avrebbero potuto sperare: la crescita economica lo scorso anno ha raggiunto il massimo del 2,7%, sopra la media della zona euro del 2,5%; sono stati creati più di 270 mila posti di lavoro – per certe qualifiche alte gli ingegneri un salario mensile di 700 eu – mentre la disoccupazione, che era del 17% nel 2013, è scesa all’8% a dicembre 2017 per la prima volta in più di 13 anni.

Inoltre, sono aumentate le pensioni statali, il salario minimo garantito (smig) e le retribuzioni del settore pubblico mentre le tasse sono state ridotte e migliorate le prestazioni sociali per i meno pagati. Costa ha raggiunto questo obiettivo nel rispetto delle rigide regole fiscali dell’Ue, che vietano il deficit di bilancio di oltre il 3% del Pil: il debito pubblico, infine, è stato ridotto all’1%.

Una lezione di saggezza e di buona amministrazione della left-wing nel segno non dell’arricchirsi (i pochi) impoverendo (i molti) ma dei Corbyn’s fans: forget the many, not the few, dimentica i molti, non i pochi, che non è un errore (Is no scew-ups) ma una ideologia ben precisa: quella neoliberista.

E soprattutto “quel che divide la politica democratica – ha spiegato Costa al Parlamento europeo – dal populismo è che ques’ultima, la politica democratica, non attinge alle paure delle persone: si misura con i loro problemi e combatte le loro paure per restituire loro la speranza nel futuro. Nè si affronta la globalizzazione chiudendo le frontiere, erigendo muri, ricorrendo a protezionismo e xenofobia”.

L’esperimento portoghese, ‘exceptiolanism left-wing’, più che un modello da esportare in altri paesi, è – come specificato dal magazine inglese NewStatesman, l’eccezione che conferma la regola, quello che molti teorizzano come crisi irreversibile della sinistra: il governo Costa sta dimostrando che esiste una concreta alternativa alla “cieca austerità”.

Fonte: affaritaliani.it