LA POLITICA DELLE ALLEANZE

Del resto lo stesso Engels aveva dato un suggerimento in tal senso a Turati e alla Kuliscioff che gli avevano chiesto la sua opinione su come dovesse comportarsi il partito di fronte ai movimenti delle masse. Era il 1894, un anno cruciale di conflitti e di repressioni, ed Engels addirittura pronosticava la possibilità della instaurazione di una Repubblica borghese ad opera di radicali e repubblicani Italiani, considerando comunque come positiva l’azione di queste forze che “allargherebbe ancora e di assai la nostra libertà“. Stava ai socialisti, secondo il collaboratore del defunto Marx, assecondare questo movimento, mantenendo la piena indipendenza ideologica e organizzativa.

Il PSI doveva essere “alleato pel momento ai radicali e repubblicani, ma interamente distinto da essi“. Più che da un’analisi di tipo ideologico, la linea era imposta al partito da una necessità addirittura esistenziale. Sta di fatto che l’estremizzazione, in quegli anni, della lotta sociale e politica non portò il giovane partito ad estremizzare le sue posizioni in senso, come si dirà in fasi successive, “massimalistico“. All’opposto, ne maturò rapidamente la capacità politica, l’intelligenza tattica e il carattere morale. I suoi dirigenti e i suoi militanti non si tirarono indietro di fronte allo scontro e solidarizzarono con le masse; ma agirono politicamente in modo saggio e concreto per uscire dalla situazione che si era pericolosamente creata, per cercare e consolidare le alleanze possibili, facendo fare un passo innanzi al processo di rafforzamento e di espansione del sistema democratico, ancora recente ed ancora notevolmente fragile.

Allo stesso tempo, sia pure in modo del tutto consapevole, il partito tendeva a sciogliere quella contraddizione tra finalità rivoluzionarie e mezzi legalitari che aveva presieduto la sua nascita, e che riapparirà anche in fasi successive. Uno storico del socialismo italiano, Giorgio Galli, definisce il biennio 1894-95 come “il paradigma” di un processo “ripetitivo” in cui “la legalità deve essere utilizzata per accumulare energie rivoluzionarie; ma quando le energie si manifestano, la tensione sociale si accentua, sino a mettere in pericolo la legalità“.

Ci sembra che, almeno in quella fase, il gruppo dirigente socialista non abbia attuato né una strategia né delle tattiche corrispondenti a questo paradigma. Non era stato un loro obiettivo la crescita della tensione sociale, che era indiscutibilmente un prodotto delle condizioni di arretratezza sociale di molte zone del paese, di ritardo nel riconoscimento dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, condizioni inasprite dalla crisi economica di quel periodo che aveva condotto (con il rincaro del Prezzo del pane) alla esasperazione larghi strati popolari che vivevano in condizioni di precarietà e di indigenza.

Lo scopo prioritario del PSI era quello di costituire una struttura rappresentativa organica delle esigenze popolari e di garantirne il rafforzamento e l’espansione: questo scopo coincideva con il rafforzamento delle istituzioni, l’allargamento della vita democratica, attraverso, ad esempio, l’allargamento del suffragio, l’introduzione nella vita politica di zone della società civile che ne erano state escluse fino ad allora.

Per tali ragioni, il gruppo dirigente socialista – almeno nella sua grande maggioranza – non si fece travolgere dagli avvenimenti, non tentò di “cavalcare la tigre” rivoluzionaria (anche se non mancavano alcune sirene che li sollecitavano in questa direzione) e riuscì ad uscire con successo dalla prova di quegli anni.

La coscienza dell’importanza della vita parlamentare, come sede elevata della lotta politica democratica, fece dei socialisti i più intransigenti difensori del Parlamento e delle sue prerogative. Nel Parlamento i socialisti condussero tutte le battaglie per la libertà di associazione dei lavoratori, per il diritto di sciopero, per la giustizia sociale attraverso la legislazione del lavoro. E condussero anche una lotta intransigente contro la repressione autoritaria di Crispi, Di Rudinì e Pelloux, che intendevano colpire i lavoratori e, con essi, tutti i democratici.