1934-1968
– La Formazione
– Inizio dell’attività politica

LA FORMAZIONE
Bettino (diminutivo di Benedetto) Craxi nacque a Milano il 24 febbraio del 1934. Il padre Vittorio era originario di Messina, emigrato a Milano dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza, e la madre Maria Ferrari era di S. Angelo Lodigiano. Ebbero altri due figli, Antonio e Rosilde.
Negli anni della guerra, mentre Bettino frequentava la scuola elementare al collegio De Amicis di Cantù, il padre aprì uno studio legale e si inserì nella vita politica cittadina. Dopo la distruzione del primo ufficio durante un bombardamento alleato, il secondo studio si trasformò in sede di incontri clandestini fra persone ostili al regime fascista. Vittorio aderì alla Resistenza entrando nell’esecutivo del Partito Socialista, e al termine della guerra fu nominato prima viceprefetto di Milano e successivamente prefetto di 2° classe a Como. Impegnato anche nella vita di partito, Vittorio partecipò alle elezioni politiche del 1948, ma senza successo. Già allora, Bettino svolse un ruolo molto attivo nella campagna elettorale del padre; colse la debolezza del Psi fra i partiti di massa, e la predominanza del Pci tra i partiti del Fronte Democratico Popolare.
A diciotto anni, terminato il liceo, Bettino si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Milano, seguendo la direzione paterna. Sostenne diversi esami, ma non completò mai il percorso di studi.

Biografia

Contemporaneamente, nel 1952, maturò la decisione di iscriversi al partito, presso la sezione di Lambrate. Furono anni di grande attivismo universitario, con la fondazione del Nucleo universitario socialista entrò nel gruppo Università Nuova, aderente al Cudi (Centro universitario democratico italiano), l’organizzazione studentesca che nei primi anni dell’Unuri (Unione nazionale universitaria rappresentativa italiana) raggruppava le forze della sinistra frontista. Tenne i primi discorsi in pubblico, organizzò conferenze, dibattiti, proiezioni cinematografiche, ed entrò a far parte del Comitato provinciale del Psi milanese.

L’INIZIO DELL’ATTIVITA’ POLITICA
Con le associazioni universitarie visitò i paesi del socialismo reale a metà degli anni cinquanta. Nel 1956, in qualità di vicepresidente nazionale dell’Unuri e dirigente della Federazione giovanile socialista, si recò a Pechino e poi, come delegato del Cudi, a Praga. Nella città ceca conobbe Jiri Pelikan, presidente dell’Uie (Unione internazionale degli studenti). A seguito dei fatti di ottobre in Polonia presentò al Direttivo provinciale del Psi, insieme ad altri giovani militanti, una mozione in cui si esprimeva solidarietà nei confronti dei giornalisti di «Po Prostu», quotidiano colpito dalla censura e poi soppresso. L’osservazione diretta del mondo comunista e, soprattutto, la conoscenza personale dei dissidenti ungheresi e polacchi consolidarono in lui la necessità di differenziare la politica del Psi da quella del Pci. L’invasione sovietica dell’Ungheria (1956) spinse Nenni ad un definitivo ripudio della fallimentare esperienza frontista. Per Craxi era giunto il momento dell’irrevocabile distacco dalla politica filocomunista in favore di una svolta del tutto autonoma del Psi. Con il gruppo di giovani che condivideva questa linea, Craxi fondò «Energie nuove». Da Milano ebbe inizio la battaglia di un gruppetto dei giovani autonomisti: Durante, Cocucci, Turri e Natali. Al nucleo originario se ne unì un altro, composto tra gli altri da Carlo Tognoli, Giorgio Gangi, Luigi Vertemati, i fratelli Baccalini. Al Congresso di fine anno, gli autonomisti conquistarono la maggioranza: Guido Mazzali e Giovanni Mosca divennero rispettivamente segretario e vicesegretario.
Sempre nel 1956, alle elezioni amministrative di novembre, Craxi si presentò nella lista del Psi e fu eletto consigliere comunale a S. Angelo Lodigiano, paese natale della madre. Al Congresso di Venezia, dal 6 al 10 febbraio 1957, venne eletto nel Comitato centrale del Psi dagli autonomisti di Nenni.
Insieme ai giovani universitari socialisti, Craxi entrò nell’Unione goliardica italiana (Ugi) e svolse un’intensa attività interna e internazionale. Partecipando a meeting e congressi studenteschi in Cina, in Perù, in Africa settentrionale, a Londra e a Parigi sviluppò una rete di relazioni internazionali che mantenne anni dopo anche nel partito.
Quando, nel 1958, una coalizione composta da radicali, comunisti e sinistra socialista lo mise in minoranza, dapprima nell’Unuri, poi nell’Ugi, Craxi tornò a dedicarsi prevalentemente alla vita di partito. Fu inviato da Mazzali a Sesto S. Giovanni come responsabile di zona. Nella “Stalingrado d’Italia” il contatto quotidiano con la classe operaia impegnata in lotte sindacali rappresentò una tappa fondamentale della sua formazione.
In seguito alle elezioni amministrative del 1960, Craxi entrò nella giunta milanese amministrata da cattolici e socialisti come assessore all’Economato. Riconfermato consigliere nel novembre 1964, proseguì il suo impegno pubblico come assessore alla Beneficenza e Assistenza fino a quando, eletto segretario federale nel 1965, lasciò l’assessorato per dedicarsi al partito.

1968-1983
– L’elezione alla Camera e l’ascesa nel Partito
– La nuova identità del PSI

L’ELEZIONE ALLA CAMERA E L’ASCESA NEL PARTITO
Nelle elezioni politiche del maggio 1968 Craxi fu eletto deputato per la prima volta. Dopo il fallimento dell’unificazione socialista (1969), agli inizi del 1970 Giacomo Mancini divenne segretario nazionale del Psi, affiancato da tre vicesegretari: Codignola (in rappresentanza dei lombardiani), Mosca (per il gruppo di De Martino) e Craxi (per gli autonomisti). Confermato vicepresidente anche dopo il successivo congresso, tenutosi a Genova nel 1972, con De Martino segretario nazionale, Craxi ebbe l’incarico di curare i rapporti internazionali del partito. Nell’ambito dell’Internazionale socialista, come rappresentante del Psi, conobbe i leader dei maggiori partiti socialisti del tempo, da Willy Brandt a François Mitternad, stringendo particolari contatti con i leader dei partiti clandestini dei paesi sotto regime dittatoriale, sia in Europa sia in Sud America.
Nella politica nazionale, il problema maggiore del Psi rimaneva la ricerca di un proprio spazio, in contrapposizione tanto alla Dc quanto al Pci. La ricerca di un’affermazione elettorale con la quale si arrivò alle consultazioni politiche del giugno ’76 fu brutalmente disattesa dai deludenti risultati.
Il clima del successivo Comitato nazionale, convocato per luglio all’Hotel Midas di Roma, fu da resa dei conti. Si puntò il dito contro la chiusura del partito, contro la presenza di troppe correnti e fazioni in lotta intestina, e la segreteria De Martino fu accusata di non essere adeguata ai tempi. Dopo lunghe trattative e veti incrociati, la convergenza fra manciniani, lombardiani, alcuni demartiniani e autonomisti rese possibile l’elezione di Bettino Craxi alla segreteria nazionale. Da qui Craxi iniziò lo svecchiamento del partito rinnovandone, al contempo, l’ideologia, cercando di motivare nuovamente i militanti, smarriti dopo le sconfitte e delusioni degli ultimi anni. Ma il suo compito fu anche quello di consolidare la propria posizione, da alcuni creduta semplicemente di transizione, barcamenandosi tra giochi di alleanze e contro-alleanze.
Il successivo Congresso nazionale, tenutosi a Torino fra marzo e aprile del 1978, sancì l’affermazione di Craxi alla guida del partito. Venne lanciata la “strategia dell’alternativa”, in risposta al disegno berlingueriano del “compromesso storico” e si rinnovarono i quadri, con il passaggio di testimone dalla vecchia leadership alle nuove leve.
Il Congresso dei socialisti si aprì a pochi giorni di distanza dal rapimento del presidente democristiano Aldo Moro per mano delle Brigate rosse. Al “fronte della fermezza” Craxi oppose quello della trattativa per salvare la vita del presidente della Dc, propendendo per un’”azione umanitaria, nel rispetto delle leggi repubblicane”.
L’uccisione del presidente della Dc azzerò le trattative tra partiti condotte fino a quel momento. Nel clima mutato, Craxi comprese di poter avere un più ampio argine di manovra, e mise alla prova la forza del partito proponendo un socialista per la carica di Presidente della Repubblica: Sandro Pertini.

LA NUOVA IDENTITA’ DEL PSI
Nel frattempo, lo scontro con i comunisti giunse a un punto di non ritorno. Mentre Berlinguer operava lo strappo da Mosca e dalla tradizione comunista ortodossa lanciando la “terza via” o del “compromesso storico”, Bettino Craxi intraprese una dura polemica ideologica con Botteghe Oscure. Il 27 agosto 1978, infatti, uscì sulle pagine del settimanale «L’Espresso» l’articolo “Il Vangelo Socialista”, nel quale Craxi esaltò la figura ed il pensiero di Proudhon, abiurando invece Marx e Lenin, e sottolineò tutte le sostanziali differenze tra comunismo burocratico e totalitario e socialismo democratico e liberale. Alle elezioni anticipate del 3 giugno 1979 la Dc risultò stabile, il Pci perse il 4%, il Psi aumentò di poco i suoi consensi (9,8%). Una settimana dopo si svolsero le prime elezioni per il Parlamento europeo e Craxi venne eletto eurodeputato; fu riconfermato nel 1984 e nel 1989.
Il 1979 fu l’anno in cui si iniziò a porre il problema degli euromissili. Craxi incoraggiò fortemente il voto favorevole del PSI all’installazione dei missili della Nato (Pershing e Cruise) in Italia, che fu garantito al governo Cossiga in seguito all’inserimento della cosiddetta “clausola dissolvente” nella risoluzione finale. Fra la decisione di installare i missili e il loro effettivo spiegamento sul territorio sarebbero trascorsi almeno quattro anni, e la clausola prevedeva che, qualora i sovietici nel frattempo avessero fermato il loro piano di ammodernamento missilistico, l’Italia si sarebbe tirata fuori dal programma di riarmo Nato. Poiché tali circostanze poi non si presentarono, l’installazione fu approvata dalla Camera nel novembre del 1983.
Nel gennaio del 1980, dal Congresso nazionale della Democrazia cristiana uscì vittoriosa la linea del “preambolo” che, di fatto, chiuse le porte a qualsiasi accordo o collaborazione con il Pci. Il 4 aprile 1980 nacque il secondo Governo Cossiga: dopo sei anni i socialisti tornarono ad assumere incarichi governativi.
Dal 22 al 26 aprile del 1981 si svolse a Palermo il 42° Congresso del Psi. Nel suo discorso, Bettino Craxi rilanciò l’idea di una grande riforma delle istituzioni, dell’economia e delle relazioni sociali, della governabilità e della stabilità. A Palermo si approvò la proposta di modifica allo statuto del partito e il segretario, per la prima volta nella storia socialista, fu eletto direttamente dai delegati. Craxi fu riconfermato alla guida del partito con 239.536 voti su 332.778. Claudio Martelli e Valdo Spini divennero i nuovi vicesegretari.
L’anno dopo, a Rimini (dal 31 marzo al 4 aprile 1982) si svolse la Conferenza programmatica del Psi. Craxi lanciò la parola d’ordine “cambiamento” insistendo sulla necessità di rimettere in moto la produzione, combattere l’inflazione, interpretare il nuovo nella società italiana in profonda mutazione socioculturale, trovando un nesso inscindibile fra meriti e bisogni.

1983-1987
– Il Governo Craxi
– Sigonella

IL GOVERNO CRAXI
Nelle elezioni del giugno 1983 il risultato elettorale del Psi non fu pienamente soddisfacente (passò dal 9,8% all’11,4%). Craxi, però, risultava ormai l’ago della bilancia della politica italiana. Il 21 luglio 1983 il presidente Pertini gli affidò l’incarico per la formazione del nuovo esecutivo. Il 4 agosto Craxi formò il suo primo Governo, un pentapartito Dc-Psi-Psdi-Pli-Pri. Il primo presidente del Consiglio socialista rimase a Palazzo Chigi fino al 17 aprile 1987.
Il nuovo governo ereditò una situazione difficile: inflazione superiore al 15%, debito pubblico vicino al prodotto interno lordo; aumento della spesa sociale e della disoccupazione; industria in piena fase di recessione. Il programma di Craxi mirava a ridurre le cause inflazionistiche, restituire competitività alle imprese, riequilibrare lo stato sociale, promuovere la ricerca e la cultura. Altro elemento caratterizzante dell’esperienza governativa fu l’attenzione ai temi della pace e della cooperazione tra i popoli. Scelte concrete furono la riduzione o la cancellazione del debito di alcuni Paesi in via di sviluppo nei confronti dell’Italia e gli aiuti generosi ai paesi dell’altra sponda del Mediterraneo per sottrarre il bacino al rischio di essere un focolaio permanente di tensioni e di conflitti.
Nel 1984 Craxi affrontò il problema del costo del lavoro. Il 14 febbraio, dopo una serie di infruttuosi incontri con i sindacati, il Governo varò un decreto che prevedeva il taglio di quattro punti di scala mobile. Pci e sindacati reagirono duramente accusando l’esecutivo di aver agito senza consultare le parti sociali. Dopo l’ostruzionismo parlamentare del Pci e l’approvazione di un decreto bis si raccolsero le firme per un referendum abrogativo che si svolse il 9 e 10 giugno 1985: il 54,3% dei votanti si espresse contro all’abrogazione della legge.
Il 18 febbraio 1984 il presidente del Consiglio e il segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Agostino Casaroli, firmarono a Palazzo Madama il nuovo Concordato tra l’Italia e il Vaticano. Fu regolata la questione dei beni e degli enti ecclesiastici; un nuovo sistema di aiuto economico (l’otto per mille nella dichiarazione dei redditi) sostituì la vecchia congrua. Fu confermato l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, ma la scelta di fruirne divenne facoltativa.
Dall’11 al 14 maggio 1984 si tenne a Verona il 43° Congresso nazionale del Psi e Craxi fu riconfermato segretario per acclamazione dai delegati.

SIGONELLA
Il 7 ottobre 1985 un commando palestinese sequestrò, nelle acque antistanti l’Egitto, la nave italiana da crociera Achille Lauro con 545 persone a bordo. Un cittadino statunitense di origine ebraica, Leon Klinghoffer, fu assassinato dai terroristi e il suo corpo gettato in mare. Il 9 ottobre, con la mediazione dell’OLP, la nave rientrò a Porto Said, in Egitto, e gli ostaggi furono liberati. Il giorno seguente, i quattro dirottatori e un esponente dell’Olp, Abu Abbas, furono intercettati su un aereo mentre sorvolava il territorio italiano dai caccia americani che lo costrinsero ad atterrare nella base Nato di Sigonella, in provincia di Siracusa. Gli americani chiesero la consegna dei terroristi, ma il Governo italiano si oppose alla richiesta: il reato era stato commesso su una nave italiana, Sigonella si trova in territorio italiano e quindi spettava all’Italia perseguire i reati. I carabinieri, opponendosi con le armi alle truppe speciali statunitensi, presero in custodia i terroristi. Il 12 ottobre Abu Abbas lasciò l’Italia per Belgrado; il Governo americano inviò una dura nota di protesta.
La vicenda di Sigonella causò una crisi di governo culminata con le dimissioni di Craxi in seguito alla fuoriuscita del Partito repubblicano dalla coalizione governativa. Tuttavia, la crisi rientrò con la partecipazione di Craxi al vertice dei sette Paesi più industrializzati del mondo a New York. Craxi, infatti, ebbe modo di chiarire con il presidente americano Reagan le divergenze maturate a seguito del dirottamento dell’Achille Lauro.
Il 26 giugno 1986 il Governo chiese la fiducia per un decreto sulla finanza locale senza ottenerla. Craxi formò un nuovo governo, una riedizione del pentapartito, che, però rimase debole per la mancata disponibilità della Dc a collaborare con il Psi. Il 17 aprile 1987 nuove e definitive dimissioni furono il preludio alle elezioni politiche anticipate. Il 14 giugno 1987 il risultato elettorale premiò l’operato craxiano: il Psi salì, infatti, al 14,3% dei consensi. La guida dei successivi governi fu affidata prima a Goria, poi a De Mita e successivamente ad Andreotti.

1988-2000
– Gli incarichi internazionali
– Mani pulite
– Hammamet

GLI INCARICHI INTERNAZIONALI
Craxi tornò a dedicarsi a tempo pieno al partito proseguendo nella sua strategia politica: contendere alla Dc la centralità nel panorama politico italiano e rilanciare l’offensiva contro il Pci nell’intento di formare una sola grande forza socialdemocratica.
In questo periodo scrisse molto per l’«Avanti!», firmando i suoi taglienti corsivi con lo pseudonimo “Ghino di Tacco” (attribuitogli da Eugenio Scalfari), il signore di Radicofani, che imponeva taglie per il passaggio sul suo territorio.
Dal 13 al 19 maggio 1989 si tenne a Milano il 45° Congresso del Psi. Craxi fu rieletto segretario nazionale con il 92,3% dei suffragi, maggioranza che egli stesso definì “bulgara”.
Nel dicembre dello stesso anno il segretario generale dell’Onu, Perez De Cuellar lo nominò suo rappresentante personale per i problemi dell’indebitamento dei Paesi in via di sviluppo. Il leader socialista presentò alcuni mesi dopo il suo rapporto, che costituì la base della relazione che il segretario generale lesse all’Assemblea delle Nazioni Unite nel settembre 1990.
In Italia, Craxi impegnò il suo partito su alcuni precisi obiettivi: rilanciare il tema della Grande Riforma, già ventilata un decennio prima, puntando all’elezione diretta del presidente della Repubblica; auspicare la riforma dei regolamenti parlamentari in modo da rendere più agevole l’azione dei governi.

Il 2 marzo del 1990, a Pontida, il segretario socialista lanciò il nuovo decalogo per l’autonomia delle Regioni che reclamava una struttura statuale ai “limiti del federalismo”.
Nel corso dello stesso mese si tenne a Bologna il XIX Congresso del Pci in cui, per la prima volta, vennero discusse tre diverse mozioni. Prevalse quella del segretario Achille Occhetto, che propose l’avvio di una fase costituente finalizzata alla formazione di un nuovo partito progressista e riformatore. In questo contesto Craxi lanciò la parola d’ordine dell'”unità socialista”. Alla fine del 1991 Craxi appoggiò la richiesta del Pds di entrare a far parte dell’Internazionale Socialista.
Il 28 febbraio 1991 Bettino Craxi fu nominato dal segretario generale dell’Onu consigliere speciale per i problemi dello sviluppo, della pace e della sicurezza.
Dal 27 al 30 giugno si tenne a Bari il Congresso straordinario del Psi. Craxi optò per il proseguimento della collaborazione governativa con la Dc, dando così vita al cosiddetto CAF (l’alleanza tra lui, Andreotti e Forlani).

MANI PULITE
Il 17 febbraio 1992 Mario Chiesa, presidente (socialista) del milanese Pio Albergo Trivulzio, una casa di riposo per anziani, venne fermato mentre incassava una tangente. Da quell’episodio partì l’inchiesta cosiddetta “Mani Pulite” (definita dai giornalisti “Tangentopoli”).
Alcune settimane dopo (il 5 aprile 1992) le elezioni politiche segnarono una pesante sconfitta per i partiti storici. La Dc registrò un calo di 5 punti, i due partiti Pds e Rifondazione comunista, emersi dalla crisi del Pci, raggiunsero insieme il 21,7% (dal 26,6% di cinque anni prima). Il Psi subì una flessione, peraltro assai contenuta rispetto alla debacle generale, ottenendo il 13,6%. Riportarono successi due nuove formazioni politiche: la Lega Nord e la Rete. Alta fu la percentuale degli astenuti. Il governo fu formato dal socialista Giuliano Amato.
L’inchiesta Mani Pulite, intanto, assunse un ruolo e una dimensione superiore al perseguimento di singoli comportamenti delittuosi e investendo le responsabilità della classe politica a tutti i livelli, locale e nazionale, colpì in diversa misura tutti i partiti dell’arco costituzionale e, in particolare, Dc e Psi. Un ruolo importantissimo fu svolto dai mass media che interpretarono e indirizzarono il sentimento popolare prevalente di forte avversione per il ceto politico tradizionale. Il cosiddetto “circo mediatico giudiziario” giocò un ruolo di fondo nella delegittimazione e criminalizzazione della politica, dando luogo a vere e proprie “gogne mediatiche” anticipatrici di condanne, ben prima di qualsiasi processo.
Il 3 luglio 1992 Bettino Craxi prese la parola alla Camera. Nel suo discorso chiese a tutto il Parlamento, governo e opposizione, di assumersi la responsabilità di dare una soluzione politica alla crisi della Prima Repubblica innescata dalla diffusa illegalità del finanziamento dei partiti. Il 15 dicembre il leader socialista fu raggiunto da un avviso di garanzia (il primo di una lunga serie, a causa anche della improvvisa morte del segretario amministrativo del Psi, Vincenzo Balzamo) in cui, tra l’altro, si citavano proprio le sue dichiarazioni in Parlamento come prove della corruzione relativa ai costi della politica.
Il 25 gennaio Craxi propose al Parlamento l’istituzione di una Commissione di inchiesta su Tangentopoli. L’11 febbraio si tenne a Roma l’Assemblea nazionale del Psi. Craxi lasciò dopo 16 anni la carica di segretario del partito. Il suo posto fu occupato da Giorgio Benvenuto prima, e da Ottaviano Del Turco dopo. Iniziava la fase finale della vita del Partito socialista che si sciolse ufficialmente con il congresso del novembre 1994.
Il 29 aprile 1993 la Camera fu chiamata a votare l’autorizzazione a procedere nei confronti di Craxi, richiesta dalla Procura di Milano. Nel suo intervento parlamentare il leader socialista denunciò il carattere sistemico del finanziamento illegale della politica negando che questa materia potesse essere considerata “puramente criminale”. La Camera negò l’autorizzazione a procedere. I giornali italiani gridarono allo scandalo, i ministri pidiessini del neocostituito Governo Ciampi si dimisero per protesta. Nel pomeriggio di quella stessa giornata, Craxi fu fatto oggetto di cori, insulti e lancio di monetine all’uscita dell’Hotel Raphael, l’albergo nel centro di Roma suo quartier generale sin dagli anni delle prime trasferte romane.
Il 4 agosto 1993, a Montecitorio, Bettino Craxi pronunciò il suo ultimo discorso da parlamentare: “Per quanto riguarda il mio ruolo di segretario politico – dichiarò – io mi sono già assunto tutte le responsabilità politiche e morali che avevo il dovere di assumere, invitando senza successo altri responsabili politici a fare altrettanto con il medesimo linguaggio della verità (…). Per parte mia continuerò a difendermi nel modo in cui mi sarà consentito di farlo, cercando le vie di difesa più utili e più efficaci, e senza venire mai meno ai miei doveri verso la mia persona, la mia famiglia e tutte le persone che stimo e rispetto, siano esse amici o avversari”.

HAMMAMET
Nel maggio del 1994 Craxi si trasferì nella sua casa di Hammamet, in Tunisia, dove rimase interrottamente fino alla morte. La Procura della Repubblica di Roma, intanto, ne chiese l’arresto. Da quel momento Bettino Craxi fu considerato un latitante. Lui continuò a definirsi un esule. Il Pool di Milano lo accusò di arricchimento personale, perseguito attraverso tangenti raccolte per finanziare illecitamente il suo partito. Più tardi lo stesso procuratore generale Gerardo D’Ambrosio dichiarò che Bettino Craxi non si arricchì personalmente.
In Tunisia l’ex leader socialista fu protetto dal presidente Ben Alì, che si oppose alla richiesta di estradizione avanzata dalla Procura milanese.
Da Hammamet Craxi continuò la sua battaglia, sia sul fronte della propria difesa personale, nei molti processi cui fu sottoposto, sia su quello della polemica politica, denunciando l’uso violento e strumentale della leva giudiziaria nella transizione del sistema politico italiano da una Repubblica dei partiti a una delle oligarchie e dei potentati economici. Riteneva l’accanimento giudiziario nei suoi confronti l’espressione massima di questa strategia. Nei sei anni di permanenza in Tunisia pubblicò su questo tema centinaia di articoli, note, comunicati e alcuni volumi (tra cui Il caso C.), comunicando ordinariamente via fax. Dedicò il suo tempo anche agli amati studi garibaldini, alla composizione di litografie e alla decorazione di anfore con la vernice tricolore.
Le sue condizioni di salute, critiche già dal 1996, si aggravarono ulteriormente. Fu operato per un tumore al rene da chirurghi dell’Ospedale San Raffaele di Milano di concerto con i colleghi tunisini. L’intervento riuscì, il suo rene fu espiantato, ma non ci fu il tempo per un’ulteriore operazione resa necessaria dai problemi al cuore e dal diabete cronico. L’unico tentativo sarebbe stato un complesso intervento cardiochirurgico in Italia, ma fu posto il veto della magistratura.
Bettino Craxi morì ad Hammamet il 19 gennaio 2000 per un arresto cardiaco. Per suo desiderio fu sepolto nel piccolo cimitero cristiano della cittadina tunisina. Sulla sua tomba è inciso: “La mia libertà equivale alla mia vita”.

Fonte: Fondazione Craxi