In Antonio Greppi il suo socialismo cristiano metteva doppiamente l’uomo al centro delle sue attenzioni e delle sue cure. Mi riferisco al socialismo inteso come aiuto ai meno abbienti e come emancipazione dei lavoratori per l’affermazione dei loro diritti – come conquista di una società più libera e più giusta attraverso la formazione e l’educazione del popolo alle idee socialiste con la democrazia, senza violenza e senza prevaricazioni – come fiducia nella libertà accompagnata dalla tolleranza verso chi sbaglia. Questi sono i principi che ispirano Antonio Greppi e lo orientano verso l’impegno politico e sociale e anche in quello professionale.
Dopo gli studi egli, già con l’animo socialista, si era avvicinato a Filippo Turati, ad Anna Kuliscioff, a Claudio Treves, a Giacomo Matteotti, stimolato anche dagli insegnamenti liceali del professor Ugo Guido Mondolfo che a quei maestri era molto legato. Nella direzione del Partito socialista unitario di Matteotti, Greppi era rappresentante dei giovani e collaboratore degli organi di stampa socialisti. Nel 1923 viene nominato direttore de ‘La libertà‘, settimanale della gioventù del PSU, con una redazione della quale fa parte tra gli altri Giuseppe Faravelli che sarà uno dei ‘leader’ del centro socialista interno (clandestino) organizzazione antifascista e, nel secondo dopoguerra, direttore della Critica Sociale dopo Ugo Guido Mondolfo.
Come scriverà sulla ‘Critica Sociale’ nel 1946 (‘Il socialismo alla conquista dell’uomo‘) il fine dell’umanità può essere ritrovato solo nella …”realtà di ogni singola creatura, unità pensante, cosciente, sensibile … e la missione del socialismo …” si trova dove è presente l’uomo con le sue elementari aspirazioni, i suoi scrupoli morali, la sua ansia di sapere e il suo anelito alla verità. E questa, aggiunge, “… è l’incantevole magia del socialismo …” dove il proletariato è Tantalo che deve essere liberato dai suoi ceppi.

Il socialismo, nella sua azione di stimolo e di sviluppo delle capacità intellettive e morali delle masse popolari, “… crea le condizioni e le premesse più favorevoli alla rivelazione religiosa …”. È il punto di incontro tra il socialismo umanitario e il cristianesimo, secondo la visione di Greppi. Anche sotto il profilo professionale, sull’esempio dell’avvocato socialista Enrico Gonzales, vuole fare l’avvocato ‘dei poveri’ e presta la sua collaborazione all’ufficio legale per i poveri dell’Umanitaria.
Il suo antifascismo ‘non violento’ lo porta a lavorare nel 1928 con Faravelli, Fernando Santi e altri alla ricostruzione a Milano del Partito socialista e a dirigere nel 1937, sempre in clandestinità, nel capoluogo lombardo, il fronte interno socialista dopo l’arresto di Rodolfo Morandi. Di lì a poco (1938) anch’egli finisce nelle maglie della polizia fascista e poi di fronte al Tribunale Speciale dove si salva per una efficace difesa in cui dà prova di non avere commesso alcun reato (gli addebitavano gli omicidi attribuiti agli antifascisti italiani e l’organizzazione di un attentato a Hitler) e dimostrando il suo passato patriottico nella prima guerra mondiale. Viene arrestato di nuovo nel 1940 e inserito nell’elenco di coloro che sono destinati ai campi di internamento. Ciò lo costringe a espatriare in Svizzera dove si ritrova, tra gli altri, con Faravelli, Emanuele Modigliani, Mondolfo, Morandi, Ignazio Silone, Ezio Vigorelli.

Nel 1944 viene ucciso in un’imboscata il figlio Mariolino Greppi militante nella lotta antifascista. È un brutto colpo al cuore di Antonio che chiede di partecipare alla lotta partigiana, nella quale entra in Val d’Ossola nel gennaio 1945, dopo essere già stato indicato dal CLNAI come sindaco di Milano dopo la Liberazione. La sua candidatura è stata caldeggiata, oltreché dai socialisti, da Alfredo Pizzoni (di formazione liberale, ma senza tessere di partito) presidente del CLNAI (e poi del Credito Italiano) galantuomo che conosceva Greppi e lo considerava uomo capace di stare al di sopra delle contrapposizioni strumentali pure esistenti tra le forze politiche del Comitato di Liberazione.
Il Sindaco della Liberazione dopo avere assunto l’incarico il 27 aprile lancia un appello perché cessino le uccisioni per vendetta che si registrano alla fine della guerra civile e organizza una squadra di vigili (sapendo che gli appelli non bastano) per prevenire queste forme di giustizia sommaria e individuale.
Poi parte il grande lavoro di ricostruzione morale e materiale della città nel quale l’avvocato ‘dei poveri’ ha una parte determinante. Ci sono un milione e mezzo di metri cubi di macerie da rimuovere (nasce la ‘montagnetta’ di S. Siro). I locali sinistrati sono 450.000, quelli completamente distrutti sono 160.000. (…).

Greppi interviene a favore dei senza tetto chiedendo a chi ha la possibilità di ospitare di farlo transitoriamente, vincendo gli egoismi.
Provvede all’alimentazione della popolazione anche attraverso mense collettive e ristoranti del popolo; rimette in sesto i servizi di assistenza sociale e sanitaria del Comune; fa partire la ricostruzione delle scuole; fa fronte al drammatico problema degli alloggi; procura i combustibili necessari alla cittadinanza e ripristina l’illuminazione pubblica; affida a Mario Borsa il fondo per l’acquisto della penicillina e poco dopo provvede per la streptomicina.
Accanto a questo, sia pure con le immaginabili difficoltà, fa riaprire, dove possibile, musei e biblioteche e fa proseguire alacremente i lavori al cantiere della Scala, iniziati poco dopo il bombardamento del 1943. Sono avviati gli studi per il Piano Regolatore.
Dopo un anno dalla formazione della giunta CLN il sindaco Greppi viene premiato dai milanesi con un risultato elettorale straordinario che fa del Partito socialista, con il 36% dei voti, il primo partito.
Il Piano Regolatore adottato nel 1948 e definitivamente approvato nel 1953, sia pure condizionato dalla necessità di rispettare le convenzioni contratte con i privati prima della guerra, è un risultato importante per dare regole allo sviluppo urbano. Si dà vita, tra l’altro, al quartiere Ottava Triennale, QT8, che giustifica la ripresa, in tempi di difficoltà economiche, dell’attività dell’ente dedicato alle arti decorative e industriali, e diventa il simbolo della possibile simbiosi tra cultura e finalità sociali.
L’edificazione del quartiere sperimentale, su idea dell’architetto Piero Bottoni, iniziata nell’autunno del 1946, è il riferimento centrale dell’esposizione al Palazzo dell’Arte che si svolge nell’estate del 1947 e dove il tema della casa – visto in tutti i suoi aspetti, dall’arredo, agli oggetti, al verde – viene inquadrato nel Piano Regolatore che è in via di elaborazione.
L’impegno del Comune di Milano è chiaro: una porzione di città (sessantasei ettari) con uno sforzo economico rilevante, diventa elemento di realizzazione concreta di abitazioni a favore delle classi meno abbienti sulla base di impostazioni urbanistiche e ambientali di qualità.

Nel 1947 c’è la rottura del Partito socialista con la formazione a palazzo Barberini, a Roma, del Partito socialista dei lavoratori italiani (PSLI) che rifiuta l’alleanza elettorale con il Partito comunista. Il sindaco di Milano aderisce al partito di Giuseppe Saragat in nome dell’autonomia socialista, dopo aver cercato, con Pertini e Silone, di evitare la scissione. In Comune non c’è ancora la ricaduta della crisi nazionale e anche dopo le elezioni del 1948 – che registrano la sconfitta del ‘Fronte democratico popolare’ PCI-PSI e la clamorosa vittoria della Democrazia Cristiana – la giunta Greppi sta insieme con alcuni aggiustamenti tra PSLI e PSI nella rappresentanza socialista. Tuttavia la logica della guerra fredda e la rigidità del PSI frontista nel seguire le decisioni del PCI portano all’uscita di socialisti e comunisti dall’esecutivo comunale nel 1949. Il sindaco continua nel difficile compito di amministrare il comune, di governare la città, tenendo la rotta della ricostruzione tra le tempeste politiche del momento, con una maggioranza composta da consiglieri PSLI, DC e repubblicani.
A seguito di un’altra scissione del PSI, dal quale escono i socialisti autonomisti guidati da G. Romita, si forma il Partito socialista unitario cui aderiscono il gruppo di Ignazio Silone e Piero Calamandrei (che a sua volta proveniva dal Partito d’Azione) e la sinistra del PSLI di Matteo Matteotti, Ugo Guido Mondolfo ed Ezio Vigorelli. Greppi entra a far parte di questa nuova formazione (che raccoglie altri sette consiglieri comunali socialisti) che non determina alcun contraccolpo nella giunta e nella maggioranza. Questa giunta arriva alle elezioni del 1951 con un eccezionale bagaglio di realizzazioni.

Questo bilancio positivo, a causa delle divisioni socialiste, non si tradurrà in successo elettorale. I due partiti socialisti, infatti, otterranno entrambi una percentuale attorno al 14%, mentre DC (30,6%) e PCI (22,6%) si collocano al primo e al secondo posto. Le ‘amministrative’ del ’51 erano caratterizzate da una legge ‘maggioritaria’ che premiava la coalizione che otteneva più voti. Schierandosi con la DC, il PSDI (formato dall’unione degli spezzoni PSLI e PSU) ottiene più consiglieri del PSI, alleato col PCI. Tuttavia nell’ambito della nuova maggioranza DC-PSDI i democristiani pongono un veto alla conferma del sindaco uscente e di lì a poco passerà Virgilio Ferrari che sarà a capo dell’amministrazione comunale sino al novembre del 1960.
Con un gruppo della sinistra socialdemocratica (Calamandrei e Tristano Codignola, cui si aggiungono Antonio Greppi, Giuseppe Faravelli, Piero Caleffi, Edmondo Cossu, Aldo Garosci, Paolo Vittorelli) di ex-repubblicani (Ferruccio Parri) e con l’adesione di Adriano Olivetti e del suo movimento ‘Comunità’ – si crea una formazione che alle elezioni politiche del 1953 (‘Unità popolare’) ottiene i voti sufficienti a non far scattare la ‘legge truffa’. ‘Unità popolare’ si scioglie nel 1957 e una parte dei suoi fondatori, tra cui Greppi, entra nel PSI che, dopo la rivoluzione ungherese del 1956, prende definitivamente le distanze dal partito comunista e imbocca la strada che porterà al centro sinistra.
Greppi viene eletto deputato nelle liste del PSI nel 1958 e nel 1963 e svolge anche alla Camera una intensissima attività, come è ampiamente documentato da lui e dai molti saggi storici che riguardano la sua attività politica.
Nel 1964 è di nuovo capolista del PSI alle elezioni comunali, voluto dalla maggioranza del comitato cittadino della quale anch’io facevo parte. Ricordo bene quel passaggio nel quale i giovani di allora, guidati da Bettino Craxi, si battono per indicare il ‘sindaco della Liberazione e della ricostruzione’ come primo e simbolico nome della lista socialista.
Voglio aggiungere un altro ricordo ‘politico’ che ha un valore significativo. Nel 1967 il sindaco è Pietro Bucalossi (succeduto a Gino Cassinis morto nel 1963) che entra in conflitto con il suo partito, il Partito socialista (allora unificato) e anche con la DC sulla politica amministrativa: Bucalossi vuole limitare gli investimenti infrastrutturali (in particolare per la MM) preoccupato per l’indebitamento che il Comune dovrebbe contrarre per realizzare le opere. PSI e DC ritengono invece che senza il potenziamento della metropolitana e del pubblico trasporto, Milano non risponderebbe alle necessità di mobilità dei cittadini e dei lavoratori e non rimarrebbe all’altezza del suo ruolo in Italia e in Europa. Il contrasto è molto forte e nel dicembre del 1967 Bucalossi si dimette in polemica con il Partito socialista e poco dopo aderisce al Partito repubblicano con il quale aveva da tempo contatti (con Ugo La Malfa).

Il PSI deve scegliere il nuovo sindaco. Tra i candidati c’è Aldo Aniasi, assessore ai Lavori Pubblici, anch’egli molto popolare in città. Il segretario della federazione socialista è Bettino Craxi. Prima di compiere la scelta definitiva rimessa agli organi del partito Craxi, accompagnato da Aniasi, chiede a Greppi la sua eventuale disponibilità ad essere eletto sindaco. Greppi, con grande signorilità, dichiara di non essere disponibile anche per ragioni politiche non essendo del tutto concorde sulla linea della maggioranza del partito in quella fase. Il Partito socialista decide quindi di candidare Aniasi.
Antonio Greppi in quel momento si era comportato come l’avvocato Luigi Majno (primo degli eletti socialisti) nel 1914 quando il partito gli propose, dopo la vittoria socialista, di fare il sindaco. Egli rispose che non era disponibile e indicò Emilio Caldara come sindaco di Milano.
Greppi è stato per me un punto di riferimento costante nella conduzione della politica amministrativa. Anche l’attenzione che la giunta che ho presieduto ha voluto dare alla cultura, dopo il periodo della crisi economica e del terrorismo, prendeva spunto dalle iniziative della giunta Greppi.
Ebbi la grande soddisfazione di averlo vicino nel 1980 durante la campagna elettorale quando il PSI ottenne un notevole successo a Milano (dal 14,6% al 19,6%, non paragonabile ovviamente a quello del 1946) e nella festa di ringraziamento agli elettori, dopo il voto, al Castello Sforzesco.
Commentando la sua autobiografia non celebriamo Greppi come un santo, ma diciamo che è stato un grande sindaco, un galantuomo integerrimo, un socialista umanitario molto vicino al popolo e dal popolo molto amato. Un uomo dagli interessi poliedrici, letteratura, teatro, diritto, politica, guidato sempre dall’attenzione verso il prossimo, dalla tolleranza, da una visione ottimistica del genere umano e da una fede incrollabile nella libertà.

a cura di Carlo Tognoli