Nato nel 1866 ad Arona da Cesare e Giulietta Pisoni. Proveniente da una agiata famiglia, si laurea in medicina a Milano e prende ad esercitarvi la professione, risiedendovi dal 1892 fino alla morte. Sposato con Vittoria Usnelli. Sua figlia Giulia sposerà poi Dino Gentili, che nel secondo dopoguerra militerà prima nel Partito d’Azione e poi nel Psi. Ancor studente organizza il Nucleo socialista di Arona ed in seguito, assieme a Silvio Cattaneo e Dino Rondani, il Circolo socialista “Fate largo alla povera gente” di Porta Genova, Porta Ticinese e Porta Ludovica. Presente al ii (1893) Congresso del Psi, durante la repressione crispina sconta una condanna a due mesi di confino. Candidato alle elezioni politiche nel 1895 non riesce eletto, come anche in quelle del 1897, 1900 e 1909.

Nel 1899 viene invece eletto nel consiglio comunale di Arona e, con la lista del Blocco popolare, anche in quello di Milano, dove poi è riconfermato sino al 1914. Nel 1903-1904 viene chiamato a far parte della giunta, presieduta da Giovanni Battista Barinetti, come assessore alla beneficenza. Promotore dell’Università popolare (1901) e membro del suo primo consiglio direttivo, entra a far parte anche di quello della Società umanitaria. Nel 1907 dà vita assieme ad altri alla Lega popolare milanese contro l’alcolismo, nel 1912 viene eletto presidente del neo costituito Ordine dei medici della provincia di Milano e dal 1913 al 1920 è presidente della Federazione esperantista italiana. Schierato su posizioni riformiste, dopo la conquista della maggioranza (giugno 1914) del consiglio comunale di Milano diviene assessore anziano nella giunta guidata da Emilio Caldara. Con lo scoppio della prima guerra mondiale passa a posizioni massimaliste e dopo essere stato denunciato nel 1916 per aver gridato frasi “antipatriottiche” durante una manifestazione, nell’agosto 1917 è costretto a dimettersi dalla presidenza dell’Ordine dei medici per il suo irriducibile neutralismo.

Dopo la disfatta di Caporetto si adopera a mantenere in piedi la giunta Caldara, dilaniata dalle polemiche fra riformisti e intransigenti, ma quando nel giugno 1918, alla vigilia dell’offensiva austriaca, Turati rivolge un appello alla resistenza e alla concordia nazionale, presenta un ordine del giorno della sezione milanese reclamante l’espulsione del leader riformista. Nel 1919 è tra i promotori della Lega dei medici socialisti, che dal luglio 1920 al marzo 1922 pubblica il quindicinale Sanità proletaria, di cui è direttore. Con le elezioni del novembre 1920 diviene sindaco di Milano. La giunta, composta da intransigenti e riformisti, e ben presto attanagliata da difficoltà finanziarie, rimane però in carica sino all’occupazione di palazzo Marino da parte delle squadre fasciste nell’agosto 1922. Dopo essere stato ancora presente fra le file dei “rivoluzionari intransigenti” al xvii e al xviii Congresso del Psi, svoltisi a Milano nel gennaio e nell’ottobre 1921, con l’avvento della dittatura scompare dalla scena pubblica. Mantenutosi fedele alle sue idee, si ritira dalla vita politica a parte, dal 1927, una sua collaborazione alle iniziative culturali dell’Associazione Nazionale Studi “Problemi del lavoro”.

Fonte: Archivio Biografico Movimento Operaio